* PECORE,
PASTORI,
GUARDIANI,
CANI *
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Commento di p. Paolo Curtaz *
Inutile
cercarlo fra i morti, inutile imbalsamarlo, inutile seppellire Dio. È risorto,
anche in un mondo dilaniato da divisioni e violenza, in una rissa continua, in
un odio dilagante, travolgente, inarrestabile, in un Occidente che denigra la
pretesa cristiana e la possibilità stessa dell’esistenza di un Dio ragionevole
e senziente, amorevole e liberante,
È
una lunga festa di pietre rotolate, la Pasqua, un evento di massi ribaltati, di
definitività rimesse in discussione, di canti funebri interrotti. Una luce che
irrompe potente nelle nostre tenebre, una Parola che ci scuote mentre, tristi,
ci lamentiamo dell’assenza di Dio, come i discepoli di Emmaus.
Ma,
lo viviamo sulla nostra pelle, ci vuole del tempo per convertirsi alla gioia. E
percorsi interiori, strade dell’anime tracciate dallo Spirito per potersi
finalmente arrendere all’evidenza.
È
qui, il risorto. Raggiunge Tommaso. E i discepoli di Emmaus. E noi. Egli vuole
che nessuno vada perduto. Cerca ad una ad una le pecore smarrite.
Smarrite
per il troppo soffrire. Per gli scandali suscitati da uomini di Chiesa. Per la
nostra stupida inclinazione all’autocommiserazione. Per la paura di morire.
Viene,
conosce per nome ciascuno di noi.
E
non è come il pastore compassionevole di Luca, che si sfinisce finché non ha
ritrovato la pecora perduta. È muscoloso e determinato, il pastore di Giovanni.
Pronto
a fare a pugni pur di difendere le sue pecore. Pronto a dare la sua vita.
Entra
dalla porta
Entra
dalla porta della nostra anima il pastore. Sa come entrare, abita la nostra
interiorità, la sua forza è nell’amore verso Dio e gli uomini e la conoscenza
che ha delle cose di Dio.
Altri
si mascherano, ingannano, sono dei mercenari. Ma solo a lui, al pastore, stiamo
a cuore.
Quanto
è vero! Ancora oggi molti si occupano di noi solo per interesse. Per vendere
soluzioni al nostro disagio, per proporci soluzioni improbabili, per
manipolarci e ottenere consenso. Per impaurirci e controllarci.
A
chi sto davvero a cuore? A chi sta a cuore la mia felicità, sul serio, in
maniera disinteressata, solo per amore? I mercenari fingono di occuparsi di noi
ma, in realtà, si occupano solo del loro interesse.
Intendiamoci:
nessuno può agire al posto nostro, nessuno può occuparsi di noi meglio di noi
stessi. Siamo noi i capitani della barca su cui viviamo. Siamo noi i
costruttori del nostro destino.
Ma
altro è farlo seguendo un Maestro: il Signore. Altro improvvisandosi per ciò che non si è.
Gesù
Risorto che proclamiamo Figlio di Dio, rivelatore del Padre, è l’unico che sa
dove condurci, l’unico che ci conosce più di quanto noi stessi ci conosciamo.
Ci
spinge fuori
È
la voce che ci permette di riconoscere il pastore. È la Parola che vibra
possente e vera in noi che ci permette di distinguere il vero pastore dai
mercenari. Quella Parola che ci scuote, ci scruta, ci incendia, ci scompone, ci
innalza, ci rianima, ci svela, ci riempie. Quella Parola che meditiamo, amiamo,
celebriamo.
Se
la frequentiamo, se la amiamo, non possiamo sbagliare: è quella la Parola,
l’unica, che ci aiuta a riconoscere il vero Pastore.
Ci
chiama per nome, per rassicurarci. Poi ci caccia, ci spinge fuori. Fuori
dall’ovile, fuori dalle certezze, fuori dalle piccole isole in cui ci siamo
nascosti.
Fuori
dalle sacrestie, fuori dalla curia, fuori dal nostro piccolo mondo
auto-referenziale.
Ma
anche fuori dalle nostre certezze incrollabili, dai nostri cammini spirituali
definiti e statici, inossidabili e puri. Fuori dalle visioni piccine. Fuori.
Fuori
dalle nostre comunità per ricordarci che la Chiesa del cuore di Dio abita prima
nelle case. Fuori dai nostri programmi pastorali per ricordarci l’essenziale. Fuori
dalle nostre piccole certezze di fede messe a dura prova dalla paura di morire.
Fuori, in cammino, si riparte.
La
porta delle pecore
Al
tempo di Gesù le pecore venivano radunate durante la notte e chiuse in un basso
recinto fatto di pietre accatastate. A volte, ad aumentare un po’ la sicurezza,
di aggiungeva una fila di rovi spinosi, in modo da impedire ai ladri e ai lupi
di accedere e di fare scempio del gregge. Il recinto, normalmente, sorgeva nei
pressi del villaggio e radunava le pecore di numerosi proprietari. A turno,
poi, questi si alternavano per la veglia della notte, facevano la guardia: si
ponevano nell’unica apertura del recinto di pietre e, seduti, si appoggiavano
con la schiena ad uno stupite e con le gambe rannicchiate chiudevano il passaggio:
diventavano loro stessi la “porta” del recinto. Impedivano così ai
malintenzionati di avvicinarsi. Sul fare del mattino, quando arrivavano i
singoli proprietari, i pastori, bastava la loro voce per svegliare le proprie
pecore che, a questo punto, venivano lasciate passare per andare a pascolare.
Gesù
è quel pastore che passa la notte a vegliare, accovacciato all’apertura del
recinto di pietre, diventando egli stesso la porta che lascia passare solo chi
ha a che fare con le pecore e tiene lontano i nemici, i briganti, i ladri. Fino
a quando è lui a vegliare, fino a quando è lui il custode della porta del
nostro cuore no, non abbiamo nulla da temere.
Pastori
e guardiani
È
lui il Pastore. L’unico buono, l’unico bello, come abbiamo cantato nel Salmo. Oggi
chiediamo al Signore dei guardiani e dei cani che ci aiutino a seguire il
Pastore. Anime belle, anime vere, anime donate.
Il
risorto cerca guardiani e cani. Anime innamorate che lo aiutino a condurre,
lasciandosi condurre. Così siate, fratelli preti, così diventate, fratelli vescovi.
Guardiani e cani che saltano festanti intorno all’unico Pastore. Guardiani e
cani che odorano di pecora. Guardiani e cani che si inventano l’impossibile, in
questi tempi, per esserci.
Che
poi siate fragili, incoerenti, a volte burberi, poco importa. Siate, però,
innamorati.
Per
farci innamorare.
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