Portare speranza in un mondo di divisioni e trincee
Il cardinale
presidente della Cei ha guidato Il pellegrinaggio giubilare dell’arcidiocesi di
Bologna: mentre oggi si prepara la pace armandosi è quanto mai necessario
accendere la speranza ed "essere il riflesso dell’amore di Dio.
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di Isabella Piro – Città del Vaticano
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La
processione verso la Porta Santa
L’invito
a pregare per Papa Francesco e a guardare al suo servizio, che “ricorda a tutti
noi di essere servi” nei confronti del prossimo, il cardinale Zuppi lo aveva
rivolto in particolare, il 22 marzo, ai circa duemila fedeli di Bologna giunti
a Roma in pellegrinaggio giubilare. Nel pomeriggio dello scorso sabato, il
porporato ha guidato la processione dei pellegrini bolognesi lungo via della
Conciliazione fino alla basilica Vaticana. Quindi, dopo aver attraversato la
Porta Santa, all’altare della Confessione, l'arcivescovo ha presieduto la
Messa, concelebrata, fra gli altri, dai vicari generali dell’arcidiocesi, i
monsignori Stefano Ottani e Giovanni Silvagni, e da alcuni sacerdoti diocesani.
Ripudiare
la guerra invece di preparare la pace con le armi
Nell’omelia,
il cardinale Zuppi ha sottolineato l’importanza, per i cristiani, di essere “il
riflesso dell’amore di Dio” e diventare “segni di speranza”, soprattutto in un
mondo che “si divide e si chiude”, in cui i confini sono diventati “trincee e
non cerniere”; in un mondo che “esclude il povero”, non accetta lo straniero e
ritiene “normale” il fatto che “i nostri fratelli muoiono in mezzo al mare”; in
un mondo attraversato da semi di odio, ingiustizia e ignoranza, “che non
ripudia la guerra e che pensa di preparare la pace armandosi, invece di
investire nelle realtà capaci di risolvere pacificamente e con il diritto i
conflitti”; in un mondo che “scarta la vita e la rende insignificante perché
non amata”. In un mondo così, ha aggiunto il porporato, è quanto mai necessario
sentire “la grazia” di essere del Signore per accendere la speranza, perché “la
speranza, a differenza del fatalismo, affronta il male”.
Voler
cambiare il mondo non è ingenuità, ma speranza
In
fondo, il senso del pellegrinaggio e del Giubileo, ha aggiunto l’arcivescovo di
Bologna, è proprio questo: convertirsi per “prendere sul serio la
misericordia”, per “essere pieni di speranza” e rianimarla anche nel prossimo,
rendendola “contagiosa per quanti la desiderano”. Perché “non è da ingenui
voler cambiare il mondo, ma da figli della speranza”.
La
Chiesa è comunione
“Abbiamo
camminato insieme — ha concluso l’arcivescovo di Bologna — per ritrovarci. La
Chiesa è questo: è legame di comunione che ci accompagna anche quando siamo
lontani, e che si ritrova attorno a Gesù. Ringraziamo di questo luogo che ci
riporta alle origini dell’avventura cristiana, ci aiuta a capire con Pietro chi
è il più grande, e a seguire Gesù che ci dà l’esempio, perché anche noi saremo
beati se laveremo i piedi gli uni gli altri”.
L’indulgenza
è il coinvolgimento nell’Amore
Partiti
da Bologna nelle prime ore del mattino, prima di raggiungere San Pietro i
pellegrini si sono radunati nella chiesa romana di San Giovanni Battista dei
Fiorentini per un momento di catechesi. “L’esperienza del pellegrinaggio — ha
spiegato il porporato — ravviva in noi il concetto di indulgenza, che non
significa chiudere un occhio o ‘Fai come ti pare!’, ma ci ricorda il nostro
coinvolgimento in una storia d’amore”. Citando quindi don Primo Mazzolari, il
“parroco di Bozzolo”, il presidente della Cei ha ribadito: “La speranza è un
contadino che, nel freddo e nella nebbia di ottobre, vede le messi di giugno”,
esortando quindi a far prevalere questa virtù teologale e ad andare
“controcorrente” là dove “sembra prevalere l’immobilismo, l’egoismo e il calcolo”.
Combattere
il male con la preghiera e la carità
A
prendere la parola è stato anche don Andrea Lonardo, originario del capoluogo
emiliano-romagnolo, e attualmente docente all’Istituto di scienze religiose
“Ecclesia Mater” di Roma, nonché direttore del Servizio per la cultura e
l’università della diocesi di Roma, il quale ha ricordato che “attraverso il
pellegrinaggio, la carità e la preghiera, il cristiano trova la forza di
combattere contro il male”. “Il Giubileo — ha concluso — è un’intuizione
antica, ma essenziale anche per l’oggi, perché ci ricorda che il cristianesimo
non è un mito: a Roma veramente Pietro è stato ucciso. Dunque, non si può non
avere una relazione con la Città eterna e con il suo vescovo”. Infine, c’è
stato lo spazio per un momento di animazione e gioco che ha visto protagonisti
i numerosi bambini presenti.
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