No, non si fa integrazione
censurando la Divina Commedia
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di Roberto Carnero
Sono
convinto che l’iniziativa dell’insegnante della scuola media di Treviso di
chiedere ai genitori di due alunni musulmani una sorta di “parere preventivo”
per un percorso didattico sulla Divina Commedia sia stata mossa da una buona
intenzione: quella dell’inclusione, dell’attenzione alle diverse sensibilità
presenti nella classe. Detto questo, però, va affermato con altrettanta
chiarezza che è stata un’idea sbagliata.
Il
ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha annunciato un’ispezione.
Benissimo: è nelle sue prerogative. Ma, per favore, non crocifiggiamo ancora
una volta l’insegnante, il preside, la scuola di turno, soprattutto quando
operano in contesti complessi e difficili. Se la buona volontà ha indotto a
compiere un passo falso, raddrizziamo il passo, ma sosteniamo la buona volontà,
facendo in modo che l’inclusione si persegua in modi fondati, sensati,
efficaci, e non – come in questo caso – magari persino controproducenti.
Perché
è sbagliata l’idea di prevedere la possibilità di esonerare gli studenti di
fede islamica dallo studio di Dante? La questione va affrontata su due piani:
religioso e culturale. Sul piano religioso, certamente la Commedia dantesca è
un’opera cristianamente ispirata, come lo sono gran parte dei capolavori della
letteratura italiana e occidentale in genere (compresa l’altra grande opera la
cui lettura è prevista in tutte le scuole, I promessi sposi), ma per leggerla,
comprenderla e apprezzarla non è richiesto un atto di fede. Allo stesso modo in
cui posso leggere l’Iliade o l’Eneide senza dover necessariamente credere in
Giove e in Giunone. Le opere citate sono pietre miliari della letteratura
universale.
Il
problema è forse più legato all’aspetto culturale. Vale a dire ad alcune
situazioni ed episodi presenti nel poema di Dante, che non sono verità di fede
ma elementi contingenti connessi alla mentalità medievale e alla cultura
personale dell’autore. Come è noto, Dante pone Maometto all’Inferno tra i
seminatori di discordia (XXVIII canto della prima cantica). Un lettore
musulmano potrebbe sentirsene offeso o turbato? È proprio la scuola a dovere
evitarlo, spiegando, contestualizzando, approfondendo, certamente non
censurando. Dante mette all’Inferno anche i non credenti («eretici ed
epicurei») e gli omosessuali («sodomiti»), ma per apprezzare la sua poesia non
dobbiamo sposare in tutto e per tutto il suo punto di vista.
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