sabato 11 gennaio 2025

L'ARTE DEL CONVERSARE

 



-di Alfonso Berardinelli*

Credo che non sia bene evitare il caso, perché a volte suggerisce come affrontare un problema.

Nel giorno di Natale, ospite in casa di amici, sono stato costretto a constatare per l’ennesima volta che gli adolescenti (ma l’adolescenza, a quanto pare, si prolunga fino ai trent’anni) non comunicano con i presenti ma sono impegnati interrottamente con il cellulare.

Per ore una bella e sorridente ventenne, iscritta alla facoltà di “Scienza della comunicazione”, non ha comunicato con nessuno dei presenti. È stata assente, estraniata, alienata nel suo silenzioso comunicare con non si sa chi digitando sul suo smartphone.

 Più tardi, riflettendo con un amico sul comunicare, siamo partiti dal fatto che i lunghi discorsi dei professionisti del parlare in pubblico hanno un grave difetto: non prevedere, né tollerare interruzioni, intrusioni. Meglio, invece, lasciare ogni tanto la parola a uno o più interlocutori, secondo il metodo del “pensare in presenza”, a voce alta, scambiandosi idee in via di formazione.

Il giorno dopo il caso ha voluto che, aprendo le Memorie di Robert Louis Stevenson, mi siano venute in aiuto queste parole: «Non può esserci ambizione più bella di quella di eccellere nella conversazione; di essere affabile, gaio, pronto, chiaro e quindi ben accetto (…)

 La letteratura non è, in molti dei suoi rami, se non l’ombra della buona conversazione, ma l’imitazione è lungi dal corrispondere all’originale nella vivacità, nella libertà e nel risultato. In una conversazione ci sono sempre due interlocutori che danno e che prendono, che mettono a confronto delle esperienze per accordarsi sulle conclusioni.

La conversazione è fluida, sperimentale, continuamente in via di ricerca e di progresso, mentre le parole scritte restano ferme, diventano gli idoli dello scrittore, come legnosi dogmatismi».

Conversare non è mettere a confronto e scontro idee prefabbricate; è piuttosto dare forma a nuove idee che si inventano insieme a poco a poco.

La polemica di Socrate contro i Sofisti, specializzati in discorsi lunghi e perfettamente compiuti, consisteva nel fatto che una verità si può raggiungere e formulare solo se un “io” e un “tu” si interrompono dialogando e scartando in accordo ogni affermazione che venga giudicata falsa.

Questo modo di parlarsi è oggi pochissimo praticato sia fra adulti che fra ragazzi. Ma è uno dei fondamenti di una vera e buona socialità, una pratica virtuosa da coltivare quotidianamente.

Se ciò non avviene, il rapporto fra un “io” e un “tu” si impoverisce e atrofizza. Si vive covando nel chiuso della propria testa idee fisse che avranno sempre meno rapporto con la realtà e la verità.

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