Carissimi
amici,
oggi
è salita al cielo la nostra grande amica Lia Sanicola, una delle fondatrici di
Famiglie per l’Accoglienza. Condivido con voi - insieme al dolore di questo
momento di distacco - la profonda gratitudine per quello che Lia ha
rappresentato per l’associazione e per tutti noi, per la sua opera e per la sua
testimonianza personale.
Assistente sociale, docente alle Università di Parma e di Friburgo, autrice di numerose pubblicazioni (tradotte anche in Francia e in Brasile), si è dedicata ad approfondire il metodo e le ragioni di ciò che vedeva accadere nelle nostre case. Ci ha accompagnato passo dopo passo a comprendere e approfondire l’accoglienza vissuta in famiglia, immedesimandosi con chiarezza e puntualità di giudizio, con intensa capacità di sintesi e attenzione mai lasciandoci “tranquilli”, anche in forza della sua vivacità e spirito battagliero.
A
partire dall’esperienza di fede vissuta nella stessa appartenenza al movimento
di Comunione e Liberazione, Lia ha sostenuto il nostro cammino promuovendone,
in modo specifico, la dimensione culturale e missionaria: ha dato vita, fra
l’altro, alla collana “Ritratti di accoglienza” presso l’editore Cantagalli,
nell’ambito della quale sono stati pubblicati diversi contributi sul tema
dell’affido e dell’adozione, che hanno dato voce a una novità e a una maturità
di giudizio per noi molto importanti ancora oggi.
Dal
2013 si è occupata in modo particolare di seguire la crescita dell’esperienza
delle case famiglia ed è stata presidente di Dimore per l’Accoglienza, nata
nell’ambito della nostra associazione come rete tra queste realtà.
Negli
ultimi anni ha vissuto il dolore della perdita del marito Daniele e la
sofferenza della malattia, ma è stata sempre per quanto possibile partecipe
della vita e dei fatti dell’associazione, come ha scritto in una testimonianza
(pubblicata nella Lettera Periodica n. 105 del 2018), che rileggiamo in questo
momento con grande commozione:
La sua testimonianza:
«All’inizio,
quando quest’opera è iniziata mi sentivo generosa, mi sentivo di offrire la mia
vita con quell’allegria che derivava dal fatto che mi sentivo protagonista
della mia vita.
Con
il passare del tempo mi sono accorta che non c’è solo la vita offerta, ma anche
una vita presa, c’è Qualcuno che prende la tua vita e la porta dove non avresti
immaginato.
È un passaggio di maturità grandissimo: oggi è più importante la vita presa che la vita offerta, infatti mi sono ritrovata a fare cose che non avrei mai pensato. Ad esempio, seguo le case famiglia: non l’ho voluto, ma è accaduto e io detto di sì. Dentro questa storia, mia e nostra, la vita comincia con un incontro, un avvenimento, che si espande continuamente e capisci che la vita chiesta è più importante della vita che pensi di aver dato.
Sono
nell’Associazione dalla sua nascita, da 35 anni. Che senso ha oggi per me
quest’esperienza iniziata tanti anni fa? Ha un senso se l’origine è presente
oggi, se l’avvenimento riaccade continuamente. In 35 anni io ho avuto anche
momenti di calo affettivo, di difficoltà - è normale come in un matrimonio -,
ma il luogo cui apparteniamo ci riprende, sfidando la nostra libertà: quello
che giustifica la mia presenza qui è quello che io vivo oggi, non quello che ho
vissuto 35 anni fa.
Oggi
vivo questo luogo secondo modalità diverse, secondo circostanze diverse. Quello
che ti viene chiesto cambia nel tempo, quello che non cambia è il cuore con cui
rispondi, anzi il cuore si espande e troverà forme diverse perché anzitutto la
vita sia importante e piena.
Ma
non si vive di rendita. Non si può, soprattutto in un’opera come la nostra, che
è fatta di lacrime e di grandi gioie nel vedere fiorire la vita degli altri.
Quand’anche sembra che non fiorisca tu, non puoi sapere cosa c’è dentro il
mistero di quella vita, non sai cosa sarebbe quella vita se tu non ci fossi
stato, non lo sai! Ecco che cosa cerco di non dimenticare mai: liberi
dall’esito sì, ma liberi nel senso di avere un cuore grande, perché l’esito c’è
sicuramente, anche se non è sotto il nostro controllo.
Don
Luigi Giussani ci diceva spesso che Famiglie per l’Accoglienza è un segno
grande per la società. Ce lo ha ricordato anche ultimamente mons. Massimo
Camisasca: “Voi siete i nuovi monaci, voi avete nella società di oggi la stessa
funzione che hanno avuto i monaci nel Medioevo, cioè portate un segno di
umanità e una cultura che non è appariscente”, anzi tante volte avviene nel
buio nel silenzio. Non è solo un’ipotesi, ma una certezza».
Nessun commento:
Posta un commento