16 Marzo 2025
Vangelo
- Commento di M. Augé
Gesù
offre ai tre discepoli prediletti, Pietro, Giovanni e Giacomo, una visione
anticipata della sua gloria di risorto, che culmina nella testimonianza del
Padre che rivela l’identità profonda di Gesù: “Questi è il Figlio mio,
l’eletto; ascoltatelo”. È da sottolineare l’invito all’ascolto, ripreso dalla
orazione colletta del giorno. Come ricorda il prefazio, poco prima dell’evento
della trasfigurazione, Gesù fa il primo annuncio della sua passione e morte e,
in seguito, indica le condizioni per seguirlo: “Se qualcuno vuol venire dietro
a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc
9,23). In questo contesto, l’invito ad ascoltare Gesù acquista un senso preciso
e particolare: ascoltate Gesù perché è mio Figlio; ascoltatelo nonostante le
parole che dice siano paradossali.
Fidatevi
anche se vi propone un cammino di sofferenza; seguitelo anche se dovete passare
per sentieri stretti e disagevoli. La trasfigurazione è la grande rivelazione
di Gesù, la scoperta piena della sua realtà a cui si è invitati attraverso
l’ingresso nell’oscurità della fede che ci conduce attraverso la via della
croce, sorretti dalla speranza, all’esperienza della risurrezione.
La
seconda lettura è un’esortazione alla speranza, non in una terra o in una
discendenza, come per Abramo, ma in Dio stesso che si pone come terra promessa,
come futuro capace di appagare pienamente le nostre attese: “La nostra
cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù
Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo
corpo glorioso”. La contemplazione anticipata della gloria di Gesù non ci
risparmia lo scandalo della croce, ma lo sostiene nella speranza.
La
pienezza perpetua e stabile della nostra trasfigurazione in Cristo avverrà
nella vita eterna, ma si prepara e anticipa qui e ora. La celebrazione
eucaristica è prefigurazione e anticipazione del banchetto eterno nel quale
contempleremo il volto glorioso del Cristo, quel volto trasfigurato di cui i
discepoli Pietro, Giovanni e Giacomo ebbero sul monte Tabor un saggio
transitorio.
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