La prefazione è firmata dal card. Matteo Zuppi, presidente dei vescovi italiani.
Con don Bignami entriamo
nei contenuti del libro, toccando alcuni aspetti della politica oggi, il
rapporto tra cristianesimo e bene comune, un affondo sui temi rilevanti e le
urgenze che la politica dovrebbe affrontare. Fino a una riflessione sull’impegno
dei credenti per la «cosa pubblica».
- Partiamo dal titolo. Espressione non
nuova eppure affascinante e – si può ben dire – attualissima. La politica
ha smarrito l’anima? O, come lei sostiene, ha bisogno di spiritualità?
La necessità di dare
un’anima alla politica è sotto i nostri occhi. Anche l’uomo della strada si
accorge della distanza abissale tra la politica e la vita ordinaria, tanto che
la percentuale degli elettori ha raggiunto il peggior livello della storia repubblicana.
La disaffezione è sintomo di profondo malessere. Questa distanza esprime una
delusione e una mancanza di incarnazione. Troppa lontananza dalla vita reale è,
a ben pensarci, lontananza dalla spiritualità cristiana. Inoltre, la democrazia
odierna soffre di leaderismo e di accentramento personalistico: anche questo è
sintomo di un tradimento del mistero pasquale di croce e resurrezione.
Prevalgono le logiche mondane del contare e del contarsi più che la
preoccupazione di servire gli ultimi. C’è da chiedersi quale modello
relazionale oggi la politica è in grado di promuovere… Essa deve saper fare i
conti con la sofferenza e la croce. Gli obiettivi di mettere insieme le
persone, di creare comunità e di costruire una società fraterna richiedono
umiltà e talvolta passano per la via del fallimento umano. La categoria di
vittoria non è l’unica in grado di interpretare la politica. Serve anche la
capacità di condivisione e di progettazione a lungo raggio, senza la
preoccupazione di occupare tutti gli spazi del potere.
- Il libro attraversa il pensiero e il
contributo dei cristiani alla politica. Quale un eventuale bilancio
storico?
Non è scopo del libro
quello di fare un bilancio storico dell’impegno politico dei cattolici in
Italia. La questione è più radicale: si tratta di mostrare che la vita di chi è
coerente con la propria fede esprime una spiritualità che diviene patrimonio condiviso.
Consola il fatto che anche nei periodi complessi e bui del nostro Paese abbiamo
assistito all’impegno di politici cattolici capaci di autentica testimonianza
per disinteresse, libertà e spirito critico. Insomma, Dio non ci abbandona mai!
- Oggi i cristiani – la comunità
cristiana nel suo insieme – hanno qualcosa di specifico e originale da
portare nella vita politica? Nelle parrocchie, nelle diocesi,
nell’associazionismo cattolico c’è spazio per la formazione all’impegno
sociale e politico? Si coltivano vocazioni alla politica?
I cristiani hanno uno
specifico da portare nel mondo. Il loro contributo riguarda sia il contenuto
che lo stile. Le due cose sono strettamente connesse. Lo stile del politico
credente assume lo sguardo di Dio sulla realtà. Uno sguardo impegnativo, perché
Dio vede e ascolta il grido del povero e della creazione, fa sua la condizione
dell’oppresso. Gesù Cristo si schiera, è uomo «di parte». Nella Bibbia questo
atteggiamento è molto presente e sta a fondamento di una fraternità ampia, che
non conosce preferenze di persone, come aveva ben compreso l’apostolo Pietro
negli Atti degli Apostoli. Nella comunità cristiana occorre formare a questo
stile di cristianesimo, disposto a dare voce a chi non ha voce.
- Dalla dottrina sociale – i principi,
la “teoria” – ai partiti, ai programmi politici: dal cristianesimo ci si
può attendere oggi una laica ed efficace mediazione? Un contributo
disinteressato, trasparente e moderno al bene comune?
Dobbiamo superare le
dicotomie tra teoria e pratica, princìpi e concretezza. Noi sappiamo, in
realtà, che niente è più concreto del pensiero. Esso determina le scelte. Le
incanala. Motiva all’impegno. Senza una teoria non c’è neppure una prassi. Il
passaggio dall’uno all’altro livello è possibile grazie alla coscienza delle
persone che si mettono in gioco e sanno promuovere una mediazione alta. Ciò fa
davvero la differenza. La vera mediazione non sta nella scelta mediocre, ma
nella mistica dell’incarnazione che prende sul serio le persone e le loro
esistenze. Ad esempio, Giorgio La Pira è stato un mistico: uomo di preghiera e
contemplazione, ma proprio per questo si è impegnato in favore degli ultimi,
tanto da essere mal tollerato nel suo stesso partito. La scelta radicale per i
poveri, i disoccupati, i senzatetto lo hanno portato a prendere decisioni anche
impopolari presso i poteri forti del suo tempo. Ma la sua fede lo ha sostenuto
nello schierarsi con gli esclusi. Senza se e senza ma.
- Democrazia, diritti, pace, giustizia
sociale, tutela del creato: quali, a suo avviso, i fronti che
richiederebbe un impegno urgente dei cristiani?
Tutti questi temi sono
importanti, a cui andrebbero aggiunte le questioni legate ai rischi della
tecnocrazia, la promozione della vita umana in tutte le sue forme, il lavoro
dei giovani e delle donne, l’educazione e le politiche familiari, la solitudine
degli anziani e l’accesso alle cure per le persone più fragili… La politica che
vuole dirsi tale ha bisogno di guardare in faccia le persone con le esigenze
concrete. Il tempo che stiamo vivendo ci rivela una priorità fondamentale
grazie ai due fari del magistero sociale: la cura del creato proposta
dalla Laudato si’ e la pace fraterna offerta dalla Fratelli
tutti.
- Nel libro lei presenta alcuni
testimoni dell’impegno per il bene comune: da Tina Anselmi a Giorgio la
Pira, arrivando a David Sassoli. Di quest’ultimo, la figura a noi più
vicina, quali caratteristiche sottolineerebbe se dovesse presentarlo a dei
giovani?
David Sassoli è stato un
giornalista prestato alla politica. Nel suo impegno però non ha mai smesso di
fare riferimento all’insegnamento sociale della Chiesa. Il magistero ha
rappresentato per lui una bussola da tenere fissa in ogni scelta e decisione. Ha
attraversato il dramma della pandemia come presidente del Parlamento europeo e
ha creduto in una politica coraggiosa per mettere all’angolo gli esperti
divulgatori della rabbia e della paura. Ha creduto nella democrazia come
strumento di libertà per ridisegnare il rapporto tra i popoli e le persone. Ha
sognato un mondo più solidale, dove nessuno sia abbandonato a sé stesso. Ha
scritto saggiamente, lasciandosi ispirare dal suo maestro Giorgio La Pira:
«Cominciamo a occuparci dei tanti poveri e meno dei pochi ricchi». Una visione
innovativa della politica, che comincia dal cuore, contagia gli occhi e aziona
le mani. Tanta roba, anche per i giovani che hanno sete di giustizia.
- Dal sito dell’Agenzia SIR
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