I corpi intermedi
e la democrazia
Dialogo e discernimento sono il modo migliore di partecipare e si contrappongono a quel parteggiare dove per esigenze di audience ci si chiede solo di schierarci, di esporre bandierine, di sfogare i nostri umori per attirare più attenzione.
Nella vita associativa favoriscano la qualità, la generatività, la vitalità, la valorizzazione dell'identità.
- *- di LEONARDO BECCHETTI
La democrazia non è parteggiare, è partecipare. Questa forse la sintesi di
uno dei messaggi più belli delle Settimane Sociali lanciato dal presidente
Mattarella. Assieme a quello molto chiaro sul fatto che ci sia bisogno più che
di un nuovo partito di un nuovo “spartito”. La civiltà occidentale è in crisi
perché vittima di alcune derive e riduzionismi. Il pensiero liberale e
socialista hanno approfondito due delle tre parole della Rivoluzione Francese
(libertà ed eguaglianza) mentre la terza della fraternità, fondamentale per
tenere assieme l’equilibrio, è finita in soffitta. E lo si vede chiaramente in
una società nella quale l’intelligenza relazionale è merce sempre più rara.
Dove sia nelle relazioni interpersonali che in quelle tra gli Stati scarseggia la
capacità di creare fiducia, dono e cooperazione che moltiplica il valore
sociale ed economico dei nostri sforzi e ci regala una vita ricca di senso.
Eppure, le frontiere di diversi campi delle scienze sociali (dall’economia,
alla psicologia, alla sociologia e al diritto) riconoscono come la riscoperta
dell’identità relazionale è il contributo più fecondo che possiamo dare al
progresso civile e al bene comune. E sorprendentemente, ma solo per alcuni, ci
accorgiamo che senza metterci d’accordo abbiamo un’ispirazione e alcune parole
chiave comuni come partecipazione, civismo, corpi intermedi, sussidiarietà,
cittadinanza attiva. I nostri “leader” saranno sempre e solo questi valori, mai
riducibili al nome e cognome del politico di turno di cui infatuarsi, rendere
uomo della provvidenza e poi gettare nella polvere.
E un metodo, quello del dialogo e del discernimento che è il modo migliore
di partecipare e si contrappone a quel parteggiare dove per esigenze di
audience ci si chiede solo di schierarci, di esporre bandierine, di sfogare i
nostri umori per attirare più attenzione.
Per fare passi avanti dobbiamo partire dai punti di forza che quest’epoca
storica ci consegna: le buone pratiche con le quali, terzo settore, imprese
sociali, imprese profit responsabili contribuiscono a generare impatto sociale
ed ambientale, la visione che ci accomuna attorno all’obiettivo del bene
comune, lo sviluppo e l’organizzazione di molte reti del fare e la capacità
consolidata di organizzare eventi significativi e di convocazione.
Reti generative
Il passo ulteriore da fare è unire le reti dei generativi per una missione
generale che ci accomuna e che va al di là di quelle particolari di ciascuno
per fare massa critica e aumentare il numero di coloro che scelgono la via del
partecipare invece che del parteggiare e dell’assistere da spettatori alla
contesa tra i leader. Attorno ad uno spartito che è un bene pubblico e quindi
non è proprietà di nessuno ma può essere suonato da tutti. Con l’ambizione che
forze politiche vecchie e nuove ed opinione pubblica ne vengano attratte per
farci fare passi avanti in direzione di felicità e generatività.
Ad alcuni tutto questo potrebbe sembrare astratto ma non è così. Le buone
pratiche sociali ed amministrative, le reti, gli eventi, gli spartiti già
esistono, sono a disposizione e sono patrimonio condiviso. E sono le matrici di
impegno politico personale e dell’elaborazione continua di idee e di proposte
di azione politica dal basso e di legge e riforma politica dall’alto.
L’unione dei generativi, il gioco di squadra delle reti al di là dei
protagonismi personali e la costruzione di eventi significativi di progresso
nell’impegno comune sono il passo prossimo futuro necessario per fare progressi
verso l’obiettivo generale.
www.avvenire.it
Nessun commento:
Posta un commento