"Il tempo delle vacanze: perché dobbiamo imparare a riposare"
- - di ENZO BIANCHI
Siamo
ormai nel tempo delle vacanze, un tempo vuoto che dobbiamo riempire, un tempo
alternativo a quello quotidiano che viviamo e dal quale prendiamo le distanze
interrompendolo.
Di
fatto, la nostra cultura è ispirata dalle prime pagine del Grande Codice,
laBibbia, che dichiara che Dio per creare il mondo ha lavorato sei giorni,
dalla creazione della luce alla creazione del terrestre, l’Adam, ma il settimo
giorno ha riposato, ha fatto shabbat.
Anche
per noi, come per Dio, l’azione non è conclusa se non interrompendola per
prenderne le distanze, contemplarla e giudicarla.
Vacanze,
dal latino vacare, significa certamente far niente, ma un far niente per
dedicarsi a fare qualcosa. Nel nostro caso, a far cosa? A riposare. Questa
dovrebbe essere la vera attività delle vacanze, perché gli umani hanno bisogno
di distanziarsi dalla loro azione, devono ritemprare le forze, prendere
consapevolezza di quel che sono e di ciò che fanno.
Ma
riposarsi non è, in realtà, facile, e questo lo sappiamo tutti: siamo sedotti
dall’attivismo, siamo preda del lavoro, siamo assorbiti da un vortice di
impegni che crediamo urgenti e che ci impediscono il “lasciare la presa”, anche
momentaneo. Purtroppo, ognuno di noi si presenta agli altri per quello che fa e
non per quello che è, così quando uno fa niente è assalito dall’angoscia: chi
sono io?
Fare
niente per molti è uno sforzo, una fatica e addirittura un vortice di angoscia
quando si ritrovano nella solitudine e nel silenzio. È ciò che Pascal nei
pensieri giudica essere il più grande male nella vita di una persona. Ma questo
riposo, questo far niente può essere in realtà la condizione nella quale si
diventa di più sé stessi: un cammino di umanizzazione.
Il
riposo dunque lo si impara. Per crescere in umanità occorre conoscere sé
stessi, imparare a discernere quella voce che abita ogni umano nelle profondità
del suo cuore: è una voce reale anche spesso avvolta dal silenzio, ma è una
voce che è presente, ed è la voce che appartiene all’umanità.
Alcuni
la chiamano voce di Dio, altri voce dell’autentica vocazione umana, poco
importa, quella voce c’è e va ascoltata. Il catalogo delle virtù del nostro
mondo sembra tener conto del lavoro, dell’azione, ma dimentica che le posture
per raggiungere risultati umani sono la contemplazione, il raccoglimento, il
silenzio e il pensare.
Sono
queste che permettono agli umani di accumulare l’energia e la verità di cui
l’azione necessita.
Cerchiamo
di essere occupati attraverso il riposo, ma vivendo il riposo, ascoltando il
silenzio, contemplando la natura, imparando a conoscere il vento e a
distinguere il canto degli uccelli.
Alberto
Moravia in una luminosa raccolta di saggi L’uomo come fine del
1964 affermava che per “ritrovare un’idea dell’uomo, ossia una vera fonte di
energia, bisogna che gli uomini ritrovino il posto della contemplazione”.
Dunque, vacare, dolce far niente, riposarsi per umanizzarci di più.
Alzogliocchiversoilcielo
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