Come fare?
-di
Marco Pappalardo
Dopo
la Pasqua, soprattutto quando si celebra a metà aprile, la conclusione
dell’anno scolastico sembra più vicina, considerato che si concentrano nelle
ultime settimane varie attività, tra cui le visite e i viaggi d’istruzione, ma
anche la chiusura dei diversi progetti. All’improvviso il ritmo cambia,
aumenta, particolarmente quello del programma da completare, delle verifiche e
delle interrogazioni. Spesso si comincia a correre a scapito del processo di
apprendimento, caricando gli studenti di un “peso” che solo alcuni reggono, i
più bravi e costanti nello studio, riuscendo però a demoralizzare anche loro a
volte, giusto quelli che ci tengono di più.
Grave
diventa invece il carico di chi fa del proprio meglio; tuttavia, ottenendo
normalmente voti sufficienti e più che sufficienti, perché al massimo stanno
dietro a qualche disciplina nel momento della corsa. Si perdono facilmente i
più deboli, coloro che hanno già alcune insufficienze, e non sempre sono
incapaci e svogliati.
Questo
cambio di passo è quasi una volata finale senza il gusto della vittoria persino
per gli insegnanti; infatti, passiamo ore e ore a programmare, a preparare le
lezioni, ad individuare le metodologie adeguate, e finiamo a questo punto
dell’anno col vanificare molto del lavoro svolto o col non vederne gli esiti
sperati: noi facciamo più fatica, gli alunni che seguono li contiamo sulle dita
di una mano, i contenuti bruciati!
Non
è sempre e dovunque così – qualcuno dirà – e sarò felice di ascoltare quali
dinamiche virtuose si possano introdurre per rendere le ultime settimane di
scuola appassionanti, che conducano all’estate non stremati, che lascino
l’acquolina in bocca per il mese di settembre. Senza dare la colpa a nessuno,
né scaricando le responsabilità su qualcuno, si tratta di scegliere delle
priorità: non svilire le nostre lezioni con sintesi vuote o sommando argomenti
che non sommeremmo mai in tempi normali; non dipendere dalla programmazione
iniziale, visto che è solamente una traccia per orientarci, non un’imposizione;
non pensare all’anno successivo e a ciò che mancherà, perché l’averlo scritto
sul registro entro giugno senza averlo fatto acquisire davvero, è solo una
vuota formalità; non dare pagine e pagine da studiare prive della nostra
competente mediazione, tanto per andare avanti, poiché è come affermare
l’inutilità della nostra professione.
Come
operare, dunque, tra fine aprile e nel mese di maggio? Considerare che tutto è
scuola compresi i viaggi, le visite, i progetti, valorizzando chi vi partecipa
e come, quindi uscendo dalla logica che i voti sono esclusivamente legati alle
discipline; operare scelte concrete tra gli argomenti del programma, favorendo
con sapienza quelli essenziali per il passaggio alla classe successiva o per
gli esami; verificare l’esperienza in modo da provare ad organizzarsi
diversamente per il futuro; confrontarsi con i colleghi e trovare le strategie
più equilibrate per mettere al centro l’apprendimento in una fase delicata;
chiedere agli studenti qualche sforzo in più, ma valorizzare poi questi sforzi;
puntare ad un’alleanza con la classe e non allo scontro finale; ascoltare gli
studenti – pure quando si lamentano – se desideriamo essere ascoltati e
seguiti.
Insomma,
non dovremmo scambiare la “fine dell’anno scolastico” con il “fine dell’anno
scolastico”, la programmazione in cui tracciamo delle linee con la progettazione
in cui guardiamo oltre, le indicazioni del ministero con la nostra passione
formativa ed educativa, l’accumulo dei saperi con la sapienza di cui basta solo
un pizzico.
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