a nascere,
venire alla luce,
venire al mondo,
per tutta la vita
«Sono
una mamma e nella vita faccio il lavoro più bello: l'infermiera. Ho bisogno di
aiuto per una ragazza che qualche giorno fa ha deciso di gettarsi da un
cavalcavia. Da quel volo è uscita viva ma con il corpo distrutto, avrà una vita
in carrozzina. Mi ha confidato che lei è uno dei suoi autori preferiti, allora
mi sono chiesta cosa posso fare per riportarla alla vita? Sì, perché vuole
ancora morire. Forse chiedo troppo, ma se c'è una possibilità di riportare il
cuore di questa ragazza alla bellezza della vita, perché non provarci? Due
righe potrebbero cambiare la vita a lei e ai suoi genitori che sono distrutti».
Lettere come questa mi riportano al perché fare lo scrittore e l'insegnante.
Infatti «portare alla bellezza della vita», come chiede questa donna, è di
sicuro lo scopo di queste due professioni, e di chissà quante altre... Uno
scopo descritto perfettamente dal Nobel per la letteratura Elias Canetti nella
sua conferenza-testamento, intitolata «La missione dello scrittore»: «Nessuno
sia respinto nel nulla, neanche chi ci starebbe volentieri. Si indaghi sul
nulla con l'unico intento di trovare la strada per uscirne, e questa strada la
si mostri a ognuno». Che cosa dire allora? Che parola? L'occasione ne richiede
una nuova, o da riscoprire. La dedico a questa ragazza.
La «nascenza» è quindi il dialogo continuo e fecondo con la realtà, un incontro che diventa «co-nascenza», cioè un nascere del mondo con noi e di noi col mondo. Reinterpretando l'Ulisse dantesco fatti non fummo per vivere come animali ma secondo «virtute», la vita buona, e «co-nascenza», cioè la vita in cui si nasce insieme a ciò che ci sta attorno, vita collegata, energie che si alimentano e moltiplicano a vicenda, come in un'orchestra. A proposito di musica, in una recente canzone intitolata «Tutti hanno paura», il rapper Ernia sintetizza in che stato è oggi la «nascenza»: «A breve sarò anch'io fuori dai venti/ I grandi mi tengon sotto, i piccoli crescon svelti/ Dovrei donare ai primi la fine che fa Saturno/ Ed ingoiare i secondi per rimandare il mio turno». Si riferisce al mito del dio che divora i figli appena nati perché sa che uno di loro lo eliminerà, cosa che infatti accadrà perché la moglie gli darà in pasto un masso anziché il neonato. Il rapper canta la paura della in-co-nascenza: l'adulto è da eliminare, il nuovo da divorare, pur di occupare la scena e rimandare l'appuntamento con la morte. La ragazza della lettera ha perso ogni speranza di co-nascere, e quindi ogni ri-co-nascenza: la gratitudine per essere venuta al mondo e la speranza di poter venire ancora al mondo. Eppure, un'infermiera decide di prendersi cura non solo del suo corpo e ascolta che cosa la lega (appartenenza) alla vita. Questa ragazza, senza energie per ri-nascere, può trovarle in chi ha deciso gratuitamente di «ri-co-nascerla». Può salvarsi grazie alla co-nascenza, cioè la scoperta che, benché le sembri di essersi ridotta al nulla, qualcuno la vuole viva. E un nulla, amato, diventa tutto. Quindi, la parola che riporta alla bellezza di vivere non è un fiato, ma carne: è l'infermiera.
La «nascenza» viene sempre da una appartenenza d'amore. Qualche giorno fa ho tenuto un racconto teatrale al quale avrebbe partecipato una ragazza che mi ha scritto parole più autorevoli delle mie, perché nate proprio da una «carrozzina»: «Sento una profonda gratitudine. Anni fa, uscita da un ospedale vicino a dove parlerai, in preda alla disperazione per la malattia che mi bloccava braccia e gambe, ho sentito nella morte l'unica soluzione possibile per me, la bellezza di quelle strade non mi parlava più. Poi però negli anni in sedia a rotelle, attraverso i libri il mondo è entrato nella mia stanza e leggendo ho sentito che valeva ancora la pena vivere». La via della co-nascenza sono stati dei libri. Adesso questa ragazza si occupa professionalmente di aiutare altri a uscire da situazioni critiche, la sua esperienza l'ha resa capace di «co-nascenza». Allo stesso modo gesti, parole, luoghi ci fanno nascere se sono «co-nascenza», cioè forme della creatività umana che creano appartenenza (carezze, lettere, libri, ospedali, scuole, spazi architettonici...) e attivano le energie vitali già presenti in ognuno, ma spente dalla disperazione. Un docente co-nasce con gli studenti, uno scrittore con i lettori, un giardiniere con le piante, un capo con i dipendenti, un politico coi cittadini. In ogni ambito, ciascuno nel suo, vivere è creare condizioni di co-nascenza. Solo così smettiamo di oscillare tra voler occupare tutta la scena e voler toglierci di scena, per paura di non esistere abbastanza, e ci apriamo all'unica forma felice di vita, quella che ci permette di nascere fino alla morte: la ri-co-nascenza.
Nessun commento:
Posta un commento