Alla Gregoriana si apre il Simposio sugli abusi contro i minori. Intervista con don Di Noto
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Si apre oggi pomeriggio, alla Pontificia Università Gregoriana, il Simposio internazionale sulla questione degli abusi sessuali commessi dal clero. L’evento, intitolato, “Verso la guarigione e il rinnovamento”, riunirà fino al 9 febbraio vescovi e superiori religiosi di tutto il mondo e permetterà ai presenti di ascoltare anche la testimonianza di una vittima di abusi. Ad aprire i lavori, sarà il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Al microfono di Fabio Colagrande, interviene uno degli esperti invitati al Simposio, don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione “Meter”:
R. – Per me, e per Meter, è una grande opportunità per ascoltare e anche per confrontarci su un fenomeno seriamente globale, non certamente circoscritto alla sola esperienza ecclesiale. Ed è certamente un evento storico, e questo lo dobbiamo dire. Auspico non si riduca soltanto a una risposta della Chiesa “dentro” la Chiesa, ma che la Chiesa faccia diventare questa risposta una pastorale ordinaria di difesa dei diritti dei bambini in tutto il mondo.
D. – Un Simposio che punta sulla “guarigione”, come dice il titolo, ma anche sul rinnovamento, dunque sulla prevenzione, sulla formazione. Condivide questa impostazione?
R. – Sì, perché la guarigione non è altro che, da una parte, l’esperienza principale di una riconciliazione da parte dei soggetti che si sono macchiati di questi peccati e reati, e dall’altra la possibilità di dare una voce di speranza, una voce di certezza, e anche un po’ di luce alle vittime, poiché chi ha provocato questo ha veramente lacerato il loro cuore. La Chiesa, essendo madre, non può fare altro che dare una risposta da madre: quindi accogliere, proteggere, indicare, accudire e, dall’altra parte, sicuramente fornire strade nuove.
D. – Nella sua esperienza, cosa pensa anche dell’idea di dar voce alle vittime degli abusi, così come accadrà durante i giorni del Simposio?
R. – La voce delle vittime è la voce di Gesù Bambino vittima. Nel mio ultimo libro, uscito 20 giorni fa, edito da San Paolo, abbiamo dato voci a 14 vittime tra le migliaia che in 21 anni abbiamo seguito. Questo ha portato soltanto un bene: un bene alla stessa vittima, un bene anche a chi legge e a chi ascolta, perché si comprende la profondità del dramma e si comprende anche che in fondo le vittime non vogliono vendette, non vogliono mettere al bando la Chiesa o chi si è macchiato di questo reato, ma vogliono soltanto essere ascoltate, vogliono un percorso di giustizia, che sia una giustizia autentica, vera, coerente e non ipocrita. Vogliono semplicemente essere – ancora una volta – accolte per quanto riguarda la Chiesa nella Chiesa e per quanto riguarda la società nella società, affinché non si sentano vittime due volte, vittime anche di esclusione. E dovete credermi, le vittime non solo si ascoltano, ma si devono accompagnare per tutta la vita.
D. – Come sacerdote, psicologo, sessuologo, secondo lei, oggi come si attua una efficace prevenzione circa gli abusi sessuali all’interno della Chiesa?
R. – Anzitutto, credo che se pensiamo ai luoghi di formazione, non dobbiamo avere “numeri” di preti, ma dobbiamo avere preti secondo il cuore di Cristo. La formazione è fondamentale: una formazione chiara, che dia identità. E poi, far sì nella società che le comunità cristiane diventino sentinelle, diventino luoghi protettivi, diventino luoghi di percorsi educativi.
D. – Don Fortunato, come sa il vero scopo di questo Simposio è quello di far sì che la Chiesa diventi leader nella protezione dell’infanzia nel mondo: una sfida che, secondo lei, può essere vinta?
R. – Io credo che la Chiesa già sia leader nella protezione dell’infanzia: basti pensare alle tante opere che già esistono nel campo della tutela dei minori in tutte le parti del mondo, in tutti i continenti… La Chiesa non solo è leader, ma è all’avanguardia. Immaginate tutte le comunità sparse nei Paesi più poveri del mondo, dove la Chiesa è accanto a quei bambini che mangiano le briciole e neanche quelle: questo bisogna raccontarlo. Paolo VI lo diceva nel 1976: la Chiesa è per l’infanzia non come moda, ma come educazione permanente e quindi l’impegno deve essere permanente e presente. (mg)