La Pasqua del Signore: ci spinge ad andare avanti, a uscire dal senso di sconfitta, a rotolare via la pietra dei sepolcri in cui spesso confiniamo la speranza, a guardare con fiducia al futuro, perché Cristo è risorto e ha cambiato la direzione della storia …
Questo è l’invito: ricorda e cammina!
Se recuperi il primo amore, lo stupore e la gioia dell’incontro con Dio, andrai avanti. Ricorda e cammina.
VEGLIA
PASQUALE NELLA NOTTE SANTA
OMELIA
DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Le
donne, dice il Vangelo, «andarono a visitare la tomba» (Mt 28,1). Pensano che
Gesù si trovi nel luogo della morte e che tutto sia finito per sempre. A volte
succede anche a noi di pensare che la gioia dell’incontro con Gesù appartenga
al passato, mentre nel presente conosciamo soprattutto delle tombe sigillate:
quelle delle nostre delusioni, delle nostre amarezze, della nostra sfiducia,
quelle del “non c’è più niente da fare”, “le cose non cambieranno mai”, “meglio
vivere alla giornata” perché “del domani non c’è certezza”. Anche noi, se siamo
stati attanagliati dal dolore, oppressi dalla tristezza, umiliati dal peccato,
amareggiati per qualche fallimento o assillati da qualche preoccupazione,
abbiamo sperimentato il gusto amaro della stanchezza e abbiamo visto spegnersi
la gioia nel cuore.
A
volte abbiamo semplicemente avvertito la fatica di portare avanti la
quotidianità, stanchi di rischiare in prima persona davanti al muro di gomma di
un mondo dove sembrano prevalere sempre le leggi del più furbo e del più forte.
Altre volte, ci siamo sentiti impotenti e scoraggiati dinanzi al potere del
male, ai conflitti che lacerano le relazioni, alle logiche del calcolo e
dell’indifferenza che sembrano governare la società, al cancro della corruzione
– ce n’è tanta –, al dilagare dell’ingiustizia, ai venti gelidi della guerra.
E, ancora, ci siamo forse trovati faccia a faccia con la morte, perché ci ha
tolto la dolce presenza dei nostri cari o perché ci ha sfiorato nella malattia
o nelle calamità, e facilmente siamo rimasti preda della disillusione e si è
disseccata la sorgente della speranza. Così, per queste o altre situazioni –
ognuno di noi conosce le proprie –, i nostri cammini si arrestano davanti a
delle tombe e noi restiamo immobili a piangere e a rimpiangere, soli e
impotenti a ripeterci i nostri “perché”. Quella catena di “perché” …
Invece,
le donne a Pasqua non restano paralizzate davanti a una tomba ma, dice il
Vangelo, «abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, corsero
a dare l’annuncio ai suoi discepoli» (v. 8). Portano la notizia che cambierà
per sempre la vita e la storia: Cristo è risorto! (cfr v. 6). E, al tempo
stesso, custodiscono e trasmettono la raccomandazione del Signore, il suo
invito ai discepoli: che vadano in Galilea, perché là lo vedranno (cfr v. 7).
Ma, fratelli e sorelle, ci domandiamo oggi: che cosa significa andare in
Galilea? Due cose: da una parte uscire dalla chiusura del cenacolo per andare
nella regione abitata dalle genti (cfr Mt 4,15), uscire dal nascondimento per
aprirsi alla missione, evadere dalla paura per camminare verso il futuro. E
dall’altra parte – e questo è molto bello –, significa ritornare alle origini,
perché proprio in Galilea tutto era iniziato. Lì il Signore aveva incontrato e
chiamato per la prima volta i discepoli. Dunque, andare in Galilea è tornare
alla grazia originaria, è riacquistare la memoria che rigenera la speranza, la
“memoria del futuro” con la quale siamo stati segnati dal Risorto.
Ecco
allora che cosa fa la Pasqua del Signore: ci spinge ad
andare avanti, a uscire dal senso di sconfitta, a rotolare via la pietra dei
sepolcri in cui spesso confiniamo la speranza, a guardare con fiducia al
futuro, perché Cristo è risorto e ha cambiato la direzione della storia;
ma, per fare questo, la Pasqua del Signore ci riporta al nostro passato di
grazia, ci fa riandare in Galilea, là dov’è iniziata la nostra storia d’amore
con Gesù, dove è stata la prima chiamata. Ci chiede, cioè, di rivivere quel
momento, quella situazione, quell’esperienza in cui abbiamo incontrato il
Signore, abbiamo sperimentato il suo amore e abbiamo ricevuto uno sguardo nuovo
e luminoso su noi stessi, sulla realtà, sul mistero della vita. Fratelli e
sorelle, per risorgere, per ricominciare, per riprendere il cammino, abbiamo
sempre bisogno di ritornare in Galilea, cioè di riandare non a un Gesù
astratto, ideale, ma alla memoria viva, alla memoria concreta e palpitante del
primo incontro con Lui. Sì, per camminare dobbiamo ricordare; per avere
speranza dobbiamo nutrire la memoria. E questo è
l’invito: ricorda e cammina! Se recuperi il primo amore, lo stupore e la gioia
dell’incontro con Dio, andrai avanti. Ricorda e cammina.
Ricorda
la tua Galilea e cammina verso la tua Galilea. È il “luogo” nel quale hai
conosciuto Gesù di persona, dove per te Egli non è rimasto un personaggio
storico come altri, ma è divenuto la persona della vita: non un Dio lontano, ma
il Dio vicino, che ti conosce più di ogni altro e ti ama più di chiunque altro.
Fratello, sorella, fai memoria della Galilea, della tua Galilea: della tua
chiamata, di quella Parola di Dio che in un preciso momento ha parlato proprio
a te; di quell’esperienza forte nello Spirito, della più grande gioia del
perdono provata dopo quella Confessione, di quel momento intenso e
indimenticabile di preghiera, di quella luce che si è accesa dentro e ha
trasformato la tua vita, di quell’incontro, di quel pellegrinaggio… Ognuno sa
dov’è la propria Galilea, ciascuno di noi conosce il proprio luogo di
risurrezione interiore, quello iniziale, quello fondante, quello che ha
cambiato le cose. Non possiamo lasciarlo al passato, il Risorto ci invita ad
andare lì per fare la Pasqua. Ricorda la tua Galilea, fanne memoria, ravvivala
oggi. Torna a quel primo incontro. Chiediti come è stato e quando è stato,
ricostruiscine il contesto, il tempo e il luogo, riprovane l’emozione e le
sensazioni, rivivine i colori e i sapori. Perché tu sai, è quando hai
dimenticato quel primo amore, è quando hai scordato quel primo incontro che è
cominciata a depositarsi della polvere sul tuo cuore. E hai sperimentato la
tristezza e, come per i discepoli, tutto è sembrato senza prospettiva, con un macigno
a sigillare la speranza. Ma oggi, fratello, sorella, la forza di Pasqua invita
a rotolare via i massi della delusione e della sfiducia; il Signore, esperto
nel ribaltare le pietre tombali del peccato e della paura, vuole illuminare la
tua memoria santa, il tuo ricordo più bello, rendere attuale quel primo
incontro con Lui. Ricorda e cammina: ritorna a Lui, ritrova la grazia della
risurrezione di Dio in te! Torna in Galilea, torna nella tua Galilea.
Fratelli,
sorelle, seguiamo Gesù in Galilea, incontriamolo e adoriamolo lì dove Egli
attende ognuno di noi. Ravviviamo la bellezza di quando, dopo averlo scoperto
vivo, lo abbiamo proclamato Signore della nostra vita. Torniamo in Galilea,
alla Galilea del primo amore: ognuno torni alla propria Galilea, quella del
primo incontro, e risorgiamo a vita nuova!
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