-IV Domenica di Pasqua - Anno B-
VANGELO
Commento di Luigi Verdi
In quel
tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita
per le pecore. Il mercenario vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge,
e il lupo le rapisce e le disperde; perché non gli importa delle pecore. Io
sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me e do
la mia vita per le pecore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia
vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me
stesso.
Stabilisce
confini oggi Gesù, delimita spazi di senso, posture esistenziali: di qua le
pecore di là i lupi, di qua i pastori di là i mercenari, come dire i guardiani
a pagamento.
O sei l’uno
o sei l’altro, senza compromessi, senza mezzi termini. Dall’appartenenza a uno
di questi campi scaturiscono le scelte, quelle autentiche, quelle che possono
costare la vita. Sei tra quelli che scappa a gambe levate lasciando le pecore
tra le mascelle del lupo, facendole sbranare perché tanto “che me ne importa?”.
O sei il
pastore che le difende, che si mette come scudo tra le sue pecore e il
pericolo, rischiando lui stesso e per primo il morso dei lupi? Mi domando
quanti tra tutti coloro che hanno compiti di guida siano disposti a tanto. Papa
Francesco direbbe: “Ci stai a tal punto con loro che ti porti addosso l’odore
delle pecore?” Che è come dire “sei indifferente o ti prendi davvero cura di
coloro che ti sono stati affidati?” E nel mondo di Dio, nel suo regno, ogni
fratello e sorella mi è affidato.
La differenza è tutta là, se me ne importa o
non me importa: e così scopriamo che, nel mondo di Dio, ognuno di noi è
importante, unico e insostituibile, proprio singolarmente, proprio io in quanto
io, Luigi; perché Lui, il pastore, sa anche il mio nome. E il tuo. Di me, di te
gli importa tanto da mettersi a correre se mi sperdo nei dirupi; di me, di te
non può fare a meno, non si consola con le altre novantanove: io gli manco.
“Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri” (Is 40,11):
più volte nella Bibbia ricorre questa immagine del pastore, ma oggi Gesù si
spinge oltre, fino al limite estremo, fino al “dare la vita”, ripetendolo allo
sfinimento. Buono e bello nella traduzione greca coincidono, si indicano con lo
stesso termine, kalòs: oggi allora, quando Gesù afferma “io sono il buon
pastore”, è come se ci dicesse anche “io sono il pastore bello” di quella
bellezza che ci fa venire i brividi, che ci lascia a bocca aperta e col fiato
mozzato; la bellezza del donarsi, la stessa di quando l’innamorato dona un
fiore alla sua amata, o di quando la mamma offre il seno al suo bambino.
Oggi ci
dice Gesù: “Ti dò tutto di me fino a confondermi con te, a scegliere di nascere
e morire, come te, per te”. Nel mondo di Dio la bellezza è questa, è un amore
esagerato per me, per te che altro non siamo che agnellini sul suo petto, ad
ascoltare il battito del suo cuore.
“Ecco io carezzo la vita, perché profuma di
Te” (Rumi): una vita sovrabbondante e inesauribile, la vita di Dio.
(Letture:
Atti degli Apostoli 4,8-12; Salmo 117; Prima Lettera di San Giovanni Apostolo
3,1-2; Giovanni 10,11-18)
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