Una
scuola che guarda più al passato che al futuro. È questa l’idea che si è fatto
Italo Fiorin, coordinatore del Comitato scientifico delle Indicazioni Nazionali
del 2012, dopo una prima lettura delle nuove Indicazioni diffuse dal
Ministero dell’Istruzione e del Merito nei giorni scorsi. Noi di
Tuttoscuola le abbiamo sfogliate e commentate con lui.
Professor
Fiorin, cosa pensa di queste nuove Indicazioni?
“Sono
appena uscite. Si tratta di un testo abbastanza corposo che va letto con
attenzione. Dopo una prima lettura l’idea che mi sono fatto è questa: ci sono
delle cose belle e delle cose nuove, ma le cose belle non sono nuove e le cose
nuove non mi sembrano molto belle. Il tutto condito con abbondante retorica.”.
E
cosa c’è di bello che non è nuovo e di nuovo che non è bello?
“E’
una buona cosa che venga, perfino più volte, fatto riferimento alla
Costituzione, e che venga ribadita la centralità della persona, alla quale
anche le Indicazioni precedenti davano molta attenzione. Così come non
condividere l’importanza di una azione didattica che valorizzi i talenti, che
educhi alla responsabilità, che promuova l’autogoverno in classe… Tutto
questo, però, condito da una retorica esortativa, ripetitiva, pedantesca. A
parte il tono, sono cose nuove? Valutera’il mondo della scuola. E le
perplessità iniziano già dal titolo della Premessa. Nella Indicazioni 2012 il
titolo ‘Cultura, Scuola, Persona’ esprimeva con immediatezza l’idea che la
scuola aiuta la persona a realizzarsi tramite la cultura. Ma nelle Indicazioni
‘nuove’ quale è il messaggio di ‘Persona, Scuola, Famiglia’? Forse si vuole
ribadire l’ovvia importanza che hanno per lo studente la famiglia e la scuola,
definite ‘colonne portanti’ della sua educazione? Leggendo le nuove Indicazioni
siamo di fronte al ritrattino di una famiglia ‘ideale’, una famiglia che è
difficile trovare nella realtà della nostra attuale società. E non basta
richiamare dispositivi formali, come i patti di corresponsabilità, a coprire il
vuoto di una fragilità genitoriale, quando non di una assenza, o di una
distanza culturale che pone domande nuove alla scuola di oggi. E, quanto all’
attualità di queste nuove Indicazioni, mi chiedo in quale Italia si collochino,
visto che il tema dell’intercultura è pressoché assente.
E
sul piano didattico ha riscontrato delle contraddizioni?
Non
poche. Ad esempio, da un lato si fa riferimento a un’impostazione di
origine attivistica e costruttivista, che dovrebbe incentivare il protagonismo
dell’alunno; dall’altro l’impostazione è precettistica, in certi casi fino alle
minuzie, vi si respira un paternalismo didattico soffocante. Cosa dire, ad
esempio, della didattica proposta per l’insegnamento della storia, dove
addirittura si nega che gli alunni possano apprendere lavorando sulle fonti e
sui documenti e si pensa che il modo migliore di insegnare sia quello di
raccontare le cose mettendoci passione? Come conciliare questa sfiducia
dichiarata nella capacità degli alunni di lavorare sulle fonti, anche le più
semplici e di interpretare documenti, mentre tra le competenze attese in lingua
e letteratura, nella scuola primaria, si dice che i bambini devono essere
capaci di comprendere “le intenzioni dell’emittente e l’affidabilità
della fonte”? Ci sono poi non poche affermazioni sconcertanti, disseminate tra
le pagine, come quando si raccomanda di “leggere testi che contengono idee
intelligenti” o di attingere dal “patrimonio letterario italiano e straniero”.
Naturalmente mi ripropongo una lettura approfondita, ma mi sembra che
queste Indicazioni abbiamo uno sguardo rivolto al passato e non al futuro, che
propongano un’idea di scuola anacronistica e che ci riportino a una logica che
è più quella dei vecchi Programmi che non quella di orientamenti pensati per
una scuola del XXI secolo”. Se, come enfaticamente ho sentito dire, sono
scritte guardando al futuro, si tratta di un futuro distopico.
Che
tipo di docente emerge da queste nuove Indicazioni?
“Sul
docente vengono spese parole importanti. C’è una evidente preoccupazione di
ribadirne l’autorevolezza. Si dice che il docente è ‘magis’, e si
scrive maestro con la M maiuscola. Lo si vuole in cattedra, ben eretto
sulla predella che ne sottolinea l’asimmetria. Ma i grandi maestri sono quelli
che tolgono la cattedra per fare spazio agli alunni, come fece Mario Lodi, non
solo metaforicamente. È necessario ricordare che accanto al
‘magis ‘ di magister ci debba essere il ‘minus’ di minister,
che, nel latino tanto caro agli estensori, significa colui che si mette al
servizio, dal basso di una vicinanza e non dall’alto di una cattedra.
L’autorevolezza di cui parlano le nuove Indicazioni è un’autorevolezza che
viene definita per principio, dovuta a priori. Forse sarebbe bello, ma la
realtà, non quella immaginata, non quella del libro Cuore, ci insegna che
l’autorevolezza va conquistata. Come dice una bella poesia di Korczak, il
difficile non è abbassarsi all’altezza dei bambini, ma innalzarsi alla loro
altezza…”.
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