giovedì 27 marzo 2025

ADOLESCENTI. COME DIVENIRE ADULTI


 
“Il miglior modo per distruggere un adolescente 

è quello di non dare limiti.

 

Vi spiego come funziona

 il suo cervello”. 


INTERVISTA ad Alvaro Bilbao



Di Vincenzo Brancatisano

 

Il miglior modo per distruggere un adolescente – scrive nel suo libro – è quello di non dare limiti, a casa e a scuola”. Eppure, più che una critica verso le nuove generazioni di adolescenti, dalle 256 pagine del libro “Come funziona il cervello di un adolescente. Consigli per prepararsi alla vita adulta”, dell’autore spagnolo Alvaro Bilbao, edito da Salani e appena uscito nelle librerie, traspare un grande amore e una grande stima verso ragazzi e ragazze: “Lavoro con loro da anni – ci conferma in questa intervista – e dico che gli adolescenti del 2025 mi piacciono molto: sono collaborativi, creativi e anche molto sensibili nei confronti delle diversità e dei bisogni degli altri, almeno nella maggior parte dei casi”.

Alvaro Bilbao è neuropsicologo e psicoterapeuta, padre di tre figli. Si è formato in centri prestigiosi come il Johns Hopkins Hospital, il Kennedy Krieger Institute di Baltimora e il Royal Hospital for Neurodisability di Londra. Ha collaborato con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, insegna in varie università della Spagna. Del suo lavoro dice: «Ogni volta che ricevo un nuovo paziente, scrivo un libro o tengo una lezione, spero che la mia conoscenza del cervello possa aiutare le persone a migliorare le loro vite”.

Tornando alla frase iniziale, colpisce molto il lettore l’immagine esposta nel libro laddove l’autore traccia un confronto tra gli adolescenti che fummo e gli adolescenti di oggi. Tante regole e poco affetto ricevuti un tempo dai propri genitori. Tanto affetto e poche regole, il fenomeno di oggi. Da un estremo all’altro. L’atteggiamento dei genitori determinava un tempo nei figli una scarsa autostima, ma al contempo stimolava in loro la produzione di grande capacità di risolvere i problemi quotidiani: Vi si legge: “Gli studi indicano che, se tale affetto non è accompagnato da regole e disciplina, può causare un altro tipo di problemi. Molti ragazzi e ragazze di questa generazione hanno ricevuto tanto affetto, ma ben poca disciplina. Forse non a tutti è successo così, ma a molti ragazzi e ragazze di oggi i genitori hanno comprato un altro gelato quando il loro è caduto a terra, sono andati a recuperare di persona il pallone dalla vicina o hanno scritto un messaggio nel gruppo per chiedere notizie sui compiti dei figli. Magari, insisto, non è successo a tutti, ma gli studi hanno dimostrato che da un po’ di tempo a questa parte i bambini e le bambine hanno avuto minori opportunità di risolvere i propri problemi da soli o di imparare a gestire le naturali frustrazioni della vita, e ciò può lasciare un’impronta nella capacità dei ragazzi e delle ragazze di risolvere i loro problemi e di essere più resistenti”.

E’ un libro che contribuisce a comprendere non solo il cervello degli adolescenti, ma anche le loro aspirazioni, le paure, gli errori possibili, l’ansia da prestazione e le fobie sociali, i segnali che portano al suicidio, il bisogno di conoscere e soprattutto quello di autoconoscersi, il ruolo degli adulti di riferimento, specie i genitori, che devono sorvegliarli ma sempre con la dovuta distanza e discrezione – spiega lui –allo scopo di non neutralizzare il processo di autonomia di cui hanno bisogno e diritto. E’ un libro che manda segnali diretti e indiretti alla scuola e agli insegnanti, allude alle dinamiche della classe, alla competizione che talvolta deborda dai limiti: “Sono certo che l’abbiate sperimentato in un gran numero di situazioni. Per esempio, nel caso degli studenti succede quando si ricevono i risultati di un compito in classe. Prima ancora di controllare se si è preso un bel voto o un brutto voto, la tendenza è di informarsi su che voto hanno preso i compagni. Ecco perché, quando si è preso un 7 e tutti gli altri hanno preso un’insufficienza la soddisfazione è maggiore rispetto a prendere 8 quando gli altri hanno preso 7. Il nostro cervello ha un meccanismo che ci porta a controllare e a paragonarci di continuo agli altri”.

E’ un libro scritto bene, con competenza scientifica e buona capacità narrativa. Coinvolge astutamente il lettore, sia egli un genitore o un insegnante o un terapeuta o anche un adolescente che vi può trovare spunti preziosi, specie nella seconda parte, laddove l’autore affronta con molto ottimismo ma senza dimenticare il rigore delle regole, il tema del futuro dei nostri ragazzi, quello delle necessarie anzi indispensabili relazioni e delle compagnie che meritano di essere coltivate e di quelle che sarebbe invece preferibile evitare quando dimostrano di essere tossiche, senza dimenticare il tema dell’orientamento verso gli sbocchi professionali. Certi consigli mirano a smorzare la tendenza a caricarsi di ansia e di stress, di cortisolo dannoso: “La vita – vi si legge – non è una partita a tennis non è necessario rispondere a ogni pallina”.

Secondo il quotidiano spagnolo El Pais, “Alvaro Bilbao si conferma fenomeno editoriale e punto di riferimento del parenting. Riferendosi al volume scrive che “questo libro contiene consigli e suggerimenti basati sulle più recenti scoperte della neuropsicologia per guidare nel percorso verso l’età adulta”. Nelle pagine che seguono, si legge nell’introduzione, troverete metafore, racconti e riflessioni che vi aiuteranno a trovare le parole giuste per parlare con i ragazzi dei temi per loro importanti in questa fase della vita. Potreste anche trovare delle idee in grado di aiutarvi a comprendere aspetti rilevanti che forse nessuno vi ha spiegato quando avevate la loro età. Come costruirsi una vita felice? Come orientarsi nella scelta degli studi? Come gestire il primo amore o il primo rifiuto? Perché è importante ascoltare il corpo e saper leggere le emozioni? Álvaro Bilbao ha già spiegato in altri libri come funziona il cervello dei bambini. Ora spiega come funziona quello degli adolescenti che tanto cambiano le vite di genitori, con chiarezza espositiva e con la ricchezza di esempi concreti messi a punto nella sua pluriennale esperienza sul campo”.

Professor Alvaro Bilbao, come sono gli adolescenti del 2025?

“Il cervello degli adolescenti è molto sviluppato dal punto di vista emotivo; quindi, ci troviamo davanti ad adolescenti che hanno una grande carica emotiva ma anche una scarsa capacità di gestire le emozioni e di risolvere i problemi. Ma io lavoro con loro e dico che gli adolescenti del 2025 mi piacciono molto sono collaborativi, creativi e anche molto sensibili nei confronti delle diversità e dei bisogni degli altri nella maggior parte dei casi”.

Lei scrive che i genitori devono continuare a essere presenti ma non come i compagni inseparabili che li hanno accompagnati il primo giorno di scuola o che hanno insegnato loro ad allacciarsi le scarpe. Ora il loro ruolo è un altro, “più simile a un porto sicuro a cui possono tornare quando sono tristi o preoccupati, a una persona saggia a cui chiedere consiglio quando sono confusi o disorientati, e a una rete di salvataggio che può dar loro una mano o mettere un limite se vediamo che stanno cadendo nel vuoto e hanno bisogno della nostra protezione per non farsi male”.

“Penso che lei abbia hai riassunto molto bene il senso del libro. Con i nostri figli adolescenti dobbiamo essere sì presenti nelle zone condivise salotto ma dobbiamo al contempo lasciare che passino il loro tempo nella camera da soli o a dialogare con gli amici o davanti a uno schermo affinché sviluppino i propri interessi. Bisogna inoltre permettere di studiare a modo loro. Ognuno ha un proprio modo di studiare: le ragazze ad esempio sottolineano, fanno gli schemi, strutturano bene gli argomenti, i ragazzi sono più disorganizzati, basta guardare i quaderni. Ognuno di loro ha un proprio stile. Noi genitori abbiamo il dovere di essere presenti e dobbiamo assicurarci di avere un controllo sui loro libri, sugli esami ed essere presenti per poter loro offrire sicurezza, limitandoci a parlare in cucina e o nel salottino. Possiamo anche provare ad ascoltare una loro lezione, sempre che lo chiedano, dobbiamo offrire un supporto ma non bisogna mai essere ansiosi, è importante evitare l’apprensione. Tanti genitori trasmettono molta ansia, altri sono molto assenti. Il lavoro dei genitori dipende dai bisogni dei figli”.

Lei sostiene che una delle cause che sta contribuendo all’aumento dei disturbi di salute mentale tra i ragazzi e le ragazze ha a che vedere con il modo in cui noi genitori educhiamo i nostri figli. Un tempo i genitori dedicavano ai figli poco affetto ma tante regole, con ricadute negative sull’autostima, ma imparavano in fretta a risolvere da soli tanti problemi della vita quotidiana e scolastica. Si è passati da un estremo all’altro?

“Sì. Abbiamo confuso la gentilezza con la permissività. Spiego sempre ai genitori che l’opposto di una educazione estrema non è l’educazione estrema al senso contrario ma un’educazione equilibrata dove ci sono norme, affetto e gentilezza. Un tempo Ma imparavano anche molto in fretta a togliersi le castagne dal fuoco perché non c’era nessuno che li aiutasse a farlo. Se ti cadeva un gelato, dovevi imparare a gestire la frustrazione perché i genitori dell’epoca non te ne avrebbero comprato un altro. Se non ti ricordavi di fare i compiti, non c’era la salvezza del gruppo WhatsApp, dovevi andare a scuola senza i compiti fatti”

Dal libro emerge che la vita non è un’isola del tesoro è un cambiamento fin dall’attimo in cui si nasce e anche un continuo cammino e dunque gli adolescenti devono essere rassicurati circa il fatto che nel corso di questo cammino conosceranno ogni tipo di persona e di ostacolo e loro saranno in grado di affrontarli, ciascuno a modo proprio.

“Più che un’isola del tesoro la vita è un cammino pieno di alberi, montagne e pianure, giorni aridi e giorni piovosi, giorni freddi e giorni caldi, giorni faticosi e giorni meno faticosi. L’adolescenza è una fase difficile per molti perché occorre far fronte a molti cambiamenti. Per la prima volta gli adolescenti si trovano di fronte a decisioni trascendentali e ad ostacoli difficili, lo studio non è più un semplice apprendimento. Ciò che dobbiamo insegnare loro è che fa parte dell’esistenza superare le difficoltà se vogliamo trovare la nostra strada e risolvere i problemi”.

Lei scrive nel libro che la prima cosa che ti insegnano quando entri in un programma di neuropsicologia e inizi a studiare il cervello è che non esistono due cervelli uguali. Tutti i cervelli sono composti dalle stesse parti e, tuttavia, ogni cervello è unico e diverso dagli altri. Eppure, i programmi scolastici e la didattica, al di là delle attenzioni rivolte agli studenti con difficoltà certificate, spesso non tengono conto della diversità delle varie intelligenze presenti in una classe e pretendono la stessa prestazione per tutti.

“La maggior parte dei docenti rivendica la necessità che le classi siano più piccole così da poter offrire una didattica personalizzata. Vero è che quando i bambini sono più piccoli i bisogni sono omogenei: somme e moltiplicazioni sono strumenti di base, ma via via che si arriva all’adolescenza ci si accorge che uno dei compiti dell’adolescenza è la specializzazione. Abbiamo ragazzi e ragazze che sono leader o pacificatori, inclini allo sport o inclini alle arti e cos’ via, dunque la cosa migliore sarebbe che i programmi fossero più vari per favorire la specializzazione per ogni alunno”.

La scuola punta alla conoscenza, oltre che alle competenze. Ma qual è la differenza tra la conoscenza e l’autoconoscenza, alla quale lei dedica molte pagine del volume?

“L’autoconoscenza comporta la conoscenza dei punti di forza e dei punti debolezza dei nostri adolescenti, quello che li fa arrabbiare o accendere positivamente, del gruppo che ci circonda. E’ una conoscenza diversa perché non si affida solo alla memoria ma soprattutto ricorre all’intuizione l’autoconoscenza è la migliore pillola che una persona possa prendere per prevenire e risolvere

molti dei suoi problemi. Per loro è difficile perché ancora devono sviluppare un’identità che devono svilupperanno poco a poco e questo è difficile perché gli esseri umani non sono sono semplici ma sono complessi: possono essere timidi ma al contempo volere stare con gli altri, possono essere felici ma sensibili per le sofferenze altrui, quindi conoscersi implica un lavoro complesso al contrario della semplicità”

Gli adolescenti sono continuamente in preda alle emozioni. Come fare per aiutarli a controllare le emozioni?

“Sono importanti due cose. La prima: servono precisi limiti esterni. Il miglior modo per distruggere un adolescente è quello di non dare limiti, a casa e a scuola. Dobbiamo imporre dei limiti circa il tempo da trascorrere sugli schermi, sulle le ore di sonno minimo. E come genitori e docenti dobbiamo mettere limiti anche su come si debbano trattare gli altri, limiti chiari così che li possano percepire e imparare. Spesso i docenti piu severi ottengono più rispetto da parte degli studenti”.

Ma ai docenti si chiede anche di essere empatici

“Certamente, l’empatia consente di creare una buona relazione. Tuttavia possiamo essere empatici nei confronti di un alunno che si è impegnato e che magari non ha ricevuto la valutazione che si aspettava. Ma un alunno che ci ridicolizza non necessita di nessuna empatia o che gli chiediamo: ti piace ridicolizzarmi. Quello che occorre a questa persona è un limite”.

Piccoli invita i genitori ad abituare i bambini e ragazzi a piccoli esercizi quotidiani, come rifarsi il letto.

“Serve per disciplina”. Dal libro: “Se un adolescente non si rifà il letto prima di uscire di casa,

dovrebbe iniziare da domani stesso! Farsi il letto non è solo una buona abitudine perché lo aiuterà a vedere la sua stanza più in ordine (e questo porterà maggiore calma e ordine mentale), ma anche perché lo aiuterà a iniziare la giornata in modo disciplinato. Questo piccolo gesto può sembrare insignificante, ma la verità è che in questo modo si manda al cervello un messaggio molto importante: «Porto a termine le mie mansioni». Quando uscirà di casa, sentirà di aver iniziato la giornata facendo qualcosa di positivo per se stesso e avrà abbastanza fiducia da continuare a portare

a termine i suoi compiti per il resto del giorno. Inoltre, se le altre cose che deve fare quel giorno non andassero come sperava, una volta tornato a casa saprà di aver fatto almeno qualcosa di positivo e proverà un certo orgoglio e la sensazione di avere il controllo sulla sua vita”.

Lei scrive nel libro: “Viviamo in un’epoca difficile per molti giovani. È sconvolgente il numero di ragazzi e ragazze che si sentono senza speranza o demotivati. Inoltre, nei paesi occidentali, è anche aumentato in modo allarmante il numero di suicidi tra gli adolescenti e i giovani”. Che cosa devono fare i docenti e i genitori davanti a certi segnali?

“E’ un tema molto serio che né i genitori, né i docenti devono prendere sottogamba come se sia uno scherzo. Se esiste un desiderio di morte occorre andare a capire e far sì che, se c’è una minaccia reale, venga intercettata.”

Una parte del volume è dedicata al futuro dei giovani. A questo proposito lei si sofferma molto sul tema dell’orientamento verso gli sbocchi professionali. Lei consiglia di scegliere usando la pancia più che la testa. E’ così?

“Alcuni adolescenti hanno bene in testa cosa vogliono fare da grandi altri hanno invece bisogno di un supporto. E’ importante che loro riflettano molto sulle cose in cui riescono meglio. Sì, il processo decisionale dev’essere più di pancia che non freddo e di testa”. Dal libro: “La migliore strategia che si può usare per trasformarsi in persone davvero brave a prendere decisioni (dopo aver ascoltato la pancia) è davvero facile: consiste semplicemente nel prendere decisioni. Quello che avete appena letto può sembrare una sciocchezza, ma gli studi hanno dimostrato che i ragazzi e le ragazze che prendono le decisioni migliori sono quelli e quelle che lo hanno fatto fin da piccoli. Che hanno deciso cosa indossare, a cosa giocare o come organizzare il proprio tempo. Invece, i ragazzi e le ragazze che nel corso della vita hanno seguito le decisioni ritenute migliori dai loro genitori di solito, una volta adulti prendono decisioni peggiori”. E ancora: “Nella mia esperienza professionale, le persone più felici a livello lavorativo sono quelle che, quando devono decidere, ascoltano le proprie emozioni e tengono conto sia dei loro talenti sia di ciò che gli altri gli chiedono. Le più insoddisfatte, le più pentite, sono quelle che, quando hanno dovuto scegliere, si sono unicamente basate sugli sbocchi professionali o sull’opinione dei loro genitori. Facciamo in modo che i ragazzi non appartengano a questo secondo gruppo”.

Orizzonte Scuola

 

 

Nessun commento:

Posta un commento