DELLE LINGUE LOCALI
Oggi
è la Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali. Ma che cos’è una
lingua, che cos’è un dialetto, e come si distinguono?
I
linguisti in genere definiscono dialetto la varietà di una lingua parlata in
una località o in un’area specifica, per esempio il dialetto veneziano (varietà
del veneto parlata a Venezia), o il dialetto pescarese (varietà dell’abruzzese
parlata a Pescara. Si definiscono invece lingue i “gruppi di dialetti” che
condividono la stessa sintassi, le stesse regole morfologiche, la stessa
fonologia (cioè le regole che governano il sistema dei suoni della lingua),
anche se non necessariamente gli stessi suoni e lo stesso lessico. Questa
variabilità nei suoni e nelle parole, determinata anche dall’assenza di
standardizzazione poiché spesso le lingue locali sono solo parlate, può
portarci a pensare che il dialetto del paese vicino sia un’altra lingua, ma
nella maggior parte dei casi non è così. I dialetti si distribuiscono lungo un
continuum linguistico, rendendo difficile tracciare confini netti tra una
lingua e l’altra.
In
Italia si parlano molte lingue romanze, sviluppatesi direttamente dal latino e
sorelle dell’italiano, lingua romanza a base toscana. Sono lingue il sardo e il
friuliano, ma anche il napoletano/campano, il siciliano, il veneto, il
piemontese, l’abruzzese: sebbene i dialetti meridionali non estremi formino un
continuum, infatti, tra il napoletano e l’abruzzese ci sono differenze
strutturali sufficienti a considerarli due lingue distinte.
La tradizione linguistica italiana ha etichettato invece come dialetti tutte le
varietà linguistiche diverse dall’italiano standard. Secondo questa visione
sono dialetti il sardo e il milanese, ma non il croato e il tedesco, anch’essi
parlati da minoranze in Italia, che invece sono lingue. Questa classificazione
si basa su criteri non linguistici ma sociopolitici, secondo i quali un
dialetto è una lingua incompleta, inferiore all’italiano perché parlata
localmente e perché mancante di buona parte del lessico “colto”. Il lessico,
però, come dicevamo, non è la parte centrale di una lingua: bisogna ricordare
che una lingua ha diverse componenti, e che tutte le lingue locali hanno una
grammatica completa e perfettamente funzionante.
Qualunque
sia il nome che vogliamo dare a queste lingue locali, l’importante è ricordarci
di continuare a parlarle. Ciò ci consentirà di godere di tutti i benefici del
bilinguismo e, al contempo, di preservare il nostro ricchissimo patrimonio
storico e culturale. Viva le lingue locali, viva i dialetti!
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