nel segno di Erode
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di Giuseppe Savagnone *
La
strage degli innocenti
Le
luci e il clima festoso del Natale hanno fatto dimenticare ormai da tempo alla
grande maggioranza delle persone, anche ai credenti, una delle feste liturgiche
che la Chiesa cattolica celebra ogni anno il 28 dicembre, all’indomani della
ricorrenza della nascita di Gesù, e che si collega strettamente ad essa, quella
dei Santi Innocenti.
La
storia, narrata nel vangelo di Matteo, è nota: il re Erode, allarmato da quanto
i magi gli hanno riferito sulla nascita in Bethlem di un misterioso “re dei
Giudei”, quando si accorge che essi, malgrado le sue raccomandazioni, non
torneranno per informarlo sull’identità del suo possibile concorrente al
trono, decide di mettersi al sicuro mandando i propri soldati ad
uccidere tutti i bambini del villaggio dai due anni in giù.
Un
racconto che ci appare rappresentativo della bestiale violenza a cui la
logica del potere può condurre chi lo assolutizza. Forse, però, dovremmo
chiederci se il mondo, dopo duemila anni, non sia ancora alle prese con il
triste fantasma di Erode e se la nostra giusta reazione non rischi di essere un
alibi per distogliere gli occhi dal presente di cui siamo protagonisti e in una
certa misura responsabili.
Bambini
deportati e massacrati
Perché
i bambini continuano ad essere le vittime innocenti dei conflitti che oggi
travagliano il nostro pianeta e dei giochi di potere che ne sono l’origine.
Emblematico ciò che è accaduto in Ucraina.
All’inizio
dell’aggressione di Putin, una delle prime misure degli invasori è stata la
deportazione di almeno 20.000 bambini ucraini, che sono stati strappati alle
loro famiglie e portati con la forza in Russia, dove si sta cercando di
cancellare ogni legame con la loro patria e di trasformarli a tutti gli effetti
in russi.
È
questa «deportazione illegale di popolazione (bambini)» il «crimine di guerra»
menzionato nel mandato di arresto emesso il 23 marzo 2023 dalla Corte penale
internazionale nei confronti di Vladimir Putin.
Non
meno impressionante quello che sta accadendo nella guerra che da ormai più di
un anno infuria tra Israele ed Hamas. Già nell’attacco di Hamas del 7 ottobre,
tra le vittime civili israeliane si contavano anche 33 minori uccisi e circa 30
rapiti.
Testimonianza
di una spietatezza che non rispetta neppure l’infanzia e che disonora chi se ne
rende responsabile. I piccoli sono ancora in mano ai terroristi. Un video
recentemente diffuso dall’organizzazione islamica attraverso i suoi canali
social mostra uomini armati che tengono in braccio o spingono nei
passeggini i bambini presi in ostaggio.
Ancora
più drammatici sono i numeri della strage che, in reazione a quel massacro, si
sta perpetrando da più di un anno nella Striscia di Gaza. Dall’inizio
della guerra al luglio scorso i bambini vittime dalle bombe e delle azioni di
terra dell’esercito israeliano erano 16.456, ma da allora ne sono morti altri.
Una nota dell’UNICEF di metà dicembre riferiva che solo dall’inizio di
novembre sono stati uccisi una media di quattro al giorno.
«Questa
guerra è una guerra contro i bambini», ha denunziato il responsabile
dell’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi,
sottolineando che, secondo i dati, il numero di quelli uccisi nella Striscia di
Gaza in soli quattro mesi supera il numero di bambini uccisi in tutti i
conflitti del mondo negli ultimi quattro anni.
Senza
contare quelli morti a causa della mancanza di cibi e di medicinali, per
il blocco effettuato dallo Stato ebraico e indicato come «crimine di guerra»
nel mandato di arresto della stessa Corte penale internazionale, questa volta
nei confronti del premier israeliano Netanyahu.
Noi
spettatori e protagonisti della strage
C’è
però una inquietante differenza rispetto al caso della violenza dei russi
contro i piccoli ucraini e di quella di Hamas nei confronti dei bambini
israeliani – entrambe ampiamente deprecate da tutti – , ed è che a Gaza il
massacro si svolge, da quattordici mesi, sotto gli occhi indifferenti
delle democrazie occidentali, (ad eccezione di Spagna e Irlanda), le quali fin
dall’inizio forniscono ad Israele la copertura politica e le armi per la sua
campagna, limitandosi a rivolgere di tanto in tanto vaghi inviti al rispetto
dei diritti umani, fingendo di non vedere che essi sono stati ormai da tempo
calpestati.
Ancora
più evidenti sono le responsabilità dei paesi “progrediti” nella violenza
contro i bambini nella sempre più rigida chiusura delle loro frontiere al
flusso dei migranti.
Pioniera
e sostenitrice di questa linea è la premier italiana Giorgia Meloni, il cui
governo si è prodigato fin dall’inizio per contrastare i viaggi verso
l’Italia ostacolando e rendendo più difficile il salvataggio dei
naufraghi nel Mediterraneo da parte delle navi delle ONG.
Quanti
bambini sono morti a causa di queste misure di “difesa dei confini”? Solo nei
primi mesi del 2023 l’UNICEF parlava di 289. Ma ogni settimana giungono
notizie di altri naufragi, in cui almeno alcuni dei morti sono minori.
Per
non parlare di quelli che, grazie agli accordi di Roma con la Libia e la
Tunisia, sono trattenuti in condizioni disumane nei lager creati da questi
paesi per impedirne la partenza verso l’Italia.
Ora
il modello Meloni viene apprezzato e fatto proprio anche da altri paesi
europei, che si stanno prodigando nell’alzare muri e nel creare lager di
smistamento per i rimpatri.
Quanto
agli Stati Uniti, Trump, in coerenza col proprio programma elettorale, è sul
punto di realizzare la «più grande deportazione di massa di migranti
illegali». Non disponiamo del numero dei bambini coinvolti in queste
operazioni, ma non è azzardato presumere che sia elevato.
Un
ultimo capitolo di questa odierna “strage degli innocenti” è il progressivo
assurgere della libertà delle donne di abortire ad emblema della loro
emancipazione e della loro recuperata dignità. Quello che dovrebbe
essere considerato un doloroso trauma, da affrontare come estremo rimedio a
situazioni di estremo pericolo per la gestante e per il bambino, è stato invece
inserito di recente nella Costituzione francese «in riconoscimento del
diritto delle donne di disporre liberamente del proprio corpo», come ha
orgogliosamente dichiarato il primo ministro Gabriel Attal su X. E poco dopo il
Parlamento europeo ha votato a favore dell’inserimento di un’analoga normativa
nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
L’embrione,
il feto, sono ancora privi di una vita biografica – e questo certamente li
differenzia dai bambini già nati –, ma ne hanno una biologica che, secondo
la scienza, li qualifica a tutti gli effetti come esseri umani.
Considerarli “disponibili” ad ogni manipolazione, come semplici parti del corpo
materno, secondo le parole del primo ministro francese, equivale a dire
che la terra è piatta e che il sole ruota intorno alla terra.
La
libertà delle donne non può prevalere sul diritto a vivere di altri esseri
umani. Ed è una triste mistificazione farla risiedere nel
diritto di uccidere i propri figli, invece che in quello di essere aiutate
dalla comunità civile ad averli e a mantenerli dignitosamente.
No,
non è un mondo per bambini. Si capisce anche dal fatto che ne nascono sempre di
meno. Mentre nei paesi poveri i bambini sono accolti come una benedizione,
l’Occidente evoluto fa sempre meno figli, ossessionato dalla paura di dover
dividere la propria libertà e la propria ricchezza con i nuovi venuti, quasi
fossero clandestini indesiderati anche loro.
Alla
viglia del nuovo anno
Il
28 dicembre, la festa liturgica della strage degli innocenti, precede di soli
tre giorni l’imminente Capodanno, con cui comincia un 2025 che, da questo punto
di vista, non sembra promettere niente di buono.
Nel
nuovo anno i piccoli ucraini torneranno alle loro case? I bambini israeliani
ostaggio di Hamas saranno finalmente liberati? Smetterà l’esercito dello Stato
ebraico di uccidere e di affamare quelli palestinesi? Si permetterà ai migranti
di portare i loro figli a vivere in ambienti più sicuri, dove farli crescere al
riparo dalle guerre e dalla fame? Si prenderà coscienza che anche i bambini non
ancora nati hanno il diritto avere un futuro?
Vorremmo
poter rispondere positivamente a queste domande, ma non possiamo. E non dipende
da noi. A ognuno di noi spetta però continuare a parlare, a scrivere, a lottare
come possiamo – come stiano facendo – per denunciare e combattere con tutte le
forze la triste ombra di Erode che si stende sul nostro mondo civilizzato.
*Editorialista
e scrittore. Pastorale della cultura dell’Arcidiocesi di Palermo.
Immagine: Guido Reni, La strage degli innocenti
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