In questo anno, segnato ancora da tanti limiti personali e sociali causati dalla pandemia, la Pasqua ci apre alla speranza, perché ci porta il più gioioso annuncio della nostra fede: Cristo, è risorto da morte! La storia di Gesù non finisce con la sua crocifissione e la sua sepoltura, anzi la presenza di Gesù riesplode con potenza divina nel primo giorno dopo il sabato.
Gesù Risorto ci porta a Pasqua una
ricchezza di doni, sui quali dobbiamo costantemente riflettere.
Prima di tutto la pace e la gioia nel
cuore, perché Egli ci svela il senso del nostro nascere, del nostro vivere, del
nostro morire, del nostro risorgere, dato che nella vita, nella morte ed oltre
la vita siamo del Signore.
Ci illumina sul senso del nostro soffrire,
perché la sofferenza passa, ma l’aver sofferto con amore è eterno e Gesù
Crocifisso e risorto ci mostra, per farsi riconoscere, le sue piaghe gloriose.
Ci invia per le strade del mondo in missione
perché diffondiamo e testimoniamo il lieto annuncio che Egli vive in mezzo a
noi.
Se confessiamo nella fede la sua
Resurrezione Egli cancella i nostri peccati, ci riempie del soffio potente del
suo Spirito, ci immerge nella nuova creazione, facendo di noi persone nuove.
La resurrezione di Gesù è un fatto
reale, anche se non può essere dimostrato con le categorie storiche, perché
rimane un mistero divino che supera la nostra intelligenza. Vi si accede
soltanto con la fede, che tuttavia ha dei concreti riferimenti storici.
La tomba di Cristo fu trovata vuota
dalle donne e dai discepoli, e questo fu anche constatato dagli avversari di
Gesù.
Le prime testimonianze di fede che
troviamo nei Vangeli sono semplicissime: “Il Crocifisso è risorto! Non è qui.
Vi precede in Galilea!” (Mc. 16, 6-7). La Galilea è un luogo teologico per
indicare la nostra vita quotidiana, fatta di lavoro, di fatica, di appelli del
Signore Risorto. I primi credenti completarono la formula di fede: “E’ risorto
secondo le Scritture” (1 Cor. 15, 3). Tutta la Parola di Dio dell’Antico e del
nuovo Testamento converge verso questo punto focale.
Il primo annuncio di Pietro nel giorno
di Pentecoste è tutto centrato sulla resurrezione di Gesù: “ Questo Gesù Dio lo
ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni” (Atti 2, 32). La stessa testimonianza danno anche Paolo e
tutti gli altri apostoli nella loro predicazione e nelle loro lettere
indirizzate alle prime comunità cristiane.
Infine confermano la nostra fede le
apparizioni del Risorto alle donne ed ai discepoli, narrate in tutti e quattro
i Vangeli. Sono apparizioni sensibili, perché coinvolgono gli occhi, l’udito,
il tatto e tutto lo spettro delle emozioni. Gesù prende l’iniziativa di
apparire, si fa riconoscere mostrando le sue piaghe e facendole toccare,
condividendo il pasto; e poi si fa continuare perché invia chi lo ha
riconosciuto a diffondere questo lieto annuncio. Spesso il riconoscimento non è
immediato, ma avviene attraverso un cammino, una riflessione sulle Scritture, e
la frazione del pane (i discepoli di Emmaus), la pronuncia del nome personale
da parte di Gesù in un gesto di amore (Maria Maddalena), una pesca miracolosa
all’alba al comando di uno Sconosciuto dopo una notte di inutile fatica
(Giovanni e Pietro).
Ogni domenica, celebrando l’Eucaristia,
noi professiamo la nostra fede in Gesù Risorto,
siamo coinvolti nel suo mistero pasquale di morte, risurrezione ed
ascensione al cielo, riceviamo ancora il dono del suo Spirito, ci nutriamo del
suo corpo e del suo sangue, costruiamo la Chiesa, madre dei Santi.
Comprendiamo allora la testimonianza di
alcuni martiri africani (Saturnino e compagni, morti nel 303 durante la
persecuzione di Diocleziano) che, arrestati mentre celebrano l’eucaristia
affermano nel processo: “Sine dominico vivere non possumus”, cioè non possiamo vivere senza la celebrazione
domenicale della Pasqua del Signore, senza partecipare al mistero della sua
morte e resurrezione, senza nutrirci del suo corpo dato e del del suo sangue
versato per noi!
In sintesi la Pasqua ci conferma che si
nasce, si vive, si muore, si risorge per – con – in Qualcuno,
Gesù Risorto, il “Possente, con segno di vittoria coronato!” (Inf. IV,
53-54).