Crepet: “Abbiamo insegnato ai giovani a vivere in un mondo che corre, non
ad aspettare”
“Un omaggio all’attesa nell’epoca di Whatsapp”. Così lo psichiatra Paolo
Crepet ha definito la traccia proposta per l’esame di maturità, ispirata a un
articolo del critico letterario Marco Belpoliti.
“C’è un tempo per ogni cosa, e non è mai un tempo immediato”. E subito dopo si pone – e ci pone – un interrogativo: oggi, nell’era di WhatsApp, del botta e risposta, “chi ha tempo di attendere e di sopportare la noia?”.
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Crepet vede l’attesa non come un ostacolo, ma come un’acquisizione
preziosa della mentalità romantica, un concetto che risente di un’evoluzione
moderna.
L’accelerazione, l’urgenza di efficienza, sono influenze profonde
dell’era tecnologica sulla mentalità contemporanea. “Abbiamo insegnato ai
giovani a vivere in un mondo che corre, non ad aspettare” sostiene Crepet. E
cita la transizione dalla penna stilografica alla macchina da scrivere come
esempio di questa evoluzione costante verso la rapidità, al costo della
lentezza meditativa di un tempo.
Non è solo una questione di tecnologia, argomenta Crepet, ma un
cambiamento nel cuore del nostro modo di vivere. L’attesa, valorizzata durante
l’epoca del Romanticismo, è stata sostituita da un bisogno d’immediatezza nel
presente. E non si tratta solo di rapidità, ma di sacrificare la qualità
sull’altare della velocità.
E cosa significa tutto ciò per i giovani di oggi? Crepet sottolinea la
difficoltà che i ragazzi hanno nel comprendere il valore dell’attesa, una
competenza che hanno perso nel mare dell’immediatezza. Crepet ricorda
un’esperienza in cui insegnava a dei bambini a rallentare, un’esperienza sia
gioiosa che dolorosa, in quanto i bambini faticavano a sottrarsi al ritmo
frenetico della loro vita quotidiana.
Crepet osserva che il concetto di attesa è diventato contro natura in un
mondo che ci chiede di correre continuamente. “Non lo sopporteremmo, e non solo
per una questione fisica, ma per una questione di disponibilità mentale”. E
lamenta la perdita dei tempi di attesa, simboli della nostra cultura, come il
gioco di carte nei bar, ora considerati un lusso che non possiamo permetterci.
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