DITTATURA DELLA MAGGIORANZA ?
-di Giuseppe Savagnone*
L’intitolazione e le polemiche
L’aeroporto di Milano Malpensa – il
secondo aeroporto italiano per traffico passeggeri dopo quello di Roma
Fiumicino – , dall’11 luglio 2024 è
ufficialmente intitolato a Silvio Berlusconi.
Lo ha stabilito l’ordinanza
dell’ENAC – l’Ente nazionale incaricato della regolamentazione tecnica,
certificazione e vigilanza nel settore dell’aviazione civile – , che ha effetto
immediato. È quanto si legge in una nota ufficiale del ministero delle Infrastrutture
e dei Trasporti.
Le polemiche non sono mancate ed
erano già nate all’annunzio, dato da Salvini, della decisione imminente. «Non
ci fermeremo di fronte a insulti, attacchi e offese», aveva detto.
Ora che la decisione è ufficiale, un
gruppo di deputati del PD chiede, in una interrogazione al ministro, di
«chiarire quale procedura sia stata seguita per l’intitolazione dell’aeroporto
di Malpensa a Silvio Berlusconi e quali siano le motivazioni per cui non sia
stata rispettata la procedura prevista dalla legge 1188/1927, che richiede un
periodo di 10 anni dalla morte della persona prima di intitolare un luogo
pubblico».
Gli interroganti, ricordando che la
SEA, la società che gestisce gli aeroporti milanesi, non ha ricevuto alcun
avviso relativo alla procedura di intitolazione, chiedono inoltre «se sia stato
acquisito il parere dei Comuni di Milano, Ferno, Lonate Pozzolo e Somma
Lombardo, territori su cui insiste l’Aeroporto di Malpensa, in relazione
all’intitolazione».
In effetti almeno uno di questi
comuni, quello di Milano, senza paragoni il più grande, sembra non sia stato
consultato, a giudicare dalle parole con cui già nei giorni scorsi il sindaco
Sala aveva reagito alla notizia dell’imminente intitolazione del principale
scalo aereo della sua città: «Non sono irritato, non è un problema di
emotività, ma di razionalità: quello che discuto è perché non ci sia più
rispetto delle forme, della correttezza dei rapporti. L’intitolazione dei un
aeroporto non è una cosa che avviene così: chi la decide? Un presidente di ENAC
senza nemmeno consultare la società? Il presidente di ENAC va e viene, è pro
tempore come tutti noi.
C’è una società che investe da anni,
si dedica, rischia i suoi fondi e non è stata nemmeno consultata: se questi
sono i tempi barbari che stiamo vivendo ce ne facciamo una ragione ma non posso
essere di certo felice. Questo a prescindere dall’idea e dal nome: è pazzesco
che in Italia una decisione del genere venga presa da un presidente di ENAC».
Giuseppe Bonomi, che era presidente
di SEA e Alitalia all’epoca della nascita dell’aeroporto di Malpensa, è
altrettanto critico, ma da un altro punto di vista «Gli intestino il Colosseo,
ma non l’aeroporto», dice.
Egli sottolinea, infatti, di non
avere «nulla in contrario al fatto che vengano intitolate a Berlusconi vie,
piazze, ma (…) sono nettamente contrario alla scelta di Malpensa. Sono stato
colui che ha visto nascere questo aeroporto. L’ho fatto nascere, lo considero
come un altro figlio, l’ho difeso ed è stata una parte importante della mia
vita. Io e pochi altri abbiamo condotto importanti battaglie per difenderla.
Tra questi pochi nomi non c’era quello di Berlusconi».
Secondo Bonomi «da parte del governo
Berlusconi non ci fu mai un atto in difesa di quella che era ed è una
infrastruttura strategica del Paese. Ci fu una sottovalutazione. Ecco perché
pensare di intitolare l’aeroporto a Berlusconi è un’assurdità».
Da Leonardo da Vinci a Berlusconi
C’è poi il problema della rilevanza
del personaggio. Roma Fiumicino è intitolato a Leonardo da Vinci, quello di
Pisa a Galileo Galilei, quello di Genova a Cristoforo Colombo, quello di
Venezia a Marco Polo, quello di Bologna a Guglielmo Marconi, quello di Firenze
ad Amerigo Vespucci, quello di Catania a Vincenzo Bellini, quello di Palermo a
Falcone e Borsellino. Possiamo onestamente dire che si tratti di figure da
porre sullo stesso piano?
Comunque si tratta di figure
sottratte a dibattiti polemici di carattere politico. L’unico dei grandi scali
aerei italiani intitolato a un uomo di partito è quello di Torino, che porta il
nome di Sandro Pertini, aspramente attaccato da alcuni, ma che comunque ha
goduto di un consenso tanto ampio da portarlo ad essere eletto al Quirinale dal
Parlamento riunito, l’8 luglio 1978, con 832 voti su 995, corrispondenti
all’82,3%, la più larga maggioranza nella storia della Repubblica Italiana.
Ci sono, è vero, altri aeroporti,
nel mondo, che portano il nome di personaggi della politica: lo scalo di Parigi
è intitolato a Charles De Gaulle e quello di New York a John Fitzgerald
Kennedy. Ma non sembrano paragonabili a Berlusconi. Il primo perché è stato la
guida della Francia libera nella lotta contro il nazismo e il “padre” della
rinata Repubblica francese, il secondo perché ha costituito l’emblema del
dinamismo di una democrazia capace di proporsi una “Nuova frontiera” ed è
caduto in circostanze drammatiche che hanno commosso tutta l’America.
Questo ci porta, inevitabilmente,
alla valutazione del personaggio Berlusconi. Forse l’unico aeroporto di una
grande città italiana intitolato a protagonisti di un recente passato è quello
di Palermo, che è intitolato a Falcone e Borsellino, due magistrati caduti
nello lotta dello Stato contro la mafia.
Ma proprio il confronto con questo
esempio isolato evidenzia le radicali differenze rispetto al caso di
Berlusconi. Basti pensare all’inscindibile legame di quest’ultimo con il
palermitano Macello Dell’Utri, secondo l’opinione comune vero protagonista della
nascita di “Forza Italia» e artefice della sua struttura, “proconsole” del
Cavaliere in Sicilia.
Un compito svolto con grande abilità
e successo, ma anche con elevati costi sul piano della moralità e della
legalità. Sta di fatto che nel 2014 Dell’Utri è stato condannato a 7 anni di
reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Un prezzo bene
ricompensato, visto che nel suo testamento Berlusconi ha voluto testimoniare il
suo legame e la sua riconoscenza nei confronti dell’amico e collaboratore di una vita con una
“donazione” di ben 30 milioni di euro.
Un (cattivo) maestro
In realtà, per dare un giudizio
storico su Berlusconi bisogna soprattutto tenere conto che egli non è stato
solo un manager di eccezionali capacità imprenditoriali, non è stato solo, per
buona parte del corso della Seconda Repubblica, il capo indiscusso della
destra, governando più a lungo di qualunque altro premier: con le sue
televisioni, con la sua immagine – dove vita privata e vita pubblica si sono
fuse inscindibilmente – con il suo stile
politico , è stato un maestro.
Si deve in buona parte a lui, al
modello da lui rappresentato, ai suoi comportamenti, ai messaggi da lui
lanciati, la liquidazione del “senso del pudore” (in senso non solo fisico) che
in Italia non era mai stato intaccato, durante la Prima Repubblica, dal
conflitto tra comunisti e democristiani.
Dobbiamo a lui se gli italiani oggi
si sono in gran parte liberati di una serie di limiti etici – i cosiddetti
“valori” – che un tempo erano condivisi, al di là delle contrapposizioni
ideologiche e partitiche.
Resterà nella storia della nostra
Repubblica la vicenda che ha visto il Cavaliere sostenere di aver fatto
rilasciare (abusivamente) una sua escort marocchina perché convinto che fosse
la nipote del presidente egiziano Mubarak. Tesi ripresa e accolta in una
mozione dei partiti a lui legati in Parlamento! Per non parlare della sequela
di processi che ha caratterizzato la sua storia e la condanna giudiziaria che
lo definito ufficialmente un disonesto.
Tutto ciò non ha impedito nelle
ultime elezioni a una maggioranza di elettori di sostenere partiti che si
ispirano alla sua eredità morale e politica. Perciò è stato logico che la sua morte sia stata
celebrata dall’attuale governo, erede della sua linea, con il lutto nazionale,
come quella dei presidenti della Repubblica.
Il più divisivo personaggio della
storia repubblicana
È vero anche, però, che – proprio
per tutto questo – nessun personaggio della politica italiana dopo la guerra ha
determinato una così netta spaccatura nel paese e nell’opinione pubblica.
A una fanatica esaltazione da parte
dei suoi sostenitori, al grido di «Silvio c’è!» – ha corrisposto una feroce ed
altrettanto estrema avversione da parte di una sfera importante dell’opinione
pubblica, che ha visto in lui l’emblema della corruzione e del malaffare.
Da questo punto di vista
l’intitolazione di un aeroporto importante come Malpensa a Berlusconi non può
che esasperare la divisone del nostro paese. Certo, la decisione, è stata presa
da un ministro e vicepremier che gode della maggioranza parlamentare. Ma il
presidente Mattarella, nel suo discorso alla Settimana sociale dei cattolici, a
Trieste, metteva in luce il pericolo di una democrazia che, con la forza dei
soli numeri, si trasforma nella «dittatura della maggioranza», invitando a
trovare nel confronto con l’opposizione la base per una partecipazione di tutti
alla ricerca del bene comune
Salvini aveva ironizzato sul
pericolo di una dittatura della maggioranza. In realtà, già lo stile con cui il
governo sta gestendo il varo delle due grandi riforme dell’autonomia
differenziata e del premierato spiega le preoccupazioni del presidente della
Repubblica.
Ma proprio la decisione del nostro
vicepremier di intitolare un aeroporto che è di tutti a un uomo detestato da
quasi la metà degli italiani e contro la loro espressa volontà, conferma che
l’espropriazione dello Stato da parte di chi in Parlamento ha la maggioranza
(in realtà, in rapporto all’effettivo numero dei votanti, solo del 24,7% dopo le politiche, sceso al 22,7% dopo
le europee), non è solo un pericolo. Ma questa non è la democrazia.
www.tuttavia.eu
*Scrittore ed Editorialista.
Pastorale della Cultura della Diocesi di Palermo
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