venerdì 7 luglio 2023

SGARBI SUOI

Sgarbi a ruota libera

- di Giuseppe Savagnone*

Indignazione e polemiche sono state suscitate dalle parole di Vittorio Sgarbi, durante la serata inaugurale dell’Estate al Maxxi, il museo delle arti del XXI secolo, svoltasi qualche giorno fa all’aperto. Era in programma un dialogo tra il sottosegretario alla Cultura e il cantautore Morgan, in cui i due avrebbero dovuto confrontarsi sui rispettivi gusti, esperienze culturali e passioni.

 A un certo punto, però, Sgarbi ha cominciato a disquisire sul proprio membro virile, con una terminologia ostentatamente volgare, vantandone le funzioni – «è un organo di conoscenza, cioè di penetrazione, serve a capire» – e sbandierando le conquiste femminili – 9 donne al mese – che esso gli aveva consentito, prima del sopravvenuto cancro alla prostata.

 Al termine della serata una quarantina di dipendenti del Maxxi, che ha un personale in prevalenza femminile, ha scritto al direttore del museo Giuli per protestare contro una esternazione caratterizzata, come lo stesso Giuli ha riconosciuto, da «turpiloquio» e «sessismo». A prendere una chiara posizione è stato anche il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che ha definito le espressioni del suo sottosegretario «in ogni contesto inammissibili e ancor più in un luogo di cultura e da parte di chi rappresenta le istituzioni».

 Sgarbi si è difeso invocando la libertà di parola e soprattutto facendo presente che il colloquio si svolgeva in un ambiente, il museo dell’arte contemporanea, che è «il centro della dissacrazione, perché l’arte contemporanea è dissacrazione». Anche se alla fine, davanti all’incalzare delle critiche, si è scusato con chi poteva essersi sentito offeso dalle sue parole.

 Da parte sua il ministro ha ribadito verbalmente la propria presa di distanze. «Non capisco cosa potrei fare di più energico» ha detto; «essendo un non violento, orgogliosamente non violento, non posso ricorrere ad atti violenti nei confronti del sottosegretario Sgarbi». A dire il vero qualcosa poteva fare, di più energico e di non violento, per esprimere la sua riprovazione, ma non l’ha fatto, perché gli ha lasciato tutte le deleghe, respingendo così non solo le richieste di coloro che volevano le dimissioni del sottosegretario, ma anche ogni traduzione nei fatti del proprio dissenso.

 Il problema culturale della destra

L’episodio, in sé abbastanza banale, solleva in realtà dei problemi che non lo sono affatto e su cui si riflette forse troppo poco. Il primo è quello della cultura della destra al governo. E’ noto il suo cronico complesso di inferiorità di fronte alla pretesa della sinistra di essere la sola depositaria dell’intelligenza. Proprio Sangiuliano, nel gennaio scorso, ansioso di reagire a questo complesso, aveva cercato di individuare in Dante Alighieri «il fondatore del pensiero di destra in Italia». «La destra», aveva affermato orgogliosamente, «ha cultura, deve solo affermarla».

 Una ricostruzione storica molto ardita, che era stata accolta dai competenti con aperta ironia. Ma che, alla luce dell’ultimo episodio, risulta ancora più problematica. È molto difficile trovare un qualunque nesso tra Sgarbi e il poeta che ha celebrato l’amore nelle sue forme più spirituali, individuando in Beatrice la guida al proprio viaggio verso il paradiso.

 Al di là dell’interpretazione di questo sentimento e della figura femminile, il paragone tra Dante e Vittorio Sgarbi risulta non solo anacronistico, ma spietatamente infondato. Due mondi spirituali incompatibili. Si dirà che la cultura della destra non è solo Sgarbi, ma sta di fatto che è proprio lui l’unico intellettuale che è stato chiamato a far parte di questo governo.

 E non come un semplice fiore all’occhiello, ma in forza di una militanza di destra che lo ha visto protagonista delle battaglie politiche da cui esso ha tratto la sua legittimazione elettorale. A buon diritto lo si può dunque considerare un rappresentante significativo. Tanto da escludere che si rimettesse in discussione il suo ruolo pubblico anche dopo quanto è accaduto al Maxxi.

 Ma non è solo con Dante che Sgarbi è incompatibile. Ancora più stridente è il contrasto tra il modello culturale incarnato dal famoso critico d’arte e gli stessi contenuti del progetto culturale sostenuto con forza da FdI e dalla Lega, tutto incentrato sulla famiglia e la genitorialità. In realtà lo si sapeva.

 Ad evidenziarlo ulteriormente è stata la curiosa scelta di Mara Venier e della redazione di «Domenica In» di invitare proprio lui, Sgarbi, per la puntata celebrativa della festa del papà, andata in onda domenica 19 marzo 2023.

 Il sottosegretario è arrivato con le due figlie, Alba ed Evelina, che sono state riconosciute dopo la nascita e non hanno mai vissuto col padre. E, alle domande di rito rivoltegli a proposito dei gusti e degli interessi delle ragazze, è risultato che lui delle figlie non sapeva praticamente nulla, dalla data del compleanno al nome dell’artista prediletto. «Allora delle due sicuro una è più vecchia». «E che ne so quando compie gli anni; quando fa il compleanno mi chiama e mi dice: “Mi compri una borsa?”».

 Ma il peggio è stato quando Sgarbi è andato oltre, augurando alle sue figlie di chiudersi in convento piuttosto che sposarsi e definendo «le ragazze nate dopo il 2000 tutte tr***». «Tanto tu sei del 1999, no?», ha aggiunto, rivolto ad Evelina. «No, papà, sono del 2000».

 È questa la cultura della famiglia e della genitorialità che la destra vuole opporre al dilagare delle unioni omosessuali e della maternità surrogata? O quella così efficacemente rappresentata dal defunto Silvio Berlusconi, col suo harem di escort profumatamente pagate per soddisfare i suoi inesauribili capricci? (In definitiva, con qualche parolaccia in più, Sgarbi nel suo criticatissimo intervento, non ha fatto che riproporre il modello berlusconiano, appena beatificato a reti unificate con tanto di lutto nazionale: perché allora tanto scandalo?).

 Oppure l’alternativa alla crisi della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna è rappresentata dalle avventurose vicissitudini sentimentali del divorziato Salvini? Per non dire che la stessa Meloni ha una figlia, ma non si è mai sposata…

 No, se vuole essere credibile, l’egemonia culturale che la destra pensa di proporre – e che, ha proprio nella famiglia e nella genitorialità il suo centro – deve avere ben altri testimonial. Il messaggio che viene dall’intellettuale-principe del governo e dai leader dei partiti che lo formano è perfettamente conforme alle idee che essi dicono di voler combattere con tutte le loro forze, ma di cui sono, vistosamente, i primi succubi.

 Dai “maestri” agli “influencer”

Ma c’è un secondo problema, ancora più grave, forse, che si evidenzia nella figura del nostro sottosegretario alla cultura, ed è l’eclisse della stessa figura dell’intellettuale così come era stato concepito in passato. Una figura che non implicava solo un bagaglio di raffinate conoscenze e un acuto senso critico – di entrambi Sgarbi ne ha in abbondanza – , ma anche una dimensione etica che la rendeva punto di riferimento per la società.

 L’intellettuale, quale che fosse la sua visione della vita, quali che fossero le sue peripezie esistenziali, quali che fossero i suoi disordini morali, era in qualche modo il testimone di una ricerca della verità, della giustizia, della bellezza – di qualcosa insomma che superava la sua persona.

 Quella che trova espressione perfetta, ma certo non esclusiva, nella persona di Sgarbi, è invece l’immagine narcisista e autoreferenziale di una persona che cerca innanzi tutto di esibire e far valere davanti agli altri il proprio ego. Il narcisista non si limita a piegarsi a quello che gli altri vogliono da lui, ma, nel farlo, si innamora dell’immagine di sé che la loro ammirazione e il suo successo gli offrono, finendo per identificarsi con questa immagine. Egli perciò non guarda la realtà, ma se stesso.

 Non è una tentazione che riguardi solo l’uno o l’altro personaggio del nostro scenario culturale, sia di destra o di sinistra, ma un clima creato dalla società mediatica e a cui è molto difficile riuscire a sfuggire. Nel tempo della post-verità tutto rischia di diventare spettacolo, rappresentazione virtuale.

 Tramonta così l’idea che l’intellettuale abbia una missione a cui essere fedele, ad ogni costo, anche pagando il prezzo della solitudine e dell’insuccesso. Emblematico il fatto che ad orientare lo sguardo dell’opinione pubblica non siano più i “maestri” – pronti a morire, come Socrate, per restare fedeli a questa missione – ma gli “influencer”, la cui ambizione è di accrescere il numero dei loro follower e dei like.

 Questo non minaccia solo una parte politica, ma la società. Molto al di là della persona di Sgarbi e dell’episodio che lo ha visto tristemente protagonista, vale la pena di chiedersi a quali condizioni sia ancora possibile, oggi, sfuggire alla presa totalitaria delle mode e del consenso. Ne va del senso della politica, ma non solo. Ne va soprattutto della capacità dell’essere umano di andare oltre se stesso.

* Scrittore ed editorialista. Pastorale della Cultura, Diocesi di Palermo

www.tuttavia.eu

 Immagine: facciabuco.com

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