-di AGOSTINO GIOVAGNOLI
È sempre più diffuso l’equivoco secondo cui
sovranità popolare (il popolo come fonte di ogni potere) coincide con consenso
elettorale (che misura la forza dei partiti). Ma non è così: se la prima è il
fondamento della democrazia, il secondo è compatibile anche con regimi non
democratici.
Il modo in cui si sta procedendo la discussione sul premierato evidenzia già questa tendenza ad avvilire il Parlamento (oltre a svuotare il ruolo del Presidente della Repubblica, anch’egli espressione della sovranità popolare, attraverso la sua elezione parlamentare). Maggioranza e opposizione puntano fin da ora sul referendum (la prima ha già arruolato attori e cantanti per la campagna referendaria). Il messaggio è chiaro: la discussione in Parlamento non ha importanza, la maggioranza approverà e l’opposizione boccerà, poi il popolo sarà convocato per un grande scontro frontale. Che, da solo, non garantisce la democrazia. Usato per bypassare il Parlamento, infatti, il referendum diventa uno strumento per delegittimarlo. La discussione sul premierato parte male anche perché a presentarla è il governo in carica. Non è bene, infatti, che chi ha in mano il potere esecutivo proponga o addirittura imponga una riforma costituzionale così importante. De Gasperi non è mai intervenuto nei lavori dell’Assemblea costituente – tranne che sull’articolo 7 – e Matteo Renzi è stato giustamente criticato per aver fatto approvare, da presidente del Consiglio, una riforma costituzionale (poi bocciata dal referendum). Svilisce il Parlamento, inoltre, che una riforma così importante sia decisa da uno scontro pugilistico tra maggioranza e opposizione.
Chi ha il potere di imporre una riforma così importante ha il dovere non solo di ascoltare le critiche, ma anche di accoglierne le più importanti e non mancano oggi le voci sagge e competenti – anche all’interno della maggioranza – che ne evidenziano gli aspetti problematici. Quando si arriverà al referendum non sarà più possibile correggere errori o contraddizioni: si dovrà scegliere tra il Sì o il No, tagliando con l’accetta una materia che invece richiede il bisturi. Viola la sovranità popolare, infine, che discutendo di questa riforma non si faccia anzitutto riferimento alla Costituzione: massima espressione di tale sovranità è infatti il potere costituente, che entra in campo quando si devono gettare le fondamenta della vita comune (e non è questo il momento). Si argomenta che la Costituzione è stata frutto di un compromesso, che non ha un’impostazione unitaria, che tanti la interpretano in modi diversi... Insomma, poco più che buoni principi espressi in forma generica. Non è così, come ha ricordato il Presidente Mattarella pochi giorni fa. Il nucleo del compromesso costituzionale fu l’intesa raggiunta, tra tutte le più importanti forze politiche, sul primato della democrazia rispetto alle loro diverse ideologie: è questa la sostanza dell’antifascismo della Carta. Per la Costituzione la sovranità popolare non è solo un punto di partenza, ma anche un obiettivo da raggiungere, la democrazia non è solo un insieme di istituzioni, norme e procedure, ma anche un processo per affermare l’uguaglianza non solo formale ma anche sostanziale di tutti i cittadini, rimuovendo gli ostacoli che impediscono l’inclusione di chi è più emarginato, svantaggiato, in difficoltà. Una spinta che ha fatto crescere enormemente la società italiana ma che oggi sembra affievolirsi sempre di più.
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