DELLA POVERTÀ DI SENSO
UN NEMICO
CHE VA TENUTO LONTANO
- di LEONARDO BECCHETTI
Le devastazioni francesi di questi giorni dimostrano come una
scintilla grave come l’uccisione di un giovane da parte di un poliziotto a un
posto di blocco sia capace di far scoppiare un incendio nella foresta di una
società dove troppe persone sono morte dentro.
La povertà di senso del vivere di troppi che non riescono a fare
la rivoluzione dentro di loro e a diventare cittadini attivi e generativi è la
malattia profonda delle nostre società occidentali (meno di quella italiana
dove qualche anticorpo in termini di relazioni e valori ancora tiene).
C’è poco da rallegrarsi se masse di giovani diciassettenni in
Francia mettono a ferro e fuoco città saccheggiando negozi di marca per
portare via felpe e vestiti firmati. Anche la forma della rivolta è un segno
della devastazione morale dei nostri tempi.
Le opinioni di destra e di sinistra si dividono nel sottolineare
da una parte l’aspetto della responsabilità personale, dall’altra quello delle
diseguaglianze sociali e delle difficoltà d’integrazione di cittadini stranieri
di prima, seconda o terza generazione. Entrambe le questioni sono importanti.
Gli studi su milioni di osservazioni in tutto il mondo ci dicono che la
trappola della povertà di senso del vivere dipende da un insieme di fattori: basso
reddito, basso livello d’istruzione, fallimento della vita di relazioni e delle
istituzioni formative (ben lontano dal nostro traguardo delle comunità
educanti) dove cause scatenanti personali e sociali si mescolano. Quando si
precipita nella trappola l’orizzonte del futuro diventa nero e basta una
scintilla per trasformare, quando si pensa di non avere nulla da perdere, la
depressione individuale in rabbia sociale.
Il monito per noi è chiaro e lampante. Dobbiamo sforzarci giorno dopo giorno di costruire percorsi di ricchezza di senso del vivere allargando gli spazi di partecipazione, cittadinanza attiva, formazione, esperienze di volontariato sociale che costruiscano molteplici piste e sentieri di generatività dove la vita può fiorire. Nessuno deve sentirsi in una strada a un senso unico dove l’esclusione è l’unico destino.
Non si tratta però soltanto di un problema sociale né tanto di
un problema di allargamento dei diritti perché la via della generatività inizia
con una rivoluzione interiore che ci spinge a essere il cambiamento che
vogliamo vedere nella società. La responsabilità individuale è il pilastro di
questa rivoluzione. Il successo delle istituzioni formative (famiglia, scuola,
comunità educanti) nel mettere in moto la responsabilità individuale è da
questo punto di vista essenziale.
In un pezzo recente su “Avvenire” (tinyurl.com/36s5pbph) si
sottolineava come nella società opulenta digitale il conflitto tra beni di
comfort (che inebetiscono e creano dipendenze) e beni di stimolo (esperienze
formative, di volontariato, spirituali) che allenano e consentono di godere
della varietà e ricchezza della vita è diventato più aspro e fa molte più
vittime tra i giovani quando le istituzioni formative sono carenti o assenti.
L’Italia è una miniera di buone pratiche da cui dobbiamo
prendere spunto ed esempio, come quella di presidi e istituzioni scolastiche
coraggio che in periferie invase dalla criminalità hanno costruito sentieri
concreti di formazione delle competenze e di riscatto sociale. Ho avuto la
fortuna di conoscerne a fondo uno come l’Istituto Superiore “Francesco Morano”
di Caivano (Napoli) dove accanto al caos della piazza dello spaccio sorgono
scuole tecniche modello che ogni anno inseriscono nella vita e nel mondo del
lavoro centinaia di ragazzi che non si rassegnano e si “ribellano” non
saccheggiando vetrine ma trasformando la loro vita in occasione di riscatto
personale e sociale.
L’Italia non è ancora la Francia, ma non è detto che sia così
per molto e sempre. Investiamo con generosità e forza, uniti e senza
distinzione di colori politici, nella direzione dell’eliminazione delle
barriere sociali e nello stimolo delle responsabilità individuali per costruire
quella società ricca di vie d’uscita ed opportunità di fioritura che i giovani
disperati che mettono a ferro e fuoco le città francesi vorrebbero.
Nessun commento:
Posta un commento