lunedì 30 novembre 2015

ELOGIO DELLA MISERICORDIA

Elogio

 della 

misericordia


Don Giulio Cirignano*

Il giorno otto dicembre, come tutti sappiamo, inizierà l’anno santo della misericordia. Molto si è detto e scritto al riguardo. Soprattutto la Bolla di indizione “Misericordiae Vultus”  porta un contributo decisivo per la comprensione. E’ giunto, allora , il momento per tentare una definizione concreta e vitale della misericordia. Una definizione che aiuti ad immergersi con il cuore e la mente nel grande mistero della bontà di Dio.
In termini esistenziali, accostarsi alla misericordia di Dio significa soprattutto rendersi disponibili per una esperienza ineffabile e dolcissima insieme. E’ lasciarsi raggiungere da una carezza. Una carezza di Dio. Questa immagine può risultare inadeguata, di sapore vagamente sentimentale. Ma non è così.
Nella pagina del vangelo di Luca che narra del padre misericordioso, più nota come la pagina del figliol prodigo, ne troviamo  magnifica esemplificazione. E’ il padre il protagonista nelle due vicende dei figli,  quella  del minore che decide di andarsene, stanco e inconsapevole del tesoro che aveva a portata di mano,  quella del   maggiore che, invece, rimane in casa ma che dimostra, alla stessa maniera del fratello  di non conoscere il padre. Non gode della sua presenza e della sua tenerezza. Considera un dovere non riconosciuto il permanere nella fedeltà. I due fratelli si somigliano. Sia colui che parte, sia colui che resta  non hanno compreso la bellezza di abitare sotto lo sguardo affettuoso e tenero  del padre.
Ci possiamo chiedere come mai, ........

ELOGIO DELLA MISERICORDIA

lunedì 16 novembre 2015

PAPA FRANCESCO AL CONVEGNO DI FIRENZE

UNA VOCE PROFETICA 
ALTA ED INCISIVA




di Don Giulio Cirignano*

Ero in duomo a Firenze il giorno in cui Papa Francesco ha portato il suo contributo ai lavori del convegno della Chiesa italiana sull’umanesimo secondo il Vangelo. E’ stata  una mattinata stupenda. Poche volte nella vita mi è capitato di ascoltare una voce profetica così alta e incisiva. Ma procediamo con ordine.
      La prima osservazione che mi viene spontaneo fare è questa: Papa Francesco aveva colto l’occasione del convegno per parlare alla Chiesa italiana. Dalle sue parole si poteva intuire, man mano che il discorso andava avanti, che intendeva levarsi un peso dal cuore. Il peso derivante da una certa indifferenza, una sorta di peccaminosa distrazione rispetto alla spinta innovativa che fin dal suo primo apparire aveva voluto imprimere al cammino della Chiesa. 
       Si era reso conto che lo straordinario progetto indicato nella “Evangelii Gaudium” poco era stato compreso, poco era stato assimilato soprattutto da quanti avrebbero dovuto esultare, i Vescovi cioè, poco si era fatto, di conseguenza, per introdurre il popolo di Dio nello  spirito e nel cuore di quel testo.......


sabato 14 novembre 2015

PARIGI. UNA STRAGE CHE ATTERRISCE, DISORIENTA, INTERROGA

L'Unione Mondiale Insegnanti Cattolici partecipa al dolore dei francesi per i terribili eventi che hanno apportato distruzione e morte a Parigi. 
Condanna ogni forma di violenza e prega per le vittime della strage. Augura una pronta guarigione  ai feriti.
Invita gli insegnanti e le istituzioni educative a rafforzare il loro impegno per una educazione al rispetto e alla pacifica convivenza, alla cooperazione e alla pace, per prevenire il fondamentalismo e la violenza e costruire un mondo ove regnino giustizia e pace.

La Unión Mundial de los Educadores Católicos participa al dolor del pueblo francés por los terribles atentados que han traido muerte y distrucción en Paris.
El UMEC condemna toda forma de violencia y reza por las víctimas del atentado, y desea a todos los heridos que se recuperen pronto.

Invitamos a los profesores/educadores y a las instituciones a reforzar su compromiso para una educación al respecto, y a una convivencia en nombre de la paz, a la cooperación y a la paz, para prevenir el fundamentalismo y la violentai, y construir un mundo en el que dominen justicia y paz.

L’UMEC-WUCT participe à la  douleur  des Français pour les événements terribles  qui ont semé la destruction et la mort à Paris.
L’UMEC-WUCT désapprouve toute forme de violence aveugle et prie  pour les victimes.  Elle espère une guérison rapide pour les personnes blessées.
L’UMEC-WUCT invite les enseignants et les institutions éducatives à renforcer leur engagement pour une éducation de respect et de tolérance, à la coopération et à la paix,  afin de prévenir la violence et le fondamentalisme.



UMEC-WUCT neemt gemeend deel in de plotse, diepe rouw die  onze Franse medeburgers treft bij de aanslagen van 13 november te Parijs.
UMEC-WUCT keurt elke vorm van blind geweld af en vraagt u om mee de overleden slachtoffers te gedenken.  Zij hoopt op een vlug en volledig herstel van zo veel mogelijk gekwetsten.
UMEC-WUCT vraagt aan alle leerkrachten en instellingen waar enige vorm van  onderwijs wordt verstrekt om met een hernieuwd engagement mee te zorgen voor een opvoeding tot respect en verdraagzaamheid. Op die wijze kan men geweld en fundamentalisme trachten tegen te gaan.

EDUCARE PER APPRENDERE LA GIOIA DI VIVERE



Educare, al cuore del metodo


 La via dell’educare, se non si vuole rimanere disorientati dalle pedagogie più o meno riduzionistiche dei nostri tempi, è e resta solo una: Cristo. Egli ha detto di essere la via (Gv 14,6: odòs) e la parola metodo, che contiene la parola via ( metà: dopo più odòs: via), indica l’andar dietro, l’indagare attentamente, il seguire le tracce. Il metodo dell’educazione è Cristo, perché Cristo ne è la via stessa e la meta, la mappa e la destinazione, essendo anche verità e vita. Lo dice in modo efficace la patrona d’Europa Edith Stein, filosofa e martire del XX secolo, in un libro non a caso intitolato 'La vita come totalità': «Col termine educazione intendiamo la formazione dell’essere umano nel suo complesso, con tutte le sue forze e capacità. Cos’altro vogliamo raggiungere coll’educazione se non che il giovane che ci è affidato divenga un essere umano vero e autenticamente se stesso (tale quale Dio prescrive all’uomo di essere e questo sia nel senso generale della natura umana quanto in quello particolare della personalità individuale).
Come conseguire però questo fine? L’educatore deve possedere un’idea chiara e un giudizio vero riguardo a in che consista l’educazione, cioè l’autentica natura umana e l’autentica individualità. Formare esseri umani autentici significa formarli ad immagine di Cristo, ma per farlo l’educatore deve essere lui stesso un essere umano autentico». Solo Cristo è garanzia di autenticità per l’uomo di ogni epoca, perché «Cristo Redentore rivela pienamente l’uomo all’uomo stesso» ( Redemptor Hominis 9), solo il confronto continuo con la figura di Cristo e la relazione viva con lui prepara e ripara qualsiasi pedagogia incompleta, ora nella considerazione della vera natura umana, ora in quella del concreto e irripetibile darsi della natura umana in quell’uomo o in quella donna. Solo Cristo, come metodo, consente all’educatore la totale apertura all’altro come essere al contempo storico e necessario, perché voluto da Dio come figlio suo dall’eternità, nel tempo concreto che gli è dato vivere. Solo un’antropologia cristologica consente di entrare in tensione positiva con i limiti di ogni cultura ed esistenza, perché va, come il concavo con il convesso, a completare ciò che manca, trasformare ciò che è informe, purificare ciò che è ferito. Questo ci mette al riparo da qualsiasi scoraggiamento o fuga in tempi andati: «Non temete! Tutte queste difficoltà, infatti, non sono insormontabili. Sono piuttosto, per così dire, il rovescio della medaglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente l’accompagna. A differenza di quanto avviene in campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nell’ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell’uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni. 


Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale... Chi crede in Gesù Cristo ha poi un ulteriore e più forte motivo per non avere paura: sa infatti che Dio non ci abbandona, che il suo amore ci raggiunge là dove siamo e così come siamo, con le nostre miserie e debolezze, per offrirci una nuova possibilità di bene» (Lettera di Benedetto XVI sul compito urgente dell’educazione). L’amore di Dio raggiunge la creatura, se l’educatore a cui è affidata, è in relazione diretta e vitale con Cristo. Ciò avviene, per mediazione diretta, attraverso i genitori, a cui Dio affida i figli (pro-creazione), e indiretta attraverso quelle persone a cui i figli sono ulteriormente affidati dal punto di vista educativo (con-creazione). Il mio pensiero corre infatti, da un lato, ai miei genitori, che festeggiano quest’anno 50 anni di matrimonio: a loro devo la vita, l’esempio di un amore fedele, in cui per sempre è sinonimo di ogni 24 ore, e una fede vissuta nel quotidiano, come dono e compito, nelle cose di tutti i giorni, secondo l’insegnamento di San Josemaría Escrivà; e, dall’altro, ai maestri che ho avuto, in particolare il martire e beato Padre Pino Puglisi, professore di religione del mio liceo, capace di far vedere il volto di Cristo persino ai suoi assassini, rieducati alla libertà grazie a quel sorriso. 



Fuori da questa via maestra (Cristo) si scivola in umanesimi parziali e incompleti, anche se a volte apparentemente efficaci e seducenti, ma uno solo resta l’umanesimo integrale: «Siamo quegli esseri complessi che vivono a livelli successivi, a un livello animale e biologico, a un livello intellettuale e umano, e a un livello ultimo che si situa in quegli abissi che sono la vita di Dio e la Trinità. Per questo abbiamo il diritto di dire che il cristianesimo è un umanesimo integrale, e cioè che sviluppa l’uomo a tutti i livelli della sua esperienza. Dobbiamo diffidare sempre di ogni tentativo di ridurre lo spazio in cui si muove la nostra esistenza. Noi respiriamo a fondo solo nella misura in cui non ci lasciamo rinchiudere nella prigione del mondo razionale e psicologico, ma dove una parte di noi sfocia in quei grandi spazi che sono quelli della Trinità. Ciò che fa sì che vi sia una gioia di vivere nel cristianesimo che è incommensurabile» (J.Danielou, Miti pagani e mistero cristiano). 



Il fine dell’educazione è la gioia di vivere, che solo un figlio di Dio, che si sa tale e ne fa esperienza, può sperimentare nel tempo crepuscolare e imperfetto di questa vita. La via dell’educare è Cristo, perfetto Dio e perfetto uomo, gli educatori potranno educare nella misura in cui non sono più loro a vivere, ma Cristo a vivere attraverso loro, perché egli è il metodo stesso della pedagogia divina. Solo così potranno offrire non il respiro corto di se stessi, ma il soffio della vita tutta, piena e indistruttibile, perché «ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo. Perfino l’effimera vita dell’essere più insignificante è oggetto del suo amore, e in quei pochi secondi di esistenza, Egli lo circonda con il suo affetto» ( Laudato si’, n.78), se è così per i gigli del campo, cosa sarà per i figli degli uomini, che Dio affida a noi educatori?
                                                                                                             Alessandro D'Avenia

Avvenire, 11.11.15