“Gli studenti vedono gli insegnanti come usciti dalle caverne".
INTERVISTA
a Federico Tonioni
Federico
Tonioni è psichiatra e psicoterapeuta presso il Policlinico
Gemelli di Roma. Si occupa da tempo occupa di adolescenti e dipendenze e
delle ricadute che l’uso e l’abuso di internet hanno sulla crescita dei
giovani. E’ lui che nel 2009 ha fondato il primo ambulatorio in Italia sulla
dipendenza da internet, diretto da lui, e diventato nel 2016 il Centro
pediatrico interdipartimentale per la psicopatologia da web, della Fondazione
Policlinico Gemelli di Roma”.
Tonioni
invita tutti, specie le famiglie, a non allarmarsi di fronte alle novità
indotte dall’avvento dell’era digitale, avvento arrivato troppo in fretta. “Non
è l’inizio della fine, è un nuovo inizio”, assicura lui.“I bambini crescono
circondati da schermi portatili e interattivi. Questa non è la fine del mondo,
ma è semplicemente la realtà in cui viviamo”. Una realtà, aggiunge lo
psichiatra, “in cui si dà più spazio alle immagini e meno al linguaggio
verbale”. E la scuola? La scuola, secondo lui, ha le sue colpe sulla diffusione
del fenomeno: il fatto che le diagnosi di disturbi dell’apprendimento siano
cresciute “non vuol dire – sottolinea Tonioni – che i nostri ragazzi sono
sempre più problematici”. E’ vero il contrario, secondo lui: “Problematico è il
contesto in cui li stiamo facendo crescere”. I giovani oggi imparano in modo
nuovo, è questa la tesi dello psichiatra, e dunque la scuola dovrebbe
abbandonare vecchi paradigmi e rendersi disponibile “per modalità didattiche
innovative, abbandonando la solita lezione frontale che annoia i ragazzi. E’ la
noia è il primo passo da cui si sviluppano poi questi disturbi: quindi
bisognerebbe ascoltare di più le tendenze e le inclinazioni dei giovani”.
Secondo lui il mondo ha fatto passi avanti, “la scuola invece no”.
E
si potrebbe fare molto per i ragazzini con Dsa, aggiunge lui, se solo si
aiutassero davvero in maniera proficua nelle modalità di apprendimento, poiché
abbiamo ragazzi “che hanno capacità incredibili: moltissimi dei miei ex
pazienti si sono laureati, hanno terminato master, svolgono lavori di
prestigio. Questi ragazzi sono in grado di apprendere una lingua in pochissimo
tempo e sviluppare incredibili capacità di problem solving. Noi dobbiamo
pensare al cervello come a un’orchestra piena di strumenti: più ce ne sono, più
suona bene. Non è importante suonare molto o poco la chitarra, l’importante è
che la musica sia armonica. Dobbiamo rivolgerci ai ragazzi rinunciando ai
nostri modelli che ci hanno insegnato a crescere perché se i nostri modelli li
rivolgiamo ai ragazzi automaticamente diventano pregiudizi. E’ necessario fare
pensieri nuovi, non dobbiamo avere paura di fare pensieri che non abbiamo fatto
prima, questi sono i pensieri nuovi, me lo insegnano gli adolescenti che
seguo”. Inoltre, “Non bisogna assecondare in nessun modo chi tenta di proporre
farmaci per i bambini”. E cercare di ottenere la diagnosi e la certificazione
per i disturbi – “ho la fila di giovani che vogliono la diagnosi di Dsa per
poter avere delle agevolazioni a livello scolastico – non è la soluzione”.
Professor
Federico Tonioni, dunque ci sono troppi allarmismi?
“Sicuramente
siamo di fronte a un profilo cognitivo diverso che non è l’inizio della fine
del processo evolutivo. C’è sempre la possibilità di una genesi come quando una
cellula si replica e proprio nell’evoluzione può virare in senso tumorale. I
processi evolutivi e quelli psicopatologi sono facce diverse della stessa
medaglia per cui possono nascere nuove psicopatologie e le psicopatologie che
notiamo in questo secolo sono diverse rispetto a quanto succedeva nel Medioevo
perché i disturbi psichiatrici prendono tanto dall’ambiente, ma non solo: la
prevalenza di certe malattie in Europa è diversa da quella che c’è in
Sudamerica, poiché l’ambiente è psicoattivo”.
L’avvento
dell’era digitale ha però un impatto sulle persone.
“L’avvento
dell’era digitale è stato silenzioso. Il fatto che abbia avuto tempi
velocissimi non ha permesso agli esseri umani di adattarsi alla rivoluzione che
ha avuto a che fare con il fatto che viviamo tempo e spazio in maniera
diversa”.
Cerchiamo
di capirci di più
“Lo
spazio è misurabile con la connessione e non con il metro e il tempo è
sovrapposto. Ciò significa che nello stesso tempo possono avvenire più cose. La
nostra vita è cambiata. E per la mia generazione – che ha conosciuto il prima –
quando è arrivato il portatile e poi lo smartphone, tutto questo è stato
seduttivo. Per cui la seduzione del digitale ha anche a che fare con noi
immigrati digitali. Per chi invece è arrivato dopo, le cose stanno
diversamente. E’ naturale cioè che i nostri figli non abbiano conosciuto
un prima e un dopo. Noi nasciamo con un corredo
genetico, ma siamo poi influenzati dall’ambiente esterno, ora però l’ambiente
postnatale dei bambini è molto diverso rispetto a un tempo.
Questa
differenza sta soprattutto nel fatto che la multimedialità è un ambiente pieno
di strumenti digitali di tutti i tipi, dal portatile a quelli interattivi,
dallo smartphone ai giochi. Accade quindi che il bambino di sei mesi
ovviamente non parla ancora ma se gli si dà uno smartphone sul seggiolone
dicendogli guarda-guarda, lui sorride perché sa che è una
figata. Questo perché i bimbi in epoca preverbale assorbono il valore che
diamo a un oggetto rispetto a un altro. Quando ero piccolo io, gli oggetti
seduttivi erano quelli proibiti, ad esempio gli occhiali di papà o le chiavi
della macchina: per cui se io facevo i capricci e nessun giochino riusciva a
calmarmi avevo bisogno di trasgredire e per un attimo quegli occhiali mi
sedavano, poi naturalmente mi venivano levati. Questo per dire che lo
smartphone è seduttivo perché i genitori gli danno un valore di allungamento di
sé stessi, è l’oggetto che temiamo di perdere”.
Anche
gli adulti sono sedotti dal digitale
“Se
vado su un Frecciarossa o se mi fermo davanti un semaforo vedo che tutti gli
adulti stanno consultando un telefono e non certo per lavoro. E’ con questo che
dobbiamo fare i conti ma non è che siamo drogati, è l’era digitale. E i nostri
bimbi assorbono questa realtà. Qualsiasi device digitale funziona peraltro come
baby sitter. Quante volte sentiamo dire: mio figlio davanti al pc non
si vede e non si sente. Quando da bambino io facevo un viaggio di sei
ore in auto con la mia famiglia arrivavano un sacco di botte perché eravamo
vivaci. Oggi se lei fa un lungo viaggio e i bambini seduti dietro hanno a
disposizione un tablet praticamente viaggerà da solo. Questo però non è un
peccato, capita a tutti i genitori, non bisogna fare allarmismi.
Però
nel campo mentale la quantità determina la qualità: più io faccio un’operazione
più essa è incisiva. Una mamma depressa non riesce a giocare con un bambino;
dunque, questa operazione sarà sempre più frequente perché i bambini hanno il
diritto che l’ambiente si adegui a loro e non viceversa. I bambini con
iperattività hanno mamme con depressione mascherata”. Tanti bimbi alle medie
quando entra la fantasia sessuale vivono un momento difficile della vita e i
giochi digitali diventano lenitivi. Lo diventano anche rispetto ai genitori che
si scannano o rispetto a problemi di vario genere, per cui i giochi digitali
sono zone di confort che si rivelano utili ad esempio nei ritirati sociali,
consentono di mantenere l’unico equilibrio possibile. Il gioco
sparatutto, tanto per dire, è un detonatore di rabbia, e non la genera: la
genera semmai nel momento in cui un genitore toglie quel gioco”.
Le
immagini seducono più della parola, ormai. È così?
“I
bimbi sviluppano più linguaggio per immagini, che è preverbale: ne abbiamo
usufruito anche noi. Questo è il motivo per cui parlano con un po’ di ritardo
ma usano le immagini in maniera stupenda. Perché assorbono questo. Ci sono oggi
meno nonne e mamme che si mettono a vocalizzare con i bambini. Non è l’inizio
della fine, è un nuovo inizio, i bambini se la cavano molto meglio con le
immagini che con le parole”.
Quindi
a scuola, gli insegnanti dovrebbero fare un cambio di passo e avvicinarsi alle
nuove tecnologie?
“Le
maestre dovrebbero avere un triplo stipendio ma dovrebbero essere all’altezza
del compito. Il maestro elementare svolge un lavoro bellissimo e dovrebbe avere
una preparazione diversa poiché i ragazzi che sento io sono scandalizzati. In
compenso si fa ancora il latino alle medie: non Catullo che parla d’amore, ma
la grammatica. Ho adolescenti che mi descrivono gli insegnanti come usciti
dalle caverne. Ancora rido, per cui la noia è il più grande problema della
scuola e non mi si dica che non ci sono soldi.
Una
persona che conosco mette in pratica un progetto che si chiama Muovinsieme consiste
nel fare la didattica in strada con i bambini che si tengono con la corda,
ebbene sono aumentati gli apprendimenti a costo zero. Ho inoltre conosciuto un
professore di filosofia che ha preso i suoi alunni, ne ha bendati una metà e
l’altra metà no, poi li ha portati fuori in campagna, infine in classe ha
levato le bende e ha chiesto ai due gruppi di descrivere le sensazioni che
hanno provato durante l’iniziativa. Ha spiegato in questa maniera la differenza
tra la res cogitans e la res extensa. Cioè, facendo descrivere gli
uni e gli altri ha fatto in modo di usare gli occhi e i sensi, la parte
cognitiva di noi e la parte sensoriale. Il punto è che i bambini si sono
divertiti e senza divertimento i bambini non apprendono. Peraltro, un bambino giocando
con un gioco digitale impara in tre mesi divertendosi.
Tanti
fanno anni di inglese e imparano poco e il fatto che imparino in pochi mesi
divertendosi è importante. Il gaming è uno strumento formidabile ma ignorato.
Contemporaneamente un quarto dei bambini ha un disturbo dell’attenzione già
alle elementari. E non parliamo della qualità delle lezioni. Il problema non è
il cellulare, insisto, è la noia, sia per quelli che vanno bene sia per quelli
che vanno male a scuola.
Pensi
alle lezioni di musica alle elementari: sono come quelle di cinquant’anni
orsono, consistono nell’uso di un flauto e nella riproduzione di Fra’
Martino campanaro. Veicolare i contenuti dal dentro al fuori li aiuterebbe
a dare un nome alle emozioni: questa sarebbe un’opera di prevenzione gratuita
per tutti i sintomi che poi nascono alle medie. La scuola elementare è dove si
deve fare prevenzione poi alle medie è tardi. La cosa poco spiegabile è che
cominciano a prendere farmaci oppure si accentua l’idea che siano deficitari. I
bimbi hanno il diritto di divertirsi, non il dovere di fare fatica”.
Le
frustrazioni non fanno più crescere?
“Le
frustrazioni che fanno crescere sono solo quelle tollerabili e se un bimbo non
le tollera dobbiamo fermarci e iniziare una trattativa per capire il punto di
massimo sforzo tollerabile per lui. Quello che invece gli fa male essere
ridotto all’obbedienza. Tutte le volte che abbiamo obbedito abbiamo accumulato
rabbia. I limiti di cui i hanno bisogno devono essere messi all’interno di una
trattativa. Gli atti di obbedienza creano sensi di colpa in noi e i medesimi,
inconsci, rappresentano la distanza più pericolosa dai figli. Un altro elemento
tossico per i bambini è rappresentato dalle nostre aspettative. Quando siamo
stati immaginati dai genitori, quello è il primo posto dove siamo esistititi. E
hanno immaginato un figlio ideale che ogni genitore ha in mente. Ci cerchiamo
nei figli inconsapevolmente. L’adolescenza serve proprio per far crollare il
bambino ideale, lo dobbiamo far fuori il bambino ideale”.
Eppure
i genitori spesso lamentano di non riconoscerli più, i loro figli, quando
diventano adolescenti.
“E
meno male. Per certe mamme e certi papà questo è un vero lutto, che arriva con
la crisi adolescenziale. La distanza è importante ma i genitori devono essere
aiutati a a gestirla. Quando chiediamo scusa a un figlio, facendo anche fatica,
e quelle scuse sono autentiche, poi quei figli ce li troviamo vicini al cuore
perché ai loro occhi diventiamo autorevoli. L’alternativa è delirante anche con
bambini di tre anni. Dobbiamo ricordarci che è l’autostima che li fa
sopravvivere al bullismo e alle frustrazioni, che sono inevitabili. Tutti siamo
stati vessati nella vita, c’è il bimbo che reagisce diversamente da un altro
coetaneo. E’ fondamentale la struttura del bambino, è importante se reagisce o
crolla, è importante l’autostima.
L’autostima
ha a che fare con il percorso scolastico?
“L’autostima
non è una questione di performance scolastiche o sportive ovvero da colludere
con le aspettative dei genitori ma al contrario ha a che fare con quanto un
bambino sente di avere valore e allora dipende dall’esperienza di sentirsi
amato quando fallisce, quando cioè le aspettative le delude e non le collude,
quando ha preso un quattro alla scuola primaria, ed è lui che sta peggio in
quel momento. E lì’ invece può sentirsi speciale.La frase più tossica che si
possa dire a un bambino è potevi fare di più. Anche quando il
bambino ha preso un otto, i genitori spesso dicono potevi prendere di
più. Un bambino a quel punto muore dentro”.
Torniamo
alle tecnologie e al loro abuso
“Se
l’abuso è quotidiano è un segno che non va. Se un ragazzino tutte le mattine si
fa una canna non va bene, vuol dire che si sta prendendo cura di qualcosa con
la canna e allora c’è qualcosa che non va, ma nei bambini è delirante pensare
di risolvere un problema affettivo con dei farmaci, dati da molti
neuropsichiatri in maniera incredibile seguendo delle linee guida che sono un
problema della medicina, soprattutto quando sostituiscono il pensiero del
medico. Ai bambini quei farmaci non dovrebbero essere mai dati, devono essere
solo l’ultima ipotesi anche per adolescenti. Non possiamo poi stupirci se da
grandi sceglieranno i loro farmaci, che sono le droghe”.
I
ragazzi quali farmaci assumono?
“Ansiolitici,
oppiacei, sciroppi per la tosse, con oppiacei dentro. Bevuti tutte le sere,
questi sciroppi creano crisi di astinenza. L’incontro con il sintomo della
depressione è inevitabile e bisogna insegnare loro a tollerarla come fa un buon
amico quando la ragazza ci ha lasciati. Questo serve a sviluppare l’unico
antidepressivo utile, che è la capacità di deprimersi che serve sempre nelle
separazioni, nelle attese, e in tante altre situazioni, e poi ci si stupisce se
i ragazzi usano cocaina a 14 anni. Tutte queste cose le apprendo da loro, gli
adolescenti sono le persone più serie con cui parlo e quando siamo arrabbiati
dobbiamo chiedere quale mondo stiamo lasciando loro”.
Lei
paragona il cervello a un’orchestra piena di strumenti: più ce ne sono, dice,
più suona bene.
“Oggi
i ragazzi hanno delle funzioni sviluppate e altre sviluppate meno. Non è
importante se uno suona di più o di meno la chitarra. È importante che la
musica sia armonica. Quando non dormono i neuroni hanno una capacità plastica
senza pari. I ragazzini che non vanno a scuola hanno comunque una cultura
mostruosa perché l’ipertesto ha promosso in loro dei vantaggi. Anche quelli che
a scuola non ci vanno conservano e imparano quello che serve su internet.
Avevamo paura che, come ipertesto Internet, manipolasse i nostri figli, invece
non è confondente ma promuove in loro la capacità di fare pensieri propri. Che
poi è il motivo per cui sanno un sacco di cose che io non so”.
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