PER ILLUDERSI
DI ESSERE
Galimberti, oggi per esistere
bisogna mettersi in mostra,
pubblicizzando la propria immagine,
ed è per questo che nella nostra società
è più complicato "essere" che
"apparire"
"Siamo infatti nelle
mani degli altri, al punto che il nostro pensare e il nostro sentire, la nostra
gioia e la nostra malinconia non dipendono più dai..."
Nella società odierna
l'apparenza sembra aver completamente preso il sopravvento sull'essenza
all'insegna di un'esistenza priva di significato in cui i più giovani stentano
a trovare una loro identità, omologandosi a stereotipi privi di senso,
determinando ciò sicuramente degli effetti deleteri nel loro processo evolutivo
di crescita.
Ed è proprio per tal
motivo che una ragazza di ventun anni, Chiara, si rivolge al filosofo,
saggista e psicoanalista Umberto Galimberti per trovare delle risposte ad
alcuni suoi interrogativi.
Le parole della ragazza
celano, in realtà, le difficoltà e le insicurezze dei giovanissimi alle prese
con un mondo che pretende di plasmare ogni soggetto a suo piacimento,
trasformandolo e facendolo diventare diverso da ciò che è realmente.
L'influenza che subiscono è così forte ed incontrollabile che inconsapevolmente
le nuove generazioni si comportano non come vorrebbero ma come la società
ritiene più corretto ed opportuno, sottostando a delle rigide regole che
presuppongono l'approvazione degli altri per poter sentirsi bene con se stessi,
mostrando la propria immagine o meglio la maschera che, giorno dopo giorno, si
finisce con l'indossare, dimenticando chi si è realmente.
In tale prospettiva il
confine è labile e si finisce col perdersi, non distinguendo più ciò che è
giusto da ciò che è sbagliato, i colori diventano sbiaditi e la confusione
predomina incontrastata, senza valori che svolgano una funzione guida.
Da ciò deriva la profonda
solitudine e tristezza che connota i più giovani, spesso disorientati ed
incapaci di scegliere consapevolmente e responsabilmente, insicuri e privi di
una personalità forte.
A tal fine Umberto
Galimberti coglie l'occasione per sottolineare come oggi sia più complicato
"essere" che "apparire" all'interno di una società in cui
l'uomo stesso si è degradato al livello di merce e perciò si può esistere solo
mettendosi in mostra, pubblicizzando la propria immagine.
Di conseguenza chi non si
espone, chi non si mette in mostra, non viene riconosciuto, quasi neppure ci si
accorge di quella persona.
"Siamo infatti nelle
mani degli altri, al punto che il nostro pensare e il nostro sentire, la nostra
gioia e la nostra malinconia non dipendono più dai moti della nostra anima che
abbiamo perso e probabilmente mai conosciuto, ma dal "mi piace" o
"non mi piace" espresso dagli altri, a cui ci siamo consegnati con la
nostra immagine, che, per non aver mai conosciuto noi stessi, è l'unica cosa
che possediamo e che vive solo nelle mani degli altri. Ci siamo espropriati e
alienati nel modo più radicale, perdendo ogni traccia di noi",
così sottolinea Galimberti.
Pur di metterci in mostra
abbiamo perso la nostra intimità, interiorità, essenza, il nostro pudore. La
spudoratezza diviene una virtù e viene meno la vergogna. Di intimo è rimasto
solo il dolore, la malattia, la povertà, che ciascuno cerca di nascondere per
non essere isolato dagli altri.
Ecco dunque l'importanza
per i giovani di riappropriarsi della loro identità, della loro essenza,
riscoprendo quei valori guida che indicano la strada giusta da percorrere per
non perdersi mai e che illuminano il cammino come un faro nella notte così da permettere
loro una crescita sana, all'insegna dell'essenza e non dell'apparenza.
Nessun commento:
Posta un commento