ma per fare qualcosa insieme,
valorizzando tutte le risorse
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Goethe –
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di Silvano Brunelli*
L’abilità di prendere e di mantenere accordi è una proprietà umana. In molti casi collaborare è facile e naturale. Questa naturale propensione alla collaborazione è disturbata, colpita da una infinità di fattori. Informazioni nascoste la minano, la inquinano, la deformano. La natura umana è collaborativa, ma è anche incline alla competizione, all’inganno, alla menzogna, al tradimento, al guadagno egoistico e nascosto. Siamo alterati dal successo degli altri, gelosi di ciò che riteniamo solo nostro e invidiosi ci ciò che appartiene solo all’altro.
Il modo in cui si entra in contatto, il modo in cui ci si collega, il modo in cui si opera lo scambio, determina l’esito e il successo della collaborazione.
La collaborazione ha gli stessi fondamenti della relazione. Lo scambio di informazioni non è in grado di mantenere la collaborazione stabile fino al risultato. Per una collaborazione sana e buona è necessario il contatto tra un individuo consapevole e un altro individuo consapevole. Solo dopo, solo su questo fondamento può avvenire uno scambio vero, utile, leale. Lo scopo evolutivo della crescita, prima ancora di ottenere risultati, è entrare in contatto. Entrare in contatto promuove lo scambio vero. Lo scambio produce il risultato utile. La crescita della persona ha l’esigenza di stabilire una relazione profonda, intima, duratura e stabile. Le persone coinvolte sono disponibili a credere, a seguire le indicazioni e i suggerimenti reciproci.
Veicolare un’informazione che non ci rappresenta veramente, un’informazione non coerente, mancherà lo scopo intrinseco della crescita. Veicolando solo informazioni, sostituendo il contatto con surrogati, si possono raggiungere risultati, però a lungo termine il risultato non tiene. Privo di una parte fondamentale della relazione, il risultato mancherà di completezza esistenziale. Il ricercatore senza contatto autentico, convinto di poter ingannare, adotta un comportamento nevrotico, cerca risultati sempre più grandi, crede che solo questi possano dargli completezza.
Un punto di partenza è porsi le domande: “Come e perché ci colleghiamo agli altri? Perché e come gli altri si collegano a noi?” Scopriremo il primo passo di una complessità di relazione da affrontare e da gestire per liberarne tutto il potenziale. Le età evolutive richiedono chiavi diverse di accesso alla relazione. I bambini, gli adolescenti e gli adulti hanno bisogno di approcci diversi per aprire, sviluppare relazioni di alta qualità. Con gli adulti il percorso si complica, perché in ogni esperienza possono cambiare il modo e le ragioni di collegamento con gli altri.
Vanno sempre verificate la profondità del contatto e la qualità dello scambio. Il contatto è il processo, che collega all’altro in modo forte e profondo. Grazie al contatto possiamo attraversare le esperienze, possiamo sostenere lo scambio di contenuti anche moto diversi, divergenti o difficili. Il contatto deve collegare, non legare. L’individualità consapevole crea il ponte, che raggiunge l’individualità consapevole dell’altro, collega due individui che trovano intimità nella comprensione e nell’affinità indifferenziata (senso di unione). Questo contatto lascia sempre l’altro libero di essere, libero di esprimere la sua unicità e la sua diversità. Il contatto sul piano della consapevolezza è fondamentale nella relazione di coppia e nell’educazione. Il contatto permette di assumere, di maturare la stima e l’autorevolezza necessarie, stima e autorevolezza grazie alle quali lo studente è sostenuto e accompagnato nel suo progresso, la relazione può sostenere il processo di emancipazione, liberare lo studente dalla figura di riferimento, renderlo autonomo e libero.
Il fulcro che tiene la bilancia della collaborazione è il contatto. Lo scambio muove la bilancia, che si sposta in modo imprevedibile. La collaborazione è sempre in movimento ed è impegnativo tenerla in equilibrio. Lo scambio è e deve essere un flusso ricco di variabili. Il fulcro ordina il movimento. Questo è il contatto nella relazione. Lo scambio muove la relazione in un verso e nell’altro, mantiene coerente la connessione. Il fulcro della relazione è l’elemento statico, lo scambio è dinamico. Statica e dinamica rendono la relazione stabile e fluida. Una relazione salda nel contatto e fluida nello scambio è una relazione in evoluzione.
Trovare perché collaboriamo con l’altro, indagare e scoprire perché l’altro collabora con noi è il processo profondo per il contatto, per il punto fermo. Verifichiamo se il contatto è unione o legame. L’unione consente la libertà di scelta propria e altrui. Il legame no. L’unione rende stabile la relazione, lo scambio attiva l’evoluzione. Il legame privo di unione teme lo scambio. Ogni elemento dello scambio può rompere il legame, ogni elemento può svelare l’inclinazione della persona a contenere l’altro, a impedirgli altri contatti e altri scambi. Il legame come sostituto del contatto è la ragione del turnover nelle relazioni. La relazione sostenuta solo dallo scambio, priva di contatto, guidata da un legame esclusivo, si esaurisce, diventa relazione disturbata o malata. Un esempio è la relazione disturbata che porta al femminicidio. Il legame è incapace di concepire e di sostenere la libertà di scelta dell’altro. Il legame fatto di bisogni, guadagni, desideri e sentimenti deve maturare in relazione di qualità diversa, in elemento di importanza cruciale, nel frutto più importante della consapevolezza. La consapevolezza è autobastante, totalizzante, non ha bisogno di altro. Il contatto consapevole e lo scambio producono la capacità di originare, di generare un’intenzione autentica. Le intenzioni guidano la relazione.
L’intenzione è la stella polare per la rotta, che porta alla collaborazione. Originare e riconoscere le intenzioni è il punto di partenza di ogni relazione di alta qualità. Il passo successivo è comunicare le proprie intenzioni e renderne partecipe l’altro.
È
fondamentale conoscere le intenzioni dell’altro, invitarlo a condividerle. Gli
esseri umani hanno il potenziale di originare e di condividere le intenzioni.
Non tutti sono in grado di sviluppare l’abilità del contatto vero e profondo,
non tutti sono in grado di originare intenzioni. Anche quando sono presenti e
consapevoli, le intenzioni sono oggetti difficili da
condividere.
Una personalità incapace di originare intenzioni nella relazione è cieca alle intenzioni dell’altro, sviluppa la relazione su basi diverse dal seme etico della consapevolezza. La sua relazione si struttura su stimoli, desideri, guadagni, meccanismi reattivi.
Come
si maturano le intenzioni? Conoscendo se stessi, entrando in contatto diretto
con se stessi. Come si scoprono le intenzioni di un altro? Conoscendo
direttamente l’altro. Se non si originano o, pur avendo originato intenzioni,
non si condividono, non si è in grado di concepire-vedere il fine comune. Se le
intenzioni non coincidono, non si avviano collaborazioni.
Se le intenzioni coincidono, nasce l’affinità, è probabile che si veda un fine comune. Se le abilità sono sufficienti a sostenere il fine, nasce la collaborazione. Il meccanismo funzionale può essere descritto da due formule.
Formula 1
Attenzione
+ intenzioni condivise + affinità + fine comune + abilità = Risultato
Questa
è la formula della relazione, questa è la magia della relazione.
Le
intenzioni condivise sono la via maestra della collaborazione, la
collaborazione porta i risultati. La nuova relazione inserisce nella formula
proprietà di grande valore come l’appartenenza, la lealtà, la visione di un
futuro comune migliore.
Formula 2
Attenzione + intenzioni condivise + affinità + fine comune + abilità + risultato + appartenenza + lealtà = Visione di un futuro condiviso migliore.
Il
tentativo di collaborare può sollecitare i difetti e le fragilità della
relazione. Il sintomo di collaborazione immatura o incompleta è la resistenza.
La resistenza è invisibile, nascosta, ma gli effetti sono lamentarsi e
criticare. La resistenza indica la presenza di un un’intenzione o di un fine
diverso dal fine condiviso. Spesso questa divergenza non è consapevole nella
persona che la origina. A volte è consapevole, ma non condivisa. A volte la
ragione della resistenza alla collaborazione non ha origine in un’intenzione o
in un fine divergente, ma si colloca nel timore di non possedere le abilità per
realizzare lo scopo e ottenere il risultato.
Le critiche e le lamentele rivelano in tempi non sospetti le intenzioni nascoste; non c’è un fine comune per cui collaborare e convergere. Oppure il fine è diverso, non è lo stesso per chi critica e si lamenta. Si sente di non essere all’altezza del compito e la resistenza ha la funzione di mascherarlo. Il sintomo principale della collaborazione funzionale è l’entusiasmo. Un’energia alta, intensa e coinvolgente, la creatività e l’affinità sono fluide e spontanee.
Capita che l’affinità si condensi da sola, naturalmente e spontaneamente. Ne siamo dotati potenzialmente, come il neonato che emette una vocale o una consonante. Ma per apprendere la lingua madre si attraversa un processo più complesso.
Il
modello di collaborazione tra conduttori richiede l’apprendimento, l’esercizio,
l’applicazione con gli educatori, con noi formatori, con i colleghi conduttori,
docenti e maestri e con la Scuola per poi portarlo nella conduzione.
Una forma immatura di collaborazione non porta alla realizzazione dei fini comuni, a un futuro insieme; la forma immatura sviluppa un legame insano, per emergere dal quale si dovranno spezzare delle relazioni. Una collaborazione immatura crea legami su basi e su ragioni personali, manca e fallisce nella parte più importante del nostro lavoro di relazione, emancipare, rendere liberi e autonomi gli altri. Una forma immatura di relazione non è capace di creare un legame su base impersonale, su base di unione incondizionata tra individualità consapevoli.
Cofondatore
di Scienze delle abilità umane, innovazione per la persona e la società, un
sistema inedito di ricerca e formazione.
Autore
dei percorsi di studio Abilità nella vita, Abilità della persona, Mente
funzionale e Scuola delle abilità. Coautore dei percorsi formativi Business
Synergy, Abilità di relazione e della materia di studio Abilità personali per
bambini e ragazzi.
Relatore al Meeting Europeo Development of Human
Abilities in Education.
Ha portato il suo contributo in occasione dell’Expert
Group Meeting (Bruxelles 2012) e dei convegni presso le Nazioni Unite The role
of families in social development (New York 2014) e The role of families in the
future we want (New York 2015).
Vice
presidente di Vitae ONLUS, Associazione di Volontariato per la Qualità
dell’Educazione.
Coautore
dei libri: Scienze delle abilità umane, Volontà creativa, L’arte di educare e
del testo didattico Le abilità per imparare.
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