Domenica
del pane che trabocca dalle mani, dalle ceste, che sembra non finire mai.
Commento di p. Ermes Ronchi
" E
mentre lo distribuivano, non veniva a mancare, e mentre passava di mano in
mano, restava in ogni mano".
Quello
del pane è l’unico segno riferito da tutti e quattro i Vangeli. Marco e Matteo
ne riportano addirittura due redazioni. Si tratta, evidentemente, di un evento
decisivo per capire la vita e il messaggio di Gesù.
Con
il segno del pane, più che davanti ad un eclatante miracolo siamo di fronte ad
una fessura di mistero.
Il
racconto è pieno di simboli bellissimi: è ormai primavera; c’è molta erba che
richiama i pascoli e il Salmo del buon pastore; c’è il monte grande simbolo
della casa di Dio; è vicina la Pasqua; ci sono i numeri: cinque pani e due
pesci che compongono il sette, simbolo della pienezza; c’è il pane d’orzo, pane
di primizia perché l’orzo è il primo dei cereali che matura, primo pane nuovo;
e c’è un ragazzo, neppure un uomo adulto, una primizia d’uomo.
Un
Vangelo pieno d’inizi e di gemme che fioriscono, per grazia.
Modello
del discepolo oggi è un ragazzo senza nome né volto, che dona ciò che ha, senza
pensarci, e così innesca la spirale della condivisione, il miracolo del dono.
Il
problema del nostro mondo non è la penuria di pane, ma la povertà di quel
lievito che incalza e spinge a condividere, a fare di ciò che hai un sacramento
di comunione.
“Al
mondo, il cristiano non fornisce pane, fornisce lievito” (Miguel de Unamuno).
“Credo
sia più facile moltiplicare il pane che non distribuirlo. C’è tanto di quel
pane sulla terra che a condividerlo basterebbe per tutti” (D. M. Turoldo).
Prese
i pani, ringraziò, diede.
“Ricevimi,
donami, donandomi mi otterrai di nuovo” (Rig Veda). L’uomo può solo ricevere,
la vita, il creato, le persone che sono il suo pane. Può solo ringraziare,
benedire, donare. E basteranno le briciole a riempire dodici ceste.
Noi
siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato alla fame d’altri.
Gesù,
sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò sul monte, lui da
solo. Rifiuta di essere fatto re, ma non rifiuta l’acclamazione a profeta.
La
profezia gli si addice: lui è bocca di Dio e bocca dei poveri. Ma dal potere,
da tutto ciò che circonda il nome di re, fugge lontano.
La
folla è religiosa solo in apparenza: cerca un Dio fornitore di pane a buon
mercato, che plachi le fatiche, i pianti, le paure che popolano il cuore.
Gesù
non vuole regnare su nessuno, ma porre vita nelle nostre mani. La sua. E
guidarci dalla fame di pane alla fame di Dio.
Noi
siamo fatti per la felicità, ma in questa furia di vivere che ci prende tutti,
non ci preoccupiamo di moltiplicare dentro di noi le sorgenti che, sole, danno
la felicità: saper accogliere, benedire, donare.
Cercoiltuovolto
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