giovedì 21 luglio 2016

TURCHIA - Che cosa sta succedendo?

TURCHIA. QUEL CHE SUCCEDE PONE GRAVI INTERROGATIVI

L’Unione Mondiale degli Insegnanti Cattolici (UMEC-WUCT) non ha l’abitudine di coinvolgersi negli avvenimenti politici dei vari Paesi del mondo, ma è attenta alle situazioni in cui si trovano le istituzioni scolastiche, gli insegnanti e alle condizioni di esercizio della professione educativa, una professione di valore.
E’ noto a tutti che in questi giorni il governo turco sta mettendo in atto in atto misure di repressione nei confronti di un grande numero di insegnanti e di dirigenti scolastici. Le stesse misure riguardano la magistratura, il personale statale, civile e militare, giornalisti, religiosi e semplici cittadini.
L’UMEC-WUCT teme, a ragione, che molti sono stati imprigionati, trasferiti o isolati dalle famiglie e dai luoghi di vita.
Il fallito "colpo di Stato" degli scorsi giorni ha provocato in Turchia una grave restrizione delle libertà civili e una pericolosa deriva autoritaria che può condizionare la vita e l'educazione.
L'UMEC-WUCT è molto preoccupata per gli avvenimenti accaduti; in particolare è vicina agli insegnanti che stanno vivendo un periodo di grande difficoltà e che sono ostacolati nell'esercizio della loro nobile professione educativa.
L'UMEC-WUCT spera che:
- la vita democratica possa tornare presto e che il popolo turco possa avere una pace duratura e che le sue istituzioni democratiche possano effettivamente funzionare;
- sia garantita agli insegnanti e alle istituzioni universitarie e scolastiche la libertà di ricerca e di insegnamento: è necessario che i ragazzi e i giovani possano – senza paure o impedimenti - frequentare scuole che li aiutino a maturare, divenire adulti responsabili e a esercitare competenza, coscienza civica e agire democratico.
L’UMEC-WUCT augura, dunque, che la vita democratica sia pienamente ristabilita, in un clima di libertà, di cooperazione e di reciproco rispetto. Una Turchia libera e democratica, ricca di risorse umane e culturali, potrà in tal modo dare il proprio contributo allo sviluppo dell'Europa, dell’Asia e del mondo intero.

                                                                                                        Il Comitato Esecutivo


lunedì 11 luglio 2016

ALLE RADICI DELL'AIMC: "SARETE GIUDICATI SULL'AMORE

       Sarete giudicati sull'amore 

Carlo Carretto (direttore didattico e poi  ritiratosi nel deserto tra i Piccoli Fratelli del Vangelo), è stato il primo presidente dell'AIMC.
Riportiamo alcune pagine del suo più famoso libro, "LETTERE DAL DESERTO".

       Ancora oggi non saprei dirvi se l'episodio della grande pietra sia stato un sogno e che genere di sogno. Ha esercitato così forte influenza sui miei pensieri, ha talmente cambiato le prospettive in cui si vedono le cose, che non l'ho mai potuto attribuire a ciò che comunemente intendiamo quando, svegliandoci, diciamo: "Ho fatto un sogno." No, no: è stato qualcosa di più. Per me, quel tratto di deserto tra Tit e Silet rimane il luogo del mio purgatorio, l'ambiente dove si raccoglie volentieri la mia anima a meditare le cose di Dio e dove... probabilmente chiederò d'andare, dopo morte, a continuare la mia espiazione, se non sarò stato capace in vita di compiere un atto d'amore perfetto.           
        Ecco la grande pietra sotto il sole accecante del Sahara, la lama d'ombra sulla sabbia calda, la distesa fino all'orizzonte dell'oued solcato dalle tracce dei camion e delle jeep dei petrolieri e dei geologi. "Sarete giudicati sull'amore" mi ripete sulla mia immobilità questo luogo; e i miei occhi bruciati dal sole guardano lontano il cielo senza nubi. 
           Non mi voglio più ingannare; non mi posso più ingannare: la realtà è che non sono stato capace di dare la mia coperta a Kadà per paura della notte fredda; il che significa che io amo più la mia pelle di quella del mio fratello, mentre il comandamento di Dio mi dice: "Ama la vita degli altri come la tua." E ciò appartiene ancora al Vecchio Testamento, alla prima rivelazione di Dio all'uomo: "Ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso." (Dt 6, 5).                Che se veniamo al Nuovo e alla Rivelazione di Gesù, le cose si complicano. "Amatevi tra di voi come Io vi ho amato." (Gv13, 34). Come Io! cioè non solo la coperta ma la vita stessa. In realtà l'atto d'amore perfetto consiste nell'essere disposto a fare ciò che fece Gesù: cioè a morire per Kadà, per me, per tutti. 
           Sotto questa visuale, il Cielo è quel luogo dove ciascuno dei presenti dev'essere talmente "maturo all'amore", da offrire la sua vita per tutti gli altri.         
      È l'amore perfetto, universale, radicale, senza ombra d'avversità, d'antipatia, di limite, colati in esso come nel fuoco. Chi è pronto a ciò, alzi la mano! Per questo, dopo la visione della grande pietra, vedo il mio purgatorio lungo, terribilmente lungo, forse lungo come le epoche geologiche. Questa sabbia che tocco con le mani, che scorre tra le mie dita appartiene al "Primario". Un qualunque geologo mi dice: è vecchia di 350 milioni d'anni. 
           I grandi rettili che popolarono questi luoghi e di cui ho visto i resti nelle fosse sahariane appartengono al secondario: 130 milioni d'anni. Quei cammelli che portano il sale dal Niger e che mi passano dinanzi in carovane lunghe ed eleganti, annoverano i loro progenitori nel lontano terziario: 70 milioni d'anni. E l'uomo, questo uomo così grande e nello stesso tempo così piccolo, con quanta lentezza marcia sui cimiteri di animali che l'hanno preceduto! È del quaternario, di ieri: 500.000 anni. 
          Dio non ha fretta nel fare le cose; e il tempo è suo e non mio.         Ed io, piccola creatura, uomo, sono stato chiamato da essere trasformato in Dio per partecipazione. E ciò che mi trasforma è la carità, che Dio ha infuso nel mio essere. L'amore mi trasforma lentamente in Dio. E il peccato, è proprio qui: resistere a questa trasformazione, saper e poter dire di no all'amore. Vivere nel nostro egoismo significa fermarsi allo stato di uomo e impedirne la trasformazione nella carità divina. E fin tanto che non sarò trasformato "per partecipazione" in Dio, attraverso la carità, sarò di "questa terra" e non di "quel cielo". 
        Il Battesimo mi ha elevato allo stato soprannaturale; ma tale stato deve essere maturato, e tutta la vita ci è data per tale maturazione; ed è la carità, cioè l'amore di Dio, che ci trasforma. L'aver resistito all'amore, il non essere stato capace di accettare la sollecitazione di tale amore che mi aveva detto: "Da' la coperta al tuo fratello", è talmente grave, che crea, tra me e Dio, la porta del mio purgatorio. Che vale dire bene l'Ufficio divino, ascoltare la S. Messa e non accettare l'amore? Che vale aver rinunziato a tutto, l'essere venuto qua tra la sabbia e il caldo e resistere all'amore? Che vale difendere la verità, battersi per i dogmi coi teologi, scandalizzarsi di coloro che non hanno la stessa fede e poi restare per epoche geologiche sulla porta del purgatorio? 
        "Sarete giudicati sull'amore": ecco ciò che mi grida quel pezzo di deserto tra Tit e Silet. "Sarete giudicati sull'amore" mi dice la grande pietra sotto la quale trascorrerò il mio purgatorio in attesa di maturare in me la carità perfetta, quella che Gesù mi ha recato sulla terra e mi ha donato col prezzo del Suo Sangue, accompagnandolo col grido della grande speranza: "Io vi risusciterò nell'ultimo giorno! " (Gv 6, 40). 
        Che quel giorno non sia troppo lontano! 

LA RADICE DEL MALE


LA RADICE DEL MALE

 Non si fa in tempo, in questi ultimi mesi, ad apprendere di un fatto di sangue, che ne avviene immediatamente un altro, ancora più atroce. E di atrocità in atrocità si perviene ad una codificazione, ad una individuazione apparente delle cause più comuni. Cause della più varia natura: dal fanatismo e integralismo religiosi, al razzismo, all’antirazzismo fanatico, all’odio per la donna considerata come oggetto da possedere, alla pedofilia più ripugnante. Questi sembrano i “moventi” più frequenti, le cause dei fatti più turpi. E si individuano contemporaneamente i “mostri”: gente che “saluta sempre”, che appare gentile, ragazzi studiosi, uomini pii, ma che, ad un volgere di sguardo, come il dottor Jackill e Mister Hide, si trasformano nelle incarnazioni del male. A ciò consegue una reazione scomposta di “emotività omicida”, che scarica sugli altri le proprie tensioni e che riporta poi ad una certa assuefazione, in attesa dell’evento successivo, che genera le stesse dinamiche psicologiche.
Ma ad una riflessione più attenta, la radice del male alligna non in individui “geneticamente” predisposti, ma in ciascuno di noi.
Travolto da una società senza valori, in cui chi ci è accanto è considerato un concorrente e un nemico, e in cui la ricerca della propria autorealizzazione non si compone, ma confligge, con quella dell’altro, l’uomo è fondamentalmente solo. La crisi di relazioni lo attanaglia e lo annienta, la “morte di Dio”, sostituito da ben altri tiranni, lo priva del rapporto con i suoi simili. E cerca al di fuori di sè ciò che soltanto dentro di sé può trovare: la radice del bene e del male.
Razzismi, fanatismi, integralismi sono soltanto le espressioni estreme e multiformi del male che nasce dal cuore dell’uomo, di ogni uomo, capace di efferati delitti come di sublimi eroismi. Male che avvelena le relazioni, con Dio, il prossimo e l’ambiente per i credenti, con queste ultime due realtà per coloro che non credono in una realtà trascendente.
È, alla fine, un problema squisitamente “religioso”, ove per “religioso” si intende non l’appartenenza a questo o quel credo, ma, come dall’etimologia del termine, una relazione, di qualunque genere, con l’A/altro.
Una società che renda cieco l’uomo a tal punto da escludere per qualsiasi ragione la possibilità di questi “incontri”, che ne impedisca la crescita e che non ne favorisca la realizzazione non potrà che degenerare nel male che consegue alla logica dell’ “homo homini lupus”.

(da MIEAC)

domenica 10 luglio 2016

RAPPORTO INVALSI: UN'ITALIA DALLE MOLTE SFACCETTATURE

Rapporto Invalsi 2016: bene il Nord, male il Sud, un po’ meglio il Centro

        Le novità emerse in occasione della presentazione del Rapporto 2016 dell’Invalsi sono rappresentate, più che dai risultati illustrati, da alcune innovazioni metodologiche e dagli annunci dati in sede politica su alcuni cambiamenti, riguardanti le prove, che potrebbero intervenire già dall’anno prossimo.
         Per quanto riguarda i risultati si confermano con poche variazioni i dati registrati l’anno scorso e le tendenze, ormai consolidate, segnalate negli anni precedenti: bene il Nord, a partire dal Nord-Est (con il Trentino in evidenza), male il Sud esclusa la Puglia, stazionario con qualche miglioramento il Centro. Dal punto di vista metodologico le sempre più sofisticate tecniche anti-cheating hanno consentito di individuare (e quindi neutralizzare dal punto di vista statistico) le anomalie verificatesi in alcune Regioni e di mettere in luce il fato che in molti casi all’origine dei fenomeni c’è stato l’aiuto dato agli studenti dagli stessi insegnanti. Una informazione utile ai fini della formazione in servizio dei docenti interessati.
       Una seconda novità importante, dal punto di vista metodologico, è data dalla misurazione del valore aggiunto, inteso come il contributo al miglioramento delle prestazioni degli studenti attribuibile all’azione didattica della scuola al netto dell’influenza esercitata dalla provenienza sociale dello studente.  Questo tipo di analisi (sulla quale peraltro non mancano obiezioni) ha consentito di evidenziare il buon lavoro fatto in alcune scuole del Sud: una minoranza, purtroppo, ma che sta a testimoniare il fatto che a certe condizioni, riconducibili sostanzialmente alla buona qualità dei docenti e dei dirigenti, anche al Sud si possono ottenere buoni risultati.
              La pubblicazione dei dati sul valore aggiunto, insieme a quella degli esiti delle prove, già prevista dal Rapporto di autovalutazione (RAV), costituirà una utile indicazione per le scuole, per i genitori e per i decisori politici e amministrativi ai vari livelli.

www.tuttoscuola.org

Leggi: RAPPORTO PROVE INVALSI 2016

sabato 9 luglio 2016

GENDER A SCUOLA. QUALI PROSPETTIVE?



Il Ministero lavora sul gender a scuola. 

Una bozza preparata dal Miur contiene passaggi ambigui su “stereotipi spacciati come naturali”. Si dà credito inoltre a un portale che vuole far salire in cattedra le associazioni Lgbt

Gender
Gender - Wikipedia Commons
“La differenza sessuale può essere vissuta in uno spettro ampio di inclinazioni, affinità, scelte”, perché “si può essere uomini e donne in modo libero e rispettoso di sé e degli altri senza costringere nessuno/a dentro un modello rigido di comportamenti e di atteggiamenti”.
C’è chi si ostina ad affermare che l’ideologia gender non esista, frutto di chissà quale fantasia perversa di qualche cattolico in preda ad ossessioni. Eppure, a leggere gli estratti di una bozza del Ministero dell’Istruzione delle linee guida su percorsi educativi da applicare alle scuole, sembra proprio che l’esistenza di un’ideologia intenta a destrutturare la differenza sessuale non sia infondata.
Il documento elaborato dalla Commissione del Miur incaricata ad applicare il comma 16, art.1 della legge “Buona Scuola” – ove si parla, appunto, di lotta alle discriminazioni sulla base dell’identità e dell’orientamento di genere – sarebbe dovuto esser consegnato ai presidenti delle associazioni di genitori Fonags.
Il Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori della Scuola è un istituto nato proprio per assicurare una “stabile consultazione delle famiglie sulle problematiche scolastiche”. I presidenti sono rimati tuttavia a mani vuote. Come denunciato da Massimo Gandolfini, rappresentante degli ultimi due Family Day, il documento non è stato loro consegnato giacché dovrebbe ancora “passare per l’approvazione dei competenti ministri, Pubblica Istruzione e Pari Opportunità”.
Gandolfini ritiene questo atteggiamento del Miur “palesemente irrispettoso nei confronti dei presidenti e delle associazioni da essi rappresentate”, ed esprime la preoccupazione che sia in atto un tentativo di “scippare i genitori del ruolo decisionale che in primis spetta loro, a vantaggio di impostazioni ideologiche tipiche del politicamente corretto”.
Della bozza in questione (che essendo un documento in itinere potrebbe ancora essere sostanzialmente modificata) è riuscito a prenderne visione ZENIT. Leggendola si evince che non è peregrino, in effetti, il timore manifestato da Gandolfini per conto di migliaia di altri genitori.
Nel testo si punta l’indice contro “modelli gerarchici” basati sul “patriarcato”, che hanno fatto “interiorizzare” le differenze come diseguaglianze. “Se c’è una differenza, allora qualcuno è meglio e qualcuno è peggio e, soprattutto, c’è una dimensione di potere dell’uno sull’altro”, la conclusione che sembra un estratto reinterpretato del “Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini” di Rousseau.
Questo retroterra culturale intriso di patriarcato, secondo gli autori della bozza, è fonte oggi di “pregiudizi e stereotipi che vengono spacciati come naturali”. Pur stigmatizzando quello che viene definito “il regime delle equivalenze”, atto a cancellare la differenza sessuale, il documento asserisce che una “autentica educazione di genere si può realizzare declinando insieme uguaglianza e differenza”.
In che modo? Attraverso una serie di linee di intervento “sulle quali incentrare la progettazione educativa e didattica sia curricolare sia extracurricolare”. Linee che convogliano tutte verso alcuni obiettivi: “decostruire pregiudizi e stereotipi”, “educare alle differenze” e anche “alle relazioni e alla affettività”. Proposito, quest’ultimo, che ricorda il progetto di legge sulla cosiddetta “educazione sentimentale”.
Al fine di realizzare questi obiettivi concorre poi il sostegno di associazioni esterne al mondo della scuola. Ecco allora che nella bozza in questione si parla di “capitalizzare, mediante la loro più ampia diffusione”, un “ricco patrimonio di esperienze” come quella del portale Noisiamopari.
Si tratta – come si legge sul sito – di “una pagina web dedicata alle Pari Opportunità a Scuola”, al fine di “adeguarla (la scuola, ndr) ai delicati compiti educativi a cui è chiamata”. Il metodo per perseguire questo adeguamento dell’istituzione scolastica proposto da Noisiamopari è presto detto: far salire in cattedra i rappresentanti dell’associazionismo omosessuale.
In uno specifico documento sull’omofobia presente nel portale si richiede infatti come misura “l’accreditamento delle associazioni Lgbt presso il  Miur in qualità di enti di formazione”. Una richiesta che volge – come segnalato appunto da Gandolfini – “a vantaggio di impostazioni ideologiche”. Ma c’è ancora tempo per modificare questa bozza. Chissà se c’è anche la buona volontà da parte del Miur.

martedì 5 luglio 2016

Libri: AVERROE', un filosofo all'indice


Hamel riscopre Averroè, “un filosofo all’indice”

Ancora un salto nel passato, una scorribanda, una delle tante a cui da tempo ci ha abituato  lo storico Pasquale Hamel, nei chiaroscuri del nostro medioevo per rinvenire situazioni, personaggi, storie cui la storia per negligenza, scarsa intelligenza degli avvenimenti, superficialità ed improvvisazione ha mancato di dare giusto rilievo e significazione.
Questa è la volta della Spagna del XII secolo, della dominazione islamica e della città di Cordoba dove visse ed operò Averroé, che fu giureconsulto, astronomo, filosofo e medico, che non disdegnò di battere tanti altri sentieri dello scibile umano. Notevole è stata, quindi, la sua produzione scientifica ma nonostante ciò poco ci è pervenuto dei suoi scritti originali, essendo la gran parte delle sue opere la risultante di traduzioni dall’ebraico e dal latino. L’accusa di apostasia e la messa a rogo delle sue opere ha reso poi, e per tanto tempo, tutto più incerto, meno decifrabile e più misterioso. In tali condizioni la nota dominante dell’impegno profuso da Hamel è senz’altro l’audacia, un’audacia sostenuta dal fascino che esercita l’ingegno umano, l’audacia che scaturisce dall’amore per la cultura e per la speculazione filosofica, l’audacia che nasce dal desiderio di rinvenire nel passato la chiave d’interpretazione di alcune delle vicende odierne.
Una audacia che appaga, che ricostruisce ambienti storici, qualifica e soppesa la diversità delle dominazioni islamiche della penisola iberica, con equilibrio e prudenza ricuce brandelli del pensiero di Averroé, riposiziona tasselli della sua vita, esperienze di impegno pubblico, che furono tante, spesso ricercate, e di grande responsabilità, per delineare un volto, una biografia, una storia umana, una filosofia. Ed il momento di snodo della speculazione filosofica di Averroé è l’incontro con Aristotele le cui verità provò a rendere compatibili con quanto professato dal Corano e capaci di dilatare e rafforzare il fuoco della fede islamica. Il contrasto con gli ortodossi ed ,in particolare, con Al-Ghazali, che privilegiano l’illuminazione profetica a scapito della scienza profana determina la messa al bando di Averroè: agli onori di Cordova, Siviglia e di Marrakech subentrano l’ignominia e l’esilio di Lucena.
Ma l’esilio di Averroé sarà l’esilio della tolleranza, sarà lo sradicamento del dubbio quale momento propulsivo della ricerca umana, sarà la divaricazione progressiva tra fede e ragione. A Lucena la cultura subisce uno smacco, perde in umanità, dissipa un patrimonio di pietà e di misericordia. Vince l’intolleranza, trionfa il fondamentalismo, viene annichilita la cultura della vita. Ed è la storia dei nostri giorni, giorni di paura e di lutto, ma anche di voglia di non arretrare, di non far passare la barbaria, di far trionfare la ragione nella consapevolezza, come afferma Manuele II Paleologo nel famoso dialogo con il saggio persiano ripreso da Benedetto XVI nella lectio magistralisdi Ratisbona, che “il non agire secondo ragione è alieno da Dio”.
    Francesco Cangelosi

Pasquale Hamel, Averroè, ed. Thipheret, 2015, pagg. 116, € 12

venerdì 1 luglio 2016

CAMBIARE? COSA SIGNIFICA?

Tutti invocano il cambiamento, ma cos’è?
Cambiare per spostare semplicemente l’indice del potere da un gruppo all’altro non risolve il problema
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Conversione / Pixabay CC0 - Geralt, Public Domain
Tutti ne parlano. In campo politico se ne fa un uso distorto e continuo. Conoscete qualcuno che non sventoli la bandiera del cambiamento? La cosa che dispiace è che sia diventato un ritornello cantato a turno da chi sta all’opposizione di un certo sistema. Brexit ci ha aperto gli occhi. In questi giorni il panorama inglese ha perso la sua lucidità; il suo aplomb storico è stato scheggiato; la fama di popolo aperto e tollerante, pur tradizionalmente legato alla sua storia attorno alla famiglia reale, è stata profondamente appannata.
Chi ha perso il referendum nel nome del cambiamento, chiedendo l’uscita dell’Europa, è stato preso alla sprovvista, probabilmente si sarebbe accontentato di arrivare ad un punto dalla vittoria. Non era pronto a tale evento e di riflesso nemmeno ad un eventuale governo del Paese. Chi invece ha perso perché ha chiesto la permanenza nel vecchio continente, sempre comunque per accelerare un vero cambiamento strutturale, economico e sociale del Regno Unito, fa fatica ora a chiedere l’attivazione dell’articolo 50 del trattato di Lisbona. Strumento normativo che regola in due anni i passaggi necessari, per accompagnare fuori dall’Europa il Paese titolato a farne richiesta.
Un risultato referendario giocato quindi, da ambo le parti, in nome del tanto sospirato cambiamento. Ma quale è il significato di quest’ultimo? Si potrebbe pensare ad un mutamento generale di un sistema politico, economico e sociale; la sua trasformazione; le tante variazioni che ne conseguono. Va bene! È il gioco della democrazia. Bisogna però stare attenti, perché cambiare per spostare semplicemente l’indice del potere da un gruppo all’altro non risolve il problema, né attenua l’indignazione, la sofferenza, la disaffezione, le ingiustizie che gravano sulla gente.
Cambiare paradossalmente significa unire, almeno in una concezione cristiana della vita sociale o quantomeno tentare di allargare lo spazio dell’incontro e della condivisione,  con la necessità di lavorare per unificare la famiglia umana di cui tutti facciamo parte. Quando ......

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