giovedì 31 agosto 2017

GIORNATA MONDIALE DEL CREATO

“'Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo’ (Gen. 28, 16). Viaggiatori sulla terra di Dio”. Questo il tema scelto dalla Conferenza episcopale italiana per il messaggio dedicato alla 12ª Giornata Nazionale per la Custodia del Creato, il 3 settembre prossimo, che quest'anno si celebrerà a Gubbio, ospitata dalla diocesi. Il Messaggio parte dall’esclamazione espressiva dello stupore di Giacobbe, che nel corso di un lungo viaggio scopre la terra di Canaan come luogo di presenza del Signore.  I vescovi ricordano che, seppur radicata in un luogo, la nostra storia personale si dispiega in una varietà di tempi e di spazi e che, come molte altre religioni, il cristianesimo saprà valorizzare la pratica del pellegrinaggio, riscoprendolo in forme sempre nuove e formative.Nel testo si esorta anche ad abitare la terra come viaggiatori e a far crescere un turismo autenticamente sostenibile, capace cioè di contribuire alla cura della casa comune e della sua bellezza. (E.R.)

SIATE PORTATORI DI SPERANZA. SAPPIATE SOGNARE UN MONDO DIVERSO

....   non diamo retta alle persone deluse e infelici; non ascoltiamo chi raccomanda cinicamente di non coltivare speranze nella vita; non fidiamoci di chi spegne sul nascere ogni entusiasmo dicendo che nessuna impresa vale il sacrificio di tutta una vita; non ascoltiamo i “vecchi” di cuore che soffocano l’euforia giovanile. Andiamo dai vecchi che hanno gli occhi brillanti di speranza!   
.... Il Signore non vuole uomini e donne che camminano dietro a Lui di malavoglia, senza avere nel cuore il vento della letizia.
                  Coltiviamo  sane utopie: Dio ci vuole capaci di sognare come Lui e con Lui, mentre camminiamo ben attenti alla realtà. Sognare un mondo diverso. 
           E se un sogno si spegne, tornare a sognarlo di nuovo, attingendo con speranza alla memoria delle origini, a quelle braci che, forse dopo una vita non tanto buona, sono nascoste sotto le ceneri del primo incontro con Gesù ..... " 

OSSERVATORIO MINISTERIALE SU INCLUSIONE E INTERCULTURA


    (
ANSA) - ROMA, 31 AGO - La Ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Valeria Fedeli ha firmato i decreti per la costituzione dell'Osservatorio permanente per l'inclusione scolastica, previsto da uno dei provvedimenti attuativi della Buona Scuola, e dell'Osservatorio per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura.
    "I due Osservatori - spiega la Ministra - saranno importanti spazi di confronto su temi che sono centrali nella nostra scuola e nel Paese e che sono direttamente connessi con l'attuazione dell'articolo 3 della nostra Costituzione". "Quella italiana - prosegue Fedeli - è già una scuola altamente inclusiva e capace di integrare, di fare della diversità una ricchezza. Abbiamo un sistema molto avanzato, di cui possiamo e dobbiamo essere orgogliosi. 
     Le nostre e i nostri docenti fanno un lavoro straordinario, che con la riforma e i suoi decreti attuativi vogliamo ulteriormente supportare con risorse e strumenti che ci consentiranno di venire sempre più incontro alle nuove esigenze di studentesse e studenti e delle loro famiglie". 
      Fra i decreti attuativi della Buona Scuola - ricorda Fedeli - uno specifico provvedimento è dedicato al tema dell'inclusione per garantire una scuola sempre più accogliente alle alunne e agli alunni con disabilità, rafforzando il ruolo delle famiglie e delle associazioni nei processi di inclusione e coinvolgendo , anche e soprattutto attraverso la formazione in servizio, tutte le componenti del personale scolastico. Nei prossimi mesi gli effetti del decreto si dispiegheranno attraverso una serie di atti che condivideremo e costruiremo con l'Osservatorio appena costituito che sarà uno strumento di forte partecipazione. Lo riuniremo già nelle prime settimane di settembre, con l'avvio dell'anno scolastico, proprio per condividere priorità e obiettivi. La costituzione stessa dell'Osservatorio rappresenta uno dei primi tasselli dell'attuazione". 
      Sul fronte dell'inclusione e dell'intercultura, prosegue la Ministra, "grazie alla riforma, stiamo potenziando l'offerta formativa anche con un incremento di risorse per questo capitolo". Sono oltre 800.000 le ragazze e i ragazzi con cittadinanza non italiana presenti nel sistema scolastico. Quasi il 60% di queste alunne e di questi alunni è nato in Italia. "La velocità e la profondità dell'integrazione dipendono anche dalla scuola, come ho ricordato in molte occasioni - prosegue la Ministra -. È grazie al percorso che le ragazze e i ragazzi con cittadinanza non italiana fanno a scuola che il nostro Paese potrà contare anche sui loro talenti, sulle loro intelligenze".
    È "a scuola - conclude Fedeli - che studentesse e studenti, famiglie e comunità con storie diverse possono imparare a conoscere le diversità culturali e religiose, a superare le reciproche diffidenze, a sentirsi responsabili di un futuro comune. Le scuole possono essere veri e propri laboratori di convivenza. L'Osservatorio sarà uno strumento importantissimo per portare avanti questo processo. La complessità e la molteplicità degli aspetti relativi all'integrazione richiedono una sede qualificata di riflessione. Dobbiamo dare risposte efficaci alle storie e ai bisogni educativi di chi è appena arrivato nel nostro Paese, ma anche delle ragazze e dei ragazzi figli di migranti che nascono, crescono e studiano in Italia la cui cittadinanza, penso al dibattito sullo Ius soli, che mi auguro sia rapidamente approvato, si costruisce giorno dopo giorno proprio nelle nostre scuole".
                                                                                                                       
Leggi: OSSERVATORIO

lunedì 28 agosto 2017

LASCIATE CHE I BAMBINI SI SPORCHINO

"Lascia che si sporchi" è un libro che metterà in dubbio le vostre certezze sulla salute dei più piccoli. Scoprirete perché i microbi sono amici del sistema immunitario e perché un po' di sporco rende il bambino più forte, allontana le allergie, l'asma e l'obesità.

     Ogni genitore vorrebbe il meglio per il proprio figlio e vorrebbe che non si ammalasse mai; malattie e infezioni sono sicuramente motivo di grandi preoccupazioni per una neo - mamma. Chi non vorrebbe una guida esperta al suo fianco che ci dicesse come comportarsi, e possa rassicurarci di fronte a paure e timori.
    Molti spesso si chiedono che detergente usare per lavare i vestitini, oppure quante volte lavare il bambino o se il biberon va sterilizzato ogni volta che si usa. Certe mamme sostengono con determinazione che il proprio figlio si fa due-tre docce al giorno ..... Ritengono di far bene e di assicurare il meglio ai figli, e così via.
       Non esistono manuali con regole infallibili su come difendere i figli dagli attacchi esterni, da microbi, malattie etc. Ai tanti genitori confusi, alla ricerca di risposte su come crescere i propri figli con uno stile di vita sano, consigliamo "Lasci che si sporchi" un libro che nasce dall'esperienza di due genitori, B.Brett Finlay e Marie-Claire Arrieta, che nella vita sono anche scienziati.
     Se vi dicessimo che i bambini hanno bisogno di più sporco per non ammalarsi, e che l'esposizione ai microbi è particolarmente importante in età infantile cosa pensereste?       
       Forse ci guardereste perplessi e perché no anche incuriositi. Questo libro nato da studi condotti nei laboratori dai due ricercatori, e dalle ultime scoperte della medicina, dimostra che i microbi hanno un ruolo fondamentale nel benessere dell'individuo già nei primi cento giorni di vita.
     I due scienziati, esperti in microbiologia, nell'opera recentemente pubblicata, affrontano i dubbi più comuni di genitori ed educatori e danno risposte concrete in linea con le evidenze scientifiche. Spiegano che cosa è bene fare e cosa invece è superfluo o addirittura nocivo per i nostri bambini, suggeriscono che cosa è opportuno fare per potenziare lo sviluppo del sistema immunitario del bambino fin dalla gravidanza.


Finlay - Arrieta, Lascia che si sporchi, ed. Sperling Kupfer, 2017, pagg. 280, € 18

giovedì 24 agosto 2017

SIAMO GENTE DI PRIMAVERA!

SIAMO PERSONE DI PRIMAVERA
 O DI AUTUNNO?

          " ......La speranza cristiana si basa sulla fede in Dio che sempre crea novità nella vita dell’uomo, crea novità nella storia, crea novità nel cosmo. Il nostro Dio è il Dio che crea novità, perché è il Dio delle sorprese.
Non è cristiano camminare con lo sguardo rivolto verso il basso – come fanno i maiali: sempre vanno così – senza alzare gli occhi all’orizzonte. Come se tutto il nostro cammino si spegnesse qui, nel palmo di pochi metri di viaggio; come se nella nostra vita non ci fosse nessuna meta e nessun approdo, e noi fossimo costretti ad un eterno girovagare, senza alcuna ragione per tante nostre fatiche. Questo non è cristiano…..
          Dio non ha voluto le nostre vite per sbaglio, costringendo Sé stesso e noi a dure notti di angoscia. Ci ha invece creati perché ci vuole felici. È il nostro Padre, e se noi qui, ora, sperimentiamo una vita che non è quella che Egli ha voluto per noi, Gesù ci garantisce che Dio stesso sta operando il suo riscatto. Lui lavora per riscattarci …….
         Essere cristiani implica una nuova prospettiva: uno sguardo pieno di speranza. Qualcuno crede che la vita trattenga tutte le sue felicità nella giovinezza e nel passato, e che il vivere sia un lento decadimento. Altri ancora ritengono che le nostre gioie siano solo episodiche e passeggere, e nella vita degli uomini sia iscritto il non senso. Quelli che davanti a tante calamità dicono: “Ma, la vita non ha senso. La nostra strada è il non-senso”. 
        Ma noi cristiani non crediamo questo. Crediamo invece che nell’orizzonte dell’uomo c’è un sole che illumina per sempre. Crediamo che i nostri giorni più belli devono ancora venire. Siamo gente più di primavera che d’autunno. A me piacerebbe domandare, adesso – ognuno risponda nel suo cuore, in silenzio, ma risponda –: “Io sono un uomo, una donna, un ragazzo, una ragazza di primavera o di autunno? La mia anima è in primavera o è in autunno?”. 
        Ognuno si risponda. Scorgiamo i germogli di un mondo nuovo piuttosto che le foglie ingiallite sui rami. Non ci culliamo in nostalgie, rimpianti e lamenti: sappiamo che Dio ci vuole eredi di una promessa e instancabili coltivatori di sogni. Non dimenticate quella domanda: “Io sono una persona di primavera o di autunno?”. Di primavera, che aspetta il fiore, che aspetta il frutto, che aspetta il sole che è Gesù, o di autunno, che è sempre con la faccia guardando in basso, amareggiato e, come a volte ho detto, con la faccia dei peperoncini all’aceto.
         Il cristiano sa che il Regno di Dio, la sua Signoria d’amore sta crescendo come un grande campo di grano, anche se in mezzo c’è la zizzania. Sempre ci sono problemi, ci sono le chiacchiere, ci sono le guerre, ci sono le malattie … ci sono dei problemi. Ma il grano cresce, e alla fine il male sarà eliminato. Il futuro non ci appartiene, ma sappiamo che Gesù Cristo è la più grande grazia della vita: è l’abbraccio di Dio che ci attende alla fine, ma che già ora ci accompagna e ci consola nel cammino. Lui ci conduce alla grande “tenda” di Dio con gli uomini (cfr Ap 21,3), con tanti altri fratelli e sorelle, e porteremo a Dio il ricordo dei giorni vissuti quaggiù. E sarà bello scoprire in quell’istante che niente è andato perduto, nessun sorriso e nessuna lacrima. 
         Per quanto la nostra vita sia stata lunga, ci sembrerà di aver vissuto in un soffio. E che la creazione non si è arrestata al sesto giorno della Genesi, ma ha proseguito instancabile, perché Dio si è sempre preoccupato di noi. Fino al giorno in cui tutto si compirà, nel mattino in cui si estingueranno le lacrime, nell’istante stesso in cui Dio pronuncerà la sua ultima parola di benedizione: «Ecco - dice il Signore – io faccio nuove tutte le cose!» (v. 5). Sì, il nostro Padre è il Dio delle novità e delle sorprese. E quel giorno noi saremo davvero felici, e piangeremo. Sì: ma piangeremo di gioia.

Papa Francesco – 23 agosto 2017

mercoledì 23 agosto 2017

SCUOLA. IN TRE ANNI CENTOMILA ALUNNI IN MENO

I dati del Miur: 
il calo dovuto al crollo demografico anche dei bambini di origine straniera.
A rischio gli organici

        Scuola, in tre anni persi centomila alunni: quest'anno 33mila bambini in meno!
Le scuole statali italiane si svuotano: meno 100mila alunni in appena un triennio. Anche l’anno scolastico ormai alle porte è contrassegnato da un calo di bambini e ragazzi: 33mila in meno rispetto al 2016/2017, secondo le stime ministeriali comunicate ai sindacati della scuola nei giorni scorsi. Un trend, quello del decremento progressivo di scolari e studenti, che appare ormai inarrestabile e con cui dovranno fare i conti al ministero dell’Istruzione soprattutto per ciò che concerne il reclutamento.        Del resto, le previsioni dell’Istat confermano questa tendenza che nei prossimi decenni assumerà dimensioni ancora più consistenti. Il calo della popolazione scolastica italiana è dovuto all’interruzione della crescita degli alunni stranieri nelle classi italiane. L’ultimo report ministeriale sui figli di genitori non italiani ha confermato che il loro numero non cresce più come una volta. Anzi, nei prossimi anni è previsto anche un calo. Mentre i compagni italiani, per effetto del calo delle nascite, decrescono ormai da diversi anni.
      In passato, il numero complessivo di alunni presenti tra le mura scolastiche del Belpaese si è incrementato ugualmente per via della vorticosa crescita di bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana. Ma adesso siamo al punto di svolta. Nel 2015/2016 il Miur certificò un calo della popolazione scolastica di quasi 20mila unità. L’anno successivo – il 2016/2017 i vuoti ammontarono a 46mila unità e il prossimo anno a 33mila. Quasi 100mila alunni in meno, come se fosse sparita di botto l’intera dotazione di alunni di Molise e Basilicata. Secondo l’Istituto nazionale di statistica, i prossimi anni saranno contrassegnati da ulteriori contrazioni della popolazione scolastica italiana.
     Partendo dalle previsioni Istat della popolazione residente in età scolare (3-18 anni), fra cinque anni il calo degli alunni potrebbe attestarsi sulle 361mila unità e fra 10 anni sulle 774mila unità. Un tracollo che renderebbe difficile il turnover complicato dalla legge Fornero, che ha introdotto il doppio paletto per lasciare la cattedra (età e periodo contributivo) e dall’innalzamento progressivo dell’età pensionabile, argomento in questi giorni al centro del dibattito politico-sindacale. Per “piccoli decrementi”, finora, viale Trastevere si è limitato a confermare gli organici degli anni precedenti, utili a diminuire anche il numero degli alunni per classe. Ma in futuro le cose potrebbero cambiare.
       Perché, qualunque sia la dimensione della contrazione degli alunni, questa determinerà quasi certamente un taglio degli organici con tantissimi esuberi. Una prospettiva che renderebbe oltremodo complesso assumere nuovi docenti: sia dalle graduatorie dei precari, sia dai concorsi.
Da Repubblica


lunedì 21 agosto 2017

IL FORESTIERO CHE BUSSA ALLA PORTA ...... Linee guida per l'accoglienza dei migranti e dei rifugiati

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2018

[14 gennaio 2018]
“Accogliere, proteggere, promuovere e integrare
i migranti e i rifugiati”

Cari fratelli e sorelle!
       «Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,34).
          Durante i miei primi anni di pontificato ho ripetutamente espresso speciale preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà. Si tratta indubbiamente di un “segno dei tempi” che ho cercato di leggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013. Nell’istituire il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ho voluto che una sezione speciale, posta ad tempus sotto la mia diretta guida, esprimesse la sollecitudine della Chiesa verso i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime della tratta.
          Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43). Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore.[1] Tale sollecitudine deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno. E’ una grande responsabilità che la Chiesa intende condividere con tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà, i quali sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità.
      Al riguardo, desidero riaffermare che «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare».[2]
Considerando lo scenario attuale, accogliere significa innanzitutto ....


giovedì 17 agosto 2017

EDUCARE ALL'UMANESIMO SOLIDALE

Il recente documento della Santa Sede
 Educare 
all’umanesimo solidale 

Per costruire una “civiltà dell’amore” a 50 anni dalla Populorum progressio




INTRODUZIONE 
   1. Cinquant’anni fa, con l’enciclica Populorum progressio, la Chiesa annunciava agli uomini e alle donne di buona volontà il carattere mondiale assunto dalla questione sociale . Tale annuncio non si limitava a suggerire uno sguardo più largo, in grado di abbracciare porzioni sempre più grandi di umanità, ma offriva un nuovo modello etico-sociale. In essa si doveva operare per la pace, la giustizia e la solidarietà, con una visione in grado di cogliere l’orizzonte globale delle scelte sociali. I presupposti di questa nuova visione etica erano emersi qualche anno prima, nel Concilio Vaticano II, con la formulazione del principio di interdipendenza planetaria e del destino comune di tutti i popoli della Terra . Negli anni a venire, la validità esplicativa di tali principi trovò numerose conferme. L’uomo contemporaneo ha più volte fatto esperienza che ciò che accade in una parte del mondo può influire su altre, e che nessuno può a priori sentirsi al sicuro in un mondo nel quale esiste sofferenza o miseria. Se allora s’intravedeva la necessità di occuparsi del bene altrui come fosse il proprio, oggi tale raccomandazione assume un’evidente priorità nell’agenda politica dei sistemi civili
   2. La Popurolum progressio, in tal senso, può essere considerata il documento programmatico della missione della Chiesa nell’era della globalizzazione . La sapienza che promana dai suoi insegnamenti guida ancora oggi il pensiero e l’azione di quanti vogliono costruire la civiltà dell’«umanesimo plenario» . I contenuti di tale umanesimo hanno bisogno di essere vissuti e testimoniati, formulati e trasmessi6 in un processo educativo che oggi metta al centro della sua proposta la ricerca della solidarietà in un mondo segnato da molteplici differenze culturali, attraversato da eterogenee visioni del bene e della vita buona, caratterizzato dalla convivenza di fedi e orizzonti morali diversi. Il presente documento si prefigge di proporre le linee principali dell’educazione all’umanesimo solidale. 

Cap. 1  Scenari attuali
Cap. 2  Umanizzare l'educazione
Cap. 3  Cultura del dialogo
Cap. 4  Umanizzare la speranza
Cap. 5  Per una vera inclusione
Cap. 6  Reti di cooperazione
Cap. 7  Prospettive

Leggi il documento:  EDUCARE ALL'UMANESIMO SOLIDALE 



sabato 12 agosto 2017

NON ABBIATE PAURA! - Liturgia domenica 13 agosto 2017

NON ABBIATE PAURA!


Nelle tempeste
Elia è scoraggiato. Pensava, uccidendo i sacerdoti del dio Baal, portati in Israele dalla regina Gezabele, di riportare la folla al Dio di Israele, di sollevare una rivoluzione. Non è così: non solo la gente lo abbandona, ma la regina promette vendetta e il profeta deve scappare nel deserto.
Vuole morire, ammette il suo sbaglio: Dio non si impone. E lui, arrogante e violento, non è migliore dei suoi padri.
Gesù è scoraggiato: hanno arrestato e ucciso Giovanni Battista, l’aria si fa pesante.
Ma la cosa peggiore è che, dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù scopre che i suoi discepoli non hanno capito praticamente nulla del suo messaggio, delle sue parole. Davanti alla folla affamata hanno suggerito al Maestro di cacciarli, di rimandarli a casa.
Gli apostoli sono scoraggiati: non hanno capito la ragione dell’improvvisa durezza del Signore che li ha costretti in malo modo a salire sulla barca per raggiungere l’altra riva, quella dei pagani, quella evitata accuratamente dagli ebrei. E si sta alzando un forte vento, ci mancava.
Fatica
La vita è così: inevitabilmente mischia luce e ombra, momenti esaltanti e momenti faticosi, grandi gioie e forti dubbi. Ci mette davanti alla violenza: quella che portiamo nel cuore, come Elia, che deve fare i conti col proprio fanatismo, quella politica che spazza via gli avversari come il Battista, quella dell’egoismo che impedisce ai discepoli di capire il gesto del Maestro, quella degli elementi della natura che ci ricordano che siamo ospiti su questa terra.
Eppure proprio nel momento della fatica scopriamo chi siamo.
E se, invece di ripiegarci su noi stessi, osiamo metterci in discussione, attendere, cambiare, sperare, pregare, agire, qualcosa accade. Saliamo di livello, cambiamo frequenza, entriamo dentro noi stessi, dentro la Storia, dentro gli eventi. Ma, per farlo, dobbiamo necessariamente affrontare i nostri fantasmi e le nostre paure.
La regina Gezabele, per Elia, il dubbio di avere scelto le persone sbagliate, per Gesù, il mare in tempesta, per Pietro e gli altri.
Imparare il silenzio
Elia spaventato e consumato, desideroso di morire nel deserto, non si chiude a piangere se stesso, si mette in cammino. L’illusoria vittoria intrisa di sangue non ha fatto che peggiorare le cose.
No, Dio non è nella violenza, questo ora ha capito Elia che si ritrova sul monte dell’alleanza.
Questo vorrei capissero coloro che continuano ad uccidere profanando il nome di Dio.
E qui, sull’Oreb, Elia capisce e ci fa capire qualcosa di splendido. Dio non è nella violenza, né nei grandi eventi naturali o nei prodigi, ma nell’intimo di ciascuno di noi.
Nella brezza del mattino anzi, come più precisamente, nella voce del silenzio.
Abbiamo disimparato l’ascolto del silenzio. Il luogo dove incontriamo Dio.
Imparare a scegliere
Come possono non avere capito? Come possono, davanti alla prima vera prova, avere mostrato tanta indifferenza e tanto cinismo? Cosa serve amare, seguire, accudire, istruire, vivere con loro se poi non hanno cambiato il loro cuore?
La notte di Gesù sul monte a pregare è tormentata e lugubre. Coloro che ha scelto con tanta cura e tanta passione, coloro che ha voluto con sé, che ha istruito, hanno mostrato tutta la loro grettezza.
Prega, il Signore. Forse un po’ stordito e deluso. Non sa che fare.
Intanto si alza un forte vento sul lago. Gesù sceglie. Sceglie di non sceglierne altri. Non migliori, non più coerenti, non eccezionali. Sceglie quei dodici.
Sceglie noi, fragili e incoerenti. Sceglie questa Chiesa composta di fango e santità. I discepoli, noi discepoli, sono spaventati. Dalla furia del vento e delle onde.
E lì, nel cuore della notte, sono raggiunti dal Signore, ma lo vedono come un fantasma. Non lo hanno riconosciuto nel fratello affamato. Come possono riconoscerlo qui, ora?
Solo Matteo ci parla dell’episodio di Pietro. Di quella richiesta, ingenua oltre ogni limite, di raggiungere Gesù camminando sulle acque.
E si getta, Pietro. Si fida. E affonda. No, non è capace, come noi non siamo capaci, di camminare davvero su ciò che ci spaventa, di passeggiare fischiettando sul ciglio del baratro che costeggia la nostra vita. Vorremmo, ma non siamo così coraggiosi, né così santi.
Solo il Maestro, solo il Signore può dominare le alte onde del mare, da sempre, nella Bibbia, potente e oscuro simbolo del male e della paura. Solo lui. Noi non siamo capaci, ma il Signore ci sfida, ci spinge ad osare.
Anche oggi Pietro, questo nostro Pietro, deve condurre la barca in mezzo alle onde. E, come se non bastasse la violenza di chi attacca la Chiesa e di chi invece la blandisce e la seduce, si ritrova qualche compagno di viaggio che inizia a bucare il fondo della barca, rilasciando patenti di ortodossia ai papi dall’alto della loro conoscenza e della loro intransigenza. È sempre accaduto, con ogni Pietro.
Ma Pietro, questo Pietro, ogni Pietro, sa bene che il Signore Gesù ci raggiunge nella tempesta. Sempre.
Davanti ai dubbi di fede, davanti alle tempeste della vita, il discepolo è chiamato, come Elia, ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio, recuperando quella dimensione assoluta che è il silenzio, la preghiera, l’ascolto meditato del grande e quieto oceano della presenza di Dio, per vedere il volto di Dio che si nasconde nel vento, che pare evanescente come un fantasma.
Solo così possiamo arrivare all’altra riva.

                                                                                                Paolo Curtaz in  “Ti racconto la parola

martedì 8 agosto 2017

VIVER BENE? PARENTI, AMICI E ASSOCIAZIONI CI AIUTANO A VIVERE BENE E DI PIU'

Parenti, amici 
e vita associativa ci rendono
 più longevi 
e ci aiutano 
a stare
 in buona salute

Diversi studi hanno già suggerito quanto salde relazioni sociali aiutino la nostra salute. 
Ora la conferma dalla conferenza annuale dell'American Psychological Association. 
La solitudine è collegata alla maggior insorgenza di malattie, mentre "una più vasta rete sociale" riduce del 50% il rischio di morte prematura

di DEBORAH AMERI

     Al bar per la colazione incontriamo il barista e tutti gli habitué, una piccola comunità. Al lavoro i colleghi, anche se non tutti, ci fanno passare la giornata in modo più piacevole. Poi l'aperitivo con un amico e la cena con i genitori, in attesa del pranzo domenicale con tutta la famiglia. Nel quotidiano non ce ne rendiamo conto, ma tutte queste persone ci allungano la vita. E non di poco. Ormai diversi studi hanno suggerito che circondarsi di amici e parenti, e avere salde relazioni sociali, giova alla salute, contrasta l’insorgere di malattie e, soprattutto, previene la morte prematura.
   Gli studi. Un'altra conferma arriva da due studi della Brigham Young University (nello Utah), appena presentati alla conferenza annuale dell’American Psychological Association. I ricercatori hanno analizzato 148 ricerche, che coinvolgono oltre 300.000 persone, concludendo che "una più vasta rete sociale" riduce del 50% il rischio di morte prematura. Nella seconda analisi Julianne Holt-Lunstad, professoressa di psicologia che ha condotto lo studio, ha incrociato i risultati di 70 ricerche per un totale di 3,4 milioni di persone (prevalentemente americani, ma anche europei e asiatici) calcolando l’impatto sul benessere fisico di tre variabili: solitudine, isolamento sociale e il vivere da soli. Ebbene, tutti e tre sono risultati pericolosi per la salute quanto, o anche più, dell’obesità.
    Solitudine e isolamento sociale. Ma qual è la differenza tra solitudine e isolamento sociale? Secondo gli autori dello studio il primo è imposto, si verifica, per esempio, quando si viene tagliati fuori da un gruppo, quando si viene ghettizzati. Mentre la solitudine si prova quando non si hanno accanto le persone che più amiamo e con cui abbiamo una relazione profonda.
     Negli Usa oltre 40 milioni di persone soffrono di solitudine. E sono in aumento, in tutto il mondo occidentale. "Sta diventando un problema serio, che dovrebbe essere al centro delle politiche sociali dei governi - commenta Luigi Fontana, professore di Medicina e Nutrizione all’università di Brescia e di Washington, autorità mondiale nel campo della longevità e autore – insieme a Franco Berrino - del saggio La grande via - . Le popolazioni più longeve sono quelle molto spirituali e che hanno un forte senso sociale. La nonna bada al nipotino, il figlio o la figlia vanno al lavoro tranquilli, gli anziani non vengono abbandonati. Un po’ com’era l’Italia cinquant’anni fa. Adesso invece siamo sempre più soli, stiamo diventando come gli anglosassoni".
      Famiglia e gruppo sociale. È proprio il senso di appartenenza alla famiglia o a un gruppo sociale più vasto che allungherebbe la vita: "Non a caso la mortalità prematura nelle persone felicemente sposate è minore che in quelle non coniugate. E il rischio di morte raddoppia nel primo mese successivo alla morte del coniuge", aggiunge Fontana.
      Il sistema immunitario. Le ragioni per cui essere socialmente attivi porti così tanto beneficio non sono chiare. Ma alcuni studi se ne sono già occupati. "Si è visto, per esempio, che il benessere psicologico che proviamo quando ci sentiamo amati influenza positivamente la risposta del nostro sistema immunitario contro le infezioni e riduce l’infiammazione – spiega l’esperto - Parte degli effetti avversi associati all'isolamento sembrerebbero essere legati allo stress psicologico e alla depressione, che sono potenti fattori di rischio per l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale. Lo stress psicologico e la depressione, infatti, aumentano l’infiammazione e stimolano il sistema catecolaminergico, che di riflesso causa un aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca".
     L'altro studio. L'anno scorso uno studio dell’università Harvard ha concluso che non avere amici avrebbe come conseguenza l’attivazione della modalità “fight or flight”, che incrementa i livelli del fibrinogeno. Ma un’eccessiva quantità di questa proteina alza la pressione sanguigna e può causare la formazione di depositi di grasso nelle arterie. Chi ha solo cinque amici, per esempio, ha un livello di fibrinogeno superiore del 20% rispetto a chi vanta 25 amici. E l’isolamento è associato a circa il 30% di rischio in più di infarto e ictus, una percentuale simile a quella che riguarda il fumo. "Attenzione, però, non solo alla quantità degli amici, ma anche alla qualità -  mette in guardia Fontana - e alle relazioni virtuali.
      I social media sono positivi in sé perché permettono l’accesso a tantissime persone, ma bisogna usarli in modo saggio, non devono diventare una dipendenza e una patologia"


da Repubblica

sabato 5 agosto 2017

UN FIORE DI LUCE NEL NOSTRO DESERTO

DOMENICA DELLA TRASFIGURAZIONE
“In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete» [...].

«Un fiore di luce nel nostro deserto» (Turoldo), così appare il volto di Cristo sul Tabor. Ed è il volto ultimo e alto dell'uomo. In principio, in ogni uomo è stato posto non un cuore d'ombra, ma un seme di luce, sepolto in noi come nostro volto segreto. Gesù prende con sé Pietro e Giovanni e Giacomo, i primi chiamati, e li porta con sé, su un alto monte. Li conduce là dove la terra s'innalza nella luce, dove è la nascita delle acque che fecondano ogni vita.
Il suo volto brillò come il sole: il volto è come la grafia del cuore, la sua espressione. Il volto alto dell'uomo è comprensibile solo a partire da Gesù. Ogni uomo abita la terra come un'icona di Cristo incompiuta, che viene dipinta progressivamente lungo l'intera esistenza su un fondo d'oro già presente dall'inizio e che è la somiglianza con Dio. Ogni Adamo è una luce custodita in un guscio di fango. Vivere altro non è che la fatica aspra e gioiosa di liberare tutta la luminosità e la bellezza sepolte in noi.
E le sue vesti divennero bianche come la luce: la gloria è così eccessiva che non si ferma al volto, neppure al corpo intero, ma tracima verso l'esterno e cattura la materia degli abiti e la trasfigura. Se la veste è luminosa sopra ogni possibilità umana, quale sarà la bellezza del corpo? Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia: Mosè sceso dal Sinai con il volto imbevuto di luce e di vento, Elia rapito in un carro di fuoco e di luce.
Allora, Pietro, stordito e sedotto da ciò che vede, balbetta: È bello per noi essere qui. Stare qui, davanti a questo volto, che è l'unico luogo dove possiamo vivere e sostare. Qui siamo di casa, altrove siamo sempre fuori posto. Altrove non è bello, e possiamo solo pellegrinare, non stare. Qui è la nostra identità, abitare anche noi una luce, una luce che è dentro la nostra creta e che è il nostro futuro.
Non c'è fede viva e vera che non discenda da uno stupore, da un innamoramento, da un: che bello! Gridato a pieno cuore, come Pietro sul Tabor. Ma come tutte le cose belle la visione non fu che la freccia di un attimo: e una nube luminosa li coprì con la sua ombra.
Venne una voce: quel Dio che non ha volto, ha invece una voce. Gesù è la Voce diventata Volto. Il Padre prende la parola, ma per scomparire dietro la parola di suo Figlio: ascoltate Lui. Fede fatta d'ascolto: sali sul monte per vedere, e sei rimandato all'ascolto. Scendi dal monte, e ti rimane nella memoria l'eco dell'ultima parola: Ascoltatelo.
La visione del volto cede all'ascolto del volto. Il mistero di Dio è ormai tutto dentro Gesù. Così come anche il mistero dell'uomo. Quel volto parla, e nell'ascolto diventiamo come lui, anche noi imbevuti di cielo.

(Letture: Deuteronomio 7,9-10.13-14; Salmo 96; 2 Pietro 1,16-19; Matteo 17,1-9)
Ermes Ronchi

(tratto da www.avvenire.it)