“Sinodalità
e gerarchia
non sono
in competizione”
Parla il teologo che ha relazionato sulla sinodalità all’ultimo Consiglio dei Cardinali. L’importanza dell’ascolto.
L’atto sovversivo di mettersi in ascolto
di Cristo
-di
Andrea Gagliarducci
Mettersi
in ascolto prima di tutto. Comprendere che sinodalità e gerarchia non sono
in competizione, ma due realtà che in qualche modo si compensano e si aiutano. Lavorare
sulla collaborazione e sul dialogo, e non sulla polarizzazione. Il teologo
Piero Coda spiega così il senso della Chiesa sinodale voluta da Papa
Francesco.
Coda
è stato uno dei relatori dell’ultimo Consiglio dei Cardinali,
che si è tenuto lo scorso 15-16 aprile, e in particolare ha curato la
sessione in cui si è riflettuto sul sinodo in corso insieme al Cardinale Mario
Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi. Ma monsignor
Coda era anche il membro della sottocommissione della Commissione Teologica
Internazionale che
ha lavorato all’importante documento sulla sinodalità licenziato nel 2018,
i cui temi sono stati poi sviluppati nell’attuale sessione del Sinodo.
In
questa intervista con ACI Stampa, Monsignor Coda ha affrontato alcuni
dei temi di cui si è discusso al Consiglio dei Cardinali.
Quali
sono le priorità di una Chiesa sinodale e in che modo le ha descritte al
Consiglio dei Cardinali?
La
priorità o meglio la “conditio sine qua non” è l’ascolto di ciò che lo Spirito
Santo oggi dice alla Chiesa. Per testimoniare e annunciare il Vangelo di Gesù a
tutti, in tutti i contesti e in tutte le situazioni, in questo momento
drammatico e sfidante della storia. La promozione della figura e della dinamica
sinodale della Chiesa ha lo scopo di manifestarne e promuoverne in modo
credibile e incisivo la missione. Va privilegiato ciò che risulta più efficace
in ordine all’annuncio del Vangelo, trovando il coraggio di abbandonare ciò che
si rivela meno utile o persino di ostacolo.
In
che modo questo meccanismo aiuta?
È
questa spinta missionaria a garantire che il processo sinodale non si risolva
in un esercizio attraverso cui la Chiesa si guarda allo specchio e si preoccupa
dei propri equilibri, ma si proietta con slancio e amore verso l’umanità nella
responsabilità per la casa comune, chiedendo a ciascun membro del Popolo di Dio
di offrire il proprio insostituibile contributo. Tenendo conto – con maggiore
consapevolezza e determinazione di quanto si è fatto nella prima sessione della
XVI assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, lo scorso ottobre – che
l’impegno culturale, sociale, economico e politico è dimensione irrinunciabile
della missione del popolo di Dio, nella prospettiva disegnata nel Vaticano II
dalla Gaudium et spes e nel magistero sociale. In fondo, si
tratta di assumere l’impegno che San Giovanni Paolo II ci ha indicato come
decisivo, per la Chiesa, nell’affrontare il mare aperto del terzo millennio:
“duc in altum, prendi il largo”, impegno a cui Benedetto XVI c’invitava
descrivendo il ruolo dei cristiani nel mondo come “minoranza creativa”.
Il
documento della Commissione Teologica Internazionale del 2018 chiedeva anche
una riforma delle strutture della Chiesa. In che modo questa riforma può essere
applicata alla Curia romana?
Il
documento della CTI è un documento importante: non solo perché è il primo che
offre un quadro approfondito e articolato del “chi è?” e del “come va?” una
Chiesa sinodale, ma anche perché costituisce un punto di riferimento autorevole
per il processo sinodale in atto, come è emerso da più voci durante la
celebrazione della prima sessione. Circa la specifica domanda che mi pone c’è
da sottolineare che nel capitolo terzo, dedicato alla “attuazione della
sinodalità”, dopo aver descritto “la vocazione sinodale del popolo di Dio”, il
documento esamina l’esercizio della sinodalità rispettivamente nelle singole
Chiese particolari, nelle Chiese particolari a livello regionale e nella Chiesa
universale. E ciò in conformità alla tradizione maturata lungo i secoli sino a
giungere al Vaticano II.
Cosa
viene proposto?
In
tal modo viene proposta una recezione creativa di “ciò che è attualmente
previsto dall’ordinamento canonico per evidenziarne il significato e le
potenzialità e darvi nuovo impulso, discernendo al contempo le prospettive
teologiche di un suo pertinente sviluppo” (n. 71). L’assemblea del Sinodo dei
Vescovi, la cui seconda sessione sarà celebrata l’ottobre prossimo, si muove in
questa direzione. Tenendo conto del fatto che, nel frattempo, sono state
promulgate la Costituzione apostolica sul Sinodo dei Vescovi Episcopalis
communio, nel 2018, e la Costituzione apostolica sulla riforma della Curia
Romana Praedicate evangelium, nel 2022.
Città del Vaticano (ACI Stampa).
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