La
prima è che, dopo avere aspramente criticato il ministro dell’Interno del
governo Draghi, Luciana Lamorgese, per la sua presunta incapacità di frenare
l’afflusso di migranti nel nostro paese, i partiti di destra, ora che sono al
governo, si trovano di fronte a un incremento di arrivi che essi stessi
valutano del 300%.
«Da
quando Lamorgese è al Viminale, gli sbarchi sono aumentati in modo
esponenziale. Inerzia e incapacità di difendere i confini hanno reso le sue
politiche fallimentari. Basta scaricabarili, è il momento di comprenderlo: non
è adatta a fare il Ministro dell’Interno», aveva scritto su un tweet Giorgia
Meloni.
In
particolare, era stato Matteo Salvini a chiedere insistentemente le dimissioni
del ministro. «Ci sono decine di migliaia di sbarchi organizzati dagli
scafisti, senza che il Viminale muova un dito», aveva denunziato. Da qui la
critica senza mezzi termini alla Lamorgese: «Non è possibile che ci sia un
ministro dell’Interno assente (…). Limitare gli sbarchi si può, invito il
ministro a darsi una mossa».
Adesso
che la Meloni è a capo del governo e Salvini, oltre ad essere titolare di un
ministero chiave per la gestione dei porti – quello delle Infrastrutture –, ha
messo al posto della Lamorgese il suo ex capo gabinetto, Piantedosi, i fatti
stanno clamorosamente dimostrando l’infondatezza di questi attacchi.
Alla
ricerca del “colpevole”
Davanti
ai primi segnali che, col “nuovo corso”, le cose non solo non miglioravano, ma
si mettevano ancora peggio, il governo ha cercato un altro capro espiatorio
nelle navi delle Ong, accusate di favorire l’afflusso dei migranti e
addirittura di essere complici degli scafisti. Da qui il “decreto sicurezza”
dello scorso dicembre, con cui il governo ha drasticamente limitato l’attività
di soccorso di queste navi, imponendo la regola per cui esse non possono
effettuare più di un intervento di salvataggio alla volta, prima di dirigersi
non al porto più vicino, ma a quello loro assegnato dalle autorità italiane.
Per
aver contravvenuto a questa regola è tuttora sotto sequestro, a Lampedusa, la
nave «Louise Michel», finanziata dall’artista Banksy, “rea” di aver effettuato
tre salvataggi. E altre navi delle Ong hanno dovuto sottostare all’ordine di
andare a sbarcare le persone raccolte in porti distanti vari giorni di
navigazione, allontanandosi così dalle rotte in cui operano abitualmente per
effettuare i soccorsi.
Una
misura che si è rivelata, peraltro, inefficace, come del resto era prevedibile,
visto che il numero degli arrivi in Italia dipendeva dalle navi Ong solo per
poco più dell’ l’11%. Gli sbarchi in realtà avvenivano e continuano ad avvenire
attraverso barche e gommoni che si avventurano nel Mediterraneo stracarichi di
persone, correndo enormi rischi e spesso andando incontro a disastrosi naufragi
che hanno già provocato, in questi anni, 25.000 morti. La “colpa” delle Ong è solo
quella di aver salvato una piccola parte di questi disgraziati.
Poi
c’è stato il disastro di Cutro, che per la prima volta ha veramente scosso
l’opinione pubblica. «La mia coscienza è a posto», ha detto Giorgia Meloni. Ma
i fatti hanno dimostrato che cosa accade quando, invece di considerare l’arrivo
dei migranti in termini di “Ricerca e Soccorso” (SAR), in vista della loro
sicurezza, lo si concepisce come un problema di «difesa dei confini», secondo
l’espressione usata nel programma elettorale della destra.
Senza
questa scelta di fondo non si sarebbero mandati incontro al barcone che poi è
naufragato due mezzi della Guardia di Finanza, del tutto inadeguati ad
affrontare il mare grosso, ma delle motovedette della Guardia Costiera,
attrezzate per una operazione di salvataggio.
L’etica
di un governante si concretizza nelle sue scelte politiche. Se queste, anche
fatte in buona fede, comportano la subordinazione delle vite umane ad una
scelta strategica, qualcosa che dovrebbe inquietare la sua coscienza forse c’è…
Dopo
Cutro
Ma
anche in questo caso si è trovato subito un bersaglio su cui riversare
l’indignazione: gli scafisti. Il governo ha varato, così, un nuovo decreto, che
prevede un inasprimento delle pene per i trafficanti, con reclusione fino a 30
anni in caso di morte di più persone.
Non
solo: «Il reato» – ha spiegato la Meloni – «verrà perseguito dall’Italia anche
se commesso al di fuori dei confini nazionali (…) Quello che vuol fare il
governo è cercare gli scafisti in tutto il globo terraqueo». Ribadendo, al
contempo, il proposito di rafforzare la politica degli accordi bilaterali con i
paesi da cui i migranti partono, affinché li blocchino a terra.
Ed
è quello per cui si è già prodigata la nostra premier, che – continuando
peraltro una politica già iniziata nel 2017 dal ministro dell’Interno Minniti,
al tempo del governo Gentiloni – , ha appena rinnovato un accordo del genere
col governo libico, fornendo cinque modernissime motovedette alla sua Guardia
Costiera per fermare i migranti in partenza.
Una
linea che già dai tempi di Minniti, secondo la denunzia dell’ONU, ha dato luogo
alla nascita di centri di detenzione che sono dei veri e propri campi di
concentramento, dove tutti i diritti umani sono sistematicamente violati. Ma
che presenta anche un grave problema di coerenza con il proposito di cercare e
combattere gli scafisti «in tutto il globo terraqueo», visto che, stando a u
altro recentissimo rapporto dell’Onu, in Libia «la Guardia costiera coopera con
i trafficanti» (Francesca Mannocchi, «La Stampa», 3 aprile 2023).
Si
sapeva già da tempo che le autorità libiche erano inaffidabili e che i pretesi
tutori delle nostre frontiere erano in realtà spesso legati alle organizzazioni
criminali che gestiscono i traffici di esseri umani. Ora abbiamo la conferma
ufficiale che stiamo finanziando e armando quegli stessi scafisti che diciamo
di voler eliminare a tutti i costi.
Alla
ricerca disperata di nuovi “colpevoli”, il nostro ministro della Difesa, Guido
Crosetto, ha sostenuto che «l’aumento esponenziale del fenomeno migratorio che
parte dalle coste africane è anche parte di una strategia chiara di guerra
ibrida attuata dalla divisione Wagner». Eloquente il gelo che ha accolto, da
parte dell’Europa, questo tentativo di collegare il nostro problema migratorio
con la guerra in Ucraina.
E
allora? La sola carta che resta a questo governo, che evidentemente non sa che
pesci pigliare, è di accusare l’Europa e di invocare il suo intervento per
risolvere la situazione. Anche su questo punto, in realtà, Meloni e Salvini non
fanno che proseguire sulla linea dei governi precedenti che avevano tanto
criticato.
Un’illusione
ottica
Ma
esiste davvero il problema? Dalle statistiche ufficiali risulta chiaramente che
il numero di migranti assorbiti in Italia è molto minore di quello che viene
accolto in altri paesi europei. Nel 2021 a livello europeo i richiedenti sono
stati 535.000: la Germania ne ha “assorbito” il 27,7% (148.200), la Francia il
19,4% (103.800), la Spagna l’11,6% (62.100), l’Italia l’8,2%. Proporzioni
analoghe si sono mantenute nel 2022.
Anche
se sbarcano in Italia, gli stranieri mirano, nella maggioranza, a raggiungere
altri Stati. E comunque, ancora prima che la guerra in Ucraina ne aumentasse di
molto il flusso, il 50% degli arrivi in Italia provenivano dall’Europa
dell’Est, a fronte del 22% che arrivavano dall’Africa attraverso il
Mediterraneo. Ma quelli, come ha detto Salvini a proposito degli ucraini, non
sembrano creare alcuna emergenza, forse perché sono “profughi veri” (c’entra
nulla il fatto che sono di pelle bianca e di religione cristiana?).
Non
è vero neppure che questi nuovi arrivati tolgono il lavoro ai figli degli
italiani. Recentemente i giornali hanno riportato le insistenti richieste degli
imprenditori che non riescono a trovare mano d’opera. In una lettera del
Coordinamento Imprenditori della Provincia di Trento si legge: «Il DPCM del 29
dicembre 2022 ha stabilito che sono 82.705 i flussi di ingresso di lavoratori
stranieri per l’anno 2023. Il click day del decreto flussi è andato in
overbooking ad appena un’ora dalla sua apertura. Le domande presentate entro le
ore 10 del 27 marzo u.s. infatti sono state 238.335, il triplo delle quote
previste dal Decreto».
Forse
sarebbe l’ora di rendersi conto che siamo davanti a una gigantesca illusione
ottica, la cui origine è fondamentalmente ideologica. E che, paradossalmente, è
stata associata ai valori cristiani, di cui costituisce l’esatto opposto.
Esemplare ciò che scriveva l’eurodeputato leghista Borghezio, presidente
dell’organizzazione “Padania cristiana” ed esponente di punta dell’anima
cattolica della Lega, sul comandamento evangelico dell’amore del prossimo
scriveva: «Siamo e dobbiamo essere pervasi di amore verso i nostri simili ma a
cominciare da coloro che fuoriescono dal nostro stesso ceppo (…) «E’ solo
nell’ambito di questa ben delineata categoria di “prossimità” che deve
intendersi il precetto dell’amore fraterno. Di conseguenza, per quanto mi
riguarda, non è estendibile al vù cumprà o al vù lavà, certamente prossimi di
molte altre persone, ma non del sottoscritto. Grazie a Dio».
È
venuto il momento di capire che l’“emergenza”, per il nostro paese, non sono i
“clandestini”, ma questa ideologia e le leggi, ad essa ispirate, che li creano.
Il sostanziale (anche se inconfessato) razzismo che esse esprimono, oltre ad
essere in radicale contrasto col Vangelo, oggi danneggia seriamente anche la
nostra economia. Perciò la sola cosa seria da fare è smetterla di cercare
vanamente i “colpevoli” di un fenomeno epocale che in sé non ha nulla di
tragico – a renderlo tale è stata solo la nostra disastrosa gestione – , e ci
sforziamo di guardare d esso non come a una minaccia ma a una opportunità.
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