contro l’umanità
di Hamas,
e quelli di Israele
Amnesty
International documenta il genocidio e l'apartheid commessi da Israele e i
crimini di guerra di Hamas e altri gruppi armati palestinesi, in particolare
l'attacco del 7 ottobre 2023. «I responsabili di crimini di diritto
internazionale devono rispondere alla giustizia. Tutte le parti devono
riconoscere le proprie responsabilità», dice Agnès Callamard, segretaria
generale dell'organizzazione.
di Redazione
«Il
sistema di giustizia Internazionale è sotto attacco ed è di fronte a minacce
alla sua esistenza. Non c’è maggiore banco di prova della situazione in
Israele e nel Territorio palestinese occupato. Gli stati devono dimostrare
il loro impegno per la giustizia internazionale sostenendo organismi come la
Corte penale internazionale e proteggendo la possibilità che essa giudichi i
responsabili di crimini internazionali», ha dichiarato Agnès Callamard,
segretaria generale di Amnesty International.
Amnesty
International ha ampiamente documentato come Israele abbia commesso e stia
continuando a commettere il crimine di genocidio contro la popolazione palestinese
della Striscia di Gaza, persino dopo il cessate il fuoco, e come il suo sistema di apartheid costituisca un crimine contro
l’umanità. L’organizzazione per i diritti umani ha pubblicato anche
un’approfondita ricerca sui crimini
di guerra e sui crimini contro l’umanità commessi da Hamas e da altri
gruppi armati palestinesi durante e dopo gli attacchi lanciati il 7
ottobre 2023.
«I
leader mondiali hanno accolto con favore la risoluzione adottata il mese scorso
dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul piano per una pace
sostenibile nella Striscia di Gaza. Ma decenni di crimini internazionali non
possono essere nascosti sotto il tappeto proprio mentre gli accordi in essere
ignorano la ricerca delle responsabilità e rafforzano l’ingiustizia. Verità,
giustizia e riparazioni sono le fondamenta di una pace duratura», ha aggiunto
Callamard. «Chiediamo a tutte le parti coinvolte in Israele e nel Territorio
palestinese occupato, così come alla comunità internazionale che nutre
preoccupazione per le evidenti mancanze insite nella risoluzione del Consiglio
di sicurezza, di sviluppare e impegnarsi a realizzare una roadmap verso la giustizia
e le riparazioni, i cui obiettivi siano da un lato la fine del genocidio
israeliano, del sistema di apartheid e dell’occupazione illegale del territorio
palestinese e dall’altro la persecuzione dei crimini internazionali commessi da
Hamas e da altri gruppi armati palestinesi».
Per
garantire una giustizia genuina, efficace e significativa e la non ripetizione
dei crimini internazionali, Amnesty International ha raccomandato che
questa roadmap si fondi sulla complementarità di più
istituzioni e meccanismi giudiziari.
Le
indagini della Corte penale internazionale sui crimini commessi dal
lato israeliano e da quello palestinese devono andare avanti senza
essere ostacolate e prendere in considerazione tanto il genocidio e il crimine
contro l’umanità di apartheid da parte israeliana quanto i crimini commessi dai
gruppi armati palestinesi prima, durante e dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023
in modo da assicurare che tutte le singole persone – per lo meno, quelle ancora
in vita tra le principali responsabili – siano portate di fronte alla
giustizia.
La roadmap dovrebbe impegnare
gli stati a sostenere e a collaborare pienamente con organismi quali
la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite e la stessa Corte penale
internazionale. Gli stati dovrebbero eseguire i mandati d’arresto della Corte e
fare tutti i passi necessari per assicurare l’annullamento delle sanzioni e delle
restrizioni imposte alle organizzazioni palestinesi per i diritti umani, che da
decenni documentano le violazioni del diritto internazionale e ne rappresentano
tutte le vittime.
Parallelamente
ai meccanismi internazionali, gli stati possono tratteggiare un nuovo corso per
la pace basato sulla giustizia attraverso gli organi giudiziari
nazionali, la giurisdizione universale o ulteriori forme di giurisdizione
penale extraterritoriale per i crimini commessi nel Territorio
palestinese occupato e in Israele.
«Le
vittime delle atrocità in Israele e nel Territorio palestinese occupato
meritano una giustizia autentica. Questo significa non solo vedere i
responsabili processati e condannati ma anche assicurare rimedi
effettivi e sviluppare garanzie di non ripetizione. Non c’è alcun
dubbio che questi siano passi cruciali verso una pace e una sicurezza che
durino nel tempo», ha commentato Callamard.
Il
genocidio, l’apartheid e l’occupazione illegale
Trascorsi
due mesi dall’annuncio del cessate il fuoco e rientrati in Israele tutti gli
ostaggi ancora in vita, le autorità israeliane stanno ancora commettendo
nella totale impunità il crimine di genocidio nei confronti
della popolazione palestinese della Striscia di Gaza occupata, continuando a
sottoporla deliberatamente a condizioni di vita intese a provocare la sua
distruzione fisica, senza alcun segnale di un cambiamento nelle loro
intenzioni. Amnesty International ha recentemente pubblicato un’analisi
giuridica della situazione in atto che dimostra come il genocidio stia
continuando, unita a testimonianze di abitanti della Striscia di Gaza e di
personale medico e umanitario che hanno evidenziato le drammatiche condizioni
in cui versa la popolazione palestinese. Nonostante una riduzione
dell’intensità degli attacchi e alcuni limitati miglioramenti, non c’è un
significativo cambiamento delle condizioni cui Israele sta sottoponendo la
popolazione della Striscia di Gaza e non vi è alcuna prova che le intenzioni
israeliane stiano mutando.
Almeno
327 persone, tra le quali 136 minorenni, sono state uccise dagli attacchi
israeliani a partire dal 9 ottobre 2025, giorno in cui è stato annunciato il
cessate il fuoco. Nel contesto del genocidio ancora in
corso da oltre due anni, Israele ha intenzionalmente ridotto alla fame i civili
palestinesi e limitato – nonostante alcuni modesti miglioramenti – l’accesso ad
aiuti fondamentali e a forniture di soccorso, quali quelle mediche e le
attrezzature necessarie per riparare infrastrutture indispensabili per la vita
umana. Ha sottoposto la popolazione civile palestinese a successive ondate di
trasferimenti forzati in condizioni inumane che hanno acuito la sua
catastrofica sofferenza. Complessivamente almeno 70mila persone palestinesi
sono state uccise e 200mila sono rimaste ferite, molte delle quali in un modo
grave e che ha cambiato la loro vita.
La
probabilità oggettiva che le attuali condizioni possano causare la distruzione
della popolazione palestinese della Striscia di Gaza persiste tuttora. Ciò
nonostante, le autorità israeliane non hanno mostrato un cambiamento nelle loro
intenzioni: hanno ignorato tre serie di decisioni vincolanti della Corte
internazionale di giustizia e non hanno indagato né sottoposto a procedimenti
giudiziari le persone sospettate di atti di genocidio o chiamato a rispondere
le autorità e i funzionari che hanno fatto dichiarazioni genocidarie. Le
autorità responsabili della direzione e della commissione del genocidio restano
al potere, con la garanzia di poter continuare a commettere atrocità. Il
genocidio israeliano contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza
va collocato nel contesto di una pervasiva impunità per il crimine contro
l’umanità di apartheid tuttora in corso e di decenni di occupazione illegale
del territorio palestinese.«È in questo scenario di apartheid e occupazione
illegale che Israele ha intenzionalmente causato una carestia di massa, un
bagno di sangue senza precedenti, livelli apocalittici di distruzione e
massicci sfollamenti forzati e ha intenzionalmente bloccato l’aiuto umanitario:
tutti esempi del crimine in corso di genocidio», ha commentato Callamard.
Le
condizioni stabilite durante l’attuale cessate il fuoco rafforzano
ulteriormente il sistema israeliano di apartheid e l’occupazione illegale così
come l’ingiustizia. L’imposizione, da parte israeliana, di un “perimetro di
sicurezza” (una zona cuscinetto) nella Striscia di Gaza rischia di rendere
permanente l’illegale occupazione israeliana e priva la popolazione palestinese
delle sue terre più fertili, così come di perpetuare la frammentazione
territoriale che puntella il sistema israeliano di apartheid impedendo la
libertà di movimento delle persone palestinesi verso l’altra parte del
territorio occupato. Analogamente, beneficiano dell’impunità le forze
israeliane responsabili delle detenzioni arbitrarie, delle sparizioni e della
sistematica tortura delle persone prigioniere palestinesi. Di recente il
Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha descritto una “politica
statale de facto di maltrattamenti e torture organizzati e diffusi, gravemente
intensificatasi dal 7 ottobre 2023” e ha espresso forte preoccupazione per le
“ampie denunce di violenza sessuale nei confronti di prigioniere e prigionieri
palestinesi, che costituiscono maltrattamenti e torture”. «L’ostinata
mancanza di azione da parte della comunità internazionale per chiamare Israele
a rispondere dei suoi crimini internazionali e premere affinché
aderisca alle raccomandazioni dai meccanismi delle Nazioni Unite e delle
organizzazioni internazionali per i diritti umani ha rafforzato l’occupazione
illegale e l’apartheid e ha direttamente permesso a Israele di compiere il
crimine di genocidio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza»,
ha ribadito Callamard.
I
crimini contro l’umanità commessi da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi
È
a sua volta fondamentale assicurare giustizia per i crimini commessi dai gruppi
armati palestinesi. A oltre due anni distanza, continuano a emergere resoconti
delle atrocità da loro commessi durante gli attacchi del 7 ottobre 2023
guidati da Hamas nel sud d’Israele e il successivo trasferimento di
ostaggi nella Striscia di Gaza. Le persone sopravvissute agli attacchi, gli ex
ostaggi e le loro famiglie continuano a tenere accesi i riflettori
sull’esperienza passata e a chiedere giustizia e riparazioni. Il rapporto
pubblicato da Amnesty International dà conto dei crimini di guerra e
dei crimini contro l’umanità commessi dall’ala militare di Hamas, le Brigate
al-Qassam, e da altri gruppi armati palestinesi durante il loro assalto nel
sud d’Israele e contro gli ostaggi successivamente portati nella Striscia di
Gaza.
Nelle
prime ore del 7 ottobre 2023, le forze di Hamas e altri gruppi armati
palestinesi hanno lanciato un attacco coordinato, principalmente contro luoghi
civili. Sono state uccise circa 1.200 persone, oltre 800 delle quali
civili, compresi 36 minorenni: prevalentemente ebrei israeliani ma anche
beduini con cittadinanza israeliana e decine di lavoratori, studenti e
richiedenti asilo di nazionalità straniera. Sono state ferite oltre
4mila persone e centinaia di case e di strutture civili sono state
distrutte o rese inabitabili. Attraverso l’analisi dello schema seguito negli
attacchi, prove e contenuti delle comunicazioni tra le persone che vi stavano
prendendo parte, Amnesty International ha concluso che questi crimini sono
stati condotti nell’ambito di un attacco massiccio e sistematico contro
una popolazione civile. Gli uomini armati hanno ricevuto istruzioni di
prendere di mira persone civili.
«Le
nostre ricerche hanno confermato che i crimini commessi da Hamas e da altri
gruppi armati palestinesi nei loro attacchi del 7 ottobre 2023 e contro le
persone prese in ostaggio hanno fatto parte di un massiccio e sistematico
assalto contro la popolazione civile e costituiscono pertanto crimini contro
l’umanità», ha dichiarato Callamard. «Hamas e altri
gruppi armati palestinesi hanno mostrato un abominevole disprezzo per la vita
umana: hanno intenzionalmente e sistematicamente colpito civili nelle
loro abitazioni e durante un festival musicale con l’obiettivo di
prendere ostaggi, ciò che costituisce un crimine di guerra; hanno
deliberatamente ucciso centinaia di civili, usando armi da fuoco e granate per
portare fuori dalle loro stanze di sicurezza, o da altri luoghi in cui si
nascondevano, persone terrorizzate, comprese famiglie con bambini
piccoli o le hanno attaccate mentre erano in fuga. Amnesty
International ha trovato prove che alcuni palestinesi si sono resi
responsabili di pestaggi e aggressioni sessuali e hanno maltrattato i
corpi di coloro che avevano ucciso», ha aggiunto Callamard.
Hamas
ha sostenuto che le sue forze non sono state coinvolte negli omicidi mirati,
nei rapimenti e nei maltrattamenti dei civili durante gli attacchi del 7
ottobre 2023 e che molti civili sono stati uccisi dal fuoco israeliano. Ma,
sulla base di ampie prove, video inclusi, e testimonianze, Amnesty
International è giunta alla conclusione che, seppure alcuni civili siano stati
uccisi dalle forze israeliane nel tentativo di respingere gli attacchi, la
vasta maggioranza delle persone morte è stata intenzionalmente uccisa da Hamas
e da altri gruppi armati palestinesi, che hanno preso di mira luoghi civili
lontani da qualsiasi obiettivo militare. Uomini armati palestinesi, comprese le
forze di Hamas, sono stati allo stesso modo responsabili del rapimento
di civili da più località e di violenza fisica, sessuale e
psicologica contro le persone rapite.
Sono
state 251 le persone, per lo più civili compresi anziani e
bambini, prese in ostaggio e portate nella Striscia di Gaza.
Nella maggioranza dei casi, sono state rapite vive ma si ritiene che 36 di esse
fossero già morte. Queste persone sono state trattenute per settimane, mesi e
in alcuni casi due anni. Alcuni degli ostaggi tornati vivi hanno riferito ad
Amnesty International o in occasione di incontri pubblici di essere stati tenuti
in catene in tunnel sottoterra per parte o per tutto il tempo e
di aver subito intense violenze, privazioni e tormenti psicologici come
la minaccia di esecuzione. Alcuni di loro hanno subito aggressioni e
violenze sessuali e minacce di matrimonio forzato e sono stati
costretti a stare nudi. Almeno sei ostaggi sono stati uccisi dai
loro rapitori.
Amnesty
International ha intervistato 70 persone: 17 sopravvissute agli
attacchi del 7 ottobre 2023, familiari di vittime, medici legali,
professionisti sanitari, avvocati, giornalisti e autori di indagini. I suoi
ricercatori hanno visitato alcuni dei luoghi attaccati e hanno esaminato oltre
350 fotografie e video di tali luoghi e delle persone tenute in ostaggio nella
Striscia di Gaza. Sulla base delle proprie indagini Amnesty International ha
concluso che Hamas e altri gruppi armati palestinesi hanno commesso i
crimini contro l’umanità di “uccisione”, “sterminio”, “imprigionamento
o altra grave forma di privazione della libertà fisica in violazione delle
norme fondamentali del diritto internazionale”, “sparizione”, “tortura”,
“stupro (…) o ogni altra forma di violenza sessuale di gravità comparabile” e
“altri atti inumani”.
«Decenni
di spaventose violazioni ai danni delle persone palestinesi e di
occupazione illegale e di apartheid nonché il genocidio tuttora in corso nella
Striscia di Gaza non possono giustificare in alcun modo questi
crimini né esonerare i gruppi armati palestinesi dai loro obblighi di
diritto internazionale. Le violazioni dei diritti umani da parte dei gruppi
armati palestinesi nel contesto degli attacchi del 7 ottobre 2023 devono essere
riconosciute e condannate per ciò che sono: crimini di atrocità. Hamas,
inoltre, deve restituire senza alcuna condizione il corpo di una persona uccisa
il 7 ottobre 2023 e presa in ostaggio non appena lo avrà localizzato», ha
sottolineato Callamard.
Nelle
ultime settimane il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato
la costituzione di un comitato che esaminerà il processo decisionale
del governo in occasione degli attacchi del 7 ottobre 2023. Questo annuncio
è stato assai criticato, anche dalle persone sopravvissute agli attacchi e
dalle famiglie di quelle uccise, in quanto privo di indipendenza e disallineato
rispetto ai precedenti di commissioni d’inchiesta dirette da un giudice.
Amnesty International chiede alle autorità dello Stato di Palestina di riconoscere
e denunciare le gravi violazioni del diritto internazionale commesse
dai gruppi armati palestinesi e di condurre indagini indipendenti e
imparziali per identificare persone sospettate di aver commesso crimini di
diritto internazionale nonché di cooperare totalmente coi
meccanismi internazionali d’indagine, anche condividendo prove in loro
possesso.
Una
giustizia internazionale necessaria per tutte le vittime
Le
indagini in corso della Corte penale internazionale sulla “situazione in
Palestina” e i mandati d’arresto emessi dalla stessa Corte nei confronti del
primo ministro Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Gallant per crimini di
guerra e crimini contro l’umanità restano elementi fondamentali di un genuino
accertamento delle responsabilità. Assumere iniziative per chiamare alti
funzionari israeliani a rispondere di crimini di diritto internazionale è un
passo essenziale per far terminare il genocidio israeliano nella Striscia di
Gaza, per ripristinare la fiducia nel diritto internazionale e per assicurare a
tutte le vittime dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità
giustizia, verità e riparazioni.
Ad
avviso di Amnesty International, la Corte penale internazionale dovrebbe
proseguire a indagare sui crimini commessi dai gruppi armati palestinesi prima,
durante e dopo gli attacchi del 7 ottobre, per assicurare che le persone
sospettate di essere responsabili di crimini di guerra e di crimini contro
l’umanità siano portate di fronte alla giustizia. «Si tratta di questioni non
negoziabili. I responsabili di crimini di diritto internazionale devono
rispondere alla giustizia e le istituzioni che essi rappresentano, devono
avviarsi lungo un percorso nuovo, basato sui diritti umani e sul diritto
internazionale, anche adottando leggi che impediscano la futura ripetizione di
tali violazioni. Tutte le parti devono riconoscere le proprie
responsabilità e fornire piena collaborazione agli organismi
investigativi e ai meccanismi della giustizia internazionale, come la
Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite e la Corte penale internazionale,
dando seguito alle loro raccomandazioni e permettendo loro di raccogliere,
conservare e analizzare prove al fine di accertare le responsabilità. Le
vittime devono essere ascoltate, devono essere riconosciute per ciò che hanno
subito e devono ricevere rimedi efficaci, comprese le riparazioni. Senza
queste misure concrete per assicurare verità e giustizia non potrà esserci
alcuna pace duratura», ha concluso Callamard.

