Crepet, genitori e docenti formate giovani che siano "buoni naviganti che detestano la bonaccia". Il nuovo libro: "Mordere il cielo. Dove sono finite le nostre emozioni”
Bisogna
rieducare i giovanissimi ad avere contezza delle proprie azioni, bisogna
responsabilizzarli e non regalare loro “una bicicletta con pedalata
assistita”...
In
un’intervista alla giornalista Hoara Borselli lo psichiatra Paolo Crepet,
attraverso la presentazione del suo nuovo libro “Mordere il cielo”, sottolinea
l’importanza di alcuni aspetti concernenti l’educazione, i genitori e la
scuola. In particolar modo si sofferma sul ruolo dei genitori. Rifare lo zaino
ai propri figli è un gesto da genitore deficiente. Bisogna infatti rieducare i
giovanissimi ad avere contezza delle proprie azioni, bisogna responsabilizzarli
e non regalare loro “una bicicletta con pedalata assistita”.
La
nuova generazione non può e non dev’essere una generazione di giovani
ereditieri: attendere supinamente ed ereditare qualcosa da qualcuno. Questo
determinerebbe delle conseguenze estremamente negative. Genitori ed insegnanti
rappresentano delle guide molto importanti, dei punti di riferimento, ma
bisogna lasciare i giovani sperimentare e mettersi, giorno dopo giorno, alla
prova. Ed ecco la necessità di essere “buoni naviganti che detestano la
bonaccia”, sottolinea Paolo Crepet.
Mordere il cielo. Dove sono finite le nostre emozioni”
Dove sono finite oggi le nostre emozioni? Chiederselo non è un esercizio retorico, ma un interrogativo necessario. Viviamo in un mondo nel quale guerre, migrazioni epocali e nuove emergenze contribuiscono a creare un senso di precarietà, spingendoci a credere che le uniche modalità plausibili per sopravvivere siano la negazione e la paura. Solo che la prima ci condanna all'indifferenza, la seconda ci paralizza. In entrambi i casi, finiamo per relegarci in una solitudine che accomuna giovani e adulti, vecchi e bambini. Siamo all'età dell'atarassia, dell'insensibilità? Il rischio c'è, ed è sempre più concreto. Ai nostri giovani insegniamo a rimandare il momento di fare i conti con la vita vera. Li condanniamo a crescere fragili e spaesati. Rivendichiamo una scuola senza voti, riscriviamo per loro fiabe in nome del «politicamente corretto», privandoli della possibilità di far maturare le loro emozioni. Perché le nostre emozioni vanno allenate ogni giorno, ma, per crescerle e allevarle, occorre saperle sfidare, non negarle né rinunciarci. Preferiamo invece colmare quel vuoto emotivo con il cinismo e affidarci ciecamente ai nuovi prodotti dell'intelligenza artificiale, che minacciano di depotenziare le nostre capacità fisiche, cognitive ed emotive, la nostra meravigliosa imprevedibilità. La maggior parte di noi non è consapevole di questa diffusa anestesia dell'anima, ciascuno si limita a godere dei privilegi e del benessere materiale rinchiuso nel proprio bozzolo. Ignorando che in questo modo l'umanità intera rischia di imbarbarire. Ma, per chi lo volesse cercare, l'antidoto c'è. È l'empatia. Condividendo ricordi personali, incontri e riflessioni, Paolo Crepet ci esorta con passione a ribellarci all'indifferenza, a non aver paura delle nostre idee e neppure dei nostri inciampi. Ci invita a riappropriarci con audacia, quasi con sfrontatezza, delle nostre emozioni per tornare finalmente a «mordere il cielo».
Crepet, Mordere il cielo. Dove sono finite le nostre emozioni, ed. Mondadori, giugno 2024
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