L'annuncio della scomparsa, avvenuta il 29 giugno, è stato dato oggi ad esequie avvenute dalla nuora, l'ex senatrice del Pd Vittoria Franco, che dell'illustre pedagogista aveva sposato il figlio Paolo De Bartolomeis, docente di matematica all'Università di Firenze, morto all'età di 64 anni nel 2016.
- di Luciano Corradini
‘Anche quando si disponesse d’insegnanti, edifici, attrezzature in numero sufficiente e si realizzasse per tutti gli allievi il prolungamento della giornata scolastica, la funzione della scuola resterebbe sostanzialmente immutata: il tempo pieno, in quanto rinnovamento educativo radicale non è attuabile”. Inutile sperare nella lenta e progressiva democratizzazione della scuola: ‘La democrazia è la forma istituzionale del capitalismo e di conseguenza la democrazia significa privilegi, ingiustizie, concentrazione di potere come fatti non marginali eliminabili, ma costitutivi”[1].
Di fronte a certe affermazioni che
sembrano sostituire al ‘Sistema’ la
malvagia ‘Volontà’ di Shopenhauer,
non resta spazio se non per l’apatia e la violenza. Qui però De Bartolomeis non
si rassegna e fa una sorta di “salto etico” di fronte al pessimismo della
ragione. Alla violenza dice un secco no (‘la rivoluzione come ammazzamento
reciproco potrebbe essere un’evenienza storica da avversare con la stesa
radicalità e ripugnanza con cui avversiamo le guerre’). Ma anche l’apatia non
convince. Se non si può pensare ad una alternativa politica alla tecnica, ‘si
deve pensare a un sistema tecnico che coincida con un insieme di forze
politiche nuove’. In quest’ultimo caso ‘dobbiamo
avere la forza di accettare rinunce e compromessi, affinché la nostra
radicalità non si trasformi in un alibi per il disimpegno[2].
E qui De Bartolomeis finisce per tornare d’accordo, per citare due personaggi
presenti nel dibattito di allora, con Raffaele Laporta (La difficile
scommessa, La Nuova Italia, Firenze 1975) e con Don Milani (La Lettera a
una Professoressa, EF Firenze,1967)
Quando il nostro patriarca pedagogista Francesco De Bartolomeis ha compiuto 100 anni, Michele Francipane, suo allievo all'Università di Torino e già mio collega all'IRRSAE Lombardia, mi chiese un contributo per un piccolo volume in suo onore, che intitolò "Alla ricerca di un antipedagogista" Edizioni EV, Milano 2019.
Accettai volentieri, per andarmi a rileggere il suo "Scuola a tempo pieno", Feltrinelli, Milano 1972, in cui cercava di mettere in pratica la tesi paradossale del suo più famoso "La ricerca come antipedagogia", uscito due anni prima dallo stesso editore.
L'amico Francipane si ammalò poco
dopo avere reso un caloroso omaggio al suo professore ed è tuttora ammalato. Ho
telefonato a sua moglie e gli ho espresso tutta la stima , l'affetto e la
solidarietà che nutro per lui, insieme ai colleghi dell'IRRSAE.1967
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