Ascolto
e progetti pedagogici
per una cultura dell’infanzia
La
scuola come laboratorio di condivisione «È indispensabile coinvolgere famiglie
e territorio perché l’educazione avviene nell’intera comunità e non può
prescindere da essa»
-
di GIOVANNI BATTISTA SERTORI
Chiamiamo
infanzia la prima età dell’uomo compresa, in senso stretto, fra la nascita e
l’uso completo della parola e definiamo bambino l’uomo che vive questa prima
età. Per molto tempo il bambino è stato considerato come un adulto in
miniatura, una persona da adultizzare precocemente. È il messaggio che,
purtroppo, ancora oggi i media, la moda e alcuni programmi televisivi
trasmettono e che fa da riferimento educativo agli atteggiamenti e alle
aspettative di quei genitori che mettono al primo posto non il ben- essere dei
figli, ma il successo da raggiungere a tutti i costi.
Psicologi,
sociologi e pedagogisti, in particolare a partire dal secolo scorso, hanno
evidenziato come il bambino debba essere riconosciuto e valorizzato come tale
perché l’infanzia ha “dignità propria, da vivere in modo rispettoso delle
caratteristiche, delle opportunità, dei vincoli che connotano ciascuna fase
dell’esistenza umana” ( Linee pedagogiche per il sistema integrato zero sei).
L’infanzia,
allora, è molto più di un periodo della vita, è la concezione che l’adulto e la
società hanno del bambino. A ogni idea di infanzia corrisponde un atteggiamento
educativo da parte del mondo adulto. Alla visione di infanzia che ha una
propria dignità corrisponde un atto educativo che sa valorizzare la specificità
di questa età, senza lasciarsi condizionare da logiche dominanti che, nella
pratica, annullano la distanza tra il mondo del bambino e il mondo degli
adulti.
Dalla
dignità riconosciuta all’infanzia discendono i diritti dei bambini. Dare
risposte ai loro diritti e rispettare le caratteristiche di questa stagione
della vita è proprio di una visione dell’infanzia che si concretizza in
un’azione educativa che sa evitare precocismi, dà attenzione ai vissuti
concreti, non forza i tempi del bambino e lo accoglie con i suoi limiti e
potenzialità per valorizzarlo nella sua unicità e originalità. L’azione
educativa per essere efficace chiede la capacità di ascolto dei bambini perché
l’ascolto forma e aggiorna la cultura dell’infanzia evitando che resti
vincolata a visioni del passato senza aprirsi ai nuovi sguardi che la
complessità della società chiede di assumere per rispondere ai bisogni dei
bambini di oggi.
Parliamo
di cultura dell’infanzia non perché le singole fasi della vita sono divise da
confini e separate da barriere, ma perché siamo chiamati a creare le condizioni
che permettano ad ogni bambino di essere protagonista della sua crescita.
Cultura
deriva da coltivare. Si coltiva la terra prendendo gli opportuni accorgimenti
per rispettare e valorizzare la tipologia di terreno che ha caratteristiche
diverse da terreno a terreno, da zona a zona, si “coltiva” l’uomo preparando un
ambiente educativo che, valorizzando la dignità dell’infanzia, rispettando
l’unicità e l’originalità di
ognuno e personalizzando le azioni educative, permetta ad ogni bambino di
sviluppare tutte le potenzialità di relazione, autonomia, creatività e
apprendimento.
Oggi
i servizi e le scuole dell’infanzia che costituiscono il “sistema integrato di
educazione e istruzione dalla nascita ai sei anni” sono chiamati a vivere la
cultura dell’infanzia con una visione unitaria del percorso educativo.
È
il grande compito affidato ai servizi e alle scuole dell’infanzia: progettare e
vivere un percorso educativo, da condividere con le famiglie e il territorio,
che ha come riferimento l’infanzia con la sua dignità e suoi diritti e come
fine lo sviluppo armonico e integrale della personalità. Si progetta, allora,
non per disegnare schemi rigidi, ma per ricondurre sempre alla finalità i
diversi momenti educativi.
La
scuola, esercitando la sua autonomia che la rende libera nei confronti del
pensiero dominante, si contrappone, allora, a una rappresentazione
dell’infanzia che confonde il mondo dei bambini con il mondo degli adulti, per
proporre alle famiglie e al territorio un progetto educativo che salvaguarda il
pensiero, la meraviglia, lo stupore del bambino di fronte alla realtà alla
quale si avvicina con modalità che si differenziano da quelle degli adulti.
È
indispensabile coinvolgere famiglie e territorio nel processo educativo perché
l’educazione avviene nell’intera comunità e non può prescindere da essa. La
scuola diventa così un laboratorio di comunità per condividere e vivere insieme
la cura dell’infanzia con la consapevolezza che le relazioni che si vivono nel
territorio danno forma alla vita di ognuno.
Vivere
nella comunità la cultura dell’infanzia permetterà a ogni bambino esperienze di
vita buona che lo aiuteranno a dar forma alla sua vita e, diventato adulto,
anche dovesse dimenticare le azioni che l’hanno coinvolto e le opportunità che
gli sono state offerte, vivrà sempre il sapore e il profumo della cura ricevuta
e la bellezza della sua infanzia.
www.avvenire.it
Nessun commento:
Posta un commento