lunedì 31 dicembre 2018

ARTIGIANI DI PACE - Messaggio per la giornata mondiale della pace - 1 gennaio 2019



MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO
 PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
".....  Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. 
La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. 
Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse. 
In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell'ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. 
Oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana..... "

ANNO NUOVO - VITA NUOVA

Il buon

 proposito? 

Amore e coraggio

di Alberto Caprotti*
Non c’è momento più inevitabile di fine dicembre per chiedersi che cosa si possa fare il prossimo anno per sentirsi migliori. O forse anche per sentirsi e basta.
Magari imparare a chiedere scusa, desiderare meno, vivere di più, farsi meno domande, dare meno risposte, osare il giusto... Ci ho pensato a lungo ma, per quanto mi riguarda, la lista dei buoni propositi per il 2019 è più corta della lista dei buoni propositi che non sono riuscito a realizzare negli ultimi dieci anni.
Eppure, siamo affamati, direbbe Steve Jobs. Affamati di cose scintillanti, di storie di successo, di esempi che indichino una direzione di marcia. Un senso, prima ancora che un dissenso.
E allora non è difficile sognare di imparare a ballare un tango, o di vedere da vicino l’aurora boreale. Oppure, fare i fenomeni, puntare più in alto e progettare di riuscire a ballare un tango mentre sorge l’aurora boreale.
Però si possono immaginare grandi cose anche a chilometro zero. Per esempio smettere di lamentarsi, leggere un libro in più, afferrare il tempo, regalare un sorriso a chi non se lo aspetta, evitare di pretendere sempre dagli altri la risoluzione dei propri problemi. Diventare adulti, insomma, profondi ma leggeri. Il problema è che il sacco dei buoni propositi non è come quello di Babbo Natale: si rompe quasi sempre. Come l’illusione di cambiare, primo, gigantesco e universale obiettivo che quasi tutti si pongono. Ma cambiare come? Provarci per il solo gusto di farlo è da isterici. Rinunciare a provarci è da vigliacchi. In amore, sul lavoro, in tutto: cambiare è rompere gli schemi. Fa paura, spiazza gli altri, ma prima ancora destabilizza noi stessi, se la motivazione è sottile. Allora per rispondere alla domanda, per sapere cosa augurarsi dal nuovo anno, il rischio è quello di affidarsi alla retorica. E pensare che dovremmo puntare ad avere una nuova anima, una nuova spina dorsale, nuove orecchie e occhi nuovi. E vivere in rimonta perché c’è sempre un secondo tempo da giocare.
Troppo facile però, scontato, zuccheroso. Servirebbe altro, di più.
Quando chiesero a Wayne Gretzky, il miglior giocatore di hockey su ghiaccio di tutti i tempi, quale fosse il segreto del suo successo, lui rispose: «Pattino sempre verso il punto dove penso che finirà il dischetto, non verso quello in cui si trova in quel momento...». Ecco, il dischetto che si muove sono i nostri desideri. Meglio inseguirli allora, guardare avanti, regalarsi un po’ di ottimismo, imparare dagli innamorati: gli unici che osano ancora coniugare i verbi al futuro. Innamorarsi di qualcuno, di qualcosa, anche solo di un’idea, qualunque essa sia: questo probabilmente può bastare per dare un senso ai prossimi dodici mesi. Perché la vita è più semplice quando la si affronta con la logica di una passione: i cinici non sanno più neanche come si faccia ma molti, per quanto piegati da un anno difficile, concorderanno che la riscossa non può che partire da lì.
Se però devo scegliere una cosa sola, un solo desiderio da estrarre dalla lampada, prendendo in prestito un pensiero che ho letto da qualche parte, al nuovo anno alla fine vorrei chiedere di regalarmi il coraggio.
Il coraggio di fare ogni giorno almeno una cosa di cui ho paura. Perché la paura è ombra, uccide la mente, fa tornare indietro. Mentre il modo migliore per venirne fuori, quasi sempre è buttarsi dentro.
* www.Avvenire.it
BUONA STRADA A TUTTE E TUTTI!
SAPIENZA E SAGGEZZA CI ORIENTINO ED ACCOMPAGNINO VERSO IL FUTURO.
IL SIGNORE BENEDICA E SOSTENGA IL NOSTRO CAMMINO PERSONALE E COMUNITARIO!

TRA UN ANNO E L'ALTRO: GRAZIE e AUGURI!

Signore,
alla fine di questo anno voglio ringraziarti
per tutto quello che ho ricevuto da te,
grazie per la vita e l’amore,
per i fiori, l’aria e il sole,

per l’allegria e il dolore,
per quello che è stato possibile
e per quello che non ha potuto esserlo.
Ti regalo quanto ho fatto quest’anno:
il lavoro che ho potuto compiere,
le cose che sono passate per le mie mani
e quello che con queste ho potuto costruire.
Ti offro le persone che ho sempre amato,
le nuove amicizie, quelle a me più vicine,
quelle che sono più lontane,
quelle che se ne sono andate,
quelle che mi hanno chiesto una mano
e quelle che ho potuto aiutare,
quelle con cui ho condiviso la vita,
il lavoro, il dolore e l’allegria.
Oggi, Signore, voglio anche chiedere perdono
per il tempo sprecato, per i soldi spesi male,
per le parole inutili e per l’amore disprezzato;
perdono per le opere vuote,
per il lavoro mal fatto,
per il vivere senza entusiasmo
e per la preghiera sempre rimandata,
per tutte le mie dimenticanze e i miei silenzi.
Semplicemente … ti chiedo perdono.
Signore Dio, Signore del tempo e dell’eternità,
tuo è l’ oggi e il domani, il passato e il futuro, 
e, all'inizio di un nuovo anno,
io fermo la mia vita davanti al calendario 
ancora da inaugurare
e ti offro quei giorni che solo tu sai se arriverò a vivere.
Aiutami a viverli degnamente e pienamente.

Anonimo (giovane contadino sudamericano)
.

2018 - LE DODICI FRASI DI PAPA FRANCESCO

Il 2018 per Papa Francesco è stato senza dubbio un anno intenso. Tantissime le udienze, i discorsi, le omelie, gli incontri, le emozioni, i viaggi. Non è semplice selezionare le frasi e le parole più incisive del Pontefice di quest’anno. Ma, alcune,  sono senza dubbio importanti da ricordare e da riportare nero su bianco, mese dopo mese.
Si inizia a gennaio, con il primo viaggio del Pontefice del 2018 in Cile e Perù. Quasi profetico l’incontro con i giovani al Santuario di Maipù. Il Papa nel suo discorso anticipa l’essenza di quello che sarebbe stato poi il Sinodo dei Vescovi di ottobre proprio sul mondo dei giovani. “Una volta, recentemente – confida il Papa -  una persona mi ha detto: Io non so se parlare della Santa Madre Chiesa parlava di un luogo specifico o della Santa Nonna Chiesa! No, no, la Chiesa deve avere un volto giovane, e in questo voi ci dovete aiutare. Però, naturalmente, un volto giovane reale, pieno di vita, non giovane perché truccato con creme che ringiovaniscono, no, questo non serve, ma giovane perché dal profondo del cuore si lascia interpellare. Ed è questo di cui noi, la Santa Madre Chiesa, oggi ha bisogno da parte vostra: che ci interpelliate”.
Si prosegue a febbraio. L’incontro del Pontefice con le famiglie delle parrocchie di Roma, alla periferia della città. È la volta di una parrocchia a Ponte Mammolo. Straordinarie le parole di Papa Francesco nell’incontro con gli anziani e i malati: “Ma cosa faccio io per il mondo? Io non vado alle Nazioni Unite, non vado alle riunioni… sono qui, a casa… Cosa faccio per la Chiesa? La Chiesa, è lei che fa per me…. Forse pensate così. No. Questa testimonianza, ognuno con la fede, con il volere bene alla gente, facendo buoni auguri agli altri, è come conservare il fuoco. Voi siete la brace, la brace del mondo sotto le ceneri: sotto le difficoltà, sotto le guerre ci sono queste braci, braci di fede, braci di speranza, braci di gioia nascosta”. 
marzo 2018 la preghiera di Papa Francesco davanti alla Croce, nel giorno della tradizionale Via Crucis al Colosseo: “Dinanzi al tuo supremo amore ci pervada la vergogna per averti lasciato solo a soffrire per i nostri peccati: la vergogna per essere scappati dinanzi alla prova pur avendoti detto migliaia di volte: anche se tutti ti lasciano, io non ti lascerò mai; la vergogna di aver scelto Barabba e non te, il potere e non te, l’apparenza e non te, il dio denaro e non te, la mondanità e non l’eternità”.
Ad aprile il Papa si reca ad Alessano, in Puglia, per il 25esimo della morte di Don Tonino Bello. Come non ricordare le parole pronunciate dopo aver pregato sulla sua tomba: “Capire i poveri era per lui vera ricchezza, era anche capire la sua mamma, capire i poveri era la sua ricchezza. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa. Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda”.
A maggio ricordiamo l’omelia pronunciata da Papa Francesco durante la Domenica di Pentecoste: “Lo Spirito sblocca gli animi sigillati dalla paura. Vince le resistenze. A chi si accontenta di mezze misure prospetta slanci di dono. Dilata i cuori ristretti. Spinge al servizio chi si adagia nella comodità. Fa camminare chi si sente arrivato. Fa sognare chi è affetto da tiepidezza. Ecco il cambiamento del cuore. Tanti promettono stagioni di cambiamento, nuovi inizi, rinnovamenti portentosi, ma l’esperienza insegna che nessun tentativo terreno di cambiare le cose soddisfa pienamente il cuore dell’uomo. Il cambiamento dello Spirito è diverso: non rivoluziona la vita attorno a noi, ma cambia il nostro cuore”.
È il 28 giugno e Papa Francesco, nella Basilica di San Pietro, ordina 14 nuovi cardinali per la Santa Romana Chiesa. Forti le parole del Papa ai nuovi pastori: “Nessuno di noi deve sentirsi “superiore” ad alcuno. Nessuno di noi deve guardare gli altri dall’alto in basso. Possiamo guardare così una persona solo quando la aiutiamo ad alzarsi”.
A luglio, nonostante il caldo torrido, il Papa si reca a Bari per l’incontro con i capi delle Chiese e delle comunità cristiane del Medio Oriente. Nel momento di preghiera il Papa sottolinea: “I cristiani sono luce del mondo non solo quando tutto intorno è radioso, ma anche quando, nei momenti bui della storia, non si rassegnano all’oscurità che tutto avvolge e alimentano lo stoppino della speranza con l’olio della preghiera e dell’amore. Perché, quando si tendono le mani al cielo in preghiera e quando si tende la mano al fratello senza cercare il proprio interesse, arde e risplende il fuoco dello Spirito, Spirito di unità, Spirito di pace”.
Ad agosto, nella Festa della Famiglie a Dublino, il Papa ribadisce nei suoi discorsi l’importanza della famiglia e del nucleo famigliare: “Voi, care famiglie, siete la grande maggioranza del Popolo di Dio. Che aspetto avrebbe la Chiesa senza di voi? Una Chiesa di statue, una Chiesa di persone sole…”
A settembre il Papa è invece ospite della Sicilia. La Sicilia del Beato Pino Puglisi, primo sacerdote martire della mafia. Il Papa nella Messa a Palermo pronuncia parole forti contro la mafia: “Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione. Abbiamo bisogno di camminare insieme, non di rincorrere il potere. Se la litania mafiosa è: Tu non sai chi sono io, quella cristiana è: Io ho bisogno di te”.
Ad ottobre come non menzionare le parole commosse di Francesco nella Messa di apertura del Sinodo dei Vescovi di tutto il mondo – per la prima volta anche cinesi -  sui giovani: “Che lo Spirito ci dia la grazia di essere Padri sinodali unti col dono dei sogni e della speranza, perché possiamo, a nostra volta, ungere i nostri giovani col dono della profezia e della visione; ci dia la grazia di essere memoria operosa, viva, efficace. È con questo atteggiamento di docile ascolto della voce dello Spirito che siamo convenuti da tutte le parti del mondo. Oggi, per la prima volta, sono qui con noi anche due confratelli Vescovi dalla Cina Continentale. Diamo loro il nostro caloroso benvenuto: la comunione dell’intero Episcopato con il Successore di Pietro è ancora più visibile grazie alla loro presenza”.
A novembre il Papa come consuetudine ricorda i Cardinale defunti nella Cappella Papale: “Mentre preghiamo per i Cardinali e i Vescovi defunti nel corso dell’anno, domandiamo l’intercessione di chi ha vissuto senza voler apparire, di chi ha servito di cuore, di chi si è preparato giorno per giorno all’incontro col Signore. Sull’esempio di questi testimoni, che grazie a Dio ci sono, e sono tanti, non accontentiamoci di una vista breve sull’oggi; desideriamo invece uno sguardo che va oltre, alle nozze che ci attendono”.
Infine dicembre, ultimo mese dell’anno di questo 2018, il Pontefice nel giorno dedicato all’Immacolata Concezione eleva una bellissima preghiera alla Madonna per la città di Roma: “Ti chiediamo la forza di non rassegnarci, anzi, di fare ogni giorno ciascuno la propria parte per migliorare le cose, perché la cura di ognuno renda Roma più bella e vivibile per tutti;  perché il dovere ben fatto da ognuno assicuri i diritti di tutti”


venerdì 28 dicembre 2018

UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO, 70 ANNI FA

Al termine di un anno speciale per la Costituzione italiana, quello del suo 70° genetliaco, si vuole riflettere sul fondamento della nostra Repubblica, in modo da verificare se e quanto esso – a distanza di tempo – sia ancora solido e saldo o invece scricchioli. 


di Alberto Randazzo*

Secondo il noto incipit della nostra Carta, “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (art. 1, I comma); in questo modo, i Padri costituenti vollero imprimere il senso dell’intera Costituzione e in un certo senso tracciare il cammino, per il futuro, della società italiana.
Si mette in chiaro che l’Italia è una Repubblica (esito del referendum del 2 giugno del 1946, dal quale – si badi – non si può tornare indietro: a norma dell’art. 139 Cost., la forma repubblicana non è soggetta a revisione costituzionale), democratica (tangibile reazione al regime totalitarista che aveva afflitto gli italiani) e, appunto, fondata sul lavoro, quasi a voler significare che essa sia “il prodotto di un reiterato sforzo collettivo” (A. Morrone) e, al tempo stesso, offrire una “chiave di lettura dell’intero testo” (R. Bin-D. Donati-G. Pitruzzella); come ebbe a dire Fanfani, il 22 marzo 1947, in Assemblea Costituente, “l’espressione ‘fondata sul lavoro’ segna quindi l’impegno, il tema di tutta la nostra Costituzione”.
           Centralità della tematica del lavoro
In un’era come quella che stiamo vivendo, nella quale per un verso si discute di disoccupazione e di neet (quei giovani che sono senza lavoro e non lo cercano) e, per altro verso, di “intelligenza artificiale” e di “Industria 4.0” – espressioni che connotano l’avvento della “quarta rivoluzione industriale” – sembra urgente chiedersi quale sia lo “stato di salute” di uno dei cardini dell’impianto costituzionale e, soprattutto, quali prospettive si aprano per il lavoro in Italia.
Potrebbe dirsi, semplificando al massimo, che anche (o forse soprattutto) da questo dipende il futuro della nostra “Repubblica democratica”, per la semplice considerazione in base alla quale il venire meno del suo principale fondamento non potrebbe che indebolirne la “struttura” e, forse, la sua stessa sopravvivenza.
           Legge e società
Lungi dal voler fare catastrofismi, non si può non ricordare che, in generale, il fenomeno giuridico cammini di pari passo con quello sociale, che la Costituzione debba essere considerata nel suo essere “dinamica” e non “statica” e che il progresso è anzi incoraggiato dalla Carta (si veda, ad es., l’art. 9, I comma, Cost., in base al quale “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”).
Detto questo, però, sembra palese che la diffusione di nuove tecnologie, che sono programmate per avere un’“intelligenza” tale da poter sostituire l’essere umano nello svolgimento delle più svariate mansioni, possa porre un serio problema di effettività del diritto-dovere al lavoro, proclamato nell’art. 4 Cost. (da leggere insieme al già cit. art. 1 Cost.). Proviamo a definire la cornice entro la quale ci muoviamo. Appare opportuno ricordare che costante preoccupazione dei Framers fu quella che si rischiasse di riconoscere in Costituzione un diritto non esigibile, in quanto non azionabile dinanzi a nessun giudice, non potendosi avanzare allo Stato una pretesa di lavorare e non configurandosi quindi un diritto ad ottenere un posto di lavoro.
Diritto al lavoro?
Come osservò Ruini, infatti, si trattava di un “diritto potenziale”, inscritto in Costituzione perché “il legislatore ne promuova l’attuazione” (v. la Relazione al Progetto di Costituzione); pertanto, ciò che è certo è che il tema dell’occupazione dovesse (e debba) essere ai primi posti dell’“agenda politica” (per inciso, preoccupa la recente misura, frutto proprio di una scelta politica, con la quale sono state bloccate le assunzioni a tempo indeterminato nella P.A. fino al 15 novembre 2019).
       Tuttavia, la proclamazione del lavoro quale oggetto di un diritto-dovere volto a favorire “il progresso materiale e spirituale del Paese” (art. 4 Cost.), sebbene sconti il problema della sua esigibilità, è però fondamentale per una serie di diritti disseminati fra le trame della Carta, che da esso ricevono forza e legittimazione e che ad esso sono strettamente connessi, in quanto sue esplicazioni o manifestazioni (e che sono ben azionabili in sede giudiziaria).
Le tutele costituzionali dei lavoratori
Si fa riferimento al fatto che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art. 36, I comma) o al “diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite” (art. 36, III comma); si pensi, inoltre, alla tutela della donna, che “ha gli stessi diritti e – a parità di lavoro – le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”, venendo salvaguardato “l’adempimento della sua essenziale funzione familiare” e protetta la sua condizione di madre (art. 37, I comma), e a quella dei minori (art. 37, III comma) e degli inabili (art. 38).
Viene inoltre sancita la libertà sindacale (art. 39) e il diritto allo sciopero (art. 40), ma anche “il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende” (art. 46).
Non si dimentichi poi che, a norma dell’art. 35, “la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni” (I comma), anche “cura[ndo] la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori” (II comma) e promuovendo e favorendo la tutela apprestata al diritto al lavoro sul piano internazionale (III comma); assai significativo, poi, anche alla luce delle vicende di attualità che coinvolgono il nostro Paese, è il riconoscimento della “libertà di emigrare” e la tutela del “lavoro italiano all’estero” (IV comma).
A quest’ultimo proposito, per un fatto di “coerenza”, non si potrebbero non prestare idonee garanzie a chi si trova costretto ad emigrare dal proprio Paese per cercare lavoro nel nostro; ma questo è un altro discorso che non si può fare in questa sede.
Lavoro, solidarietà, dignità
Inoltre, non si può non mettere in luce lo stretto collegamento che sussiste tra il lavoro e i valori di dignità e solidarietà; il primo, infatti, nel suo essere oggetto di un diritto, appare servente alla realizzazione della seconda ed, al tempo stesso, nel suo essere oggetto di un dovere, è espressione della terza.
Se ne ha, quindi, che la crisi del lavoro, dal quale dipende lo sviluppo della persona, non possa avere ricadute significative sui valori ora richiamati. In particolare, come ha affermato papa Francesco il 27 maggio 2017, “gli uomini e le donne si nutrono del lavoro: con il lavoro sono ‘unti di dignità’ ”, ma la dignità di ogni lavoratore non potrà mai essere tutelata (e realizzarsi) senza la “dignità del lavoro”, come accade nel caso del “lavoro in nero, quello gestito dal caporalato” o dei “lavori che discriminano la donna e non includono chi porta una disabilità” (passaggi, gli ultimi due, del Messaggio che il Sommo Pontefice ci ha rivolto il 26 ottobre 2016, in occasione della 48° Settimana Sociale che si è svolta a Cagliari). In definitiva, allora, “non ci può essere lavoro senza dignità, né dignità senza lavoro” (G.M. Flick).
Tutela del lavoro e progresso tecnologico
Se quello appena delineato in estrema sintesi è il modello costituzionale del diritto-dovere al lavoro, ci si può chiedere come esso sia conciliabile con la crescente sostituzione della macchina all’uomo, specialmente a fronte dei già alti tassi di disoccupazione presenti nel nostro Paese.
Inoltre, alla luce di quanto detto, occorre domandarsi quale sia la strategia migliore per contrastare il lavoro nero e quale debba essere l’operazione culturale da compiere perché si comprenda che si lavora non esclusivamente per il raggiungimento di interessi personali ma per il perseguimento dell’interesse collettivo (i primi, infatti, che sono innegabili, non possono che essere funzionali al secondo).
Spunti per una riflessione
Lungi dal volere azzardare risposte nel ristretto spazio di un post, si vuole qui offrire solo qualche spunto da affidare alla riflessione del lettore, perché ognuno possa sentirsi interpellato e possa provare a fare la propria parte. È necessario infatti un impegno sia sul piano politico ma anche, appunto, su quello individuale; prezioso e irrinunciabile è infatti il contributo che ognuno, in quanto “parte di un tutto”, può (meglio, deve) offrire a servizio del bene comune, ma ciò richiede un rinnovato “senso del lavoro” ed un’etica del (e nel) lavoro che ci si augura possano essere sempre più avvertiti e “vissuti” perché possa aversi davvero quel “progresso materiale e spirituale” (art. 4 Cost.) del quale la società italiana ha tanto bisogno.

Insomma, il futuro della Repubblica non può non dipendere da quanto saranno salde le sue fondamenta; a tutti noi – nessuno escluso – il compito di non farle scricchiolare.




domenica 23 dicembre 2018

NATALE, LA GIOIA DI ESSERE SANTI!

Papa Francesco: " .... Il Natale è per eccellenza una festa gioiosa, ma spesso ci accorgiamo che la gente, e forse noi stessi, siamo presi da tante cose e alla fine la gioia non c’è, o, se c’è, è molto superficiale. Perché?
         Mi è venuta in mente quella espressione dello scrittore francese Léon Bloy: «Non c’è che una tristezza, […] quella di non essere santi» (La donna povera, Reggio Emilia 1978, p. 375; cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 34).               Dunque, il contrario della tristezza, cioè la gioia, è legata all’essere santi. Anche la gioia del Natale. Essere buoni, almeno avere il desiderio di essere buoni.
        Guardiamo il presepe. Chi è felice, nel presepe? Questo mi piacerebbe chiederlo a voi bambini, che amate osservare le statuine… e magari anche muoverle un po’, spostarle, facendo arrabbiare il papà, che le ha sistemate con tanta cura!
      Allora, chi è felice nel presepe? La Madonna e San Giuseppe sono pieni di gioia: guardano il Bambino Gesù e sono felici perché, dopo mille preoccupazioni, hanno accolto questo Regalo di Dio, con tanta fede e tanto amore. Sono “straripanti” di santità e quindi di gioia. E voi mi direte: per forza! Sono la Madonna e San Giuseppe! Sì, ma non pensiamo che per loro sia stato facile: santi non si nasce, si diventa, e questo vale anche per loro.
     Poi, pieni di gioia sono i pastori. Anche i pastori sono santi, certo, perché hanno risposto all’annuncio degli angeli, sono accorsi subito alla grotta e hanno riconosciuto il segno del Bambino nella mangiatoia. Non era scontato. In particolare, nei presepi c’è spesso un pastorello, giovane, che guarda verso la grotta con aria trasognata, incantata: quel pastore esprime la gioia stupita di chi accoglie il mistero di Gesù con animo di fanciullo. Questo è un tratto della santità: conservare la capacità di stupirsi, di meravigliarsi davanti ai doni di Dio, alle sue “sorprese”, e il dono più grande, la sorpresa sempre nuova è Gesù. La grande sorpresa è Dio!
         Poi, in alcuni presepi, quelli più grandi, con tanti personaggi, ci sono i mestieri: il ciabattino, l’acquaiolo, il fabbro, il fornaio…, e chi più ne ha più ne metta. E tutti sono felici. Perché? Perché sono come “contagiati” dalla gioia dell’avvenimento a cui partecipano, cioè la nascita di Gesù. Così anche il loro lavoro è santificato dalla presenza di Gesù, dalla sua venuta in mezzo a noi.
        E questo ci fa pensare anche al nostro lavoro. Naturalmente lavorare ha sempre una parte di fatica, è normale. Ma io nella mia terra conoscevo qualcuno che non faticava mai: faceva finta di lavorare, ma non lavorava. Non faceva fatica, si capisce! Ma se ciascuno riflette un po’ della santità di Gesù, basta poco, un piccolo raggio – un sorriso, un’attenzione, una cortesia, un chiedere scusa – allora tutto l’ambiente del lavoro diventa più “respirabile”, non è vero? Si dirada quel clima pesante che a volte noi uomini e donne creiamo con le nostre prepotenze, le chiusure, i pregiudizi, e si lavora anche meglio, con più frutto.
      C’è una cosa che ci rende tristi nel lavoro e fa ammalare l’ambiente del lavoro: è il chiacchiericcio. Per favore, non parlare male degli altri, non sparlare. “Sì, ma quello mi è antipatico, e quello…”. Guarda, prega per lui, ma non sparlare, per favore, perché questo distrugge: distrugge l’amicizia, la spontaneità. E criticare questo e quello. Guarda, meglio tacere. Se tu hai qualcosa contro di lui, vai e dillo direttamente. Ma non sparlare. “Eh padre, viene da sé, di sparlare…”. Ma c’è una bella medicina per non sparlare, ve la dirò: mordersi la lingua. Quando ti viene la voglia, morditi la lingua e così non sparlerai.
         Anche negli ambienti di lavoro esiste “la santità della porta accanto” (cfr Gaudete et exsultate, 6-9). Anche qui in Vaticano, certo, io posso testimoniarlo. Conosco alcuni di voi che sono un esempio di vita: lavorano per la famiglia, e sempre con quel sorriso, con quella laboriosità sana, bella. È possibile la santità. È possibile. Questo è ormai il mio sesto Natale da Vescovo di Roma, e devo dire che ho conosciuto diversi santi e sante che lavorano qui. Santi e sante che vivono la vita cristiana bene, e se fanno qualche cosa brutta chiedono scusa. Ma vanno avanti, con la famiglia. Si può vivere così. È una grazia, ed è tanto bello. Di solito sono persone che non appaiono, persone semplici, modeste, ma che fanno tanto bene nel lavoro e nei rapporti con gli altri. E sono persone gioiose; non perché ridono sempre, no, ma perché hanno dentro una grande serenità e sanno trasmetterla agli altri. E da dove viene quella serenità? Sempre da Lui, Gesù, il Dio-con-noi. È Lui la fonte della nostra gioia, sia personale, sia in famiglia, sia sul lavoro.
        Allora il mio augurio è questo: essere santi, per essere felici. Ma non santi da immaginetta, no, no. Santi normali. Santi e sante in carne e ossa, col nostro carattere, i nostri difetti, anche i nostri peccati – chiediamo perdono e andiamo avanti –, ma pronti a lasciarci “contagiare” dalla presenza di Gesù in mezzo a noi, pronti ad accorrere a Lui, come i pastori, per vedere questo Avvenimento, questo Segno incredibile che Dio ci ha dato. Cosa dicevano gli angeli? «Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,10). Andremo a vederlo? O saremo presi da altre cose?
        Cari fratelli e sorelle, non abbiamo paura della santità. Vi assicuro, è la strada della gioia. Buon Natale a tutti!"



sabato 22 dicembre 2018

UN CORPO MI HAI PREPARATO. Vangelo della IV domenica di Avvento

Vangelo: Lc 1,39-45
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.   Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Commento di don Alberto Brignoli
Viviamo in una società che ha il culto del corpo. Palestre, piscine, personal trainers, drastiche cure dimagranti, ritocchini estetici, beauty farm, tatuaggi, ricerca esasperata dell'efficienza fisica... sono tutte cose che fino a pochi anni fa non conoscevano un boom così esagerato come in questi ultimi tempi. E tutto ciò, nonostante la grave crisi economica dalla quale, ancora, si fatica a uscire. Pensate che nel 2017, gli italiani hanno speso per il benessere e la cura del corpo qualcosa come dieci miliardi di euro, che, rapportati al numero di abitanti, non sarebbe neppure molto (circa 170 € a testa l'anno), ma se escludiamo i minori che ci auguriamo siano fuori da questo giro, la spesa è notevole.
Premesso che io sono un paladino della libertà dei figli di Dio (anche di quella libertà che porta l'uomo a peccare e allontanarsi da Dio, perché è Dio stesso che ha deciso di crearci liberi), per cui ognuno può fare dei propri soldi ciò che vuole, purché non leda i diritti degli altri e non crei disuguaglianze; premesso, altresì, che per quanto ci si dia da fare per mantenere l'efficienza fisica, “zucche e meloni - come dice il proverbio - hanno le proprie stagioni”: è bene che teniamo presente anche un'altra cosa, che entra in evidente contrasto con quanto detto finora, ossia che non esiste solo una cura eccessiva del corpo, ma anche un attacco frontale al nostro corpo, cioè alla salute fisica e mentale proveniente dalle molte dipendenze cui ci sottoponiamo.
Prendiamo anche solo due dei vizi più diffusi in Italia: tabacco e alcolici. Sempre nel 2017, gli italiani hanno speso qualcosa come 43 miliardi di euro per fumo e alcool, vale a dire, mantenendo le proporzioni di prima, qualcosa come 715 € a testa l'anno. È agghiacciante pensare che spendiamo 170 euro per sistemare il nostro corpo e 715 per distruggerlo... Se a questo aggiungiamo che le spese delle famiglie italiane per l'istruzione e la cultura ammontano a poco più di 12 miliardi di euro l'anno, arriviamo a scoprire che, a testa, la cultura vale 200 euro l'anno, mentre alcol, fumo e cura del corpo ne valgono complessivamente quasi 1000... Contraddizioni spaventose, per di più - è proprio il caso di dirlo - fatte sulla nostra pelle, nel vivo della nostra carne...
E il nostro Dio ha, nonostante tutto, il coraggio di preparare un corpo al suo unigenito Figlio che sta per venire nel mondo? Ebbene sì, lo fa. E lo fa anche lui con tutta una serie di contraddizioni che ci vengono narrate dalla Liturgia della Parola di oggi.
Perché non è del tutto logico che una ragazzina poco più che quattordicenne (l'età in cui le nostre ragazze si fanno portare fuori dal cancello della scuola in macchina da mamma e papà...) si faccia a piedi in fretta e furia - e per di più in dolce attesa - 150 km per andare da Nazareth ad Ain Karim a fare visita a una parente pure lei in stato interessante, nonostante la non più giovanissima età: ed era talmente di fretta che ha preso la scorciatoia della regione montuosa... quasi non stesse più nella pelle di andare a vedere quello che Dio stava operando in sua cugina, e di comunicarle a sua volta quello che stava per accadere pure a lei. Ma anche qui, gli schemi della logica saltano, e non solo perché Maria, entrando nella casa di Zaccaria, se ne fa un baffo del padrone di casa e saluta direttamente Elisabetta, ma perché quest'ultima aveva già capito tutto, come se già sapesse (e vi ricordo che WhatsApp ha iniziato le proprie comunicazioni nel 2009, quando Elisabetta era scomparsa già da almeno 2000 anni...). Chi gliel'avrà detto? Suo marito muto? Non penso proprio... Certo, lo Spirito Santo, il grande protagonista di tutte queste vicende prenatalizie: il quale parla a Elisabetta attraverso una danza, un movimento quasi illogico di un feto di sei mesi che balla di gioia al sentire la voce di Maria; un nascituro che è testimone della grandezza di Dio già da un momento - quello della gestazione - in cui la nostra società, con tutta la sua scienza, a volte ha il coraggio di dire che non è ancora vita finché non è nata, per cui - se ti è apparsa in grembo in maniera indesiderata e inattesa - puoi anche benissimo sbarazzartene.
Ma Dio non ci sta, e alle nostre contraddizioni contrappone le sue: fa nascere vita da un grembo sterile e da una ragazza che conserva la propria verginità; al figlio di una classe sacerdotale dona lo spirito dei profeti (con i quali, si sa bene, i sacerdoti non è che andassero più di tanto d'accordo), e invece che nel tempio lo fa predicare nel deserto; invece di donare al popolo un Messia discendente dalla stirpe regale della famiglia regnante di Giudea, come avrebbe dovuto essere, lo prende da una famiglia di falegnami della Galilea, regione non certo tra le più raccomandabili, sia dal punto di vista della sicurezza che della fedeltà a Gerusalemme.
Così fa Dio: contraddice la storia degli uomini facendosi uomo lui stesso, prendendo un corpo come il nostro, senza l'assillo di farne oggetto di culto, donandoci vita laddove tutto sembrava ancora assopito (come nel grembo di Maria) o definitivamente perduto (come nel ventre di Elisabetta).
Non ci resta che accoglierlo: oramai è qui con noi.


ISTRUZIONE. PRIORITA' POLITICHE PER IL 2019

Sono undici le priorità politiche del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per l’anno 2019, contenute nell’Atto di indirizzo firmato dal Ministro Marco Bussetti e pubblicato oggi sul sito del MIUR.
Edilizia scolastica. Inclusione scolastica e contrasto alla dispersione scolastica. Ampliamento dei percorsi formativi ITS e ridefinizione dell’alternanza scuola-lavoro. Revisione e miglioramento del sistema di reclutamento e formazione del personale della scuola di ogni ordine e grado. Attività sportive scolastiche. Politiche per garantire e accrescere il diritto allo studio. Valorizzazione della formazione superiore e della ricerca, con particolare riferimento al capitale umano. Internazionalizzazione della formazione superiore e della ricerca. Valorizzazione del sistema di valutazione nazionale: studenti, scuole, docenti, dirigenti scolastici. Prevenzione della corruzione e trasparenza. Attuazione delle politiche di coesione e dei programmi comunitari nel settore istruzione. Questi gli ambiti di intervento per i quali sono state definite precise linee di azione.
“Si tratta di temi su cui stiamo lavorando sin dal mio insediamento con pragmatismo e responsabilità e rispetto ai quali vogliamo imprimere un’ulteriore accelerazione – dichiara Bussetti -. Sono questioni centrali nei settori di competenza di questo Ministero. È nostra intenzione impegnarci per trovare soluzioni attese da anni o per migliorare il sistema, soprattutto dove presenta criticità e punti di debolezza. Su scuola, università, Alta formazione artistica musicale e coreutica, ricerca, stiamo predisponendo un piano strategico di interventi che porterà risultati positivi in termini di qualità ed efficacia. E che metterà finalmente ordine in questi mondi, anche rispetto alla legislazione di riferimento, attraverso una revisione o la definizione dei relativi dei Testi Unici”.

venerdì 21 dicembre 2018

2019. ARRIVANO GLI ALTOPARLANTI ... INTELLIGENTI !

I nuovi maggiordomi digitali 
un Grande Fratello senza Dio
di Gigio Rancilio
Il 2019 sarà l’anno dell’invasione globale degli «smart speaker», gli altoparlanti intelligenti di Amazon, Google, Apple e altri, che rispondono a (quasi) tutte le nostre domande
Li chiamano 'maggiordomi digitali'. Sono apparecchi che, per poche decine di euro, possono darci l’illusione che ogni nostro ordine venga esaudito. Strumenti così comodi da non farci intuire immediatamente quali e quanti problemi porteranno. Ma andiamo con ordine. Gli esperti non hanno dubbi: il 2019 sarà l’anno dell’invasione globale degli smart speaker. Sono quegli altoparlanti 'intelligenti' (dotati di microfono) che, grazie ai cosiddetti assistenti digitali, ci permettono di comandare la casa (accendendo luci e apparecchi predisposti) o di avere a disposizione musica, notizie, previsioni del tempo e molto altro semplicemente impartendo comandi vocali. Amazon è stato il pioniere del mercato con il suo Amazon Echo e la sua Alexa, lanciati nel 2014. Nel 2016, è stata la volta di Google con Google Home e Google Assistant. Infine, Apple ha tirato fuori il suo HomePod, con al suo interno la veterana Siri (la prima assistente approdata nei cellulari). Oggi ce ne sono molti altri. Ma il mondo degli smart speaker è di fatto in mano ad Amazon e Alphabet (Google). Già in questo 2018 il mercato degli smart speaker ha avuto una crescita enorme (+187%). Secondo una ricerca pubblicata da Nielsen, quasi un terzo delle famiglie americane possiede già uno smart speaker. Il mercato si sta allargando sempre di più (Italia compresa) e entro fine anno il numero di altoparlanti intelligenti presenti nel mondo dovrebbe toccare i 100 milioni di pezzi.
Secondo Deloitte, società top nelle analisi dei mercati, quello degli smart speaker nel 2019 varrà 7 miliardi di dollari, con 164 milioni di unità vendute. Se queste previsioni saranno confermate, i 'maggiordomi digitali' saranno i dispositivi connessi con il più rapido tasso di crescita al mondo: tra 12 mesi ce se saranno in circolazione oltre 260 milioni. Come sottolinea l’esperto Toni Fontana «l’assistenza vocale sta aprendo Internet ad una immensa massa di persone che oggi sono escluse dalle infrastrutture di connessione. In Colombia e in altri paesi del Sud America, per esempio, Google ha istituito un servizio che si chiama MyLine, un numero di telefono da chiamare, senza connessione dati, e al quale risponde Google Assistant. L’assistenza vocale in questo caso scavalca Internet a piè pari e si propone come primo contatto a persone senza alcuna cultura digitale». Tutto bello, ma al momento cosa possiamo fare davvero con un assistente vocale? L’azione più intrapresa tra i suoi possessori è usarlo per riprodurre musica. Ma possiamo anche usarli per tenerci informati con le ultime notizie, fare domande di qualunque genere (il numero e la qualità delle risposte varia da dispositivo a dispositivo), chiedere che ore sono, fare chiamate telefoniche, leggere o inviare messaggi, chiedere consigli di cucina, cambiare canali in Tv, accendere le luci, chiedere conferma degli appuntamenti presi, utilizzarli come un cronometro,
comandare l’aspirapolvere robotizzato (e presto tutti gli altri elettrodomestici di nuova generazione), creare liste di cose da fare, trovare un negozio nelle vicinanze, ordinare del cibo, segnare appuntamenti e anniversari sul calendario, acquistare prodotti di vario genere in negozi come Amazon, acquistare biglietti del cinema e tanto altro.
A dare una spinta sostanziale al mercato degli smart speaker saranno anche i servizi delle aziende. Il colosso cinese Alibaba ha presentato al NIPS (Neural Information Processing Systems), il più importante appuntamento internazionale sull’intelligenza artificiale, il proprio assistente vocale (già utilizzato nel servizio clienti della sua società di logistica) e ha stupito per la capacità di dialogo del mezzo. È solo l’inizio. Secondo una ricerca di Capgemini, nel giro di tre anni il 40% dei consumatori userà un assistente vocale invece di una app o un sito web per relazionarsi con un’azienda e il 31% lo farà invece di recarsi in un punto vendita.
Secondo la società ComScore, invece, entro il 2020 (cioè, fra pochissimo) la metà delle ricerche digitali sarà vocale. E questo potrà rendere in parte obsoleti i siti web come li cono- sciamo oggi. Oltre al boom degli smart speaker contribuirà anche il cambiamento in atto nel nostro modo di fare ricerche con gli smartphone. Sono i telefonini, infatti, con Siri di Apple ad avere portato per primi gli assistenti vocali nelle nostre vite. E ormai non esiste smartphone che non ne sia dotato.
Per scoprire quale sia il più intelligente tra gli assistenti vocali attualmente disponibili sul mercato, l’agenzia statunitense Stone Temple ha testato la loro capacità di rispondere correttamente a 5.000 domande di cultura generale. Google Assistant per smartphone ha registrato le migliori prestazioni con un tasso di risposta del 77,2%, di cui oltre il 95% era corretto. L’assistente vocale Siri è stato in grado di rispondere solo al 40% delle domande, ma con l’80% di risposte corrette. Google Assistant per Google Home ha risposto al 66,2% delle domande, con un tasso di risposte corrette pari all’87,5%. Alexa di Amazon ha risposto al 53,7% delle domande, con un tasso di risposte corrette pari all’82,6%.
invasione degli smart speaker porta con L’sé anche domande e dubbi di natura etica. I 250 milioni di apparecchi che entreranno nelle case entro il 2019, sono dotati anche di altrettanti microfoni in grado di registrare tutto quello che viene detto nella nostra intimità. Come sottolinea l’esperto Toni Fontana «la questione riguarda tutti, perché l’assistenza vocale entra ed entrerà nelle case di tutti (foss’anche la casa di un vostro amico di cui siete ospiti)». Proprio per la sua capacità di captare e registrare ciò che avviene nelle case dov’è collocato, un assistente digitale (di Amazon) potrebbe diventare un teste chiave in un caso di omicidio. Un giudice del New Hampshire ha chiesto infatti al gruppo di Jeff Bezos di consegnare le registrazioni effettuate da un loro dispositivo collocato non lontano da dove due donne sarebbero state uccise. Secondo le indagini, l’apparecchio potrebbe avere (più o meno volontariamente) registrato qualcosa. Amazon, per ora, ha rifiutato. Per protegge la privacy del cliente ma soprattutto per proteggere la propria immagine. Chi infatti comprerebbe uno di questi apparecchi sapendo che ciò che viene registrato a sua insaputa può essere reso pubblico? Già lo scorso maggio, una donna di Portland ha scoperto di essere stata registrata da uno smart speaker mentre discuteva con il marito. Non solo. La conversazione è stata inviata dal sistema ad alcuni suoi contatti WhatsApp. Amazon si è giustificata dicendo che, a volte, gli smart speaker possono scambiare rumori e parole per i comandi che attivano la registrazione. È quindi molto probabile che sui server del gruppo ci sia molto di più di quanto gli utenti pensino. Q uindi, chi garantirà la nostra privacy? E ancora: visto che pochi setteranno in maniera precisa questi strumenti, chi garantirà le voci 'minoritarie' (e tra queste ormai ci sono anche quelle cattoliche) in campo informativo e culturale? E che ne sarà delle domande sulla religione, sulla morale o sulla cultura visto che al momento le risposte attingono a enciclopedie molto generiche? Per capirci, oggi alla domanda: Dio esiste? La risposta di Alexa è: ognuno ha la sua opinione al riguardo. Come dire: risposte sì, ma in alcuni casi più di maniera che di senso vero.
da AVVENIRE


giovedì 20 dicembre 2018

TUTTOMONDO CONTEST - LA PACE OLTRE LA GUERRA

CONCORSO PER GLI STUDENTI

      Nell’ambito della collaborazione che vede impegnati Save the Children e il MIUR nella realizzazione di attività in materia di tutela dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, si intende promuovere la VI Edizione del Concorso dal titolo “TuttoMondo Contest – Edizione speciale Englantyne Jebb”. 
     Nel 2019 ricorrerà il centenario di Save the Children, l’organizzazione internazionale nata all’indomani della prima guerra mondiale su iniziativa di una donna coraggiosa, Eglantyne Jebb, che dal 1919 lotta per salvare la vita di milioni di bambini che vivono in paesi in conflitto e ai quali vengono negati i diritti fondamentali. 
      A 100 anni dalla sua nascita, l’organizzazione combatte ancora lo spettro della guerra che minaccia l’umanità e lavora ogni giorni per garantire ai bambini un futuro. 
      Per celebrare il centenario Save the Children dedica ai bambini di tutto il mondo la campagna globale dal titolo: Stop the War on Children che si prefigge di creare una grande mobilitazione, coinvolgendo soprattutto i ragazzi e le scuole. 
       A tal fine, si invitano le scuole di ogni ordine e grado a partecipare al concorso artistico dal titolo TuttoMondo Contest – La pace oltre la guerra. ...

Per iscriversi e partecipare ai percorsi didattici e ricevere il kit è necessario registrarsi entro il 20 gennaio 2019. 
Per maggiori informazioni è possibile scrivere all’indirizzo email: educazione@savethechildren.org