rispettare ogni persona
nella sua autenticità
Papa
Francesco risponde alle domande di giovani e anziani di America Latina, Usa,
Europa, Amazzonia colombiana, tutti membri della grande rete di Scholas
Occurrentes, l’organismo nato nel 2001 in Argentina come risposta culturale
alla crisi politica, economica e sociale del Paese e poi diffuso in tutto il
mondo, soprattutto nelle zone più povere, grazie al contributo dell’allora
arcivescovo Jorge Mario Bergoglio. Scholas, divenuta intanto fondazione
pontificia, compie ora dieci anni e per l’occasione ha organizzato a Roma un
congresso sulle “Città eco-educative” con 50 sindaci latino-americani ed
europei. L’evento si è concluso oggi, 25 maggio, con un incontro nell’Istituto
Augustinianum di Roma, a pochi metri da San Pietro, alla presenza di Papa
Francesco che, come sempre per gli eventi Scholas, partecipa a dialoghi in
hang-out, momenti di musica e canto, video, saluti e scambi di regali. E a
sorpresa si collega in diretta con una casa di riposo di Granada, uno dei
luoghi in cui il movimento Scholas porta avanti il programma globale
"Essere insieme", iniziato durante la pandemia.
Il
viaggio in Argentina
Il
Pontefice arriva all’Augustinianum intorno alle 16.30, quasi un’ora dopo
l’orario previsto, dopo alcuni incontri riservati nello stesso istituto. Fa il
suo ingresso in sedia a rotelle da una porta laterale, mentre sindaci,
ambasciatori, artisti, sportivi, influencers, imprenditori (come i proprietari
dei supermercati Piccolo o di Yamamay) e “amici” di Scholas, presenti in sala,
con le mani e i piedi riproducono il suono della pioggia. In sottofondo, le
note malinconiche di un fado alla chitarra. Una sindaca portoghese intona un
canto, un altro recita i versi di una sua poesia. Francesco sorride, ringrazia,
batte le mani. Poi parla con una giovane argentina tramite video collegamento
e, in spagnolo, risponde alla domanda se visiterà il suo Paese natale: “La mia
idea è andare l’anno prossimo, vedremo se si può”, ribatte Francesco.
Emergenza
educativa
Più
lunga e articolata la risposta del Papa sulla emergenza educativa e la
necessità di un Patto Educativo che già da tempo ha chiesto di stipulare in
ogni Paese per le nuove generazioni. “Quanti giovani oggi non hanno la
possibilità di ricevere un’educazione completa. Quante volte per la mancanza di
educazione sessuale si finisce nella commercializzazione dell’amore e l’amore
non è per commercializzare e i ragazzi non sono per essere usati…”.
“Educare
i giovani”, è l’invito insistente del Papa: “Che i ragazzi abbiano educazione è
un dovere dei genitori e della società intera. I ragazzi che non terminano i
cicli scolastici sono un peso per le società”. E che i ragazzi “non
commercializzino” né siano commercializzati è l’altro invito del Vescovo di
Roma: “La pornografia, in questo momento, è la commercializzazione più
dell’amore. E ad una persona che ama non gli piace essere usata così”. “È un
bene che la scuola abbia queste due priorità”, dice Francesco, incoraggiando il
lavoro di Scholas nei cinque continenti: “Andate avanti, ne vale la pena”.
Rispetto
per l'autenticità
Una
ragazza, tramite lo schermo, chiede al Papa cosa fare per superare la crisi del
suo Paese; altri pongono domande su omofobia, razzismo, bullismo. Il bullismo,
soprattutto, “è molto grave e distrugge la vita”, afferma Papa Francesco. “Ogni
uomo, ogni donna, ogni ragazzo, ogni ragazza ha il dovere di essere autentico e
il diritto di essere rispettato”, aggiunge.
È
una parola, “autenticità”, che “si usa molto ma che non si capisce”, invece “se
una persona si esprime così, autentica, gli altri rispettano la persona per
come è”. Il Papa amplia poi lo sguardo alle crisi che affliggono il mondo e,
come durante i momenti più duri della pandemia, ripete: “Una crisi devi
identificarla e accompagnare per uscire da essa. Da un conflitto non si esce, è
chiuso; da una crisi sì, a due condizioni: uno, da una crisi non si esce da
soli ma accompagnati. In secondo luogo, non si esce da una crisi nello stesso
modo: si esce o migliori, o peggiori”.
La
maglia di Maradona in dono
Tra
i tantissimi regali consegnati – dai Gesù bambino in ceramica ai libri, dalle
t-shirt ai quadri, fino a cestini pieni di prodotti artigianali – al Papa viene
donata anche una divisa del Napoli che ha recentemente festeggiato lo scudetto.
A consegnarla è il presidente della squadra Aurelio De Laurentiis che subito
indica il 10, il numero di Armando Maradona, l’indimenticato campione,
argentino come il Papa. “Lei è il numero 10 della Chiesa, il grande sostituto
di Maradona", dice. E dalla tasca tira fuori un altro dono, una piccola
riproduzione di un piede in oro, in memoria del pibe de oro: "Dal piede di
Maradona abbiamo tratto un piccolo piede identico. Glielo regalo per dare un
calcio a tutte le ingiustizie del mondo perché lei è sempre presente in questa
lotta”. Papa Francesco sorride, sussurra una battuta nell’orecchio, poi prende
in mano il pallone consegnatogli da un calciatore e saluta l’arcivescovo
dell’arcidiocesi partenopea, Mimmo Battaglia, che dice: “A Napoli ci stiamo
muovendo con il Patto educativo, soprattutto nei quartieri più difficili. Soli
come Chiesa possiamo fare poco, se ci mettiamo accanto agli altri è possibile
mettere i ragazzi al centro”. E anche aiutarli a sognare, con la verità:
“Perché la verità muove i sogni”.
Il
ricordo dei nonni a Buenos Aires
Di
sogni il Papa parla, concentrandosi sul tema a lui caro degli anziani, “los
abuelos”, i nonni. Lo spunto è un altro regalo: una scultura in bronzo
raffiguranti delle radici di un albero. E allora Papa Bergoglio parla delle sue
di radici, i nonni con i quali a Buenos Aires trascorreva intere mattinate: “Ho
avuto la grazia di avere i miei nonni in vita fino a quando ero molto grande,
il primo nonno che è morto avevo 16 anni. L'altro che ero già vescovo…. Siamo
migranti e i miei nonni paterni vivevano a pochi metri da casa. Mia nonna mi
portava da lei perché mia madre potesse lavorare con il secondo e prepararsi
per gli altri tre che avevamo. Siamo cinque... Passavo il tempo con i nonni
ascoltando la loro lingua, imparando. Con loro avevo i dialoghi più profondi,
da bambino ascoltavo, è lì che ho imparato i valori”.
L'importanza
delle radici
Il
Papa a 86 anni non dimentica quei momenti. Nessuno dovrebbe farlo: “C'è sempre
la sensazione di dover tornare alle radici”, dice. “Una società si rovina
quando l'unione tra la radice e il tronco si spezza, quando si secca Se non
prendiamo la linfa da lì, dalle radici, ci secchiamo”. Tornano le parole del
profeta Gioele, capitolo 2, versetto 1, sempre citate durante gli incontri con
la gioventù nei vari viaggi: “I vecchi sogneranno e i giovani avranno visioni”.
Possono farlo solo se legati l’uno all’altro; i giovani, in particolare, “non
possono sognare senza le radici, altrimenti sognano con il primo ambulante
della strada”, ammonisce il Pontefice.
Non
lasciare gli anziani soli
Da
qui un appello per tutti gli anziani che “non hanno il diritto di morire
nell'isolamento...”. Il Papa ricorda di quando da vescovo visitava le case di
riposo e le infermiere raccontavano di “vecchi” lasciati soli per mesi e mesi
dai parenti. “Il rapporto tra anziani e giovani è naturale. Una società che non
si prende cura di questo rapporto si ideologizza, si settarizza...”, avverte
Francesco. “Alcuni settori della società nascondono gli anziani”, invece c’è
solo da imparare dalla loro “sabiduría”, dalla loro “saggezza”. “Non perdete
l’illusione”, raccomanda Francesco ai giovani, “gli anziani vanno custoditi,
gli anziani hanno da dire e da dare saggezza, è necessario che i giovani si
avvicinino a loro”.
Adelante
“Adelante”,
dice infine il Papa all’intera rete di Scholas: “Avanti, non come pirati”,
scherza”. Infine, un altro lungo momento di saluti, strette di mano, foto di
gruppo con i sindaci che dal Papa ricevono il diploma delle Scuole Laudato si’:
“Non è un traguardo, ma un nuovo inizio”.
Vatican
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