L’intelligenza artificiale darà una definizione di ciò che è umano»
- di EUGENIO GIANNETTA
Parto dal suo libro: «A differenza di
Bill Gates, Elon Musk, Mark Zuckerberg o Steve Jobs, Adrian Sterner non
prendeva ispirazione da utopie futuriste ma dalla lettura del libro più vecchio
del mondo, la Bibbia». Che rapporto c’è per lei tra tecnologia e religione?
Penso che se vogliamo capire questa
cosa non dobbiamo prenderla dal punto di vista dell’economia, né dal punto di
vista del potere, ma dal punto di vista della conoscenza religiosa e dei legami
tra le persone e Dio, e tra le persone nella società. E penso che da questa
prospettiva possiamo dire che oggi i social network, la rivoluzione digitale,
hanno creato e creano una nuova configurazione dei legami nell’umanità.
Nel libro lei parla di «una nuova
terra, puramente spirituale». È possibile in un mondo così denso di tecnologia?
Non credo che l’evoluzione
tecnologica abbia un’origine tecnica. Penso abbia la sua causa in una
rivoluzione spirituale. Quindi, con il metaverso, la tesi è dire che sia una
continuazione del motivo spirituale. Anche per Heidegger sarebbe un errore
pensare che la tecnologia non sia un progetto spirituale e filosofico.
Da una parte c’è il digital divide,
dall’altra la generazione Z immersa nella tecnologia. E poi c’è una generazione
di mezzo, i millennials. A chi pensava quando ha scritto questo libro?
Stavo pensando prima di tutto alla
mia generazione. Volevo descrivere in prima persona una situazione paradossale,
perché sono cresciuto alla fine degli anni ’90 e durante la mia infanzia sono
stati inventati i social network. La mia generazione penso sia a cavallo
tra due mondi, due realtà, e la mia vera riflessione è sulla prossima
generazione, quella che ha cinque o dieci anni in meno della mia, perché non
c’è grande divario, ma la differenza è enorme, perché questa generazione, più giovane
di me, non conosce e non ricorda un mondo diverso.
Il metaverso sta cambiando molte cose. Quali quelle buone e quali i pericoli?
La cosa negativa credo sia la difficoltà a misurare la realtà. Si può stare tutto il giorno a casa senza uscire ma al contempo esplorare il mondo, viaggiare, incontrare persone, andare all’università, visitare musei. Questo aspetto crea un’enorme solitudine, perché è la soppressione della nozione di mondo pubblico e la moltiplicazione di mondi individuali. Gli aspetti positivi sono le innovazioni nella scuola. Se pensiamo allo studio della storia non è la stessa cosa imparare leggendo manuali o vedere per esempio Roma ricreata in un mondo virtuale. Queste esperienze, che poi sono anche al centro del mio libro, saranno sempre più interessanti, perché di fatto permettono di viaggiare nel tempo.
Un tema di cui si parla è anche
quello della dipendenza da tecnologia.
È un tema difficile perché credo che
sarebbe impossibile e davvero limitante dire che dovremmo disconnetterci, perché
sarebbe impossibile farlo, ma viviamo in un mondo che è saturo di collegamenti.
La dipendenza penso sia impossibile da evitare. Penso la questione sia
riconciliare, non cancellare. La mia volontà, quando ho scritto questo romanzo,
era cercare di creare uno spazio di riconciliazione. Dopo la pubblicazione mi
ha reso felice sapere che studenti, che di solito non leggono libri perché
passano il loro tempo su internet, l’hanno letto e apprezzato. È stata una
soddisfazione e penso dovremmo cercare di conciliare così. Lo vedo anche su
Instagram. Ci sono molti account di poesia, per esempio, che hanno numerosi
follower. Penso l’obiettivo sia fare in modo che queste due vite siano sempre
più collegate.
A proposito di questo, Vangel, uno
dei personaggi del libro, è un poeta, qual è il suo rapporto con la poesia?
La poesia per me è la sublimazione
del linguaggio. Credo che in un romanzo ci siano molte cose che si possono
dire, ma molte altre dove non arriva la prosa e questo è stato il motivo che mi
ha spinto a inserire alcune poesie tra i capitoli. Queste poesie erano ciò che
il capitolo non poteva spiegare.
Per quanto riguarda l’intelligenza
artificiale, quali sfide vede per il futuro?
Una sfida meravigliosa, perché
l’intelligenza artificiale è una rivelazione. La macchina può imitare la mente
umana e la cognizione umana, e non solo imitare; a volte può fare meglio.
L’intelligenza artificiale ci pone però di fronte a un tema filosofico. Il
problema è l’esistenza di un divario tra la coscienza funzionale e la coscienza
fisica. Penso che alla lunga l’intelligenza artificiale ci darà una definizione
migliore e più accurata di ciò che è proprio dell’uomo.
Il tuo libro si apre con un suicidio filmato
in diretta. Si è molto parlato di questo tema in passato. Come si può impedire?
Internet e i social sono illimitati.
Gli utenti possono fare o dire assolutamente quello che vogliono e questo
modello è un modello pericoloso. È un ritorno alla legge della giungla. Penso
che questo modello di libertarismo sia pericoloso ma lo è anche il suo opposto,
ovvero un modello di forte regolamentazione. Anche le interdizioni possono
essere pericolose, se vediamo la configurazione di un social network quando l’algoritmo
può decidere di cancellare tutti i contenuti e gli account che vuole. Perciò
credo sia necessario creare uno spazio di fiducia.
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