col “qui e ora”,
diamo senso alla vita
Il Giubileo della speranza ci invita a ripensare il modo in cui usiamo gli strumenti digitali. La rete può diventare uno spazio di costruzione e non più solo di consumo. Proviamoci sul serio.
- di Roberto Ravagnani*
Viviamo
in un’epoca in cui la comunicazione è dominata dalla velocità e
dall’immediatezza. I social network, in particolare, sono diventati il luogo in
cui si consuma gran parte dell’informazione quotidiana, con contenuti che
spesso si esauriscono nell’istante, senza offrire prospettive a lungo termine.
In questo contesto, il Giubileo della Speranza si presenta come una sfida e
un’opportunità: ci invita a guardare oltre l’attimo presente e a comunicare in
modo più autentico, capace di ispirare e aprire orizzonti di futuro.
Tanti
contenuti online sono superficiali e fini a se stessi. Intrattengono, ma non
provocano, informano, ma non interrogano. Scorriamo immagini e parole che
catturano l’attenzione per pochi secondi, lasciandoci però con un senso di
vuoto.
Il
rischio è rimanere schiacciati sul presente, incapaci di pensare a ciò che
verrà.
La
speranza, invece, è una forza che spinge avanti, che invita a costruire un
domani migliore. Comunicare speranza significa uscire dalla logica del “qui e
ora” e promuovere una narrazione capace di dare senso e direzione alla vita.
Il
Giubileo della Speranza è un’occasione per ripensare il modo in cui usiamo gli
strumenti digitali.
La
rete può diventare uno spazio di costruzione e non solo di consumo, un luogo in
cui condividere non solo emozioni passeggere, ma valori che resistano nel
tempo.
La
speranza cristiana, infatti, non è un’illusione o un semplice ottimismo, ma una
certezza che spinge ad agire, a mettersi in gioco per il bene comune.
È
una sfida che riguarda tutti: influencer, comunicatori, giornalisti, educatori,
preti e semplici utenti.
Papa
Francesco ci ricorda che “non si può vivere senza speranza” e che questa va
alimentata anche nella comunicazione.
Oggi
più che mai c’è bisogno di parole che incoraggiano, di racconti che ispirano,
di messaggi che aprono strade nuove.
E
allora diamoci da fare, anche virtualmente, anche se i social a volte ci
sembrano circostanze - come direbbe San Paolo - “inopportune”, anche se ci
costa scomodarci e andare al di là di quello che abbiamo sempre fatto. Possiamo
riuscirci, perché la speranze ce ne dà la forza.
Dobbiamo provarci, perché il mondo ne ha bisogno .I giovani, in particolare. Per loro i social rappresentano non solo un mezzo di svago, ma un vero e proprio strumento di costruzione dell’identità.
Ecco
perché la Chiesa proprio sui social è chiamata a offrire narrazioni che vadano
oltre l’apparenza e il successo immediato, aiutando le nuove generazioni a
scoprire il valore della progettualità e della fiducia nel futuro.
Non
si tratta di riempire le piattaforme digitali di contenuti religiosi in senso
stretto, ma di portare nel mondo della comunicazione la visione cristiana della
vita, capace di suscitare domande, di aprire alla ricerca, di ispirare
cambiamento.
In
un mondo segnato da incertezze, la speranza può diventare il filo conduttore di
una comunicazione che non si limiti a descrivere il presente, ma che aiuti a
costruire il futuro.
E
la Chiesa, noi cristiani, giochiamo un ruolo chiave in questo. Speriamo di
credere davvero nella speranza che professiamo perché, se quest'anno la
prendiamo sul serio, allora ne vedremo delle belle!
*Top executive con estesa esperienza internazionale, è Partner di key2people dal 2020, dove, nell’ambito della Practice Advisory sta sviluppando progetti di riorganizzazione, change management, ridisegno dei processi HR e new ways of working. Inoltre è Board Member per IIC Partners, uno dei maggiori network di Executive Search a livello globale.
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