* Filosofo, saggista e psicoanalista celebre in tutta Europa, Umberto Galimberti è anche un affermato giornalista. Firma di spicco de La Repubblica, si occupa spesso di rispondere a questioni brucianti del nostro tempo come quella che stiamo per sottoporvi e di cui ha parlato in un articolo uscito recentemente: “Perché si legge sempre meno?”.
I dati sull’alfabetizzazione, che si leggono anche sull’articolo
di Galimberti, parlano chiaro. La problematicità della questione è alquanto
elevata. Come rilevato dagli ultimi dati dell’OCSE, il tasso di analfabetismo
mondiale si attesta al 47% ormai da anni, e non si schioda. In Italia, invece,
il tasso è limitato ad un 30%, che però va valutato con attenzione. Il fatto
che il 70% della popolazione sia in grado di leggere non significa che la
stessa percentuale di italiani abbia la facoltà di comprendere ciò che sa
leggere.
Una tale riflessione deve costituire il punto di partenza per
analizzare un fenomeno in crescita: la preponderanza dell’audiovisivo,
dell’immagine, che soppianta il libro.
La cultura dell’audiovisivo
Nel suo interessante articolo, infatti, Umberto Galimberti lega
con forza la rapidità dell’abbandono della lettura alla diffusione
dell’audiovisivo:
“Negli ultimi trent’anni siamo traghettati in una fase dove le
cose che sappiamo, dalle più elementari alle più complesse, non le dobbiamo necessariamente
al fatto di averle “lette” da qualche parte, ma semplicemente di averle “viste”
in televisione, al cinema, sullo schermo di un computer, di un tablet, di un
telefonino, oppure “sentite” dalla viva voce di qualcuno, dalla radio o dagli
auricolari inseriti nelle nostre orecchie. A questo punto sorgono spontanee le
domande: come la trasformazione della strumentazione tecnica modifica il nostro
modo di pensare? E ancora: quali forme di sapere stiamo perdendo per effetto di
questo cambiamento?”.
Che il mondo stia cambiando con inaudita rapidità è un dato di
fatto ed è sotto gli occhi di tutti. Si fa fatica ad abituarsi ad una novità,
ché subito ne arriva un’altra. Il progresso tecnologico è tanto e tale da
correre sempre più velocemente. Come si fa ad adattarsi a questi tempi in così
poco tempo?
Il libro, nella sua forma che ha attraversato intatti secoli e
secoli di storia, è sempre meno gettonato e fruito dalle nuove generazioni. Si
legge sempre meno, e un tale cambiamento, spiega Galimberti, produce un
cambiamento anche nelle forme di sapere che ci portiamo dentro dalla notte dei
tempi.
“Homo Sapiens” e “Homo videns”
Nel suo articolo, Galimberti porta alcuni esempi del cambiamento
“di forma” a cui stiamo assistendo da qualche anno a questa parte. I libri di
testo, infatti, sin dal primo approccio educativo alla scuola primaria, hanno
sempre meno parole e più immagini, come a voler abituare i bambini ad
un’intelligenza simultanea, che però va a ledere quella sequenziale che si
sviluppa grazie ed in seguito all’attività di lettura.
E sempre a proposito di questo cambiamento di “intelligenze”,
Galimberti ha sottolineato come sia in atto un processo che va dall’Homo
Sapiens all’Homo Videns, sottolineando la pericolosità e la leggerezza con cui
oramai ci affidiamo ai mezzi di informazione e di comunicazione:
“L’homo sapiens, capace di decodificare segni ed elaborare
concetti astratti, è sul punto di essere soppiantato dall’homo videns, che non
è portatore di un pensiero, ma fruitore di immagini, con conseguente
impoverimento del capire, dovuto, come scrive Giovanni Sartori in Homo
videns. Televisione e post-pensiero (Laterza) all’incremento del
consumo di mezzi audiovisivi. E, com’è noto, una moltitudine che “non capisce”
è il bene più prezioso di cui può disporre chi ha interesse a manipolare le
folle..."
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