“'Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo’ (Gen. 28, 16). Viaggiatori sulla terra di Dio”. Questo il tema scelto dalla Conferenza episcopale italiana per il messaggio dedicato alla 12ª Giornata Nazionale per la Custodia del Creato, il 3 settembre prossimo, che quest'anno si celebrerà a Gubbio, ospitata dalla diocesi. Il Messaggio parte dall’esclamazione espressiva dello stupore di Giacobbe, che nel corso di un lungo viaggio scopre la terra di Canaan come luogo di presenza del Signore. I vescovi ricordano che, seppur radicata in un luogo, la nostra storia personale si dispiega in una varietà di tempi e di spazi e che, come molte altre religioni, il cristianesimo saprà valorizzare la pratica del pellegrinaggio, riscoprendolo in forme sempre nuove e formative.Nel testo si esorta anche ad abitare la terra come viaggiatori e a far crescere un turismo autenticamente sostenibile, capace cioè di contribuire alla cura della casa comune e della sua bellezza. (E.R.)
giovedì 31 agosto 2017
SIATE PORTATORI DI SPERANZA. SAPPIATE SOGNARE UN MONDO DIVERSO
" .... non diamo retta alle persone deluse e infelici; non ascoltiamo chi raccomanda cinicamente di non coltivare speranze nella vita; non fidiamoci di chi spegne sul nascere ogni entusiasmo dicendo che nessuna impresa vale il sacrificio di tutta una vita; non ascoltiamo i “vecchi” di cuore che soffocano l’euforia giovanile. Andiamo dai vecchi che hanno gli occhi brillanti di speranza!
.... Il Signore non vuole uomini e donne che camminano dietro a Lui di malavoglia, senza avere nel cuore il vento della letizia.
Coltiviamo sane utopie: Dio ci vuole capaci di sognare come Lui e con Lui, mentre camminiamo ben attenti alla realtà. Sognare un mondo diverso.
.... Il Signore non vuole uomini e donne che camminano dietro a Lui di malavoglia, senza avere nel cuore il vento della letizia.
Coltiviamo sane utopie: Dio ci vuole capaci di sognare come Lui e con Lui, mentre camminiamo ben attenti alla realtà. Sognare un mondo diverso.
E se un sogno si spegne, tornare a sognarlo di nuovo, attingendo con speranza alla memoria delle origini, a quelle braci che, forse dopo una vita non tanto buona, sono nascoste sotto le ceneri del primo incontro con Gesù ..... "
Papa Francesco, 30 agosto 2017
Leggi: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2017/8/30/udienzagenerale.html
Leggi: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2017/8/30/udienzagenerale.html
OSSERVATORIO MINISTERIALE SU INCLUSIONE E INTERCULTURA
(
ANSA) - ROMA, 31 AGO - La Ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Valeria Fedeli ha firmato i decreti per la costituzione dell'Osservatorio permanente per l'inclusione scolastica, previsto da uno dei provvedimenti attuativi della Buona Scuola, e dell'Osservatorio per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'intercultura.
"I due Osservatori - spiega la Ministra - saranno importanti spazi di confronto su temi che sono centrali nella nostra scuola e nel Paese e che sono direttamente connessi con l'attuazione dell'articolo 3 della nostra Costituzione". "Quella italiana - prosegue Fedeli - è già una scuola altamente inclusiva e capace di integrare, di fare della diversità una ricchezza. Abbiamo un sistema molto avanzato, di cui possiamo e dobbiamo essere orgogliosi.
Le nostre e i nostri docenti fanno un lavoro straordinario, che con la riforma e i suoi decreti attuativi vogliamo ulteriormente supportare con risorse e strumenti che ci consentiranno di venire sempre più incontro alle nuove esigenze di studentesse e studenti e delle loro famiglie".
Fra i decreti attuativi della Buona Scuola - ricorda Fedeli - uno specifico provvedimento è dedicato al tema dell'inclusione per garantire una scuola sempre più accogliente alle alunne e agli alunni con disabilità, rafforzando il ruolo delle famiglie e delle associazioni nei processi di inclusione e coinvolgendo , anche e soprattutto attraverso la formazione in servizio, tutte le componenti del personale scolastico. Nei prossimi mesi gli effetti del decreto si dispiegheranno attraverso una serie di atti che condivideremo e costruiremo con l'Osservatorio appena costituito che sarà uno strumento di forte partecipazione. Lo riuniremo già nelle prime settimane di settembre, con l'avvio dell'anno scolastico, proprio per condividere priorità e obiettivi. La costituzione stessa dell'Osservatorio rappresenta uno dei primi tasselli dell'attuazione".
Sul fronte dell'inclusione e dell'intercultura, prosegue la Ministra, "grazie alla riforma, stiamo potenziando l'offerta formativa anche con un incremento di risorse per questo capitolo". Sono oltre 800.000 le ragazze e i ragazzi con cittadinanza non italiana presenti nel sistema scolastico. Quasi il 60% di queste alunne e di questi alunni è nato in Italia. "La velocità e la profondità dell'integrazione dipendono anche dalla scuola, come ho ricordato in molte occasioni - prosegue la Ministra -. È grazie al percorso che le ragazze e i ragazzi con cittadinanza non italiana fanno a scuola che il nostro Paese potrà contare anche sui loro talenti, sulle loro intelligenze".
È "a scuola - conclude Fedeli - che studentesse e studenti, famiglie e comunità con storie diverse possono imparare a conoscere le diversità culturali e religiose, a superare le reciproche diffidenze, a sentirsi responsabili di un futuro comune. Le scuole possono essere veri e propri laboratori di convivenza. L'Osservatorio sarà uno strumento importantissimo per portare avanti questo processo. La complessità e la molteplicità degli aspetti relativi all'integrazione richiedono una sede qualificata di riflessione. Dobbiamo dare risposte efficaci alle storie e ai bisogni educativi di chi è appena arrivato nel nostro Paese, ma anche delle ragazze e dei ragazzi figli di migranti che nascono, crescono e studiano in Italia la cui cittadinanza, penso al dibattito sullo Ius soli, che mi auguro sia rapidamente approvato, si costruisce giorno dopo giorno proprio nelle nostre scuole".
Leggi: OSSERVATORIO
lunedì 28 agosto 2017
LASCIATE CHE I BAMBINI SI SPORCHINO
"Lascia
che si sporchi" è un libro che metterà in dubbio le vostre certezze sulla
salute dei più piccoli. Scoprirete perché i microbi sono amici del sistema
immunitario e perché un po' di sporco rende il bambino più forte, allontana le
allergie, l'asma e l'obesità.
Ogni genitore vorrebbe il
meglio per il proprio figlio e vorrebbe che non si ammalasse mai; malattie e
infezioni sono sicuramente motivo di grandi preoccupazioni per una neo - mamma.
Chi non vorrebbe una guida esperta al suo fianco che ci dicesse come
comportarsi, e possa rassicurarci di fronte a paure e timori.
Molti spesso si chiedono che
detergente usare per lavare i vestitini, oppure quante volte lavare il bambino
o se il biberon va sterilizzato ogni volta che si usa. Certe mamme sostengono
con determinazione che il proprio figlio si fa due-tre docce al giorno .....
Ritengono di far bene e di assicurare il meglio ai figli, e così via.
Non esistono manuali con
regole infallibili su come difendere i figli dagli attacchi esterni, da
microbi, malattie etc. Ai tanti genitori confusi, alla ricerca di risposte su
come crescere i propri figli con uno stile di vita sano, consigliamo
"Lasci che si sporchi" un libro che nasce dall'esperienza di due
genitori, B.Brett Finlay e Marie-Claire Arrieta, che nella vita sono anche
scienziati.
Se vi dicessimo che i bambini hanno bisogno di più sporco per non
ammalarsi, e che l'esposizione ai microbi è particolarmente importante in età
infantile cosa pensereste?
Forse ci guardereste perplessi
e perché no anche incuriositi. Questo libro nato da studi condotti nei
laboratori dai due ricercatori, e dalle ultime scoperte della medicina,
dimostra che i microbi hanno un ruolo fondamentale nel benessere dell'individuo
già nei primi cento giorni di vita.
I due scienziati, esperti
in microbiologia, nell'opera recentemente pubblicata, affrontano i dubbi più
comuni di genitori ed educatori e danno risposte concrete in linea con le
evidenze scientifiche. Spiegano che cosa è bene fare e cosa invece è superfluo
o addirittura nocivo per i nostri bambini, suggeriscono che cosa è opportuno
fare per potenziare lo sviluppo del sistema immunitario del bambino fin dalla
gravidanza.
Finlay - Arrieta,
Lascia che si sporchi, ed. Sperling
Kupfer, 2017, pagg. 280, € 18
sabato 26 agosto 2017
giovedì 24 agosto 2017
SIAMO GENTE DI PRIMAVERA!
SIAMO PERSONE DI PRIMAVERA
O DI AUTUNNO?
" ......La speranza cristiana si basa sulla fede in Dio che sempre crea
novità nella vita dell’uomo, crea novità nella storia, crea novità nel cosmo.
Il nostro Dio è il Dio che crea novità, perché è il Dio delle sorprese.
Non è cristiano camminare con lo sguardo rivolto verso il basso –
come fanno i maiali: sempre vanno così – senza alzare gli occhi all’orizzonte.
Come se tutto il nostro cammino si spegnesse qui, nel palmo di pochi metri di
viaggio; come se nella nostra vita non ci fosse nessuna meta e nessun approdo,
e noi fossimo costretti ad un eterno girovagare, senza alcuna ragione per tante
nostre fatiche. Questo non è cristiano…..
Dio non ha voluto le nostre vite per sbaglio, costringendo Sé
stesso e noi a dure notti di angoscia. Ci ha invece creati perché ci vuole
felici. È il nostro Padre, e se noi qui, ora, sperimentiamo una vita che non è
quella che Egli ha voluto per noi, Gesù ci garantisce che Dio stesso sta
operando il suo riscatto. Lui lavora per riscattarci …….
Essere cristiani implica una nuova prospettiva: uno sguardo
pieno di speranza. Qualcuno crede che la vita trattenga tutte le sue felicità
nella giovinezza e nel passato, e che il vivere sia un lento decadimento. Altri
ancora ritengono che le nostre gioie siano solo episodiche e passeggere, e
nella vita degli uomini sia iscritto il non senso. Quelli che davanti a tante
calamità dicono: “Ma, la vita non ha senso. La nostra strada è il non-senso”.
Ma noi cristiani non crediamo questo. Crediamo invece che nell’orizzonte
dell’uomo c’è un sole che illumina per sempre. Crediamo che i nostri giorni più
belli devono ancora venire. Siamo gente più di primavera che d’autunno. A me
piacerebbe domandare, adesso – ognuno risponda nel suo cuore, in silenzio, ma
risponda –: “Io sono un uomo, una donna, un ragazzo, una ragazza di primavera o
di autunno? La mia anima è in primavera o è in autunno?”.
Ognuno si risponda.
Scorgiamo i germogli di un mondo nuovo piuttosto che le foglie ingiallite sui
rami. Non ci culliamo in nostalgie, rimpianti e lamenti: sappiamo che Dio ci vuole
eredi di una promessa e instancabili coltivatori di sogni. Non dimenticate
quella domanda: “Io sono una persona di primavera o di autunno?”. Di primavera,
che aspetta il fiore, che aspetta il frutto, che aspetta il sole che è Gesù, o
di autunno, che è sempre con la faccia guardando in basso, amareggiato e, come
a volte ho detto, con la faccia dei peperoncini all’aceto.
Il cristiano sa che il Regno di Dio, la sua Signoria d’amore sta
crescendo come un grande campo di grano, anche se in mezzo c’è la zizzania.
Sempre ci sono problemi, ci sono le chiacchiere, ci sono le guerre, ci sono le
malattie … ci sono dei problemi. Ma il grano cresce, e alla fine il male sarà
eliminato. Il futuro non ci appartiene, ma sappiamo che Gesù Cristo è la più
grande grazia della vita: è l’abbraccio di Dio che ci attende alla fine, ma che
già ora ci accompagna e ci consola nel cammino. Lui ci conduce alla grande
“tenda” di Dio con gli uomini (cfr Ap 21,3), con tanti altri fratelli e
sorelle, e porteremo a Dio il ricordo dei giorni vissuti quaggiù. E sarà bello
scoprire in quell’istante che niente è andato perduto, nessun sorriso e nessuna
lacrima.
Per quanto la nostra vita sia stata lunga, ci sembrerà di aver vissuto
in un soffio. E che la creazione non si è arrestata al sesto giorno della
Genesi, ma ha proseguito instancabile, perché Dio si è sempre preoccupato di
noi. Fino al giorno in cui tutto si compirà, nel mattino in cui si
estingueranno le lacrime, nell’istante stesso in cui Dio pronuncerà la sua
ultima parola di benedizione: «Ecco - dice il Signore – io faccio nuove tutte
le cose!» (v. 5). Sì, il nostro Padre è il Dio delle novità e delle sorprese. E
quel giorno noi saremo davvero felici, e piangeremo. Sì: ma piangeremo di
gioia.
Papa Francesco – 23 agosto 2017
mercoledì 23 agosto 2017
SCUOLA. IN TRE ANNI CENTOMILA ALUNNI IN MENO
I
dati del Miur:
il calo dovuto al crollo demografico anche dei bambini di
origine straniera.
A
rischio gli organici
Scuola,
in tre anni persi centomila alunni: quest'anno 33mila bambini in meno!
Le
scuole statali italiane si svuotano: meno 100mila alunni in appena un triennio.
Anche l’anno scolastico ormai alle porte è contrassegnato da un calo di bambini
e ragazzi: 33mila in meno rispetto al 2016/2017, secondo le stime ministeriali
comunicate ai sindacati della scuola nei giorni scorsi. Un trend, quello del
decremento progressivo di scolari e studenti, che appare ormai inarrestabile e
con cui dovranno fare i conti al ministero dell’Istruzione soprattutto per ciò
che concerne il reclutamento. Del resto, le previsioni dell’Istat confermano
questa tendenza che nei prossimi decenni assumerà dimensioni ancora più
consistenti. Il calo della popolazione scolastica italiana è dovuto
all’interruzione della crescita degli alunni stranieri nelle classi italiane.
L’ultimo report ministeriale sui figli di genitori non italiani ha confermato
che il loro numero non cresce più come una volta. Anzi, nei prossimi anni è
previsto anche un calo. Mentre i compagni italiani, per effetto del calo delle
nascite, decrescono ormai da diversi anni.
In
passato, il numero complessivo di alunni presenti tra le mura scolastiche del
Belpaese si è incrementato ugualmente per via della vorticosa crescita di
bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana. Ma adesso siamo al punto di
svolta. Nel 2015/2016 il Miur certificò un calo della popolazione scolastica di
quasi 20mila unità. L’anno successivo – il 2016/2017 i vuoti ammontarono a
46mila unità e il prossimo anno a 33mila. Quasi 100mila alunni in meno, come se
fosse sparita di botto l’intera dotazione di alunni di Molise e Basilicata.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, i prossimi anni saranno
contrassegnati da ulteriori contrazioni della popolazione scolastica italiana.
Partendo
dalle previsioni Istat della popolazione residente in età scolare (3-18 anni),
fra cinque anni il calo degli alunni potrebbe attestarsi sulle 361mila unità e
fra 10 anni sulle 774mila unità. Un tracollo che renderebbe difficile il
turnover complicato dalla legge Fornero, che ha introdotto il doppio paletto
per lasciare la cattedra (età e periodo contributivo) e dall’innalzamento
progressivo dell’età pensionabile, argomento in questi giorni al centro del
dibattito politico-sindacale. Per “piccoli decrementi”, finora, viale
Trastevere si è limitato a confermare gli organici degli anni precedenti, utili
a diminuire anche il numero degli alunni per classe. Ma in futuro le cose
potrebbero cambiare.
Perché,
qualunque sia la dimensione della contrazione degli alunni, questa determinerà
quasi certamente un taglio degli organici con tantissimi esuberi. Una
prospettiva che renderebbe oltremodo complesso assumere nuovi docenti: sia
dalle graduatorie dei precari, sia dai concorsi.
Da
Repubblica
lunedì 21 agosto 2017
IL FORESTIERO CHE BUSSA ALLA PORTA ...... Linee guida per l'accoglienza dei migranti e dei rifugiati
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2018
[14 gennaio 2018]
PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2018
[14 gennaio 2018]
“Accogliere, proteggere, promuovere e integrare
i migranti e i rifugiati”
i migranti e i rifugiati”
Cari fratelli e sorelle!
«Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,34).
Durante i miei primi anni di pontificato ho ripetutamente espresso speciale preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà. Si tratta indubbiamente di un “segno dei tempi” che ho cercato di leggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013. Nell’istituire il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ho voluto che una sezione speciale, posta ad tempus sotto la mia diretta guida, esprimesse la sollecitudine della Chiesa verso i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime della tratta.
Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43). Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore.[1] Tale sollecitudine deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno. E’ una grande responsabilità che la Chiesa intende condividere con tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà, i quali sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità.
Al riguardo, desidero riaffermare che «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare».[2]
Considerando lo scenario attuale, accogliere significa innanzitutto ....
Leggi: MIGRANTI E RIFUGIATI
giovedì 17 agosto 2017
EDUCARE ALL'UMANESIMO SOLIDALE
Il recente documento della Santa Sede
Educare
all’umanesimo solidale
Per costruire una “civiltà dell’amore”
a 50 anni dalla Populorum progressio
INTRODUZIONE
1. Cinquant’anni fa, con l’enciclica Populorum progressio, la Chiesa annunciava agli uomini e alle donne di
buona volontà il carattere mondiale assunto dalla questione sociale . Tale annuncio non si limitava a
suggerire uno sguardo più largo, in grado di abbracciare porzioni sempre più grandi di umanità, ma offriva un
nuovo modello etico-sociale. In essa si doveva operare per la pace, la giustizia e la solidarietà, con una visione
in grado di cogliere l’orizzonte globale delle scelte sociali. I presupposti di questa nuova visione etica erano
emersi qualche anno prima, nel Concilio Vaticano II, con la formulazione del principio di interdipendenza
planetaria e del destino comune di tutti i popoli della Terra . Negli anni a venire, la validità esplicativa di tali
principi trovò numerose conferme. L’uomo contemporaneo ha più volte fatto esperienza che ciò che accade
in una parte del mondo può influire su altre, e che nessuno può a priori sentirsi al sicuro in un mondo nel
quale esiste sofferenza o miseria. Se allora s’intravedeva la necessità di occuparsi del bene altrui come fosse
il proprio, oggi tale raccomandazione assume un’evidente priorità nell’agenda politica dei sistemi civili
2. La Popurolum progressio, in tal senso, può essere considerata il documento programmatico della missione
della Chiesa nell’era della globalizzazione . La sapienza che promana dai suoi insegnamenti guida ancora oggi
il pensiero e l’azione di quanti vogliono costruire la civiltà dell’«umanesimo plenario» . I contenuti di tale
umanesimo hanno bisogno di essere vissuti e testimoniati, formulati e trasmessi6
in un processo educativo
che oggi metta al centro della sua proposta la ricerca della solidarietà in un mondo segnato da molteplici
differenze culturali, attraversato da eterogenee visioni del bene e della vita buona, caratterizzato dalla
convivenza di fedi e orizzonti morali diversi. Il presente documento si prefigge di proporre le linee principali
dell’educazione all’umanesimo solidale.
Cap. 1 Scenari attuali
Cap. 2 Umanizzare l'educazione
Cap. 3 Cultura del dialogo
Cap. 4 Umanizzare la speranza
Cap. 5 Per una vera inclusione
Cap. 6 Reti di cooperazione
Cap. 7 Prospettive
Leggi il documento: EDUCARE ALL'UMANESIMO SOLIDALE
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umanizzare
sabato 12 agosto 2017
NON ABBIATE PAURA! - Liturgia domenica 13 agosto 2017
NON ABBIATE PAURA!
Nelle tempeste
Elia
è scoraggiato. Pensava, uccidendo i sacerdoti del dio Baal, portati in Israele
dalla regina Gezabele, di riportare la folla al Dio di Israele, di sollevare
una rivoluzione. Non è così: non solo la gente lo abbandona, ma la regina
promette vendetta e il profeta deve scappare nel deserto.
Vuole
morire, ammette il suo sbaglio: Dio non si impone. E lui, arrogante e violento,
non è migliore dei suoi padri.
Gesù
è scoraggiato: hanno arrestato e ucciso Giovanni Battista, l’aria si fa
pesante.
Ma
la cosa peggiore è che, dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù scopre che i
suoi discepoli non hanno capito praticamente nulla del suo messaggio, delle sue
parole. Davanti alla folla affamata hanno suggerito al Maestro di cacciarli, di
rimandarli a casa.
Gli
apostoli sono scoraggiati: non hanno capito la ragione dell’improvvisa durezza
del Signore che li ha costretti in malo modo a salire sulla barca per
raggiungere l’altra riva, quella dei pagani, quella evitata accuratamente dagli
ebrei. E si sta alzando un forte vento, ci mancava.
Fatica
La
vita è così: inevitabilmente mischia luce e ombra, momenti esaltanti e momenti
faticosi, grandi gioie e forti dubbi. Ci mette davanti alla violenza: quella
che portiamo nel cuore, come Elia, che deve fare i conti col proprio fanatismo,
quella politica che spazza via gli avversari come il Battista, quella
dell’egoismo che impedisce ai discepoli di capire il gesto del Maestro, quella
degli elementi della natura che ci ricordano che siamo ospiti su questa terra.
Eppure
proprio nel momento della fatica scopriamo chi siamo.
E
se, invece di ripiegarci su noi stessi, osiamo metterci in discussione,
attendere, cambiare, sperare, pregare, agire, qualcosa accade. Saliamo di
livello, cambiamo frequenza, entriamo dentro noi stessi, dentro la Storia,
dentro gli eventi. Ma, per farlo, dobbiamo necessariamente affrontare i nostri
fantasmi e le nostre paure.
La
regina Gezabele, per Elia, il dubbio di avere scelto le persone sbagliate, per
Gesù, il mare in tempesta, per Pietro e gli altri.
Imparare il silenzio
Elia
spaventato e consumato, desideroso di morire nel deserto, non si chiude a
piangere se stesso, si mette in cammino. L’illusoria vittoria intrisa di sangue
non ha fatto che peggiorare le cose.
No,
Dio non è nella violenza, questo ora ha capito Elia che si ritrova sul monte
dell’alleanza.
Questo
vorrei capissero coloro che continuano ad uccidere profanando il nome di Dio.
E
qui, sull’Oreb, Elia capisce e ci fa capire qualcosa di splendido. Dio non è
nella violenza, né nei grandi eventi naturali o nei prodigi, ma nell’intimo di
ciascuno di noi.
Nella
brezza del mattino anzi, come più precisamente, nella voce del silenzio.
Abbiamo
disimparato l’ascolto del silenzio. Il luogo dove incontriamo Dio.
Imparare a scegliere
Come
possono non avere capito? Come possono, davanti alla prima vera prova, avere
mostrato tanta indifferenza e tanto cinismo? Cosa serve amare, seguire,
accudire, istruire, vivere con loro se poi non hanno cambiato il loro cuore?
La
notte di Gesù sul monte a pregare è tormentata e lugubre. Coloro che ha scelto
con tanta cura e tanta passione, coloro che ha voluto con sé, che ha istruito,
hanno mostrato tutta la loro grettezza.
Prega,
il Signore. Forse un po’ stordito e deluso. Non sa che fare.
Intanto
si alza un forte vento sul lago. Gesù sceglie. Sceglie di non sceglierne altri.
Non migliori, non più coerenti, non eccezionali. Sceglie quei dodici.
Sceglie
noi, fragili e incoerenti. Sceglie questa Chiesa composta di fango e santità. I
discepoli, noi discepoli, sono spaventati. Dalla furia del vento e delle onde.
E
lì, nel cuore della notte, sono raggiunti dal Signore, ma lo vedono come un
fantasma. Non lo hanno riconosciuto nel fratello affamato. Come possono
riconoscerlo qui, ora?
Solo
Matteo ci parla dell’episodio di Pietro. Di quella richiesta, ingenua oltre
ogni limite, di raggiungere Gesù camminando sulle acque.
E
si getta, Pietro. Si fida. E affonda. No, non è capace, come noi non siamo
capaci, di camminare davvero su ciò che ci spaventa, di passeggiare
fischiettando sul ciglio del baratro che costeggia la nostra vita. Vorremmo, ma
non siamo così coraggiosi, né così santi.
Solo
il Maestro, solo il Signore può dominare le alte onde del mare, da sempre,
nella Bibbia, potente e oscuro simbolo del male e della paura. Solo lui. Noi
non siamo capaci, ma il Signore ci sfida, ci spinge ad osare.
Anche
oggi Pietro, questo nostro Pietro, deve condurre la barca in mezzo alle onde.
E, come se non bastasse la violenza di chi attacca la Chiesa e di chi invece la
blandisce e la seduce, si ritrova qualche compagno di viaggio che inizia a
bucare il fondo della barca, rilasciando patenti di ortodossia ai papi
dall’alto della loro conoscenza e della loro intransigenza. È sempre accaduto,
con ogni Pietro.
Ma
Pietro, questo Pietro, ogni Pietro, sa bene che il Signore Gesù ci raggiunge
nella tempesta. Sempre.
Davanti
ai dubbi di fede, davanti alle tempeste della vita, il discepolo è chiamato,
come Elia, ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio,
recuperando quella dimensione assoluta che è il silenzio, la preghiera,
l’ascolto meditato del grande e quieto oceano della presenza di Dio, per vedere
il volto di Dio che si nasconde nel vento, che pare evanescente come un
fantasma.
Solo
così possiamo arrivare all’altra riva.
Paolo Curtaz
in “Ti
racconto la parola”
martedì 8 agosto 2017
VIVER BENE? PARENTI, AMICI E ASSOCIAZIONI CI AIUTANO A VIVERE BENE E DI PIU'
Parenti, amici
e vita
associativa ci rendono
più longevi
e ci aiutano
a stare
in buona salute
Diversi
studi hanno già suggerito quanto salde relazioni sociali aiutino la nostra
salute.
Ora la conferma dalla conferenza annuale dell'American Psychological
Association.
La solitudine è collegata alla maggior insorgenza di malattie,
mentre "una più vasta rete sociale" riduce del 50% il rischio di
morte prematura
di DEBORAH AMERI
Al
bar per la colazione incontriamo il barista e tutti gli habitué, una piccola
comunità. Al lavoro i colleghi, anche se non tutti, ci fanno passare la
giornata in modo più piacevole. Poi l'aperitivo con un amico e la cena con i
genitori, in attesa del pranzo domenicale con tutta la famiglia. Nel quotidiano
non ce ne rendiamo conto, ma tutte queste persone ci allungano la vita. E non
di poco. Ormai diversi studi hanno suggerito che circondarsi di amici e
parenti, e avere salde relazioni sociali, giova alla salute, contrasta
l’insorgere di malattie e, soprattutto, previene la morte prematura.
Gli
studi. Un'altra conferma arriva da due studi della Brigham Young University
(nello Utah), appena presentati alla conferenza annuale dell’American Psychological
Association. I ricercatori hanno analizzato 148 ricerche, che coinvolgono oltre
300.000 persone, concludendo che "una più vasta rete sociale" riduce
del 50% il rischio di morte prematura. Nella seconda analisi Julianne
Holt-Lunstad, professoressa di psicologia che ha condotto lo studio, ha
incrociato i risultati di 70 ricerche per un totale di 3,4 milioni di persone
(prevalentemente americani, ma anche europei e asiatici) calcolando l’impatto
sul benessere fisico di tre variabili: solitudine, isolamento sociale e il
vivere da soli. Ebbene, tutti e tre sono risultati pericolosi per la salute
quanto, o anche più, dell’obesità.
Solitudine
e isolamento sociale. Ma qual è la differenza tra solitudine e isolamento
sociale? Secondo gli autori dello studio il primo è imposto, si verifica, per
esempio, quando si viene tagliati fuori da un gruppo, quando si viene
ghettizzati. Mentre la solitudine si prova quando non si hanno accanto le
persone che più amiamo e con cui abbiamo una relazione profonda.
Negli
Usa oltre 40 milioni di persone soffrono di solitudine. E sono in aumento, in
tutto il mondo occidentale. "Sta diventando un problema serio, che
dovrebbe essere al centro delle politiche sociali dei governi - commenta Luigi
Fontana, professore di Medicina e Nutrizione all’università di Brescia e di
Washington, autorità mondiale nel campo della longevità e autore – insieme a
Franco Berrino - del saggio La grande via - . Le popolazioni più longeve sono
quelle molto spirituali e che hanno un forte senso sociale. La nonna bada al
nipotino, il figlio o la figlia vanno al lavoro tranquilli, gli anziani non
vengono abbandonati. Un po’ com’era l’Italia cinquant’anni fa. Adesso invece
siamo sempre più soli, stiamo diventando come gli anglosassoni".
Famiglia
e gruppo sociale. È proprio il senso di appartenenza alla famiglia o a un
gruppo sociale più vasto che allungherebbe la vita: "Non a caso la
mortalità prematura nelle persone felicemente sposate è minore che in quelle
non coniugate. E il rischio di morte raddoppia nel primo mese successivo alla
morte del coniuge", aggiunge Fontana.
Il
sistema immunitario. Le ragioni per cui essere socialmente attivi porti così
tanto beneficio non sono chiare. Ma alcuni studi se ne sono già occupati.
"Si è visto, per esempio, che il benessere psicologico che proviamo quando
ci sentiamo amati influenza positivamente la risposta del nostro sistema
immunitario contro le infezioni e riduce l’infiammazione – spiega l’esperto -
Parte degli effetti avversi associati all'isolamento sembrerebbero essere
legati allo stress psicologico e alla depressione, che sono potenti fattori di
rischio per l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale. Lo stress psicologico
e la depressione, infatti, aumentano l’infiammazione e stimolano il sistema
catecolaminergico, che di riflesso causa un aumento della pressione arteriosa e
della frequenza cardiaca".
L'altro
studio. L'anno scorso uno studio dell’università Harvard ha concluso che non
avere amici avrebbe come conseguenza l’attivazione della modalità “fight or
flight”, che incrementa i livelli del fibrinogeno. Ma un’eccessiva quantità di
questa proteina alza la pressione sanguigna e può causare la formazione di
depositi di grasso nelle arterie. Chi ha solo cinque amici, per esempio, ha un
livello di fibrinogeno superiore del 20% rispetto a chi vanta 25 amici. E
l’isolamento è associato a circa il 30% di rischio in più di infarto e ictus,
una percentuale simile a quella che riguarda il fumo. "Attenzione, però,
non solo alla quantità degli amici, ma anche alla qualità - mette in guardia Fontana - e alle relazioni
virtuali.
I social media sono positivi in sé perché
permettono l’accesso a tantissime persone, ma bisogna usarli in modo saggio,
non devono diventare una dipendenza e una patologia"
da Repubblica
sabato 5 agosto 2017
UN FIORE DI LUCE NEL NOSTRO DESERTO
DOMENICA DELLA TRASFIGURAZIONE
“In quel tempo,
Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in
disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto
brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco
apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola,
Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui
tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Egli stava
ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco
una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto
il mio compiacimento. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la
faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e
disse: «Alzatevi e non temete» [...].
«Un fiore di luce nel nostro deserto»
(Turoldo), così appare il volto di Cristo sul Tabor. Ed è il volto ultimo e
alto dell'uomo. In principio, in ogni uomo è stato posto non un cuore d'ombra,
ma un seme di luce, sepolto in noi come nostro volto segreto. Gesù prende con
sé Pietro e Giovanni e Giacomo, i primi chiamati, e li porta con sé, su un alto
monte. Li conduce là dove la terra s'innalza nella luce, dove è la nascita
delle acque che fecondano ogni vita.
Il suo volto brillò come il sole: il
volto è come la grafia del cuore, la sua espressione. Il volto alto dell'uomo è
comprensibile solo a partire da Gesù. Ogni uomo abita la terra come un'icona di
Cristo incompiuta, che viene dipinta progressivamente lungo l'intera esistenza
su un fondo d'oro già presente dall'inizio e che è la somiglianza con Dio. Ogni
Adamo è una luce custodita in un guscio di fango. Vivere altro non è che la
fatica aspra e gioiosa di liberare tutta la luminosità e la bellezza sepolte in
noi.
E le sue vesti divennero bianche come la
luce: la gloria è così eccessiva che non si ferma al volto, neppure al corpo
intero, ma tracima verso l'esterno e cattura la materia degli abiti e la
trasfigura. Se la veste è luminosa sopra ogni possibilità umana, quale sarà la
bellezza del corpo? Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia: Mosè sceso dal Sinai
con il volto imbevuto di luce e di vento, Elia rapito in un carro di fuoco e di
luce.
Allora, Pietro, stordito e sedotto da ciò
che vede, balbetta: È bello per noi essere qui. Stare qui, davanti a questo
volto, che è l'unico luogo dove possiamo vivere e sostare. Qui siamo di casa,
altrove siamo sempre fuori posto. Altrove non è bello, e possiamo solo
pellegrinare, non stare. Qui è la nostra identità, abitare anche noi una luce,
una luce che è dentro la nostra creta e che è il nostro futuro.
Non c'è fede viva e vera che non discenda
da uno stupore, da un innamoramento, da un: che bello! Gridato a pieno cuore,
come Pietro sul Tabor. Ma come tutte le cose belle la visione non fu che la
freccia di un attimo: e una nube luminosa li coprì con la sua ombra.
Venne una voce: quel Dio che non ha
volto, ha invece una voce. Gesù è la Voce diventata Volto. Il Padre prende la
parola, ma per scomparire dietro la parola di suo Figlio: ascoltate Lui. Fede
fatta d'ascolto: sali sul monte per vedere, e sei rimandato all'ascolto. Scendi
dal monte, e ti rimane nella memoria l'eco dell'ultima parola: Ascoltatelo.
La visione del volto cede all'ascolto del
volto. Il mistero di Dio è ormai tutto dentro Gesù. Così come anche il mistero
dell'uomo. Quel volto parla, e nell'ascolto diventiamo come lui, anche noi
imbevuti di cielo.
(Letture: Deuteronomio 7,9-10.13-14; Salmo 96; 2 Pietro 1,16-19; Matteo
17,1-9)
Ermes
Ronchi
(tratto da www.avvenire.it)
mercoledì 2 agosto 2017
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