lunedì 29 aprile 2024

BAMBINI e CELLULARI


Psicologa Nastri: “L’uso precoce e massiccio di smartphone modifica la massa bianca del cervello

Scuola e famiglia per costruire un rapporto sano con la tecnologia”.

 

INTERVISTA di Andrea Carlino

 A Orizzonte Scuola interviene Federica Nastri, psicologa, criminologa, pedagogista e mediatrice familiare, per un’approfondita analisi del rapporto tra bambini e tecnologia.

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 Nell’era digitale, l’esposizione precoce e spesso incontrollata agli schermi pone serie questioni sullo sviluppo psicofisico dei più piccoli. La psicologa Nastri ci guida alla scoperta dei segnali di un uso problematico della tecnologia, delle conseguenze a lungo termine e di strategie efficaci per genitori ed educatori.

 La maggior parte dei bambini oggi entra in contatto con i dispositivi digitali già nei primi anni di vita, creando una sorta di “prolungamento” degli arti. Questo rende difficile distinguere tra un uso normale e uno problematico, poiché il problema spesso nasce dall’adulto che fornisce il dispositivo al bambino.

 Come si accompagna un bambino per strada, così bisogna accompagnarlo nel mondo digitale, educandolo alla prevenzione dei rischi. Condividere esperienze personali e aprire un dialogo basato sulla fiducia può aiutare i bambini a comprendere i pericoli senza spaventarli eccessivamente. Educare i bambini alla gestione del tempo fin dalla tenera età è fondamentale per un uso sano e responsabile della tecnologia. Far sperimentare la noia e l’attesa aiuta a sviluppare la creatività, l’intelligenza emotiva e la capacità di vivere nel mondo reale.

 La dipendenza digitale può influenzare negativamente il rendimento scolastico, distogliendo l’attenzione dagli obiettivi e creando difficoltà cognitive e comportamentali. La scuola, in collaborazione con professionisti della salute mentale, può promuovere un uso sano della tecnologia attraverso programmi specifici e attività che stimolino la sfera emozionale, il contatto con la natura e le persone, lo sport e l’affettività.

 Dottoressa Nastri, quali sono i segnali di un’esposizione eccessiva agli schermi in bambini così piccoli? Come possono i genitori distinguere tra un uso normale e uno problematico?

 Secondo gli studi più recenti, sulle abitudini in ambito tecnologico dei bambini dai 6 mesi ai 4 anni, risulta che il 96,6% utilizza media device e molti di loro iniziano a usarli già nel primo anno di vita.  Comprendiamo quindi che, a oggi, per la maggioranza dei bambini, i dispositivi elettronici rappresentano un vero e proprio “prolungamento” dei loro arti: nascono con loro, crescono con loro, si evolvono con loro inducendoli a una involuzione sotto ogni punto di vista. Fino a un decennio fa potevamo parlare dei “segnali” fondamentali affinché i genitori potessero monitorare l’uso o abuso della tecnologia; ora che l’età di utilizzo è scesa vertiginosamente ai pochi mesi, ahimè, capiamo quanto il problema non dipenda più dal bambino fin troppo piccolo per scegliere individualmente di impiegare il suo tempo muovendo le dita su uno smartphone ma dell’adulto che glielo consegna. Perciò, il tempo trascorso dai bambini molto piccoli davanti agli schermi risulta associato al modo in cui i loro stessi caregiver utilizzano la tecnologia. Pertanto, diviene complicato stabilire già per gli adulti un proprio autocontrollo all’uso, e che ne stabilisca un “uso normale o problematico”. Sicuramente, i primissimi campanelli d’allarme a cui prestare attenzione sono: reazioni spropositate di rabbia e frustrazione, costanti sbalzi d’umore, impulsi incontrollabili nel “controllare” il dispositivo, sintomi d’astinenza nel distacco dall’oggetto vissuto come indispensabile.

 Quali sono le conseguenze a lungo termine di un’esposizione precoce e incontrollata agli schermi sullo sviluppo psicofisico del bambino?

 Il mondo digitale, rimanda al modello stimolo-risposta, nonché qualcosa di astratto rispetto a un pensiero concreto di qualsiasi cosa. L’utilizzo precoce e massiccio di queste tecnologie, cambia il modo di organizzare la conoscenza del bambino così radicalmente da modificare la struttura della massa bianca del cervello e alterare le aree fondamentali per lo sviluppo del linguaggio, delle capacità di alfabetizzazione e delle funzioni esecutive (memoria, attenzione, inibizione, flessibilità cognitiva, pianificazione). Se il bambino impara a usare questi strumenti prima ancora di iniziare a parlare, il rischio è di focalizzare la conoscenza sullo stimolo specifico, piuttosto che sulle relazioni e interazioni tra oggetti, ciò potrà implicare anche ritardo nello sviluppo motorio, aumento di disturbi alimentari, disturbi del sonno, disturbi dell’apprendimento e disturbi comportamentali, depressione infantile, ansia, psicosi, disturbi della personalità, autismo e infine aumento dell’aggressività e violenza.

 Come possono i genitori riconoscere i segnali di dipendenza digitale nei loro figli?

 L’uomo è un essere sociale, geneticamente programmato per sopravvivere aggregandosi con la comunità e la tecnologia più si presta per soddisfare il bisogno di connessione degli esseri umani. Come? Estraniandoli e isolandoli. Sembrerebbe un controsenso, eppure l’isolamento, il disinteresse e la dissociazione rappresentano i segnali più profondi di una dipendenza digitale, susseguiti, come dicevamo dalla necessità di trascorrere un numero sempre più cospicuo di ore in connessione, sono sintomi depressivi o ansiosi, agitazione psicomotoria in caso di riduzione o interruzione, riduzione della vita reale e degli interessi lontani dal digitale.

 Come possono i genitori parlare ai loro figli dei pericoli online in modo che li comprendano senza spaventarli eccessivamente?

 Lascereste mai un bambino da solo per strada? Come gli direste che non può starci da solo? Le infinite vie di internet si snodano tra curve a gomito, discese vertiginose e salite ripidissime, e devono essere ormai considerate come un mondo “reale” e pericoloso in cui un bambino si accompagna e si sostiene. Perciò avviare alla tecnologia (preferibilmente dopo almeno i 4/5 anni) abituando al controllo costante di qualcuno e magari attraverso le app dedicate alle attività di sviluppo sarebbe già un buon modo per indirizzare ed educare alla prevenzione di rischi. Non esiste il discorso perfetto per spiegare la sicurezza informatica ai bambini ma è fondamentale che siano a conoscenza di quanto il mondo virtuale possa nascondere pericoli reali. “Sai, hanno provato a rubarmi l’identità, ed io ho…”, oppure: “Una volta mi hanno preso in giro sul web, così ne ho parlato con la mia famiglia e…”, ecc. ecc. Questi esempi di dialogo possono rappresentare una modalità di apertura all’argomento attraverso l’immedesimazione e la fiducia reciproca, dando così non solo spiegazione delle problematiche ma anche informazioni su come difendersi.

 Come si può aiutare un adolescente a gestire autonomamente il tempo trascorso online e a trovare un equilibrio sano tra vita digitale e vita reale?

 È importante partire dall’infanzia ancor prima che dall’adolescenza, in modo tale da fornire già al bambino piccolo, futuro uomo, quegli strumenti adatti a fronteggiare i passaggi di crescita tanto delicati quanto fondamentali della sua vita. L’educazione al “tempo”, alla dimensione del tempo, alla gestione del tempo e all’impiego di questo sono il principio di ogni sfera umana: individuale, familiare, sentimentale, relazionale e professionale. Far sperimentare la “noia”, senza riempire il “buco”. Far godere dell’attesa, senza azzerarla uccidendo il desiderio. Spronare così alla creatività e indipendenza, sviluppare l’intelligenza emotiva, la possibilità di trasformazione, l’opportunità di evoluzione. Il bambino abituato al modello stimolo-risposta avrà difficoltà a gestire il suo tempo di noia e di attesa, avvertito come “vuoto”. D’altra parte, perderà il suo tempo in quanto estraniato in un mondo virtuale. Educare alla realtà, e quindi a questo “tempo reale”, è il primo passo per l’educazione alla vita digitale e a quell’equilibrio tra l’essere e il non-essere, esistere e scomparire.

 Come cambia il rendimento scolastico in giovani con dipendenza digitale? Può la scuola contribuire a promuovere un uso sano e responsabile della tecnologia tra gli studenti?

 Qualsiasi tipo di dipendenza, e in questo caso nello specifico quella digitale, distrae dall’obiettivo inibendo il raggiungimento dei traguardi. Perciò un dipendente dalla tecnologia avrà come priorità estrema un mondo virtuale lontano dalla realtà e quindi lontano anche dall’interesse per le cose, le persone, le relazioni, lo studio e l’apprendimento. Sarà privato della curiosità proprio perché abituato ad un modello stimolo-risposta che è opposto alla conoscenza profonda e autentica. A ciò si aggiungono le difficoltà cognitive, comportamentali e delle funzioni esecutive alimentate dall’abuso dei dispositivi digitali che implicano disturbi dell’apprendimento e di conseguenza un abbassamento del rendimento scolastico. In particolar modo, le evidenze scientifiche dimostrano come il disturbo di attenzione e iperattività (ADHD) sia correlato a tale dipendenza. Affinché venga fronteggiata una situazione di emergenza simile, è necessario che la scuola collabori innanzitutto con professionisti della salute mentale creando percorsi specifici per genitori/figli, genitori/figli/istituzione scolastica. Solo un costante e collaborativo monitoraggio e potenziamento della sfera emozionale, delle attività a contatto con la natura e le persone, dello sport, e della stimolazione affettiva possono promuovere non solo un uso sano e responsabile della tecnologia, ma di tutta l’intera vita dell’individuo.

 Orizzonte Scuola



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LA LETTOSCRITTURA


 La didattica della letto-scrittura 

e il metodo globale: 

un esempio di 

“Linee guida” per la scuola Primaria

 

-     -    di Antonio Fundarò


La letto-scrittura non è soltanto un’abilità fondamentale nella vita di ogni individuo, ma rappresenta anche un complesso processo mentale che coinvolge diverse aree del cervello. Questo articolo esplorerà il concetto di letto-scrittura come processo mentale, mettendo in luce il ruolo del pensiero, della globalità e della parola, e discutendo l’efficacia e le peculiarità del Metodo Globale nell’insegnamento della letto-scrittura.

La letto-scrittura come processo mentale

La capacità di leggere e scrivere è il risultato di un intricato processo cognitivo che inizia con il riconoscimento visivo dei simboli grafici e si estende alla comprensione e alla produzione del linguaggio scritto. Quando leggiamo, il nostro cervello non solo decodifica singoli caratteri o parole, ma attiva anche una rete complessa di connessioni neuronali che ci permette di interpretare il testo in termini di significato e contesto.

Il pensiero, la globalità e la parola

Il concetto di globalità è fondamentale nella letto-scrittura poiché il cervello umano tende a cercare pattern e strutture complessive piuttosto che focalizzarsi su elementi isolati. Questo approccio globale si riflette nella maniera in cui processiamo le parole e le frasi, integrando simultaneamente informazioni visive, linguistiche e contestuali. Il pensiero, dunque, gioca un ruolo cruciale, fungendo da collegamento tra la percezione visiva delle parole e la loro comprensione a livello più profondo.

Il metodo globale

Il Metodo Globale di insegnamento della letto-scrittura si basa proprio su questo principio di globalità. Invece di iniziare con l’apprendimento delle lettere e delle sillabe singole, il Metodo Globale introduce parole intere e frasi fin dall’inizio, permettendo agli studenti di percepire il linguaggio scritto nel suo contesto reale e significativo. Questo approccio aiuta a sviluppare una comprensione più rapida e naturale del testo, promuovendo al contempo una maggiore fluidità nella lettura.

Ogni studente ha un proprio stile di apprendimento

Sebbene il Metodo Globale offra numerosi vantaggi, è importante considerare che ogni studente ha un proprio stile di apprendimento. Alcuni possono trarre grande beneficio da un approccio globale, mentre altri potrebbero trovare più efficace un metodo più analitico e strutturato. L’importante è che gli educatori siano flessibili e pronti ad adattare le loro strategie didattiche alle esigenze individuali dei loro studenti. La didattica della letto-scrittura, attraverso il Metodo Globale, offre una visione affascinante e integrata dell’apprendimento del linguaggio scritto, ponendo le basi per un insegnamento più inclusivo e accessibile a tutti gli studenti.

L’ambiente Doman: creare un contesto stimolante per l’apprendimento

Il metodo ideato da Glenn Doman pone un’enfasi particolare sulla creazione di un ambiente ricco e stimolante che incoraggi l’apprendimento precoce e rapido dei bambini. Secondo Doman, l’esposizione precoce a parole, numeri e concetti complessi in un ambiente amorevole e supportivo può accelerare significativamente lo sviluppo cognitivo dei bambini. L’ambiente Doman utilizza materiali didattici visivamente accattivanti e sessioni di apprendimento brevi ma frequenti, che mirano a massimizzare l’engagement del bambino senza causare sovraccarico o stress.

Lo sviluppo della letto-scrittura

Lo sviluppo della letto-scrittura segue una traiettoria che può variare significativamente da un individuo all’altro. Inizialmente, i bambini imparano a riconoscere le immagini e i simboli, per poi passare alle lettere e alle parole. La fase successiva è quella della comprensione, in cui i bambini iniziano a collegare le parole a significati più ampi e a contesti reali. Un approccio equilibrato tra lettura e scrittura può facilitare questo sviluppo, poiché ciascuna abilità rinforza l’altra, contribuendo a una più profonda comprensione e abilità nell’uso del linguaggio.

Come fronteggiare il ritardo e il disturbo della letto-scrittura

I ritardi e i disturbi della letto-scrittura, come la dislessia, richiedono strategie didattiche specifiche e personalizzate. Gli interventi precoce sono cruciali e possono includere la terapia del linguaggio, programmi di lettura strutturati e supporto psicologico. È fondamentale che questi programmi siano inclusivi e adattati alle esigenze specifiche di ciascun bambino per garantire il miglior esito possibile. La collaborazione tra insegnanti, terapisti e famiglie è essenziale per creare un piano di supporto efficace che possa aiutare il bambino a superare le difficoltà incontrate.

Leggere, scrivere e comprendere in fluidità

La fluidità nella letto-scrittura non implica solamente la capacità di leggere o scrivere velocemente, ma anche di farlo con accuratezza e comprensione. Per sviluppare questa competenza, è importante praticare la lettura ad alta voce, discutere i contenuti dei testi e esercitarsi nella scrittura in vari contesti. Le attività che incoraggiano la riflessione critica e la discussione possono migliorare significativamente la comprensione mentre la scrittura creativa e analitica aiuta a rafforzare le capacità espressive e costruttive del bambino.

Un viaggio complesso che si evolve attraverso diverse fasi di sviluppo

Il processo di letto-scrittura è un viaggio complesso che si evolve attraverso diverse fasi di sviluppo. Affrontare con sensibilità e comprensione le difficoltà incontrate da alcuni studenti può fare una grande differenza nel loro percorso educativo. Gli educatori devono essere preparati a modificare e adattare le loro metodologie per soddisfare le diverse necessità dei loro studenti, promuovendo un ambiente di apprendimento che sia sia stimolante che accogliente.

Il testo e la testualità: elementi fondamentali della letto-scrittura

Il concetto di “testo” in didattica va oltre la semplice sequenza di parole stampate su una pagina; si tratta di un’entità coesa che trasmette significato attraverso la sua struttura e il suo contesto. La testualità si riferisce alla qualità che rende un insieme di parole un “testo”, ovvero la capacità di formare un tutto logico e significativo. Questa qualità è fondamentale per l’interpretazione e la comprensione del materiale scritto e rappresenta una competenza chiave nella letto-scrittura.

La costruzione della frase: un pilastro della comprensione

La capacità di costruire frasi che non solo seguono le regole grammaticali ma anche trasmettono chiaramente un messaggio è cruciale. La costruzione efficace delle frasi facilita una comunicazione limpida e precisa, essenziale sia nella scrittura creativa che in quella analitica. Gli insegnanti possono aiutare gli studenti a sviluppare questa abilità attraverso esercizi che incentrano sulla variazione sintattica e l’uso di connettivi per migliorare la coerenza e la coesione del testo.

La pragmalinguistica e la riflessione linguistica

La pragmalinguistica si occupa dell’uso pratico del linguaggio in contesti specifici, enfatizzando come il linguaggio sia usato per raggiungere obiettivi comunicativi particolari. La riflessione linguistica, invece, invita gli studenti a pensare criticamente sul linguaggio stesso, esplorando questioni come il significato, l’uso e la variazione. Queste competenze sono vitali per sviluppare una comprensione profonda del linguaggio e per utilizzarlo efficacemente in diverse situazioni.

Le riscritture: una tecnica per l’affinamento delle abilità di scrittura

L’atto di riscrivere testi è un potente strumento didattico che permette agli studenti di riflettere sulla propria scrittura e su quella degli altri, identificando aree di forza e di miglioramento. Questo processo non solo migliora le abilità linguistiche e stilistiche, ma incoraggia anche una maggiore consapevolezza delle diverse tecniche narrative e espositive.

Presentazione del nuovo materiale didattico e abilitativo: “I quaderni di Victor. Costruisco la lingua scritta”

Un esempio innovativo di materiale didattico che integra queste tecniche è “I Quaderni di Victor – Costruisco la lingua scritta”. Questi quaderni sono progettati per guidare gli studenti attraverso il processo di costruzione del testo, dalla frase al paragrafo fino al testo completo, usando esercizi che incoraggiano la riflessione linguistica e la pragmalinguistica. Attraverso attività strutturate e progressivamente più complesse, “I Quaderni di Victor” offrono agli studenti le risorse per sviluppare una padronanza del linguaggio scritto, enfatizzando la creatività, la comprensione e l’efficacia comunicativa.

In conclusione, la didattica della letto-scrittura si avvale di un approccio integrato che combina la comprensione testuale, la costruzione delle frasi, e la riflessione linguistica per sviluppare studenti che non solo leggano e scrivano con competenza, ma che anche comprendano e apprezzino la ricchezza e la complessità del linguaggio. Con l’adozione di materiali innovativi come “I Quaderni di Victor”, l’educazione linguistica può trarre beneficio da metodologie che promuovono un apprendimento attivo e consapevole, preparando gli studenti a diventare comunicatori efficaci e pensatori critici nel mondo moderno.

Il contributo del prof. Piero Crispiani

L’articolo ha esplorato vari aspetti della didattica della letto-scrittura, evidenziando come si tratti di un processo mentale complesso che integra la percezione visiva, la comprensione linguistica e la costruzione testuale. Abbiamo discusso l’efficacia del Metodo Globale, l’importanza dell’ambiente Doman per l’apprendimento precoce, e come affrontare i disturbi della letto-scrittura, enfatizzando la necessità di interventi personalizzati e precoce. La discussione si è poi spostata sulla costruzione delle frasi e sull’importanza della pragmalinguistica e della riflessione linguistica, elementi cruciali per sviluppare una piena competenza comunicativa. Abbiamo anche introdotto “I Quaderni di Victor – Costruisco la lingua scritta” come esempio di materiale didattico innovativo che supporta l’apprendimento strutturato della letto-scrittura. Un ruolo fondamentale in questo ambito è stato svolto dal Prof. Piero Crispiani, il cui lavoro nel campo della didattica della letto-scrittura ha lasciato un’impronta indelebile. La sua ricerca e i suoi metodi didattici hanno contribuito significativamente all’evoluzione delle tecniche di insegnamento, proponendo approcci innovativi che hanno migliorato l’apprendimento linguistico per studenti con diverse esigenze e capacità. La sua enfasi sulla necessità di un approccio personalizzato e basato su solide fondamenta cognitive è un punto di riferimento per educatori e ricercatori nel settore. In conclusione, il contributo del Prof. Crispiani e l’adozione di metodi didattici efficaci e innovativi sono essenziali per affrontare le sfide dell’insegnamento della letto-scrittura, garantendo che ogni studente possa raggiungere il suo pieno potenziale linguistico e comunicativo. L’articolo sottolinea l’importanza di continuare a esplorare e implementare pratiche pedagogiche che supportano un apprendimento completo e inclusivo, riflettendo l’evoluzione continua nel campo dell’educazione linguistica.

In allegato un esempio di “Linee guida” e raccomandazioni

Creare linee guida efficaci per insegnanti e genitori nel contesto della scuola primaria è fondamentale per sostenere lo sviluppo educativo degli studenti. Queste linee guida mirano a creare un partenariato costruttivo tra insegnanti e genitori, essenziale per sostenere lo sviluppo complessivo degli studenti nella scuola primaria. La collaborazione, la comunicazione e il supporto continuo sono chiave per realizzare un ambiente educativo che promuova il successo accademico e personale di ogni studente. In allegato alcune raccomandazioni che possono essere implementate per migliorare l’apprendimento e l’ambiente educativo.

Le linee guida per sostenere lo sviluppo educativo degli studenti nella lettoscrittura




 


L'AMORE FA I MIRACOLI

Tra le pagine dei grandi romanzi

La letteratura ci insegna ad amare: è una maestra di sentimenti, una fonte di sapienza, il giardino in cui Dio respira di nascosto. 

Seguendo questa intuizione, don Paolo Alliata ci conduce tra le pagine dei grandi romanzi, cercando il soffio che ci nutre. Perché l’amore trova sempre il modo per raggiungerci, declinandosi nelle forme, nelle storie, nelle voci più diverse. 

L’amore di Romain Gary è memoria e resistenza, nel volo degli aquiloni che inseguono l’azzurro. L’amore che scalda il cuore del professor Stoner è un sonetto di Shakespeare che schiude la porta sull’eterno. 

L’amore di Kundera oscilla tra leggerezza e pesantezza, vulnerabilità e compassione: è la voce bambina che canta. L’amore che aleggia nella resurrezione secondo Tolstoj è metamorfosi, grazia, primavera che arriva anche in città. 

L’amore, per Steinbeck, è profezia, preghiera in movimento, marcia collettiva verso la libertà. L’amore che sostiene C.S. Lewis è pianto che volge in letizia, legame che scavalca la morte, fede. 

L’amore è quella forza che ci spinge a tuffarci nelle cose così come sono. Che ci rende vivi, non nelle aspettative, ma nella nostalgia di infinito, un infinito tanto più potente quanto incolmabile.

 

Con una prefazione di Isabella Guanzini

 




UN NUOVO CALENDARIO SCOLASTICO

 “Lezioni fino alla prima settimana di luglio e rivedere le interruzioni durante l’anno. 

Docenti in esubero per progetti estivi.

 

INTERVISTA al pedagogista Maviglia

 

-         di Fabrizio De Angelis

  Pochi giorni fa il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha annunciato il piano estate 2024, ovvero un programma di attività che coinvolgeranno le scuole quando non ci saranno le attività didattiche. L’iniziativa prevede un notevole investimento di risorse, con 400 milioni di euro già stanziati, ai quali si aggiungono fondi provenienti da altri finanziamenti destinati all’inclusione e alle materie STEM.

 L’obiettivo è offrire agli studenti un’ampia gamma di attività, che spaziano da quelle ludiche, sportive e ricreative a corsi di recupero e potenziamento delle competenze, su base volontaria. Il piano prevede il coinvolgimento, sempre su base volontaria e retribuita, del personale docente e ATA.

 Non mancano però i punti interrogativi. In primis, la disponibilità del personale ATA, in gran parte precario con contratti in scadenza a fine giugno, rappresenta un’incognita significativa. Valditara rassicura: “Ci sarà la possibilità di fare convenzioni con il terzo settore, il volontariato e di coinvolgere gli studenti universitari”.

 Nonostante le rassicurazioni del Ministro sull’assenza di ritardi e sulla disponibilità delle risorse, alcuni dubbi permangono sulla fattibilità del progetto nei tempi previsti e sulla sua reale efficacia. L’adesione del personale scolastico e la capacità di coinvolgere altri attori saranno cruciali per la buona riuscita dell’iniziativa.

 A parlare del progetto ministeriale è il pedagogista Mario Maviglia, che ci ha fornito anche alcune proposte interessanti in merito all’organico dei docenti e al calendario scolastico.

Lei afferma, in un intervento su un quotidiano locale, che il piano estate manca di chiarezza, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della scuola. Può spiegarci meglio cosa intende?

 Lo specifico della scuola è la gestione e cura dei processi di insegnamento apprendimento e l’obiettivo finale è rappresentato dal conseguimento del successo formativo per ogni studente. Il Piano estate opera su un piano un po’ diverso in quanto non intende proporre attività “scolastiche” agli studenti, ma realizzare progetti di carattere didattico, sportivo, musicale, teatrale, ludico e ricreativo. Ovviamente anche queste attività promuovono, lato sensu, l’apprendimento degli studenti, ma i docenti sono preparati a questo tipo di approccio senza un’adeguata preparazione? E in ogni caso il Piano estate sposta il baricentro della scuola da una dimensione di apprendimenti formalizzati quali sono quelli scolastici, a una dimensione di apprendimenti con un livello meno stringente di strutturazione e formalizzazione. Ma, ripeto. La scuola storicamente non è stata concepita in tal senso. Si può fare, ovviamente; ma ci vuole tempo.

 Dunque, mancherebbe un piano di ampio respiro e che duri nel tempo. Nel suo intervento avanza alcune proposte. Ci spiega la proposta sugli organici dei docenti?

 Il processo di denatalità comporta una contrazione degli organici dei docenti in quanto la costituzione di meno classi determina un numero inferiore di docenti di cui si ha bisogno. Ma se si vuole guardare oltre il dato contingente, questa situazione, apparentemente negativa, può essere utilizzata per qualificare la scuola. Se i docenti in esubero vengono comunque assegnati alle scuole senza contrarre gli organici, possono essere utilizzati per trovare una soluzione alle situazioni più preoccupanti di numerosità delle classi (le cosiddette classi-pollaio) o anche per poter contare su un certo numero di docenti per portare avanti progetti nell’ambito del Piano estate. Il timore è che, come al solito, verrà adottato un approccio ragionieristico (meno classi/meno docenti), salvo poi chiedere alle scuole di fare sacrifici o aggiustamenti per realizzare proposte di carattere essenzialmente sociale.

 Lei accenna anche, e qui arriviamo alla seconda proposta, di intervenire sul calendario scolastico. Cosa intende nello specifico?

 Una revisione complessiva del calendario scolastico potrebbe comportare uno “slittamento” delle lezioni fino alla prima settimana di luglio (ricordiamo che le scuole dell’infanzia già concludono le loro attività didattiche a fine giugno). Questo è possibile rivedendo i periodi di interruzione didattica durante l’anno scolastico, ma anche, nel contempo, rendendo “abitabili” le scuole durante il periodo estivo (ossia climatizzandole). Sono proposte che vanno ovviamente studiate attentamente, anche prendendo spunto da quanto avviene negli altri Paesi della UE (ad esempio in Francia) e tenendo comunque conto che cambiamenti di tale portata richiedono tempi adeguati per essere gestiti in modo proficuo. Del tutto strumentale appare invece la polemica che anche molti politici periodicamente portano avanti contro i “tre mesi” di vacanza dei docenti. Ci sarebbe da chiedere quanti giorni effettivi lavorano nel corso dell’anno i politici e metterli a confronto con quelli dei docenti.

 Una battuta sulla riforma del voto in condotta appena approvata al Senato. Cosa ne pensa delle novità pensate dal Ministro Valditara?

 La mia impressione è che questo insistere sugli aspetti punitivi e repressivi del voto in condotta nasconda una tendenza autoritaria dell’attuale gestione politica della scuola, sancita peraltro dal decreto Caivano. Con questo non si vuole nascondere il problema del comportamento a scuola, ma siamo sicuro che questa sia la strada giusta? Occorre semmai insistere sul valore formativo della valutazione, ribadendo semmai l’esigenza di più educazione, non di più repressione. E questo perché non si vuole, o non si è in grado, di considerare altri aspetti che possono contrastare condotte non adeguate all’interno della scuola, come ad esempio dando maggiore prestigio sociale ai docenti attraverso un’adeguata retribuzione e mediante forme di reclutamento più serie e rigorose. Siccome non si ha una visione lungimirante sul valore della scuola nello sviluppo del Paese e sul ruolo fondamentale che svolgono i docenti, allora vengono adottate queste soluzioni dal respiro corto, che intervengono sul sintomo, e che non mettono in discussione l’attuale assetto della scuola, oltre che non restituire dignità ai suoi operatori. Finché si aumentano in maniera sconsiderata le spese militari e non si privilegiano gli interventi per innalzare il livello di qualità dei docenti e della scuola c’è poco da essere ottimisti.

 

Orizzonte scuola



 

 

LA SCUOLA MEDIA COMPIE 60 ANNI… E LI DIMOSTRA

"SCUOLA DI BASE", 

... senza mai riuscirvi !


- di Italo Bassotto


Il volume raccoglie gli interventi di alcuni operatori scolastici (Professori, Dirigenti, Ispettori) al convegno organizzato dalla Associazione Laboratorio di Pedagogia Piero Pasotti a Mantova, in occasione del 60mo anniversario della promulgazione della Legge 31 dicembre 1962, n. 1859, che istituiva  la Scuola Media Unica. 

Il titolo del convegno (che è diventato poi anche quello di questa raccolta di riflessioni critiche) dimostra con chiarezza la tesi che sorregge l’analisi storica, istituzionale e pedagogica che cli autori rivolgono a questo importante segmento della scuola dell’obbligo: la Scuola Media Unica è stata la più grande ed importante innovazione del sistema scolastico italiano (qualcuno sostiene: l’ “unica” dal dopoguerra ad oggi!), ma la sua calcificazione amministrativa, organizzativa e didattica, in questi 60 anni di vita,(nonostante i timidi tentativi di revisione e adeguamento dei suoi ordinamenti, presi in esame nei vari saggi del testo) giustifica l’esito delle analisi socio-pedagogiche della Fondazione Agnelli (2001 e 2011), che definisce questo ciclo scolare, che Frabboni avrebbe voluto inscrivere nel concetto di “scuola di base” senza, peraltro, mai riuscirvi, “l’anello debole del sistema scolastico italiano.

Il primo capitolo del volume percorre la storia della “scuola popolare”  (così si chiamava l’elementare  prima della riforma Gentile) dall’Unità d’ Italia agli albori del nuovo millennio e inserisce la scuola media in questo cammino del servizio educativo scolastico verso l’alfabetizzazione di massa degli italiani. Non senza rilevarne i limiti e le rigidità istituzionali, come la permanente “secondarietà” che la avvicinava al Ginnasio, come propedeutica del Liceo Classico; come le critiche feroci  sollevate dalla contestazione degli anni ’70 del secolo scorso, da don Milani ai sociologi Barbagli e Dei che definirono, con graffiante ironia, i prof della scuola media (che già da allora cominciavano ad essere quasi solamente di genere femminile) “vestali della classe media”: il tutto accompagnato da alcuni timidi tentativi di adeguarne struttura e didattica alle nuove istanze sociali che si imponevano ed i repentini arretramenti per un rassicurante (per l’amministrazione ed i sindacati degli insegnanti) ritorno al passato.

Nel secondo capitolo vengono presi in esami questi vari tentativi di introdurre innovazioni e adeguamenti ai tempi nuovi, tutti inesorabilmente falliti: come l’introduzione del “tempo prolungato/pieno”; lo studio sussidiario e le libere attività complementari  (LAC); l’avvio della “valutazione formativa” con il documento di valutazione ed il ritorno veloce ai voti ed alla “classificazione”; l’introduzione delle 150 ore e, dopo meno di tre anni, la definitiva espulsione della Educazione degli Adulti e l’istituzione dei CPIA; la creazione degli Istituti Comprensivi (IC) simulando una inesistente continuità con la scuola elementare (poi diventata “primaria” per giustificare la “secondarietà” della scuola media); la creazione di un nuovo problema di “continuità” mai risolto, né risolvibile, coi bienni delle scuole secondarie superiori resi, nel frattempo, obbligatori…. In questa parte del volume sono presi in esame e vagliati con attenzione critica tutti questi tentativi falliti, dando voce alle reciproche aspettative e incomprensioni espresse sulla base di esperienze dirette di dirigenti scolastici che hanno vissuto il disagio di un dialogo impossibile tra la scuola primaria, la secondaria inferiore e quella superiore….

Infine il terzo capito si riferisce ai cambiamenti possibili e auspicabili per questo tratto di scolarità dal passato scleroitizzato e insensibile ai cambiamenti sociali ed a quelli psicologici della condizione dei pre-adolescenti. Così l’ispettore Maviglia (chiamato poi a dirigere l’UST di Brescia), rispolverando un dibattito, lontano venticinque anni da oggi, che prevedeva una “modificazione globale dell’intero sistema scolastico” alla luce delle proposte del ministro Luigi Berlinguer, l’unico capace di portare alla luce della opinione pubblica le contraddizioni di una scuola “a metà” (“media”, appunto!) tra l’alfabetizzazione di base e  quella culturale della scuola superiore. A sua volta il dirigente scolastico Mario Fraccaro (che ha fatto anche l’esperienza di Sindaco in una cittadina della bassa bresciana) traccia una fedele ricognizione dei tentativi di dare a questo segmento scolastico un volto accogliente e convincente per i giovani frequentanti e le loro famiglie, presi (gli uni e le altre) tra la rabbia per una istituzione che non aveva alcuna capacità di ascolto dei nuovi bisogni emergenti e il desiderio di adeguare strutture e servizio educativo ai tempi e ai modi della rivoluzione tecnologica delle ICT, della pandemia dell’informazione globale e di quella legata alla liberazione sessuale  ed alle nuove forme di dipendenza psicologica. 

Infine, la Ex Dirigente dell’UST di Bergamo (con esperienza sul campo, di direzione di Istituti comprensivi) propone quattro progetti di ricerca ed innovazione sperimentale, che chiamano in causa una modalità di cambiamento operata “dal basso”, ovverosia progettata e agita dagli stessi operatori (insegnanti, dirigenti e organi collegiali), che da decenni aspettano un segnale di avviamento di una scuola media che guardi ai nuovi bisogni degli studenti più che a salvaguardare i privilegi e i facili consensi dei suoi “attori sociali”.

La dirigente dell’UST propone quattro piste di innovazione da mettere in prova e valutare nei loro esiti per poi, in nome dell’autonomia, passare a iscriverle nei rispettivi PTOF  e renderle così stabili e feconde di nuove ispirazioni innovative. Gli operatori della Associazione Laboratorio di Pedagogia, che hanno promosso il convegno e patrocinato le proposte della dott. Graziani, dichiarano la loro disponibilità ad accompagnare con la consulenza e l’expertise di cui sono portatori quei gruppi di docenti (o di scuole) che volessero incamminarsi sulla strada del cambiamento, senza attendere che sia l’amministrazione del MIM a promuoverne i tratti più significativi (cosa che fino ad ora da 60 anni non ha mai fatto nessun apparato politico o amministrativo, che aveva la responsabilità di promuovere nuove e più adatte regole del servizio della scuola media unica).

Ed. Ecogeses -Aimc

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domenica 28 aprile 2024

LA GIOIA DEL LUNEDI


La distanza il lunedì e la gioia dipende il nostro livello di felicità: ecco le tre “m” necessarie per rendere la vita più viva

 Il lunedì indica la ripresa della vita ordinaria. La sveglia è più faticosa, abbiamo addosso tutto il nostro fuso orario esistenziale. Infatti, dalla distanza tra il lunedì e la gioia dipende il nostro livello di felicità: se la vita ordinaria è una condanna, il lunedì è il peggior nemico.

-         di Alessandro D’Avenia

Eppure, un tempo era il giorno dedicato alla Luna, Lunae dies, divinità femminile che lo rendeva propizio a fecondità e crescita, alla semina e al focolare domestico, alla memoria e ai racconti. Tutti significati erosi dalla cultura dell’efficienza che vede nel lunedì il primo giorno «non libero», dal momento che ci siamo abituati a percepire come «libero» solo il tempo senza lavoro, come se il lavoro fosse solo una condanna e non il luogo principe della capacità creativa e delle relazioni.

 Eppure, il gusto buono del giorno lunare rimane nell’espressione «luna di miele», che indicava il primo mese di matrimonio, sia perché in quel mese si compiva l’intero ciclo femminile sia perché gli sposi mangiavano miele o bevevano idromele, si riteneva infatti che il prodotto delle api avesse proprietà afrodisiache e fecondanti.

 In tutti i lunedì del 2024 che sono trascorsi mi sono chiesto se c’è modo di portare un po’ di questa gioia senza che si tratti dell’ingannevole «luna nel pozzo», un modo per indicare l’illusione che nell’acqua ci sia la Luna e non un semplice riflesso. Che cosa manca ai nostri lunedì perché siano un po’ «di miele»?

 Sono da alcuni mesi tornato dalla mia «luna di miele» e vorrei trovare qualche risposta alla domanda proprio in alcune caratteristiche di questo periodo «lunare». La prima cosa che si cerca è lo straordinario: si va «sulla Luna», in posti lontani, più o meno esotici, alla scoperta del mai visto. Nel nostro caso sono stati i paesaggi della Terra del Fuoco e della Patagonia, da capo Horn, il punto più a sud delle terre abitate, alla steppa patagonica, passando per un’imponente distesa di ghiacciai, terzi solo ad Antartide e Groenlandia. In queste terre nel 1519 Magellano trovò il passaggio per accedere per la prima volta al Pacifico e compiere il primo periplo terrestre. Qui il giovane Darwin vide le dinamiche che governavano le specie e ne intuì la logica. Con noi c’erano persone di tutto il mondo: coppie, famiglie, amici, gruppi di viaggiatori... Che cosa c’era in comune fra tutti noi e fra noi e quegli intrepidi esploratori del passato? Cercavamo quel po’ di meraviglia che la vita ordinaria non sembra concederci. Eravamo a caccia di quelli che argentini e cileni, che condividono con cura un ecosistema sorprendente, chiamano «miradores», i nostri «belvedere», punti da cui ammirare a bocca aperta cose mai viste.

Miradores

«Mirador» viene dal latino «mirare», ciò che non si può non guardare, dalla stessa radice i nostri «miracolo» e «ammirare». Spesso perdiamo la capacità non dico di credere, ma di vedere i miracoli, eppure li abbiamo sotto gli occhi. Perché il lunedì sia meno lunedì servono «miradores», dei «belvedere», cioè momenti «contemplativi», pochi minuti per tornare a stupirsi di qualcosa che diamo per scontato. Per far questo bisogna fermarsi e fissare l’attenzione, come per scattare la foto di un tempo, con il rullino: non potevi fallire e poi dovevi attendere il risultato, ed era come riscoprire la cosa fotografata. Per esempio, per me può essere curare in modo particolare l’appello perché sia il «belvedere» sui ragazzi: che cosa scorgo di mai visto? Oppure dedicare qualche minuto a guardare qualcosa di diverso dal cellulare, scattate una foto analogica a qualcosa di scontato per poi «svilupparla» nella «camera oscura» del vostro cuore: un luogo, un evento, una persona...

 Al Sud del globo tra iceberg e pinguini, tra cascate e balene, sembrava di vedere per la prima volta il miracolo del mondo in cui siamo capitati. E grazie a questo che ci si innamora di nuovo della vita. La seconda cosa scontata della luna di miele, e forse per questo sottovalutata, è che si condivide tutto, senza pause, con qualcuno, e la meraviglia è il miele, «afrodisiaco» che rende la relazione più viva.

 La bellezza ritrovata

Non basta però trovare la bellezza, è necessario condividerla, che significa moltiplicarla. Oggi lo facciamo con i social che ci permettono di condividere tutto e subito, ma proprio per questo rischiamo di mostrare prima ancora di ricevere, ma si può (con)dividere, senza che sparisca, solo ciò che prima si possiede e si è fatto memoria: carne della nostra carne, vita a cui poter attingere in qualsiasi momento successivo a quello goduto (questa è la differenza tra felicità e sensazione, la prima è uno stato rievocabile quando si vuole, la seconda un’emozione persa con il momento che l’ha generata). E non basterà la foto con quello sfondo a rinnovare la vita ricevuta (il nostro aggrapparci a migliaia di foto è forse la dimostrazione che fatichiamo a ricevere il presente con calma per averlo poi per sempre con noi?), se quello sfondo non è divenuto fondamento: 14 miliardi di anni dell’universo si giustificano proprio perché due ne parlano con stupore e ne possono far memoria perenne del loro rapporto.

 Il terzo aspetto che mi piace mettere in evidenza è che tutto questo non crea una magia, una luna nel pozzo, un incantesimo lanciato sull’ordinario per nasconderlo, perché l’ordinario, anche in luna di miele, continua a imporsi, ma si ha l’energia per accettarlo, si ride di debolezze, limiti, ossessioni, tutto ciò per cui temiamo di non essere amabili, e lo si fa diventare il campo della tenerezza anziché quello dell’incomprensione, della misericordia anziché della distanza.

 Sono solo spunti, magari utili perché il lunedì possa essere il giorno della Luna grazie a tre ingredienti: meraviglia, memoria, misericordia. Tre «m» per «sbarcare il lunario», la luna torna in questa icastica espressione con cui indichiamo il riuscire a ottenere il necessario per vivere, l’arrivare in porto a fine anno, il lunario era infatti l’almanacco popolare che segnalava fasi lunari, giorni e mesi dell’anno. Vi auguro allora molti lunedì in cui «sbarcare il lunario» non sia sopravvivere ma trovare ciò che rende la vita più viva, un po’ di miele anche nei lunedì, perché siano, almeno un po’, lune di miele.

 

Corriere della Sera

LE RAGIONI DEL MERITO

 

QUALE MERITO?


Operando una profonda destrutturazione dei paradigmi che solitamente accompagnano l'opzione meritocratica, il saggio assume in chiave critica la lettura prevalentemente negativa del merito. Risolto come presupposto di vantaggio o potere individuale, se non di legittimazione delle disuguaglianze. In un orizzonte eticamente compromesso connotato di arroganza, discriminazione, selezione.

E dove i rapporti sociali, per lo più determinati in partenza, si esauriscono inesorabilmente in un gioco a somma zero. Con vincitori e perdenti.

Tali approcci, a parere dell'autore, sono ampiamente riconducibili, per la ricerca sociologica e non solo, alle conseguenze nefaste della società contemporanea. Dove a prevalere sono ideologie e culture che premiano individualismo e competizione, disuguaglianza ed esclusione. E a dettare legge restano soltanto i risultati, e con essi la ricchezza e il potere.

In tale contesto il merito è - non può non essere - valore assoluto. Indiscutibile. Da accogliere o rifiutare. Senza via di mezzo.

L'obiettivo della ricerca, al contrario, è quello di problematizzare il tema del merito, relativizzarne il valore e il significato. Porlo all'interno di una molteplicità di fattori che concorrono a diventare leva di emancipazione e di responsabilità individuale e collettiva. Fattori di cambiamento e di sviluppo.

Il tentativo è quello di sciogliere il dilemma che da qualche tempo coinvolge il mondo politico, economico e sociale. E che può tradursi nell'interrogativo: il merito è l'esito sufficientemente scontato di una società ingiusta, oppure è il prodotto e il riconoscimento di un'azione pur incerta e faticosa di emancipazione e di riscatto di individui e gruppi per costruire una società un po' più giusta e solidale?

L'intento è quello di riconoscere e apprezzare il valore di ogni scelta compiuta nell'ottica del contributo offerto al raggiungimento del bene comune.

La ricerca tematizza in particolare, i concetti di uguaglianza e di libertà attraverso un'ottica pluralista. Che privilegia approcci e dimensioni del merito secondo le categorie del riconoscimento, dell'identità e della dignità, dei bisogni e dei diritti.

Inoltre, ben oltre i confini dell'uguaglianza, il lavoro si pone il problema della distribuzione delle opportunità nei termini più comprensivi dell'equità. Ciò senza trascurare il rapporto con la giustizia, l'inclusione sociale e la differenza.

Aderendo alla proposta di ridefinizione del merito nei termini meno equivoci di meritevolezza e/o meritorietà, l'autore sviluppa un'ipotesi di intervento che chiama in causa il ruolo attivo di ogni soggetto nel realizzare se stesso e i propri valori, e l'attuazione di politiche atte a creare le condizioni migliori di uguaglianza democratica centrata sulla garanzia di agire i diritti di cittadinanza. All'interno di una società giusta, luogo di cooperazione tra persone libere e uguali, aventi pari dignità.

A cominciare dall'istruzione. Dove, partendo dal superamento del dilemma selezione-socializzazione, l'autore giudica insufficiente la soluzione dell'uguaglianza delle opportunità a favore dell'uguaglianza delle capacità. In grado di convertire opportunità e risorse in effettive libertà di scelta.

Il ruolo della scuola risiede piuttosto nello scoprire e sviluppare i talenti. Non nell'esaltazione dei soli risultati ma nella considerazione del percorso e dell'impegno nell’affrontare le difficoltà. E dove comunque, prima di riconoscerlo e premiarlo, il merito va alimentato per farlo fiorire.

L'obiettivo, allora, non è solo garantire 'i capaci e meritevoli', ma garantire le condizioni per diventare 'capaci e meritevoli'. Per sviluppare le proprie capacità. Al di là di standard predefiniti.

Riscoprire il senso e il valore della formazione scolastica, come strumento di uguaglianza sociale, e come volàno di una democrazia intesa come sforzo continuo di vivere secondo saggezza, solidarietà e ricerca del bene individuale e collettivo.

 

Le ragioni del merito: appunti per un dibattito

di Enzo Bertellini | aprile 2024

ISBN-13        979-8882700934

sabato 27 aprile 2024

UNA VIGNA FECONDA


 I TRALCI 

CHE 

PORTANO FRUTTO

Domenica V di Pasqua - 

 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». Giovanni 15,1-8

  Commento al Vangelo di fra Ermes Ronchi

Per il vangelo la santità non risiede nella perfezione, ma nella fecondità. Potare non è sinonimo di amputare ma di dare vita, e togliere il superfluo equivale a fare molto frutto.

 La bibbia è un libro pieno di olivi, di fichi e di viti. Pieno di uomini di cui Dio si prende cura e dai quali riceve un vino di gioia. Con le parole di oggi Gesù ci comunica Dio, cose da capogiro, attraverso lo specchio delle creature più semplici. Ci porta a scuola in un vigneto, a lezione dalla sapienza della vite e da un Dio contadino, profumato di sole e di terra.

 All'inizio della primavera mio padre mi portava nella vigna dietro casa. Sui tralci potati affiorava, in punta, una goccia di linfa che tremava e luccicava al vento di marzo. E mi diceva: guarda, è la vite che va in amore! C’è un amore che muove il sole e le altre stelle, che ascende lungo i ceppi di tutte le viti del mondo, e l’ho visto aprire esistenze che sembravano finite, far ripartire famiglie che sembravano distrutte. E perfino le mie spine ha fatto rifiorire.

 Dobbiamo salvare la linfa di Dio, il cromosoma divino in noi.

 Che Dio sia descritto come creatore non ci sorprende, l’abbiamo sentito. Ma Gesù afferma oggi una cosa mai udita prima: io sono la vite, voi i tralci. Io e voi la stessa cosa! Stesso tronco, stessa vita, unica radice, una sola linfa.

 E mentre nei profeti antichi Dio appariva piantatore, coltivatore, vendemmiatore, ma sempre altro rispetto alle viti, oggi ascoltiamo una parola inaudita: Dio e io siamo la stessa vite; lui tronco, io tralcio; lui mare, io onda; lui fuoco, io fiamma. Il creatore si è fatto creatura. Dio è in me, non come padrone, ma come linfa vitale. E’ in me, per meglio prendersi cura di me.

 Rimanete in me e io in voi. Non è da conquistare l’unione con Dio, è cosa di cui prendere consapevolezza: siamo già in Dio, ci avvolge con il suo affetto, lo respiri, lo urti! E Dio è in noi, è qui, è dentro, scorre nelle vene della vita. Dio che vivi in me, nonostante tutte le distrazioni e i miei inverni, e tutte le forze che ci trascinano via. Ma via da lui non c'è niente.

 Questa comunione precede ogni liturgia, è energia che sale, cromosoma divino che scorre in noi.

 Ed ogni tralcio che porta frutto, egli lo pota perché porti più frutto.

 Il grande e coraggioso dono della potatura! Potare non è sinonimo di amputare ma di dare vita, ogni contadino lo sa. Togliere il superfluo equivale a fare molto frutto.

 Il filo d’oro che cuce il brano e illumina ogni dettaglio è “frutto”. Sei volte viene ribadito ribadisce, perché sia ben chiaro: il vangelo sogna mani di vendemmia e non mani perfette, magari pulite ma vuote, che non si sono volute mischiare con la materia incandescente e macchiante della vita.

 Per il vangelo la santità non risiede nella perfezione ma nella fecondità. Dov’è mai questa perfezione nei discepoli di Gesù, pronti alla fuga e alla bugia, duri a capire...

 La morale evangelica ha la colonna sonora delle canzoni della vendemmia, di una festa sull’aia; sogna fecondità e non osservanze. Più generosità, più pace, più coraggio.

 E mi piace tanto il Dio di Gesù, che si affatica attorno a me perché io porti frutto, che non impugna lo scettro ma la zappa, non siede sul trono ma sul muretto della vigna. A contemplarmi, con occhi belli di speranza.

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