LE PAURE DEI GENITORI
intervista
a Paolo Crepet
a
cura di ASSIA NEUMANN DAYAN
«La
questione della gommapiuma è stata occasione di riflessione grazie al mio
magico incontro con Renzo Piano. Sua moglie gli aveva fatto leggere questa cosa
dei pavimenti antitrauma nelle scuole, immagino che per la moderna pedagogia i
bambini rimbalzino. Gli ho detto che era un abominio. La buona pedagogia deve
essere politicamente scorretta. Margherita Zoebeli diceva che ogni scuola
dovrebbe avere una siepe, cioè deve avere un posto dove nascondersi. Diceva che
se un bambino esce dalla sua classe per trovare gli amici non li deve trovare
subito, li deve cercare. Lei mi parla della paura della morte, qui invece c’è
la ricerca di una certa ansia, l’ansia di non ritrovare subito i tuoi amici,
un’ansia non consolata, ma quando riuscirai a trovare gli amici avrai molte più
emozioni, che è l’idea del libro. Se tu non insegni ai bambini a giocare, tu
non insegni ai bambini a perdere, perché il gioco è una pedagogia della
perdita. È più probabile che tu perda a nascondino che tu vinca, se fosse vero
il contrario quel gioco non sarebbe passato alla storia».
Lo
sa che nessuno gioca più a nascondino perché mamma e papà pensano che ci sia la
concreta possibilità che il bambino scompaia davvero?
Silenzio.
«Questa è una notizia che va di pari passo con la diminuzione, secondo me
notevole, dell’intelligenza, perché pure tua nonna l’avrebbe trovata una cosa
impronunciabile, non perché fosse una edotta pedagogista ma perché era una
donna di buon senso, e quindi in quanto tale avrebbe detto “badatevi”. Questo
ammorba anche i quarantenni, perché i quarantenni non sanno perdere, se finisce
un amore è la fine della vita, ma poi non è vero perché ne trovi altri quattro
su Tinder. La mia preoccupazione è questa neutralizzazione emotiva che noi in
maniera cocciuta stiamo realizzando. Qualsiasi cosa che porta lontano da questo
per me è interessante».
Nel
suo libro racconta che si sarebbe stupito se sua madre o suo padre avessero
ascoltato i Beatles. Cosa succede quando genitori e figli vanno d’accordo, o
quando professori e studenti occupano insieme l’università? Cosa succede quando
non esiste la ribellione?
«Mio
padre rideva di me. Questi genitori invece pensano di rivivere gli anni d’oro
occupando la scuola insieme ai figli. Succede questa sorta di mostruosa idea
della democrazia che non ci dice che abbiamo tutti gli stessi diritti, ma ci
dice - è una cosa terrificante - che siamo tutti uguali. Tra una mamma di 50 e
il figlio di 25 non c’è più nessuna differenza, tanto è vero che frequentano lo
stesso bar, si mettono i jeans tagliati e vanno all’occupazione del figlio
perché sono eternamente innamorati di sé stessi. Quel distacco tra Mozart e
Beatles è stato fondamentale per mio padre e per me. Mio padre non sapeva
neanche dove fosse il mio liceo, se l’avessi visto arrivare avrei pensato che
fosse morto il nonno. Le cose succedono solo se ci provi, è banale, ma è così.
Io a vent’anni andai in una giornata orrenda di novembre con la mia fidanzata
dell’epoca al Guggenheim a Venezia. Quel giorno non c’è nessuno, io e lei
visitiamo tutte le sale. A un certo punto troviamo questa signora, vestita come
la regina d’Inghilterra e io penso sia la capa dei camerieri. In un italiano da
americana ci chiede se volessimo una tazza di thè. Certo, grazie, rispondo.
Bene, era Peggy Guggenheim. Eravamo giovani, belli, e soprattutto sprovvisti di
assicurazione. C’era il bisogno di cercare qualcosa, di non accontentarsi di
quel che avevamo».
Cosa
ne pensa dei suoi colleghi che lavorano sui social, tra un vestito in prestito
e una diagnosi gratuita?
«Orrore.
Tutto il buonismo che viene veicolato dai social è orrore. È orrore puro perché
è rassicurazione. Un intellettuale o è scomodo o non ha senso di esistere. Noi
facciamo un mestiere duro, non pettiniamo i capelli per il verso giusto, siamo
persone inquietanti perché lo è il nostro mestiere. Io non vorrei andare in
farmacia e comprarmi l’antiacido per via di questi miei colleghi, io li trovo
tutti i giorni sa. Questi professionisti da balera che hanno paura di perdere
il consenso mi fanno ridere, perché è il fondamento di qualsiasi influencer: se
perdi il consenso perdi tutto».
Ma
non è pericoloso mischiare il consenso con la medicina?
«Terribile.
Orrendo».
Professore,
se permette, le farei un test di Rorschach al buio: le dico alcune parole e lei
mi dice cosa le viene in mente: registro elettronico?
(Parola
irriferibile, mi chiede di tradurre in italiano). Terrificante. La negazione a
trovare per ognuno la possibilità di andare contro qualcosa».
Empatia?
«Gli
esistenzialisti parlavano di Dasein, cioè, essere assieme. Tu non sei se non in
rapporto con l’altro. Come lei sa anche in America l’empatia sta perdendo
interesse, perché anche quella è complicata. Tutte le cose belle lo sono,
quindi si fa presto a capire cosa ci stiamo perdendo».
Ansia?
«Uno
stato meraviglioso. Chi non ha ansia mi è indifferente. L’ansia serve a non
perdere i treni. I neuroscienziati dicono che tutto passa per l’amigdala, ce
l’ha data la natura per avere paura, anche perché, se no avremmo avuto un
rapporto molto friendly con i mammuth».
A
proposito, nel bosco è meglio incontrare l’orso o un uomo?
«L’uomo,
sa fare più cose»
Harry
Styles?
«(Ride
ndr) È una persona a cui voglio molto bene».
Alzogliocchiversoilcielo
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