sabato 30 marzo 2019

UN PADRE FANTASTICO E I DUE FIGLI DELUDENTI

 - Dal Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».


Commento: " La parabola del Padre buono e dei due figli deludenti descrive l’amore di Dio, gratuito al 100%.  Un papà della terra avrebbe impedito, scoraggiato o cercato di trattenere quel figlio, inizialmente “allegro” e spensierato, miserabile e funesto al suo ritorno. Dio, ricco in misericordia non è come un papà di questo mondo, è molto di più, infinitamente diverso da come ce lo immaginiamo.
Dio ci ama, non gli importa che gli voltiamo le spalle, e che al suo amore preferiamo un piatto di lenticchie: è un Padre che si trova a suo agio con chi gli permette di amare e desidera ed accetta il nostro amore solo quando esso è vero, libero, filiale. Allora sperimentiamo che Egli ci corre incontro, ci fa festa, e non guarda a spese!  San Francesco piangeva al pensiero e alla constatazione che “l’amore non è Amato”.
L’Amore non è amato quando provi invidia di qualcuno, quando ci sentiamo a posto e migliori degli altri, quando amiamo in cambio di qualcosa, quando diamo perché abbiamo prima ricevuto… quando al dialogo anteponiamo la scomunica, gli interessi e altro, quando forse piangiamo qualche lacrimuccia furtiva, vedendo immagini di sofferenza in TV ma ci guardiamo bene dal telefonare o bussare alla porta del vicino di casa per sapere come sta… l’Amore è molto di più.
Il figlio minore, dopo aver toccato il fondo, “rientrò in sé”. E prima dov’era? Evidentemente fuori di sé, in preda ai suoi impulsi e capricci adolescenziali. Questo generò la lontananza spensierata pima e alla fine, dopo terribili esperienze, la vergogna sul volto. Ma quando rientrò in sé riscoprì il volto vero di suo Padre e la festa del cuore. La gioia del Padre fu la sua forza



venerdì 29 marzo 2019

SEMPRE CARO MI FU QUEST'ERMO COLLE .......

 CONCORSO NAZIONALE
“Il mio Infinito”
Promosso in occasione del bicentenario della composizione
“L’Infinito” di Giacomo Leopardi
Premessa
 Nel 2019 ricorre il bicentenario della stesura de L’Infinito, la poesia simbolo di Giacomo Leopardi. Composta a Recanati nel 1819 dal poeta appena ventunenne, a due secoli dalla sua composizione, resta una delle metriche più attuali della letteratura italiana, che descrive in maniera vivida e potente la condizione umana, sospesa tra emozione e senso di inadeguatezza dinnanzi alla vastità dell’universo.
Oggi è una delle opere italiane più amate e studiate al mondo e, forse, anche una delle più vicine alla sensibilità delle giovani generazioni, grazie ad una energia senza tempo e alla forza delle sue immagini, lanciate verso spazi celesti, lo sterminato pulviscolo di astri e mondi in esso presenti, capaci di trasmettere una commovente sensazione di annichilimento e stupore.
Dunque, quella dei duecento anni de “L’Infinito” è una ricorrenza importante non soltanto per il valore letterario dei suoi versi immortali, ma soprattutto perché ci proietta in una dimensione straordinariamente “umana”, filosofica, che trasmette il rispetto per i limiti dell’essere umano e che rappresenta ancora tra i giovani studenti un punto di riferimento e una fonte di ispirazione unica per la loro crescita formativa.
Per celebrare questo tesoro della cultura italiana facendo comprendere alla comunità studentesca l’importanza delle tematiche contenute nei versi de “L’Infinito”, si ritiene opportuno avviare, in collaborazione con Casa Leopardi, il Concorso nazionale “Il mio Infinito”.

Art. 1  Finalità
 La finalità del concorso è di stimolare la riflessione critica, la creatività e l’espressività dei giovani studenti, attraverso un percorso nel quale saranno impegnati a cimentarsi con la “propria” visione di Infinito.
I contemporanei linguaggi multimediali e dell’illustrazione saranno gli strumenti creativi utilizzati dai partecipanti per condividere il racconto delle proprie suggestioni, delle proprie ispirazioni e della propria crescita formativa, ispirate dai versi del poeta di Recanati.
  
Art. 2  Destinatari
 Possono partecipare al Concorso tutti gli Istituti scolastici Primari e Secondari di I e II grado, statali e paritari, con studenti e/o studentesse in forma individuale o in gruppo, coordinati da un docente tutor.

Art. 3 -  Tipologia degli elaborati
 Gli studenti potranno partecipare producendo una delle seguenti tipologie di elaborato:
-        Video: elaborazione di un video della lunghezza massima di 2 minuti in formato .mp4;
-        Fotografia: elaborazione di una gallery composta da un numero minimo di tre fotografie fino a un numero massimo di dieci fotografie in formato .jpg o .jpeg;
-        Illustrazione: elaborato composto da una o più immagini in formato .jpg o .jpeg, strutturabile anche a fumetto.
-        Brano Musicale inedito di massimo 2 minuti.
-        Opera Artistica: elaborato composto da una o più immagini in formato .jpg di una scultura, dipinto o altra opera artistica.


Art.4 - Requisiti di ammissione
Saranno presi in esame e ammessi alla selezione gli elaborati che risulteranno idonei ai seguenti requisiti:
-        elaborati che non si avvalgono dell’utilizzo di immagini coperte da copyright altrui;
-        elaborati che non si avvalgono dell’utilizzo di immagini offensive, volgari, discriminatorie, che incitino o esaltino la violenza o qualsiasi altra immagine giudicata lesiva del comune sentimento della morale e del buon costume;
-        elaborati che non violino i diritti di proprietà intellettuale di terzi;
-        elaborati inviati entro il termine ultimo;
-        elaborati conformi al presente Regolamento in ogni sua parte.


Art. 5 - Iscrizione e termine di presentazione degli elaborati
 Gli Istituti scolastici che intendano partecipare potranno inoltrare la loro candidatura all’Ufficio Scolastico Regionale di appartenenza entro e non oltre il 25 marzo 2019, inviando la scheda tecnica allegata alla presente con la descrizione delle progettualità, accompagnata da video, foto o documenti su supporto digitale.  Ciascun Ufficio Scolastico Regionale è invitato a selezionare 5 lavori realizzati dalle scuole ed inviarli entro e non oltre il 24 aprile 2019 a:
 Art. 6 - Commissione esaminatrice
 La commissione esaminatrice sarà composta da rappresentanti dei soggetti promotori del concorso e potrà avvalersi del contributo di esperti di comprovata qualificazione. La commissione provvederà alla valutazione dei lavori pervenuti e all’individuazione dei relativi vincitori. Il giudizio della commissione è insindacabile.


Art. 7  - Valutazione e premiazione
 Le proposte saranno valutate sulla base della loro rispondenza agli obiettivi specificati nel presente regolamento, in considerazione delle seguenti caratteristiche:

  • coerenza con le finalità dell'iniziativa di cui all'art.1;
  • realizzazione tecnica degli elaborati;
  • capacità di trasmettere con originalità la propria visione della tematica del concorso;
  • creatività e forza espressiva dei contenuti del materiale presentato.

Per ogni grado di scuola – primaria e secondaria di I e II grado - sarà selezionato l’elaborato vincitore.
Una delegazione dei vincitori sarà invitata a partecipare alla cerimonia celebrativa, che si terrà il giorno 28 maggio (il numero “8” rappresenta il simbolo matematica dell’infinito in posizione rovesciata, mentre il numero “2” sta a significare la ricorrenza del bicentenario) a Recanati, presso Casa Leopardi, nel corso della giornata si svolgerà la lettura collettiva dei versi dell’Infinito, e si assisterà al maggior numero di persone intente contemporaneamente a recitare ad alta voce una poesia.
  
Art. 8 - Accettazione del regolamento
Il materiale in concorso non verrà restituito. Tutte le opere inviate resteranno a disposizione dei promotori dell’iniziativa. Il Ministero dell’Istruzione, previa comunicazione alle parti, si riserva la possibilità di un loro utilizzo a fini espositivi e/o per l’ideazione di campagne di comunicazione istituzionale del Dicastero. La partecipazione al Concorso è considerata quale accettazione integrale del presente Regolamento. 

giovedì 28 marzo 2019

E' NECESSARIO UN NUOVO PATTO TRA LE GENERAZIONI

È necessario uscire dalla trappola del futuro garantito, per riporre al centro un patto intergenerazionale alimentato dalla logica della promessa e dell’impegno.
«Le nuove generazioni ci spingono non solo a metterci in relazione, ma ci insegnano anche a relativizzarci, a considerarci non “possessori” della vita, ma “genitori” nel senso più ampio del termine. Ci spingono a essere persone capaci di lasciare spazio, capaci di consegnare»

di PIERPAOLO TRIANI*

Il rapporto tra le generazioni, con l’allungamento dell’età media della popolazione, risulta più esteso nel tempo (e perciò potenzialmente più intenso e ricco di scambi); ugualmente, con il rafforzarsi dell’individualismo, appare più frammentato e più sterile. Nuovi nodi strutturali stanno facendosi sempre più chiari: come fare in modo che i bisogni e i diritti delle persone di ogni generazione siano rispettati? Su quali aspetti è possibile intervenire affinché le generazioni più adulte, per la prima volta più numerose, non 'schiaccino' quelle giovani? Come evitare che le generazioni numericamente più 'forti' non danneggino quelle più 'deboli'? Come garantire lavoro per lungo tempo a tutti? Come riequilibrare un utilizzo scriteriato delle risorse del pianeta, tutto concentrato sui vantaggi immediati invece che alla sostenibilità sul lungo periodo?
La dinamica intergenerazionale comporta sempre una sorta di patto più o meno implicito, che regola i rapporti e gli scambi tra le generazioni, che può assumere forme diverse a seconda di che cosa si ponga al centro. È su questo aspetto che vi è bisogno di rinnovamento. Non basta preoccuparsi di lasciare in eredità 'sicurezze', abbiamo bisogno, come mondo adulto, di riscoprire la necessità di consegnare ai giovani delle buone ragioni per costruire, continuamente e incessantemente, una vita umana più giusta e solidale. Si tratta di riconoscere che il legame tra le generazioni continua a restare generativo quando non ha soltanto la forma della trasmissione di beni materiali, ma quando è animato dalla logica della promessa .
Promettere è affermare, con scelte concrete, che vale la pena impegnarsi. Ma per che cosa? Per quale presente e per quale futuro vogliamo nuovamente promettere e chiedere alle nuove generazioni di lasciarsi coinvolgere e portare le loro energie e risorse? Un patto intergenerazio-nale non può essere neutrale, ma richiede delle opzioni e delle linee di azione. Rilanciare l’impegno di un rapporto intergenerazionale più solidale e generativo comporta innanzitutto di operare sulle condizioni organizzative ed economiche della vita sociale. Occorrono nuove politiche per la famiglia e per il lavoro, ma anche una rinnovata attenzione alle reti sociali, al valore dei 'corpi intermedi', alla partecipazione. Tutto questo è necessario, ma non sufficiente se non è accompagnato da uno sforzo, propriamente educativo, che operi su alcuni aspetti culturali fondamentali.
Per uscire da uno sguardo chiuso abbiamo bisogno di un mondo adulto attento a trasmettere non soltanto la 'cura del sé', ma il senso del noi, l’attenzione e la passione per un bene più grande, per il bene di tutti. Si tratta al riguardo di aiutarci a guardare e interpretare la realtà non soltanto dal nostro punto di vista, o pensando semplicemente ai bisogni del proprio gruppo (che Mounier avrebbe chiamato di 'noialtri'), ma tenendo presente l’interdipendenza tra le parti. Si tratta al riguardo di scegliere di coltivare uno sguardo che considera le diverse generazioni (ma anche le diverse culture) unite da un destino comune; che riconosce il valore di ogni generazione, anche quelle più deboli e silenziose; si tratta, per riprendere papa Francesco, di accogliere e coltivare una dinamica sociale dove si cerca di far prevalere l’unità sul conflitto, e dove lo sguardo d’insieme è considerato necessario per valorizzare le singole parti.
L’assoluto affettivo, l’amore di sé inteso in modo narcisistico, ha notato Pierangelo Sequeri , ferma la storia. Per questo motivo rilanciare il patto tra le generazioni significa recuperare il senso di ciò che è prima di noi e di ciò che sarà; comporta lo scegliere di ricominciare
a far sentire le nuove generazioni dentro un cammino comune, un’avventura condivisa; il ritornare ad elaborare narrazioni capaci di far sentire le persone dentro una storia dove il bene interpella continuamente la responsabilità di ciascuno. Occorre 'pensare per generazioni', come ha evidenziato in un suo saggio Ivo Lizzola, che riprendendo l’idea dell’albero genealogico, osserva: «Senza alberi genealogici resta parziale e in un certo senso mutilata, la nostra coscienza del tempo e della storia, pregiudicando il delinearsi di una nostra responsabilità storica e di legami meno generici, meno manipolabili, meno asfittici. Il legame sociale non viene alimentato, e si costruisce solo sul presente, sugli interessi e gli scambi di oggi, sulle rappresentazioni e le ansie attuali: nel corto respiro di due, tre generazioni. Non si radica nell’intreccio di tanti alberi, che hanno fatto la vicenda della storia e delle storie, che si sono ramificati attraversando la storia e le storie locali» .
Un rapporto intergenerazionale promettente significa, inoltre, uscire - come avevano già ben indicato alcuni anni fa Benasayag e Schimt - da una narrazione che presenta il futuro solo come 'minaccia', come una realtà poco desiderabile. Occorre infatti innalzare gli sforzi per un’educazione che apra gli orizzonti della mente e del cuore delle persone, che parli del futuro come un insieme di possibilità non già predefinite, ma consegnate alla libertà, all’impegno, alla scelta responsabile. Alimentare il futuro comporta al riguardo l’aiutare le persone a prendere sul serio la ricerca del bene, del giusto, del vero, del bello, dell’amabile. Temi che possono erroneamente apparire fuori moda, ma che in realtà rappresentano il nucleo fondante della nostra umanità. Un nuovo patto intergenerazionale chiede di scegliere la generatività come 'cifra' della vita adulta e come dinamica di fondo dei legami tra le generazioni. Quattro, ci ricordano Magatti e Giaccardi, sono i verbi che fondano la logica generativa umana: desiderare, mettere al mondo, prendersi cura, lasciare andare. È su quest’ultimo, in conclusione, che vorrei soffermarmi un momento: «Il lasciar andare dice insieme che siamo stati insostituibili e che non siamo indispensabili. Consente di procedere oltre quello che abbiamo costruito, e di progredire in un modo che è per noi inaspettato. Perché così il mondo si rifà sempre nuovo, anziché ripetersi a immagine e somiglianza dei nostri limiti e dei nostri schemi». Avere uno sguardo realmente intergenerazionale significa riconoscere che abbiamo bisogno di imparare continuamente a non pensarci 'per sempre' e 'indispensabili'; in questo aspetto il ruolo delle nuove generazioni è fondamentale. Ci spingono non solo a metterci in relazione, ma ci insegnano anche a relativizzarci, a considerarci non 'possessori' della vita, ma appunto dei 'genitori' nel senso più ampio del termine. Ci spingono ad essere persone capaci anche di lasciare spazio; capaci di consegnare.


*Docente di Pedagogia -Università Cattolica Sacro Cuore

Articolo pubblicato in "Dialoghi", trimestrale dell'Azione Cattolica

www.Avvenire.it  


martedì 26 marzo 2019

DIRIGENTI SCOLASTICI E SICUREZZA DELLE SCUOLE


La Flc CGIL, CISL Scuola e UIL Scuola RUA, hanno presentato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, per ottenere l’annullamento dell’art. 39 c. 2 del D.I. 129/2018 riguardante la manutenzione degli edifici scolastici. Ai fini dell’emissione di un provvedimento cautelare il ricorso è stato depositato anche al Consiglio di Stato. 
Il testo contestato recita: “anche al di fuori delle ipotesi di cui al comma precedente (delega dell’ente territoriale), le istituzioni scolastiche possono procedere all'affidamento di interventi, indifferibili ed urgenti, di piccola manutenzione e riparazione degli edifici scolastici e delle loro pertinenze, nella misura strettamente necessaria a garantire lo svolgimento delle attività didattiche. In tali casi, le istituzioni scolastiche anticipano i fondi necessari all'esecuzione degli interventi, dandone immediata comunicazione all'ente locale competente, ai fini del rimborso”. 
Le OO.SS. hanno avversato questa formulazione che attribuisce alle istituzioni scolastiche la facoltà di attivare interventi di piccola manutenzione senza il preventivo consenso dell’Ente territoriale competente, condizione richiamata invece dal comma 1 del medesimo art. 39 del nuovo Regolamento di contabilità. In tal modo si attribuisce al Dirigente scolastico una potestà che non è contemplata da alcuna norma. Anzi, si estendono le competenze del Ds ben oltre quanto stabilito dalla legge 23/1996, che prevede esplicitamente la necessità di una delega degli Enti territoriali perché le scuole possano esercitare le funzioni relative alla manutenzione ordinaria. Inoltre, la stessa legge richiede che gli Enti proprietari stanzino le necessarie risorse. 
Le responsabilità dei Dirigenti in materia di sicurezza degli edifici scolastici sono già abnormi e certo non si sentiva la necessità di ulteriori estensioni di compiti e relativi adempimenti e contenziosi. Sarebbe stato piuttosto urgente intervenire affinché gli Enti proprietari adempissero effettivamente ai compiti di manutenzione ed intervento edilizio loro affidati.

Ceripnews




lunedì 25 marzo 2019

UE. COMPETENZE CHIAVE PER L'APPRENDIMENTO PERMANENTE

Lo scorso anno (22 maggio 2018), il Consiglio dell’Unione Europea ha diffuso la nuova “Raccomandazione del Consiglio relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente”.
Ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro.
Ogni persona ha diritto a un’assistenza tempestiva e su misura per migliorare le prospettive di occupazione o di attività autonoma. Ciò include il diritto a ricevere un sostegno per la ricerca di un impiego, la formazione e la riqualificazione.
Questi principi sono definiti nel pilastro europeo dei diritti sociali.
In un mondo in rapido cambiamento ed estremamente interconnesso ogni persona avrà la necessità di possedere un ampio spettro di abilità e competenze e dovrà svilupparle ininterrottamente nel corso della vita. Le competenze chiave, come definite nel quadro di riferimento, intendono porre le basi per creare società più uguali e più democratiche. Soddisfano la necessità di una crescita inclusiva e sostenibile, di coesione sociale e di ulteriore sviluppo della cultura democratica.
I principali scopi del quadro di riferimento sono:
a)  individuare e definire le competenze chiave necessarie per l’occupabilità, la realizzazione personale e la salute, la cittadinanza attiva e responsabile e l’inclusione sociale;
b)  fornire uno strumento di riferimento europeo al servizio dei decisori politici, dei fornitori di istruzione e formazione, del personale didattico, degli specialisti dell’orientamentodei datori di lavoro, dei servizi pubblici per l’impiego e dei discenti stessi;
c) prestare sostegno agli sforzi compiuti a livello europeo, nazionale, regionale e locale, volti a promuovere lo sviluppo delle competenze in una prospettiva di apprendimento permanente.
Il quadro di riferimento delinea otto tipi di competenze chiave:
  • competenza alfabetica funzionale;
  • competenza multilinguistica;
  • competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria;
  • competenza digitale;
  • competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare;
  • competenza in materia di cittadinanza;
  • competenza imprenditoriale;
  • competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.
Competenza digitale
La competenza digitale presuppone l’interesse per le tecnologie digitali e il loro utilizzo con dimestichezza e spirito critico e responsabile per apprendere, lavorare e partecipare alla società. Essa comprende l’alfabetizzazione informatica e digitale, la comunicazione e la collaborazione, l’alfabetizzazione mediaticala creazione di contenuti digitali (inclusa la programmazione), la sicurezza (compreso l’essere a proprio agio nel mondo digitale e possedere competenze relative alla cibersicurezza), le questioni legate alla proprietà intellettuale, la risoluzione di problemi e il pensiero critico.
Conoscenze, abilità e atteggiamenti essenziali legati a tale competenza
Le persone dovrebbero comprendere in che modo le tecnologie digitali possono essere di aiuto alla comunicazione, alla creatività e all’innovazione, pur nella consapevolezza di quanto ne consegue in termini di opportunità, limiti, effetti e rischi. Dovrebbero comprendere i principi generali, i meccanismi e la logica che sottendono alle tecnologie digitali in evoluzione, oltre a conoscere il funzionamento e l’utilizzo di base di diversi dispositivi, software e reti. Le persone dovrebbero assumere un approccio critico nei confronti della validità, dell’affidabilità e dell’impatto delle informazioni e dei dati resi disponibili con strumenti digitali ed essere consapevoli dei principi etici e legali chiamati in causa con l’utilizzo delle tecnologie digitali.
Le persone dovrebbero essere in grado di utilizzare le tecnologie digitali come ausilio per la cittadinanza attiva e l’inclusione sociale, la collaborazione con gli altri e la creatività nel raggiungimento di obiettivi personali, sociali o commerciali. Le abilità comprendono la capacità di utilizzare, accedere a, filtrare, valutare, creare, programmare e condividere contenuti digitali. Le persone dovrebbero essere in grado di gestire e proteggere informazioni, contenuti, dati e identità digitali, oltre a riconoscere software, dispositivi, intelligenza artificiale o robot e interagire efficacemente con essi.
Interagire con tecnologie e contenuti digitali presuppone un atteggiamento riflessivo e critico, ma anche improntato alla curiosità, aperto e interessato al futuro della loro evoluzione. Impone anche un approccio etico, sicuro e responsabile all’utilizzo di tali strumenti.

da Orizzontescuola




A PROPOSITO DI GENDER: IL SESSO NON E' UNA SCELTA SOGGETTIVA

L’intervento dell’osservatore vaticano Auza all’Onu di New York: «Preoccupati dall’insegnamento di ideologie ai bambini», ma «no a discriminazioni». 
Nei giorni scorsi polemiche per una presunta apertura del Vaticano al farmaco blocca pubertà

di Salvatore Cernuzio

Un pericolo, una minaccia per il futuro - soprattutto dei bambini -, un passo indietro per l’umanità. Con esplicita durezza la Santa Sede interviene, tramite l’arcivescovo filippino Bernardito Auza osservatore all’Onu di New York, contro l’ideologia gender, teoria per cui non esisterebbe alcuna differenza tra uomini e donne e il proprio sesso si può scegliere e variare a proprio piacimento.
Un argomento controverso che, ormai da anni, accende dibattiti a livello politico ed ecclesiale tra chi afferma che tale ideologia neppure esista e che sia un’invenzione di frange conservatrici della Chiesa, e le ampie porzioni di cattolici impegnati nel dibattito pubblico che intravedono invece in tale fenomeno un progetto predefinito mirante alla distruzione della «famiglia tradizionale» e dell’«ordine naturale» su cui fondare la società e il suo avvenire, e che cercano pertanto di contrastarne le insinuazioni specie nei programmi educativi scolastici.
Il Papa in più di un’occasione era intervenuto sulla questione gender, pronunciando esplicitamente il termine e stigmatizzandolo come «colonizzazione ideologica». E in più di un’occasione anche monsignor Bernardito Auza aveva affrontato - en passant - il tema nei suoi discorsi al Palazzo di Vetro. Quello pronunciato martedì 20 marzo - e riportato ampiamente dal sito Vatican News - è stato invece un focus approfondito che ha reso più evidente il punto di vista della Santa Sede a riguardo. In esso l’arcivescovo ha espresso «preoccupazione per l’insegnamento dell’ideologia gender ai bambini, in modo che i ragazzi e le ragazze siano incoraggiati a mettere in discussione, fin dalla più tenera età della loro esistenza, se sono maschi o femmine suggerendo che il sesso ognuno lo può scegliere», ma ha ribadito al contempo con forza «la dignità e il diritto a non essere discriminati di quanti non si sentono rappresentati dal loro sesso biologico».
Parole forti che giungono a poche settimane dalle polemiche, fiorite e circoscritte ai consueti circoli cattolici ultraconservatori in opposizione al pontificato di Francesco, su una presunta “apertura” della Santa Sede alla triptorelina, farmaco che blocca lo sviluppo della pubertà negli adolescenti che vivono il disagio della «disforia di genere». “Apertura” data da una intervista della professoressa Laura Palazzani, membro della Pontificia Accademia per la Vita, che esprimeva sui media vaticani un parere moderato sul farmaco e la sua somministrazione, ma che secondo tali circuli minores di detrattori è da considerare un vero e proprio «tradimento» del Pontefice.
Polemiche a parte, l’arcivescovo Auza - prendendo la parola all’incontro in questione dal titolo “Uguaglianza di genere e ideologia gender: proteggere le donne e le ragazze”, promosso dall’Onu per fare il punto sulla condizione femminile nel mondo e sui loro diritti - ha voluto ripercorrere quasi cronologicamente i pronunciamenti di Jorge Mario Bergoglio sulla questione. A cominciare dalla esortazione post-sinodale Amoris laetitia, che al paragrafo 56, afferma che l’ideologia gender, negando «la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna», prospetta «una società senza differenze di sesso e svuota la base antropologica della famiglia». 
«Questa ideologia - si legge ancora nel testo papale citato dal delegato vaticano - induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina... È inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini». 
«Non si deve ignorare che sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare», ha sottolineato il prelato sulla scia delle parole del Papa. «D’altra parte, la rivoluzione biotecnologica nel campo della procreazione umana ha introdotto la possibilità di manipolare l’atto generativo, rendendolo indipendente dalla relazione sessuale tra uomo e donna. In questo modo, la vita umana e la genitorialità sono divenute realtà componibili e scomponibili, soggette prevalentemente ai desideri di singoli o di coppie». 
Aula ha ricordato come un tempo era «chiara» la comprensione di cosa significasse essere uomo o donna: era una questione di cromosomi. «Oggi tale chiarezza è stata scalfita dalla ideologia gender che ipotizza un’identità personale svincolata dal sesso». «Una cosa è comprendere la fragilità umana o la complessità della vita, altra cosa è accettare ideologie che pretendono di dividere in due gli aspetti inseparabili della realtà», ha sottolineato l’arcivescovo. Sostituire questa identità di genere al sesso biologico - ha aggiunto - ha forti ricadute «non solo in termini di diritto, educazione, economia, salute, sicurezza, sport, lingua e cultura», ma anche «in termini di antropologia, dignità umana, diritti umani, matrimonio e famiglia, maternità e paternità» nonché sulle sorti stesse delle donne, degli uomini e «soprattutto dei bambini». 
Il rappresentante vaticano ha poi citato l’enciclica Laudato si’, che, al paragrafo 155, afferma che l’accettazione del proprio corpo «è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono», mentre “una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato». «Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana», scriveva il Pontefice nella sua enciclica “verde”. «Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé… Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».
Gli stessi concetti Bergoglio li aveva ripetuti a voce ai vescovi di Porto Rico incontrati nel giugno 2015, evidenziando che la complementarietà dell’uomo e della donna «è messa in discussione dalla cosiddetta ideologia di genere in nome di una società più libera e giusta. Le differenze tra uomo e donna non sono per l’opposizione o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione».
«Quando si mette in discussione la dualità naturale e complementare dell’uomo e della donna - ha osservato da parte sua monsignor Auza - la nozione stessa di essere umano viene minata. Il corpo non è più un elemento caratterizzante dell’umanità. La persona è ridotta a spirito e volontà e l’essere umano diventa quasi un’astrazione». 
Il rappresentante vaticano ha inoltre lanciato l’allarme per l’insegnamento dell’ideologia gender ai bambini, in modo che i ragazzi e le ragazze siano incoraggiati a mettere in discussione, fin dalla più tenera età della loro esistenza, se sono maschi o femmine suggerendo che «il sesso ognuno lo può scegliere». «Perché insegnano questo?», ha domandato citando ancora il Papa nel discorso a Cracovia ai vescovi polacchi nel 2016, «perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti».
Il prelato ha concluso il suo intervento esortando a «custodire la nostra umanità», che «significa anzitutto accettarla e rispettarla come è stata creata». Il nostro sesso, così come i nostri geni e altre caratteristiche naturali - ha detto - «sono dati oggettivi, non scelte soggettive».





sabato 23 marzo 2019

"LASCIA IL FICO PER UN ALTRO ANNO!" - Vangelo di domenica

- Lc 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2 Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3 No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4 O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5 No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».6 Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7 Allora disse al vignaiolo: «Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?». 8 Ma quello gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai»».


Commento di p. Enzo Bianchi

Dopo le prime due domeniche di Quaresima, che fanno sempre memoria delle tentazioni di Gesù nel deserto e della sua trasfigurazione sul monte, la chiesa ci fa percorrere un itinerario diverso in ogni ciclo. Quest’anno (ciclo C), seguendo il vangelo secondo Luca, il tema dominante nei brani evangelici è quello della misericordia-conversione, cammino da rinnovarsi soprattutto nel tempo di preparazione alla Pasqua.

Questa pagina contiene due messaggi: il primo sulla conversione, il secondo sulla misericordia di Dio. Gli ascoltatori di Gesù sono stati raggiunti da una notizia di cronaca, relativa a una strage avvenuta in Galilea: mentre venivano offerti sacrifici per chiedere a Dio aiuto e protezione, la polizia del governatore Pilato aveva compiuto un eccidio, mescolando il sangue delle vittime offerte con quello degli offerenti. I presenti vogliono che Gesù si esprima sull’oppressivo e persecutorio dominio romano, sulla situazione di quei galilei forse rivoluzionari, sulla colpevolezza di quei loro concittadini che erano stati massacrati tragicamente. La mentalità corrente, infatti, considerava ogni disgrazia avvenuta come castigo per una colpa commessa.

Ma Gesù, che dà un giudizio negativo sui dominatori di questo mondo – i quali opprimono, dominano e si fanno chiamare benefattori (cf. Lc 22,25 e par.) –, risponde coinvolgendo l’uditorio su un altro piano, indicando come decisiva non la morte fisica ma l’ora escatologica. Dice infatti: “Credete che quei galilei fossero più peccatori di tutti i galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. Egli replica sul piano della fede e della conoscenza di Dio. È come se dicesse: “Voi pensate che il peccato commesso dall’uomo scateni automaticamente il castigo da parte di Dio, ma non è così. In tal modo date a Dio un volto perverso!”. Gesù, infatti, sa che ogni essere umano è abitato in profondità da un ancestrale senso di colpa, che emerge prepotentemente ogni volta che accade una disgrazia o appare la forza del male. Quando ci arriva una malattia, quando ci capita un fatto doloroso, subito ci poniamo la domanda: “Ma cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”. È radicata in noi la dinamica ben espressa dal titolo del celebre romanzo di Fëdor Dostoevskij, “delitto e castigo”: dove c’è il delitto, il peccato, deve giungere il castigo, la pena, pensiamo…

Gesù vuole distruggere questa immagine del Dio che castiga, tanto cara agli uomini religiosi di ogni tempo, in Israele come nella chiesa. Per farlo, menziona lui stesso un altro fatto di cronaca, non dovuto alla violenza e alla responsabilità umana, ma accaduto per caso, e lo accompagna con il medesimo commento: “Quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. Qual è dunque il cammino indicato da Gesù? Innanzitutto egli ci insegna ad avere uno sguardo diverso sulla vita: ogni vita è precaria, è contraddetta dalla violenza, dal male, dalla morte. Dietro a questi eventi non bisogna vedere Dio come castigatore e giudice – perché Dio potrà eventualmente fare questo solo nel giudizio finale, quando saremo passati attraverso la morte – ma discernere le nostre fragilità, i nostri errori inevitabili, la precarietà della vita. Nessuno è tanto peccatore da meritare tali disgrazie inviate da Dio, il quale non è uno spione in attesa di vedere il nostro peccato per castigarci! Tra peccato commesso e responsabilità nella colpa c’è però una relazione che sarà manifestata nel giudizio finale.

Quelle uccisioni e quelle morti sono comunque un segno di un’altra morte possibile, che attende chi non si converte, perché chi continua a fare il male cammina su una strada mortifera e, di conseguenza, si procura da solo il male che incontrerà già qui sulla terra e poi nel giudizio ultimo di Dio. Oltre la morte biologica del corpo, che ci può sempre sorprendere, c’è un’altra perdizione, eterna, provocata dal male che scegliamo di compiere nella nostra vita. Gesù, come profeta, non fornisce dunque una spiegazione teologica al male ma invita alla conversione. Non si dimentichino i significati di questa parola. Secondo l’Antico Testamento convertirsi (shuv/teshuvah) significa “tornare”, cioè ritornare al Signore, ritornare alla legge infranta, per rinnovare l’alleanza con Dio. Il cammino richiesto riguarda la mente e l’agire e si manifesta anche come pentimento/penitenza nel tempo presente, ultimo spazio prima del giudizio. Per questo Gesù ha predicato: “Convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15; cf. Mt 4,17), ovvero “convertitevi credendo e credendo convertitevi”. Gesù è un profeta e, come tale, sa che gli umani sono peccatori, commettono il male; per questo chiede loro di aderire alla buona notizia del Vangelo e di accogliere la misericordia di Dio che va loro incontro, offrendo il perdono.

E affinché i suoi ascoltatori comprendano la novità portata dal Vangelo, Gesù racconta loro una bellissima parabola. Un uomo ha piantato con fatica un fico nella propria vigna e con tanta fiducia ogni estate viene e cercare i suoi frutti ma non ne trova, perché quell’albero pare sterile. Spinto da quella delusione ripetutasi per ben tre anni, pensa dunque di tagliare il fico, per piantarne un altro. Chiama allora il contadino che sta nella vigna e gli esprime la sua frustrazione, intimandogli di tagliare l’albero: perché deve sfruttare inutilmente il terreno e rubare il nutrimento ad altre piante? Tutti noi comprendiamo questa decisione del padrone della vigna, ispirata dal nostro concetto di giustizia retributiva e meritocratica: non si paga chi non dà frutto, mentre gli altri si pagano proporzionalmente al frutto che ciascuno dà!

Ma il contadino, che lavora quella terra, ama ciò che ha piantato, sarchiato, innaffiato e concimato. Il vignaiolo, si sa, ama la vigna come una sposa; per questo osa intercedere presso il padrone: “Signore (Kýrie), lascia il fico per un altro anno, perché io possa ancora sarchiarlo e concimarlo, con una cura più attenta e delicata. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, tu lo taglierai!”. Straordinario l’amore del vignaiolo per il fico: ha pazienza, sa aspettare, gli dedica il suo tempo e il suo lavoro. Promette al padrone di prendersi particolare cura di quell’albero infelice; in ogni caso, lui non lo taglierà, ma lo lascerà tagliare al padrone, se vorrà: “Tu lo taglierai, non io!”. Questo “tu lo taglierai” è un’ulteriore intercessione, che equivale a dire: “Io sono pronto ad aspettare ancora e ancora che esso dia frutto”. Qui stanno l’una di fronte all’altra la giustizia umana retributiva e la giustizia di Dio, che non solo contiene in sé la misericordia, ma è sempre misericordia, pazienza, attesa, sentire in grande (makrothymía). Il contadino accorda la fiducia, sa aspettare i tempi degli altri.

Questo contadino è Gesù, venuto nella vigna (cf. Lc 20,13 e par.) di Israele vangata, liberata dai sassi, piantata da Dio come vite eccellente: “e Dio aspettò che producesse uva” (Is 5,2)… Sì, è venuto il Figlio di Dio nella vigna, si è fatto vignaiolo tra gli altri vignaioli, ha amato veramente la vigna e se n’è preso cura, innalzando per lei intercessioni in ogni situazione, ponendosi tra la vigna-Israele e il Dio vivente, facendo un passo, compromettendo se stesso nella cura della vigna, aumentando il suo lavoro e la sua fatica per amore della vigna, facendo tutto il possibile perché dia frutto e viva. È stando “in medio vineae”, in mezzo alla vigna, che dice a Dio: “Lasciala, lasciala ancora, attendi i suoi frutti; io, intanto, me ne assumo la cura, che è responsabilità!”. Così la vigna-Israele e la vigna-chiesa, a volte colpite dalla sterilità, sono conservate anche quando non danno i frutti sperati da Dio, perché Gesù il Messia è il vignaiolo in mezzo a loro (cf. Gv 15,1-8), è il loro sposo (cf. Lc 5,34-35 e par.) e sa attendere con quell’attesa che è la “pazienza di Cristo” (2Ts 3,5).

Giovanni il Battista aveva predicato: “Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco” (Lc 3,9Mt 3,10). Ciò avverrà alla fine dei tempi, nel giorno del giudizio, ma ora, nel frattempo, Gesù continua a dire a Dio: “Abbi pazienza, abbi misericordia, aspetta ancora a sradicare il fico. Io lavorerò e farò tutto il possibile perché esso porti frutto”. Attenzione però: il frattempo termina per ciascuno di noi con la morte.

Fonte: Monastero di Bose

INNOVAZIONE, FORMAZIONE, SOLIDARIETÀ' . TRE INGREDIENTI PER IL FUTURO

La visita del premier cinese Xi Jinping a Roma non ha solo reso più difficile il traffico della capitale ma anche monopolizzato il dibattito economico di questi giorni attorno ai vantaggi e svantaggi di un accordo con la Cina. Se a oggi esiste solo un memorandum d’intenti i cui contenuti non sono ancora noti al Parlamento, i nodi della questione ruotano, come è ovvio, attorno alle condizioni di reciprocità tra i due partner (difficili da negoziare con un gigante come quello cinese e, a oggi, sbilanciate a vantaggio della potenza asiatica in molti settori) nonché agli accordi relativi alle infrastrutture fisiche e virtuali strategiche per il Paese (come i porti e il 5G, la tecnologia di ultima generazione per i cellulari). Le opportunità potenziali sono evidentemente notevoli ma l’attenzione e la cautela devono essere massime.
Il futuro della nostra economia dipende, però, solo in piccola parte dalla notizia del giorno e non pare a oggi particolarmente roseo. Fa impressione vedere scivolare nelle classifiche delle previsioni di crescita economica per il 2019 l’Italia all’ultimo posto tra i 28 dell’Unione Europea e tra gli unici tre col segno meno (insieme ad Argentina e Turchia) nel più vasto club dei paesi dell’Ocse. Questi dati dimostrano che l’alibi del nemico esterno non regge. Dare la colpa all’Europa o all’euro non spiega perché Paesi come Spagna, Portogallo e persino Grecia in questo momento fanno o faranno nelle previsioni meglio di noi. Essendo parte dell’Eurozona siamo probabilmente finiti in una classe difficile con un’insegnante di cui non approviamo tutti i comportamenti, ma questo non giustifica il fatto che siamo gli ultimi della classe perché le stesse regole valgono per i nostri compagni di viaggio.
La radice fondamentale del nostro problema è probabilmente in una .....


IL DIROMPENTE VALORE DEL CAPITALE UMANO


“ A chi sa vedere il futuro e non si limita a guardare il presente”

Il “dirompente valore del capitale umano” è un saggio “umano” che tratta di filosofia, antropologia, sociologia, formazione, economia e imprenditorialità, con la capacità di parlare dell’uomo, nella fase produttiva della sua vita, come di un “portatore sano” di valore aggiunto nei contesti formativi, sociali e aziendali.
Nella realtà globalizzata di oggi la domanda diventa: “ Come possiamo raggiungere livelli elevati ed efficaci …. Con quali competenze? Quali caratteristiche personali, intellettuali? Quali percorsi formativi opportuni per stare al passo coi tempi e guardare oltre l’orizzonte? …”
Dunque, l’uomo non come mezzo, ma come persona pensante propositiva e unica grazie al suo “dirompente valore”.
In quest’ottica la competenza  viene vista, valorizzata ed implementata come applicazione costante delle abilità di ciascuna persona.
Valorizzare il capitale umano non significa, infatti, considerare le persone  al pari di un numero da inserire all’interno di una organizzazione,  di una istituzione o di un bilancio. Significa scoprire e valorizzare idoneamente ogni risorsa.  Significa elevare le doti che ogni persona possiede sotto forma di competenze, aiutando ciascuno a svolgere al meglio il ruolo occupato all'interno dell’organizzazione, nel rispetto degli obiettivi che questa si pone. Significa creare reti di cooperazione, di condivisione che garantiscano armonia ed efficacia all'organizzazione.
Armonizzare le logiche organizzative con le competenze delle persone è una caratteristica, oltre che una necessità, per raggiungere obiettivi elevati e rendere un buon servizio alla società e alla stessa organizzazione in cui si opera.
L’uomo non un semplice “lavoratore”, ma una persona che ha valore, titolare di dignità.

A.Di Martino e G. Fischietti, IL DIROMPENTE VALORE DEL CAPITALE UMANO, Secop Edizioni, 2018, pagg. 134, € 15




venerdì 22 marzo 2019

L'ACQUA, UN BENE DA SALVAGUARDARE, DA GARANTIRE A TUTTI

Nel messaggio per l’odierna Giornata mondiale dell’acqua, Francesco ribadisce che l’accesso a questo bene è un diritto umano fondamentale che deve essere rispettato perché sono in gioco la vita e la dignità delle persone

L'acqua è un bene essenziale per l'equilibrio degli ecosistemi e per la sopravvivenza umana ed è necessario gestirla e prendersene cura in modo che non sia contaminata o persa. È quanto sottolinea il Papa nel messaggio per l’odierna Giornata mondiale dell’acqua incentrata sul tema “Acqua per tutti: non lasciare nessun indietro” e indetta dalle Nazioni Unite. In occasione di questa giornata, il Pontefice ha anche scritto un tweet: “Ringraziamo Dio per sorella acqua, elemento tanto semplice e prezioso, e impegniamoci perché sia accessibile a tutti”.
Ingiustizie da sanare
L'aridità del pianeta, osserva il Santo Padre nel messaggio, si estende a nuove regioni e le popolazioni di queste terre soffrono sempre di più a causa della mancanza di fonti d'acqua adatte al consumo. Non lasciare nessuno indietro, scrive Francesco, significa impegnarsi per porre fine a questa ingiustizia. Il lavoro congiunto, spiega il Papa, è essenziale per sradicare questo male che flagella così tanti nostri fratelli e sorelle. Si devono unire gli sforzi nella ricerca del bene comune, vedendo nell’altro un volto concreto. Solo attraverso questo sforzo, si legge nel messaggio, le misure adottate avranno il sapore dell'incontro e la capacità di rispondere a un'ingiustizia che deve essere sanata.
Educare le nuove generazioni
Non lasciare nessuno dietro, aggiunge il Papa, significa anche essere consapevoli della necessità di rispondere con fatti concreti: non solo attraverso il mantenimento o il miglioramento delle strutture idriche, ma anche investendo nel futuro, educando le nuove generazioni ad utilizzare e ad avere cura dell'acqua. Questa presa di coscienza, sottolinea Francesco, è una priorità in un mondo in cui tutto viene scartato e disprezzato e che, in molti casi, non comprende l'importanza delle risorse a nostra disposizione.
Sfida educativa
Le nuove generazioni sono chiamate - insieme a tutti gli abitanti del pianeta - a valorizzare e a difendere questo bene. È un compito, sottolinea Francesco, che inizia con la consapevolezza di quelle persone che subiscono le inevitabili conseguenze dei cambiamenti climatici e di tutti coloro che sono vittime di una o più forme di sfruttamento e contaminazione delle acque. Questa sfida educativa, scrive il Papa, genererà una nuova visione di questo bene, formando generazioni che valorizzano e amano le risorse della Terra.
Artefici del futuro
Siamo tutti artefici del futuro e la comunità internazionale, conclude il Papa, sta già investendo nel domani del nostro pianeta. È necessario sviluppare piani di finanziamento come anche progetti idrici a lungo raggio. Questa fermezza porterà a superare la visione di trasformare l'acqua in una mera merce, regolata esclusivamente dalle leggi del mercato.

da VATICAN NEWS





AIMC - NOTES 6/2019


Leggi: AIMC NOTES 6

mercoledì 20 marzo 2019

WEB E VIDEOGAME POSSONO ESSERE UNA RISORSA

L’antropologa dei media Mizuko Ito racconta le potenzialità dell’“apprendimento connesso”: «Un buon uso delle risorse online può diventare un vero volano per le capacità dei ragazzi, crea comunità, valorizza competenze».



«La scuola può dare spazio ai reali interessi degli studenti e farne una leva di apprendimento.
 I pericoli della tecnologia sono in agguato in assenza di relazioni positive con gli adulti”


di STEFANIA GARASSINI

Forse non siamo molto abituati a vederla così, ma in realtà gli adolescenti iperconnessi di oggi vivono come se fossero costantemente immersi in un’enorme biblioteca, dove trova spazio ogni possibile argomento, materia di studio o semplice passatempo. Certo, non tutto è edificante, ma mai prima d’ora si è avuta a disposizione una quantità simile d’informazioni di ottima qua-lità, alla portata di chiunque. E con un’altissima probabilità di trovare qualcuno con cui condividere le proprie passioni, costruendo così relazioni profonde e durature. Se provassimoo a guardare il rapporto fra ragazzi e web da questo punto di vista, faremmo delle scoperte molto interessanti. È quanto è successo a Mizuko Ito, giapponese trapiantata negli Stati Uniti, antropologa dei media, docente all’Università della California a Irvine, fra le prime a studiare sul campo l’uso dello smartphone da parte dei ragazzi e fautrice del ruolo fondamentale del gioco online e in generale dell’utilizzo della Rete come potenti strumenti per l’apprendimento. Sulla base delle sue ricerche sono nate varie esperienze pratiche per ragazzi, genitori e docenti. Una delle più attive è “Connected camps”, che offre consulenza e formazione sull’uso dei servizi online per far nascere e crescere comunità che condividono interessi e favorire forme di apprendimento spontaneo. Grazie all’utilizzo massiccio di servizi online, tali iniziative offrono formazione di alto livello anche a ragazzi che magari non avrebbero la possibilità di accedere a un’istruzione di qualità. E spesso a insegnare sono teenager come loro, che nei “Connected camps” hanno acquisito le competenze necessarie.
Di recente è uscito negli Stati Uniti l’ultimo libro curato da Mizuko Ito, Affinity online. How connection and shared interest fuel learning (“Affinità online. Come la connessione e gli interessi condivisi favoriscono l’apprendimento”), nel quale descrive – casi alla mano – il contributo fondamentale che un buon uso delle risorse online può dare allo studio tradizionale.
Ci può spiegare in che cosa consiste quello che lei chiama connected learning, “apprendimento connesso”?
È la situazione che si viene a creare quando un ragazzo è incoraggiato a seguire un suo reale interesse, con il sostegno dei propri insegnanti, ma anche dei compagni e di altri adulti di riferimento. A partire da questo coinvolgimento iniziale, che può essere innescato da un argomento non direttamente tratto dal programma scolastico, viene a costruirsi un percorso personale di apprendimento, che in qualche caso si potrà trasformare in una vera e propria opportunità di carriera. In un modello del genere la connessione in Rete favorisce il crearsi di comunità con forti legami al loro interno, in grado di motivare anche allo studio scolastico.
Qual è il ruolo della scuola in uno scenario di questo tipo?
Alcuni istituti stanno completamente ripensando la propria struttura per essere più aperti alle scelte dei propri studenti. Ma in realtà il contributo della scuola può partire da qualcosa di molto più semplice, come chiedere a ogni ragazzo che cosa lo interessa davvero e poi dare spazio a quell’interesse, anche se magari non è direttamente collegato alle materie di studio. Un professore potrebbe ad esempio lasciare in qualche caso che sia l’allievo stesso a decidere su cosa concentrarsi nel lavoro a casa e scegliere gli argomenti per eventuali approfondimenti. I risultati migliori si ottengono quando gli insegnanti danno anche consigli su come alimentare le passioni dei propri studenti, fornendo indicazioni di risorse, online e offline. Nelle
nostre ricerche abbiamo constatato spesso come il solo fatto che un docente prenda del tempo per capire davvero qual è l’interesse di uno studente sia in grado di cambiare radicalmente il rapporto di quel ragazzo con la scuola e con lo studio in generale.
A quali condizioni si sviluppa questo circolo virtuoso che favorisce l’apprendimento?
All’interno di una comunità online che si crea attorno a uno specifico interesse un ragazzo può accreditarsi come guida competente, rafforzando così la sua autostima, e può arrivare a sperimentare relazioni autentiche con gli altri membri della comunità online. Nel libro parliamo ad esempio di un quindicenne americano che grazie all’abilità nel videogioco Starcraft, favorita da una famiglia molto partecipe, in cui alla sera spesso si organizzavano partite con il papà e i fratelli più grandi, si è costruito un proprio percorso che lo ha poi portato ad appassionarsi di robotica e a concentrare proprio in quel settore i suoi studi. L’ambito delle comunità di fan di un certo personaggio, film o programma televisivo, offre numerosi esempi analoghi. Posso citare il caso di un ragazzo brasiliano di 18 anni che, mosso da una passione per gli “ anime” giapponesi, ha imparato a scrivere storie di quel tipo e a realizzare brevi video da condividere all’interno di una community online dedicata al tema, diventando in breve un punto di riferimento per il gruppo. A scuola ha avuto la fortuna di incontrare insegnanti che lo hanno aiutato a inserire questo suo interesse all’interno di un percorso di studi, suggerendo risorse da consultare, ma anche chiedendo al ragazzo stesso di tenere alcune lezioni sul tema per ragazzi delle classi inferiori. Un lavoro positivo sull’autostima confermato dal supporto di docenti e compagni. A noi piace dire che nel nostro modello di connected learning gli insegnanti diventano “sponsor” dei ragazzi.
Oggi c’è grande dibattito sull’opportunità di utilizzare gli strumenti tecnologici all’interno delle attività scolastiche. Lei cosa ne pensa?
Più che la tecnologia sono determinanti le relazioni che si vengono a creare attorno a essa. Se un ragazzo non ha un buon rapporto con la scuola o con altri adulti che lo seguono, la frequentazione del mondo digitale può anche portare a esiti negativi. Se invece c’è un forte legame con una comunità – famiglia, scuola, gruppi online – con cui condividere i propri interessi, l’uso creativo del web può veramente dare al ragazzo un senso più profondo del suo compito sia dal punto di vista di una futura professione sia offrendogli prospettive impensate d’impegno sociale al servizio della propria comunità.