venerdì 26 aprile 2024

SINODALITA' e GERARCHIA


 Il teologo Coda:

 “Sinodalità 

e gerarchia 

non sono 

in competizione”



Parla il teologo che ha relazionato sulla sinodalità all’ultimo Consiglio dei Cardinali. L’importanza dell’ascolto. 

L’atto sovversivo di mettersi in ascolto di Cristo

-di Andrea Gagliarducci


Mettersi in ascolto prima di tutto. Comprendere che sinodalità e gerarchia non sono in competizione, ma due realtà che in qualche modo si compensano e si aiutano. Lavorare sulla collaborazione e sul dialogo, e non sulla polarizzazione. Il teologo Piero Coda spiega così il senso della Chiesa sinodale voluta da Papa Francesco.

Coda è stato uno dei relatori dell’ultimo Consiglio dei Cardinali, che si è tenuto lo scorso 15-16 aprile, e in particolare ha curato la sessione in cui si è riflettuto sul sinodo in corso insieme al Cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi. Ma monsignor Coda era anche il membro della sottocommissione della Commissione Teologica Internazionale che ha lavorato all’importante documento sulla sinodalità licenziato nel 2018, i cui temi sono stati poi sviluppati nell’attuale sessione del Sinodo.

In questa intervista con ACI Stampa, Monsignor Coda ha affrontato alcuni dei temi di cui si è discusso al Consiglio dei Cardinali.

Quali sono le priorità di una Chiesa sinodale e in che modo le ha descritte al Consiglio dei Cardinali?

La priorità o meglio la “conditio sine qua non” è l’ascolto di ciò che lo Spirito Santo oggi dice alla Chiesa. Per testimoniare e annunciare il Vangelo di Gesù a tutti, in tutti i contesti e in tutte le situazioni, in questo momento drammatico e sfidante della storia. La promozione della figura e della dinamica sinodale della Chiesa ha lo scopo di manifestarne e promuoverne in modo credibile e incisivo la missione. Va privilegiato ciò che risulta più efficace in ordine all’annuncio del Vangelo, trovando il coraggio di abbandonare ciò che si rivela meno utile o persino di ostacolo.

In che modo questo meccanismo aiuta?

È questa spinta missionaria a garantire che il processo sinodale non si risolva in un esercizio attraverso cui la Chiesa si guarda allo specchio e si preoccupa dei propri equilibri, ma si proietta con slancio e amore verso l’umanità nella responsabilità per la casa comune, chiedendo a ciascun membro del Popolo di Dio di offrire il proprio insostituibile contributo. Tenendo conto – con maggiore consapevolezza e determinazione di quanto si è fatto nella prima sessione della XVI assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, lo scorso ottobre – che l’impegno culturale, sociale, economico e politico è dimensione irrinunciabile della missione del popolo di Dio, nella prospettiva disegnata nel Vaticano II dalla Gaudium et spes e nel magistero sociale. In fondo, si tratta di assumere l’impegno che San Giovanni Paolo II ci ha indicato come decisivo, per la Chiesa, nell’affrontare il mare aperto del terzo millennio: “duc in altum, prendi il largo”, impegno a cui Benedetto XVI c’invitava descrivendo il ruolo dei cristiani nel mondo come “minoranza creativa”.

Il documento della Commissione Teologica Internazionale del 2018 chiedeva anche una riforma delle strutture della Chiesa. In che modo questa riforma può essere applicata alla Curia romana?

Il documento della CTI è un documento importante: non solo perché è il primo che offre un quadro approfondito e articolato del “chi è?” e del “come va?” una Chiesa sinodale, ma anche perché costituisce un punto di riferimento autorevole per il processo sinodale in atto, come è emerso da più voci durante la celebrazione della prima sessione. Circa la specifica domanda che mi pone c’è da sottolineare che nel capitolo terzo, dedicato alla “attuazione della sinodalità”, dopo aver descritto “la vocazione sinodale del popolo di Dio”, il documento esamina l’esercizio della sinodalità rispettivamente nelle singole Chiese particolari, nelle Chiese particolari a livello regionale e nella Chiesa universale. E ciò in conformità alla tradizione maturata lungo i secoli sino a giungere al Vaticano II.

Cosa viene proposto?

In tal modo viene proposta una recezione creativa di “ciò che è attualmente previsto dall’ordinamento canonico per evidenziarne il significato e le potenzialità e darvi nuovo impulso, discernendo al contempo le prospettive teologiche di un suo pertinente sviluppo” (n. 71). L’assemblea del Sinodo dei Vescovi, la cui seconda sessione sarà celebrata l’ottobre prossimo, si muove in questa direzione. Tenendo conto del fatto che, nel frattempo, sono state promulgate la Costituzione apostolica sul Sinodo dei Vescovi Episcopalis communio, nel 2018, e la Costituzione apostolica sulla riforma della Curia Romana Praedicate evangelium, nel 2022.

Città del Vaticano  (ACI Stampa).

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