EDUCAZIONE SENTIMENTALE
PER
ADULTI
-
di Rosella De Leonibus
…Non mi lasciare, / non piangerò più / non parlerò più, / mi nasconderò lì / a guardarti / danzare e sorridere / e ad ascoltarti / cantare e poi ridere, / lasciami diventare / l'ombra della tua ombra, / l'ombra della tua mano, / l'ombra del tuo cane, / ma / non mi lasciare…
(da “Ne me quitte pas”, di Jacques Brel).
È
con parole simili a quelle di questa indimenticabile canzone che si
esprimerebbe una persona che non fosse ancora consapevole di essere incastrata
in una relazione connotata dal breadcrumbing.
Cos'è
il breadcrumbing? Alla lettera è "spargere briciole", come si fa per
attrarre gli uccellini su un davanzale?
E’ Una formula di rapporto interpersonale, dove da un lato vengono
trasmessi pochi segnali vaghi e forse contradditori, che restano profondamente
ambigui, e dall’altro lato c’è la speranza che queste poche briciole diventino
un nutrimento vero, diventino un incontro pieno; speranza che diventa attesa
vana, attesa che diventa e attenzione ipervigile ai segnali stessi, attenzione spasmodica a immaginare come reale
quello che manca; mancanza che diventa negazione del dolore e della frustrazione e delle ferite che questo tipo
di relazione produce.
Chi
propone una formula del tipo del breadcrumbing non va oltre il flirt, non
procede oltre una frequentazione occasionale, non intende sbilanciarsi su
progetti futuri, ma utilizza opportunamente microsegnali di contatto affinché
l’altra persona continui a sentirsi legata, continui a sperare, a restare in
attesa, per essere immediatamente disponibile ad aprire il becco e mangiare
avidamente la piccola briciola che intanto sarà stata lanciata.
Sono
ascrivibili alla formula del breadcrumbing le relazioni che non iniziano mai,
quelle che rimangono sospese, quelle che sembrano improvvisamente poter
evolvere, ma non sfociano mai in un impegno condiviso. Lo descrive
efficacemente bene il dizionario inglese MacMillan: "qualcuno invia
messaggi o lancia segnali che suggeriscono interessamento, mentre in realtà è
sottintesa la reale intenzione di non iniziare una vera relazione".
MANIPOLARE
PER AVERE CONTROLLO
C’è
manipolazione emotiva, in questa formula di rapporto? Certo che sì, lo
sbilanciamento forte del potere nella relazione lo chiarisce subito. Io ti
cerco, ma se mi cerchi tu, mi nego. Io mi assento e scompaio appena dopo averti
agganciato, ma se sei tu che ti assenti, allora io ti cerco, neanche troppo
vistosamente, mando solo piccoli segnali, ma so che tu li coglierai perché hai
fame delle briciole che ti ho dato in pasto e ne vuoi delle altre, sembrano
così buone...
Semino
briciole, come i pescatori che “pasturano” le anse dei fiumi, sapendo che
l’indomani i pesci torneranno per avere cibo di nuovo, e so che allora ti
prenderò facilmente all’amo. Abboccherai di certo alla mia proposta di un
incontro intimo, alla mia richiesta di un qualche altro tipo di favore, magari
anche denaro o un regalo costoso, oppure ti prometto la cosa che hai sempre
sognato, ma certamente non definirò né come né quando, lascerò spazio ai tuoi
sogni perché facciano apparire reale nella tua mente quello che per me è solo
un’esca per pregustare quanto potere ho su di te.
Questa
ambivalenza è la mia arma segreta, come una specie di apparizione magica,
eccomi che arrivo, anche non direttamente, perché magari mi presento con un
messaggio, con uno stato di whatsapp, con un mio post ambiguo sui social, con
un commento o un like sul tuo profilo Instagram. Ti tengo a bagno maria, perché
così intanto ti avrò agganciato e, quando vorrò, tirerò la lenza ed eccoti
all’amo.
INDURRE
INSICUREZZA
Pian
piano, a forza di briciole, entrerò nel tuo hard disk mentale, imparerai a
ragionare come fa comodo a me, anche in mia assenza. Se io mi allontano, ti
domanderai mille volte cosa hai sbagliato. Penserai di avermi deluso, di non
essere abbastanza… non abbastanza interessante, non abbastanza capace di fare a
meno di me, non abbastanza veloce ad afferrare la briciola, a cogliere l’attimo
in cui arriva, a dirmi di sì appena appaio all’orizzonte… Allora ti verrà in
mente che la strategia migliore per avermi è non protestare mai, non chiedere
nulla, e restare semplicemente in attesa che le mie briciole cadano su di te
come manna dal cielo che dovrai mangiare subito, con gratitudine e fame, perché
sennò scompariranno. E in cuor tuo arriverai a coltivare la speranza che,
mantenendoti paziente e in fiduciosa passiva attesa, un giorno avrai l’intero
pane, non più solo questi frammenti.
La
tua ansia e il tuo dolore silenziosi, quelli che intanto stanno mangiando brano
a brano la tua autostima, sono preziosi per me, perché così tu diventi più
debole, hai più fame, e ti mangerai anche le croste ammuffite. Nel controllare
te, nell’averti sul mio schermo mentale come attraverso una telecamera di
sorveglianza (perché anche se non mi manifesto, ti controllo sempre, lateralmente,
per poterti buttare una nuova briciola quando stai per capire il gioco), mi
sento forte e potente. I tuoi sentimenti feriti? Le tue speranze deluse? Le tue
accuse e le recriminazioni con cui, al momento dell’esasperazione, mi
confronti, per me sono una profonda soddisfazione, il segno visibile della mia
efficacia. Dovrò solo decidere se tacitarti con una nuova briciola o farti
sentire in colpa, in errore per la tua assurda pretesa e la tua ingratitudine
davanti alla mia magnificenza.
Chi
si trova incastrato in questa formula tossica di rapporto (ma dovremmo dire,
più spesso, al femminile, incastrata, perché per la disparità di potere che c’è
ancora tra i sessi e la sensazione di dover dipendere dalle scelte dell’altra
persona è comunemente declinata al femminile), fa molta fatica a rendersi
consapevole dei meccanismi manipolatori a cui soggiace. Si scivola pian piano
nella sensazione di aver sbagliato qualche mossa nel gioco della relazione, si
immagina di poter fare qualcosa, o doversi astenere da certe azioni, per poter
rovesciare le sorti del rapporto e aver diritto a qualche briciola in più.
La
trappola è la seguente: attribuisco a me stessa, sulla scorta del suggerimento
implicito o esplicito del breadcrumber, la causa di questa avarizia affettiva
del partner, e mi illudo di poterne cambiare prima o poi il comportamento nei
miei confronti. Se poi succede di accettare briciole per anni e anni, si arriva
facilmente alla conclusione che questo è ciò che meritiamo, che non possiamo
accedere a nulla di migliore, che tanto è così che vanno le cose, che soffrire
fa parte dell’amore, e vai con autolesionismi emotivi di questo tipo.
CONTROLLARE
IL CONTROLLANTE
L’attenzione
di chi subisce si sposta pericolosamente sul comportamento dell’altro, a
decifrarne le regole implicite, come in un gioco di scacchi, dove devo evitare
di trovarmi bloccata all’angolo della scacchiera. Controllare il controllante
sembra allora la strategia migliore: se non faccio o non dico questo, se mi
pongo così o cosà, posso far cambiare il gioco. Mi dimentico che l’altro è un
professionista, e che al suo cospetto io maneggio solo da dilettante il
perverso strumento della manipolazione emotiva. Al contrario, l’unica via per
liberarsi da tale relazione tossica è tornare a centrarsi su di sé, e prendere
sul serio le proprie sensazioni di malessere, non minimizzarle più, non
immaginarle temporanee o frutto di un proprio errore, perché è proprio così che
entriamo nella trappola e ci chiudiamo il lucchetto da sole.
Tornare
alle proprie sensazioni, prenderle sul serio, seguire come evolvono in
relazione alle azioni del breadcrumber. Accorgersi che all’inizio c’è attesa e
speranza, c’è un attimo breve di entusiasmo e gratificazione, ma poi seguono
lunghi giorni amari e confusi, affannosi tentativi di cercare un senso, ansiose
attese di un nuovo segnale, e piccole speranze che si riaccendono, mentre nel
tempo ci sentiamo più deboli e il nostro orizzonte si chiude pericolosamente su
questa vicenda. Domandarci con onestà se è questo che vogliamo da una relazione,
se crediamo davvero che possiamo farci bastare le briciole, se crediamo davvero
che questa persona, proprio questa, non quella idealizzata che abbiamo
costruito nella nostra mente, potrà darci l’amore che gli stiamo offrendo,
quello che a noi sta costando tanta sofferenza muta.
USCIRE
DALLA TRAPPOLA
Accorgerci
di quanto fa male è solo il primo passo. Il secondo è destrutturare
l’idealizzazione di chi ci fa del male, guardare questa persona nell’insieme,
in un quadro unitario, e non a spot, come avviene con la luce stroboscopica,
dove si vedono solo immagini staccate, tra le quali la nostra mente, per non
entrare in dissonanza cognitiva, selezionerà quelle migliori e allontanerà
dalla percezione quelle indesiderate, ingannandosi sulla loro marginalità.
Spesso
è necessario uno sguardo esterno per accorgersi dalla trappola, e l’amico,
l‘amica, il familiare che ci somministra la doccia gelata della consapevolezza
non sarà certo un “ambasciator che non porta pena” … Ci ribelleremo come un
gatto arrabbiato al tentativo degli altri di farci aprire gli occhi, ci
preoccuperemo di difendere l’immagine del breadcrumber oltre ogni evidenza. È
difficile mettere in discussione se stesse e le proprie scelte quando siamo
sottilmente consapevoli che entrambe sono state ampiamente manipolate.
Bisognerebbe ammettere di essersi lasciate trasportare in un gioco che
gratifica solo l’altro; tuttavia, qualcosa comincerà a scalfire il muro di
omertà che abbiamo costruito intorno a questa relazione, e da lì può cominciare
il cammino di autoliberazione.
E' opportuno uscrire dalla trappola ed evitare di ricaderci.
Nessun commento:
Posta un commento