Se Trump confonde Dio con la fortuna
- di Vito Mancuso
Dietro
le parole del Tycoon, subito dopo essere scampato all’attentato, c’è la lotta
millenaria tra chi crede nel Caso e chi nella Provvidenza.
Donald
Trump non si è sbilanciato nello scegliere la potenza grazie a cui egli è
ancora tra i vivi: se la fortuna o se Dio. Un istante prima non aveva avuto
dubbi nel dichiarare quale avrebbe dovuto essere il suo destino: “Non dovrei
essere qui, dovrei essere morto”, ma subito dopo ha lasciato prudentemente in
sospeso a chi attribuire il merito del suo essere rimasto in vita: “Per fortuna
o per Dio sono ancora qui”. Per
fortuna o per Dio; in inglese: “By luck or by God”. L’alternativa,
che nel discorso colloquiale scorre quasi inosservata, diviene dirimente non
appena si inizia a pensare: Scusi, per fortuna “o” per Dio? …
I
due concetti hanno una lunga storia all’interno del pensiero umano. Entrambi
rimandano a una potenza superiore e imponderabile da cui dipendono i nostri
destini: la dea Fortuna del paganesimo e il Dio personale dei monoteismi,
ovvero da un lato il cieco caso, dall’altro l’occhio vigile cui nulla sfugge e
tutto ordina. L’incertezza di Trump credo rifletta alla perfezione l’incertezza
della gran parte di noi. Ho detto “gran parte” perché sono consapevole che tra
noi vi sono anche persone per nulla insicure: coloro che attribuiscono tutto
solo al caso, e coloro che attribuiscono tutto solo a Dio.
I
primi non hanno dubbi sul fatto che tutto dipenda dal caso, per loro tutto
nella vita è casuale, a partire dal fatto che nell’universo vi sia la vita e
che al suo interno vi siamo noi che la viviamo. Il caso dominatore si chiama
fortuna quando si risolve in esito positivo, sfortuna quando l’esito è
negativo. I sinonimi sono numerosi: sorte (malasorte, buonasorte), ventura
(malaventura, bonaventura), fato, fatalità, destino, grazia (disgrazia), stella
(cattiva stella, buona stella), nonché termini più prosaici quali coincidenza,
accidente, combinazione, e altri più volgari di uso frequente che non è il caso
di nominare perché a tutti noti. Sull’altro versante non hanno nessun dubbio
neppure i super-credenti che attribuiscono tutto a Dio, non solo la creazione e
la direzione del mondo ma anche ogni singolo evento, dietro cui essi scorgono
sempre all’opera la mano di Dio perché per loro “non si muove foglia che Dio
non voglia”, nulla è casuale ma tutto è pensato e voluto da Dio. Chi ha
ragione? Chi sostiene che tutto è caso, o chi sostiene che nulla è per caso?
Alla
luce della prima alternativa a far muovere la testa a Trump di quel tanto che
ha impedito al proiettile di conficcarsi nel suo cervello è stato un
fortunatissimo caso, mitologicamente personificato dalla dea Fortuna dei romani
o dalla Tyche greca. Alla luce della seconda alternativa Trump deve invece
ringraziare Dio, perché è stato lui, perché “è stata la mano di Dio”, per
citare il titolo del film di Sorrentino, a fargli muovere la testa e così a
salvarlo dalla morte. Chi ha ragione?
La
guerra è antichissima, è combattuta nell’anima dell’occidente fin dalla sua
formazione, perché noi occidentali, americani compresi, ma naturalmente in
particolare i greci e gli italiani, abbiamo una duplice radice: quella
greco-romana che ci fa propendere per la fortuna, e quella ebraico-cristiana
che ci fa propendere per Dio. Oggi non ci pensiamo più (a quante antiche verità
oggi noi non pensiamo più!) e non solo Trump ma anche moltissimi di noi dicono
senza pensare “per fortuna o per Dio”. Nel passato però, quando le coscienze
erano più sorvegliate, le due ipotesi erano ben lungi dall’essere accostate
tanto leggermente: sant’Agostino, per esempio, riteneva la fortuna non una dea
ma un dono di Dio e quindi non tollerava che la fortuna venisse intesa come
alternativa a Dio: per lui, dire “per fortuna” non equivaleva ad altro che a
dire “per grazia di Dio”. Per Agostino la fortuna semplicemente non esisteva:
esisteva la provvidenza. Quando tale provvidenza si rivelava favorevole, era il
segno che Dio amava, ricompensava e proteggeva il soggetto; viceversa, quando
si rivelava negativa, era il segno che Dio castigava e puniva. Tutto, in ogni
caso, era sempre sotto il suo controllo. Anche Gesù la pensava così: “Due
passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a
terra senza il volere del Padre vostro. Persino i capelli del vostro capo sono
tutti contati” (Matteo 10,29-30).
I
greci e i romani invece vedevano il mondo dominato, se non del tutto, almeno in
buona parte, dal caso e dal capriccio. La dea Fortuna, non a caso femminile,
presenta un’iconografia che parla da sé: è femminile, perché gli antichi
ritenevano la donna più volubile dell’uomo (“la donna è mobile, qual piuma al
vento”), sta su una sfera a indicarne l’instabilità, muove una ruota che
simboleggia l’eterno girare delle sorti, è calva tranne una ciocca di capelli
che possono essere afferrati solo con molta difficoltà, è bendata, forse cieca,
e spesso viene raffigurata mentre va per mare a simboleggiare la percezione
della vita liquida molti secoli prima che Zygmunt Bauman consacrasse tale
metafora nell’immaginario contemporaneo.
By
luck or by God: l’incertezza di Trump è l’incertezza di tutti coloro che
riflettono e che, riflettendo, capiscono che il mondo è troppo organizzato e
troppo orientato alla vita e all’intelligenza per essere solo frutto del cieco
caso, e che, d’altro lato, è troppo ripieno di fatalità e di ingiustizie per
essere solo opera della provvidenza di un Dio giusto e benevolo (e se è davvero
un unico Dio a governare, allora non è sempre benevolo ma può essere anche
malevolo a seconda di come gli va, esattamente come l’islam pensa Allah).
Ci
troviamo così al cospetto di un’antinomia, come avviene ogni volta che ci
addentriamo nei cosiddetti “massimi sistemi”. Giungono quindi opportune queste
parole del fisico Niels Bohr, uno dei padri della meccanica quantistica: “Ci
sono due tipi di verità: le verità semplici, dove gli opposti sono chiaramente
assurdi, e le verità profonde, riconoscibili dal fatto che l’opposto è a sua
volta una profonda verità”. Sia l’impersonale dea Fortuna, sia il Dio personale
dei monoteismi, che pure si oppongono tra loro, sono profonde verità e vanno in
un qualche modo più profondo conciliate tra loro nella nostra mente. Come?
Ognuno risponda da sé ripensando a tutte le circostanze imponderabili, sia
fortunate sia sfortunate, avvenute nella sua esistenza, e a come esse lo
abbiano condotto a percepire qual è per lui o per lei il senso della vita. Noi
non sapremo mai se il proiettile partito dalla pistola dell’attentatore non
abbia colpito Trump “by luck” oppure “by God”. Quello che possiamo verificare
quotidianamente è l’indirizzo della sua azione politica: se essa si svolge
all’insegna di una libertà senza regole simboleggiata dalla Fortuna, oppure al
servizio del bene e della giustizia simboleggiati da Dio.
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