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cura di Alex Corlazzoli
«L’insegnante
deve insegnare. Per farlo serve una capacità empatica e comunicativa, la
fascinazione. Se non apri il cuore, non apri nemmeno la testa delle persone.
Gli insegnanti dovrebbero essere sottoposti a un test di personalità che valuti
queste cose. Se uno non sa affascinare è meglio che cambi lavoro».
«L’esperienza
degli altri non serve a nulla, ma è utile quella che faccio io. Il mondo degli
adulti è diverso da quello dei ragazzi di oggi, che vivono nel web. La distanza
è abissale. Vanno ascoltati, bisogna capire il loro mondo. Noi non comprendiamo
il loro linguaggio, la ragione per cui devono continuamente essere connessi e
il bisogno che c’è dietro questa loro necessità. Inutile che ci rifacciamo alle
nostre esperienze quando queste cose non c’erano».
«Deve
esserlo. Ma va tenuta aperta fino a mezzanotte, in modo che oltre alle lezioni
mattutine i ragazzi possano trovarsi a scuola il pomeriggio, la sera, a fare
teatro, musica, a fare l’amore. In un contesto dove mancano luoghi di
socializzazione che non siano la strada o il bar, la scuola è un’opportunità».
«No.
Semplicemente mi rendo conto che il pc produce degli effetti su di noi. I mezzi
tecnici non hanno un’influenza solo nell’ambito specifico. Se non ho il
telefonino, vengo escluso socialmente. Se una madre mi dovesse chiedere se
mettere o meno lo smartphone nelle mani di un bambino che frequenta la scuola
primaria risponderei di darglielo, perché altrimenti verrebbe escluso. La gente
non capisce che i mezzi tecnici invadono la totalità del sociale, del
relazionale. La tecnica è soggetta del mondo e l’uomo diventa un funzionario
degli apparati tecnici: questa è la verità!».
«La
scuola prima non educava perché aveva professori che non avevano le
caratteristiche di cui le parlavo. Oggi non educa perché ha classi con 35
persone quando al massimo ne dovresti avere 12-15. Educare vuol dire condurre
qualcuno all’evoluzione, dall’impulso all’emozione, dall’emozione al
sentimento. Un ragazzo che ha sentimento non brucia un migrante che dorme su
una panchina, non picchia un disabile. Se queste cose accadono è perché la
scuola non ha educato. Per educare bisogna avere a che fare con la soggettività
degli studenti, che oggi è messa fuori gioco. Se è vero che al posto dei temi
si fa la comprensione del testo scritto, si è spostata la valutazione dalla
soggettività alla prestazione. A questo punto è chiaro che anche la scuola è
serva del modello tecnico. I ragazzi non contano più come soggetti ma solo
nelle loro prestazioni».
«Sono
quelli che lavorano di meno a sostenere questa tesi. È più facile correggere
una comprensione del testo scritto che un tema. La realtà è che siamo passati
da una scuola umanistica a un’educazione anglosassone, perdendo un’infinità di
valori della prima. La scuola anglosassone è empirismo, pragmatismo,
valutazione oggettiva».
«Direi
loro che non tutti possono insegnare. Uno che è alto un metro e cinquanta non
può fare il corazziere, così se uno non sa affascinare, comunicare, non può
fare il maestro, il professore. Lo dice Platone: si impara per imitazione. Io
aggiungerei anche per plagio. Preferisco un docente che plagia i ragazzi che
uno che li demotiva. Direi loro che il ruolo va abolito. Se uno non funziona lo
sanno tutti ma non si può far nulla, perché è di ruolo. Che cos’è questa
parola? Nessuno è di ruolo nella vita. Se un docente non è all’altezza va messo
fuori gioco. Perché se si licenziano operai là dove si producono oggetti non lo
si fa dove si formano le persone?».
«Le
maestre e i maestri della primaria sono i migliori di tutti gli ordini
d’insegnamento. Sono gli unici che non si occupano soltanto dell’apprendimento
ma anche dell’educazione emotiva dei bambini; sono quelli che individuano la
loro capacità di socializzare; le uniche persone che sono capaci di entrare in
relazione in termini affettivi; sono quelli che puliscono il sedere ai bambini
quando serve».
«Se
non l’ho fatto è perché non mi sono ritenuto idoneo a quel compito. Ognuno deve
conoscere se stesso e in base alle sue virtù deve fare quello che è capace di
fare. Se non l’ho fatto a 20 anni è perché non era nelle mie corde, ma per i
maestri ho una grande ammirazione.
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