con il Mago di Oz
e oltre:
studiare
è capire
come si fa
ad essere felici
Alla scuola Aldo Moro di Bucarest (Romania) studiare
è un 'esperienza, un viaggio affascinante
per scoprire il senso delle cose
-
di Giulia
Sponza
La
storia della piccola Dorothy e di Toto, sollevati in volo con tutta la loro
casa da un violentissimo tornado, ha offerto lo spunto e sollecitato le
domande che hanno animato lavoro e progetti nelle singole classi,
dalla scuola primaria a quella superiore.
L’incontro
con quattro Streghe, due buone e due cattive, che abitano il paese di Oz dove i
due bambini sono atterrati, si rivela decisivo: occorre trovare, suggerisce una
delle Streghe buone, il misterioso mago di Oz, l’unico in grado di aiutare la
piccola Dorothy a ritornare a casa.
Così
anche nelle singole classi si accendono e si intrecciano con fantasia
molteplici attività e, come spesso capita, ciò che ti aveva mosso e che
presumevi di scoprire, ti viene restituito nuovo con una sovrabbondanza del
tutto imprevista. Aiutarsi a riconoscerla e a farla fruttare diventa parte
imprescindibile di un affascinante percorso.
La
provocazione iniziale, perciò, non si arresta, anzi si alimenta, donando a
giovani e non più giovani un cuore stupito e un’insolita curiosità: le tappe
del cammino hanno rilanciato le domande ed è l’esperienza a rivelarsi la vera
protagonista di questa avventura, almeno per quanti hanno accettato di
lasciarsi “ferire”: un ragazzetto confessa con semplicità disarmante che, se
all’inizio dell’anno desiderava innanzitutto essere promosso, ora invece
desidera scoprire come si possa essere felici; un altro mette a tema la segreta
speranza che i suoi genitori comincino a volersi bene; chi è più battagliero
chiede superpoteri per sconfiggere le guerre, e chi si affligge del dolore
altrui implora che i bambini del mondo non soffrano più.
Si
conferma così ciò che tante volte ci è stato ripetuto: non aspettatevi
un miracolo, ma un cammino. Per tornare a casa, cara Dorothy, non
serve la bacchetta magica, ma la pazienza di compiere tutti i passi che il
tempo, richiesto a ciascuno, esige.
C’è
un’altra novità, quest’anno, all’Aldo Moro: ha preso l’avvio il liceo di
Scienze applicate. È commovente accorgersi di quanto spesso le famiglie
decidano di iscrivere alla nostra scuola i loro figli: forse per la stima che,
più o meno consapevolmente, nutrono verso la proposta educativa che hanno
intravisto. Nonostante a Bucarest esistano parecchi istituti in grado di curare
con successo soprattutto le discipline scientifiche e la tecnologia, la scelta
cade di frequente sulla scuola italiana.
Difficilmente
sfugge, specie allo sguardo di certi genitori, la passione educativa che, al di
là di limiti e incoerenze, anima certi professori: uscite, incontri, gite,
dialoghi, confronti a cuore aperto finiscono per lasciare una traccia
indelebile anche nei più coriacei adolescenti di “ultima generazione”.
Un
primo aspetto particolarmente seguito è quello culturale. Diversamente da
quanto accade in quella romena, la scuola italiana a Bucarest promuove
frequentemente eventi connessi agli ambiti più stimolanti del ricco e variegato
patrimonio dell’intellighenzia locale. Personalità di spicco che hanno
influenzato e influenzano il panorama letterario, storico, della tradizione
teatrale, cinematografica e musicale romene, trovano all’”Aldo Moro” uno spazio
di intervento o di confronto finalizzato a educare i ragazzi a quel senso
civico e a quella responsabilità cui ogni singolo cittadino è chiamato a
fornire il proprio contributo. Difficile non riconoscere come un Paese
martoriato al pari della Romania stia ancora metabolizzando i
lunghi anni di “sovranità” comunista e di duro regime.
Un
esempio per tutti può dirsi rappresentato dalle recenti
vicende elettorali che vedono proprio la Romania al centro di un
dibattito dai toni accesi, dove i giudizi sono ancora confusi, i pareri restano
contrastanti, posizioni opposte mancano di riferimenti chiari e di criteri
adeguati in grado di spazzar via ambiguità ed equivoci. Nulla pertanto si
sottrae a un giudizio comune, niente viene liquidato con l’indifferenza
superficiale di chi potrebbe dire: “questo non mi riguarda!”
Mi
focalizzo, allora, sul secondo aspetto: quello che definirei più
“esistenziale”. Senza maschere né timori, gli adulti affrontano nelle classi le
problematiche più disparate: si chiede conto ai ragazzi del perché di certi
comportamenti, non vengono ignorati atti di bullismo, si lascia spazio alla
narrazione di singole esperienze provando insieme a reperirne il senso e la
positività. Non si tratta mai, evidentemente, di “processi sommari” intentati
dal tribunale dei professori per reprimere o punire. Si è orientati piuttosto a
individuare il disagio, a identificarne le ragioni, a evidenziare il vuoto che
alberga nel cuore di tanti e che spesso si traduce in violenza, in isolamento,
in chiusura. È così che si tenta di tutelare i soggetti più fragili che non
sempre dispongono di figure istituzionali di sostegno.
A
documentare la positività e l’efficacia di questi sforzi contribuiscono non
poco gli ex alunni che, iniziato da poco il percorso universitario, di
frequente tornano a scuola anche solo per salutare quanti hanno partecipato
alla loro crescita e maturazione.
C’è
forse qualcosa di più gratificante? Uno studente che, essendosi accorto di come
gli sei stato padre e maestro, desidera raccontartelo e
ringraziarti per avergli consentito di intravedere, sia pure per un breve
tratto di strada, quanto la
sua vita abbia un valore, innanzitutto ai tuoi occhi prima ancora
che ai suoi.
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